| Tutto chiuso tranne il cielo, di Eleonora C. Caruso. Mondadori, €
17, pp. 155 |
Alcune
ferite non guariscono mai, lasciano cicatrici nella carne viva: non
basta la chirurgia plastica. Non si guarisce mai da alcuni
personaggi, lasciano tracce incancellabili in chi li incrocia: non
basta voltare pagina, se l'incontro è stato un tamponamento a catena
di cui autostrade e librerie serbano ancora il ricordo traumatico.
La visione di Christian Negri, infatti, è uno shock: che tu sia uomo o donna, un amante o un parente di sangue, non puoi fare a meno di cadere vittima della sua pessima influenza. Così è stato anche per la sempre bravissima Eleonora C. Caruso, l'unica a saperlo tenere sotto controllo: una prosa conciliante come il litio e un insperato lieto fine per quella mina vagante bipolare, bisessuale, la cui bellezza esagerata attira puntualmente maledizioni. A diciassette anni, nell'impossibilità di combattere ancora buchi neri e mulini a vento, Julian – il fratello minore che Christian ha tentato di proteggere e traviare a sbalzi d'umore alterni – ha spiccato il volo. Abbiamo letto di loro in Le ferite originali, ma questa è un'altra storia: spazio ai personaggi marginali, una rivoluzione totale nei toni e nei colori.
Meno cupo ma non per questo indolore, Tutto chiuso tranne il cielo ha inizio lì dove le fughe si concludono: da un ritorno. Sono passati due anni dagli eventi raccontati in precedenza: che li conosciate oppure no, non importa. Dall'aereo è sceso un diciannovenne con i capelli da cartone animato, che ha tolto l'apparecchio da poco ma non per questo ha voglia di sorridere al mondo. Anzi: si dice che la lingua batta dove il dente duole. Lui, così, fa fatica a entrare nell'appartamento signorile con in giro inequivocabili ciocche di capelli biondi e il disordine dell'amato-odiato Christian, atteso a giorni da un viaggio in Svizzera.
La visione di Christian Negri, infatti, è uno shock: che tu sia uomo o donna, un amante o un parente di sangue, non puoi fare a meno di cadere vittima della sua pessima influenza. Così è stato anche per la sempre bravissima Eleonora C. Caruso, l'unica a saperlo tenere sotto controllo: una prosa conciliante come il litio e un insperato lieto fine per quella mina vagante bipolare, bisessuale, la cui bellezza esagerata attira puntualmente maledizioni. A diciassette anni, nell'impossibilità di combattere ancora buchi neri e mulini a vento, Julian – il fratello minore che Christian ha tentato di proteggere e traviare a sbalzi d'umore alterni – ha spiccato il volo. Abbiamo letto di loro in Le ferite originali, ma questa è un'altra storia: spazio ai personaggi marginali, una rivoluzione totale nei toni e nei colori.
Meno cupo ma non per questo indolore, Tutto chiuso tranne il cielo ha inizio lì dove le fughe si concludono: da un ritorno. Sono passati due anni dagli eventi raccontati in precedenza: che li conosciate oppure no, non importa. Dall'aereo è sceso un diciannovenne con i capelli da cartone animato, che ha tolto l'apparecchio da poco ma non per questo ha voglia di sorridere al mondo. Anzi: si dice che la lingua batta dove il dente duole. Lui, così, fa fatica a entrare nell'appartamento signorile con in giro inequivocabili ciocche di capelli biondi e il disordine dell'amato-odiato Christian, atteso a giorni da un viaggio in Svizzera.
Julian
ha di nuovo diciassette anni e suo fratello accelera. Diventa una
stella cadente, un buco nero, una macchia solare. Lui lo guarda con
tutti gli sguardi che ha, e non capisce. Sei già la fine del mondo.
Perché vuoi finire di nuovo?
Sparpagliati
qui e lì ci sono vestiti più grandi in cui al ragazzo piace
scivolare di nascosto, nell'illusione di annullarsi con quel parente
che l'ha amato a lungo di un bene sbagliato, e proprio fuori si
affaccia una Milano fantasma già pronta ad andare in ferie.
Il protagonista è un otaku: uno di quei Millennials con il sogno del Giappone, non dell'America, che riporta dal soggiorno a Tokyo trolley pieni di anime e dolciumi, sigarette alla ciliegia e lecca-lecca da intingere nel caffè. A colpo d'occhio sembra un tenero extraterrestre – soprattutto a me che non ho mai visitato né l'Expo né l'Oriente, di giapponese conosco a malapena l'all you can eat all'angolo e il bubble tea non so cosa sia –, ma ci è voluto un istante affinché mi affezionassi a un ragazzo sperduto con la bocca sporca di cioccolato e le ossa a vista sotto le magliette fantasiose. Non meno sui generis e irresistibili, allora, vi appariranno le figure con cui Julian cerca di compensare ai propri vuoti: il logorroico Leo, che a trent'anni fa i turni di notte al Carrefour, si prodiga in gentilezze adorabili e non ficca il naso nell'illecito; la coetanea An, innamorata non corrisposta, con una famiglia cinese che la vorrebbe già moglie e la proposta di andare a saltare sui gonfiabili in piazza all'indomani di una confessione struggente; la youtuber Cloro, compagna di stanza durante l'esperienza in Giappone, con un privato sotto gli occhi di milioni di followers e i ricordi di un'infanzia alla mercé della madre approfittatrice.
Il protagonista padroneggia molte lingue ma non ne fa uso: taciturno ai limiti del mutismo, vive una sfuggente esistenza interiore che lo conduce alle soglie dell'anoressia e nell'arco dell'intero romanzo aspetta una notifica di Christian, che nel frattempo si è rimboccato le maniche, rattoppato le ferite con l'inchiostro dei tatuaggi e sui social va scrivendo che la sofferenza fa pendant con l'essere fotogenici. Julian ha il suo identico naso, la stessa sindrome d'abbandono, ma è una persona ben diversa. Non per questo sano, non per questo l'adolescente responsabile che tutti danno per scontato.
Il protagonista è un otaku: uno di quei Millennials con il sogno del Giappone, non dell'America, che riporta dal soggiorno a Tokyo trolley pieni di anime e dolciumi, sigarette alla ciliegia e lecca-lecca da intingere nel caffè. A colpo d'occhio sembra un tenero extraterrestre – soprattutto a me che non ho mai visitato né l'Expo né l'Oriente, di giapponese conosco a malapena l'all you can eat all'angolo e il bubble tea non so cosa sia –, ma ci è voluto un istante affinché mi affezionassi a un ragazzo sperduto con la bocca sporca di cioccolato e le ossa a vista sotto le magliette fantasiose. Non meno sui generis e irresistibili, allora, vi appariranno le figure con cui Julian cerca di compensare ai propri vuoti: il logorroico Leo, che a trent'anni fa i turni di notte al Carrefour, si prodiga in gentilezze adorabili e non ficca il naso nell'illecito; la coetanea An, innamorata non corrisposta, con una famiglia cinese che la vorrebbe già moglie e la proposta di andare a saltare sui gonfiabili in piazza all'indomani di una confessione struggente; la youtuber Cloro, compagna di stanza durante l'esperienza in Giappone, con un privato sotto gli occhi di milioni di followers e i ricordi di un'infanzia alla mercé della madre approfittatrice.
Il protagonista padroneggia molte lingue ma non ne fa uso: taciturno ai limiti del mutismo, vive una sfuggente esistenza interiore che lo conduce alle soglie dell'anoressia e nell'arco dell'intero romanzo aspetta una notifica di Christian, che nel frattempo si è rimboccato le maniche, rattoppato le ferite con l'inchiostro dei tatuaggi e sui social va scrivendo che la sofferenza fa pendant con l'essere fotogenici. Julian ha il suo identico naso, la stessa sindrome d'abbandono, ma è una persona ben diversa. Non per questo sano, non per questo l'adolescente responsabile che tutti danno per scontato.
Si
ritira in se stesso uno strato alla volta, un odore alla volta, un
timore alla volta, un sentore alla volta, finché non può dire: il
mio corpo è vuoto.
Non
si è rotto, se non si vedono i pezzi.
Non
è nemmeno caduto, se non ha fatto rumore.
Grazie
a un'autrice che qui cambia pelle e presta straordinaria attenzione
alla sua, pallida e fragilissima, in Tutto chiuso tranne il
cielo Julian riprende
lentamente possesso della sua giovinezza, della sua rabbia, anche se parla
a stento e non sbraita affatto, in un miscuglio di idiomi e
onomatopee che rinfrescano la narrativa italiana. Mentre Le
ferite originali intrigava al
suon di pulsioni disturbanti, in questo ho creduto a torto di non
poter entrare: se amore e sofferenza restano sentimenti universali,
cosa mi accomunava al contrario con questo giovane con la tinta
colorata, i problemi di peso, qualche questione pregressa con mamma –
morta suicida – e papà? Tutto e niente, eppure all'inizio leggevo
divertito dialoghi di cui coglievo forse la metà delle citazioni; e alla fine, invece, scoprivo di volergli un bene profondo. Verso
Julian, che vorrebbe farsi bagnare dalla poggia fino ad annegare –
a Tokyo hanno cinquanta sostantivi per definirla –, scatta infatti un
rarissimo e asessuato senso di protezione: non sorprende che perfino
il famelico Dante Beltrami, dongiovanni senza scrupoli con un ruolo
risolutivo un romanzo fa, abbia per lui le premure di un padre e lo
culli sulle note di David Bowie nel salotto che fece da sfondo a una
tragedia mancata.
«Julian,
perché mi hai cercato?»
Tira
su col naso. Cercavo una parte di me.
«No,
questo lo cerchi negli altri. In me cerchi una parte di Christian e
non ne hai bisogno.»
«Di
cos'ho bisogno, allora?»
«Di
iniziare a guarire la ferita.»
A
Julian conti le costole, strappi gli abbracci e le parole non dette,
tendi un ombrello trasparente per evitargli la deriva. In un'estate
che non finisce mai, sulle scene del crimine di vecchi rancori,
Eleonora ci regala un romanzo di formazione lieve e psichedelico,
dotato di una galleria di personaggi sopra le righe e di una
profondità d'animo tale da scandagliarli uno a uno fin sotto la
superficie. Una boccata d'ossigeno per un augurio di pronta
guarigione – dagli incisivi scheggiati, dalle ferite finalmente in
via di risanamento –, che ti lascia uno strascico blu attorno allo
scarico della vasca, la voglia di riscoprire da capo quella canzone
di Marco Masini che nelle gite al mare aveva il merito di
ammortizzare le liti dei tuoi genitori, il desiderio di riprendere a
cucinare torte e soprattutto di mangiarle a cuor leggero.
Si apre il cielo su una Milano con la testa altrove.
E, da chiuse che erano, si aprono le docce – dalla chioma, allora, via un turchino senza ombre di fate prodigiose – e le bocche – per il canto, per la fame, per l'esigenza di dirsi –, con il sospiro di sollievo delle rischiarite.
Si apre il cielo su una Milano con la testa altrove.
E, da chiuse che erano, si aprono le docce – dalla chioma, allora, via un turchino senza ombre di fate prodigiose – e le bocche – per il canto, per la fame, per l'esigenza di dirsi –, con il sospiro di sollievo delle rischiarite.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Mahmood – Asia Occidente
Anche a me ispira tantissimo! Trovo inoltre bellissima la copertina :)
RispondiEliminaFra le migliori apparse in libreria quest'anno!
EliminaQuesto libro mi incuriosisce e la tua recensione è interessantissima. Complimenti
RispondiEliminaGrazie mille, Simi! Eleonora ha una penna interessantissima, tutta da scoprire.
EliminaAvevo già sentito una recensione su youtube che aveva acceso il mio interesse, e ora l'hai confermato. E la wl si allunga ancora...
RispondiEliminaProbabilmente, Kate, a te piacerebbe parecchio anche il precedente, anche se qui c'è un mondo nerd che su carta attira senz'altro di più. ;)
EliminaBhè che dire... questo va subito tra gli acquisti di aprile... sinceramente la trama non mi aveva convinta ma vista la tua recensione sono proprio curiosa ora :-*
RispondiEliminaGrazie mille, Sonia!
EliminaE' un libro in cui la trama è presto detta, lo ammetto, ma che riesce a vivere splendidamente dei e con i suoi personaggi.
Perché mi tenti sempre così con questi libri?!
RispondiEliminaCosa non è la seconda citazione.
Credimi, difficilissimo scegliere le citazioni più belle da riportare, a questo giro...
EliminaMi sembra una di quelle storie in cui il mondo interiore dei personaggi (e del protagonista in particolare) è delineato con cura e sensibilità.
RispondiEliminaPotrebbe piacermi :)
Bella la foto!!
Grazie mille, Angela, lo penso anch'io!
EliminaPs. Nella foto s'intravede il mio campus universitario, verdissimo. :)