sabato 5 marzo 2016

Mr. Ciak: Perfetti sconosciuti, Suffragette, The Gift, 99 Homes, Il segreto dei suoi occhi

Cena coi fiocchi a casa di amici. Hanno un salotto ampio, cucina abitabile, un terrazzino con vista panoramica da cui osservare l'eclissi che incanta Roma. L'astro li rende tutti un po' lunatici, il vino bio assai su di giri e la noia del conoscersi bene li spinge perciò a un esperimento dagli effetti tragicomici. Tra una portata e l'altra, poggiare gli smartphone sul tavolo. E, ad alta voce, dirsi tutto quello che arriva. Quanto si è in armonia? Quanto sanno i mariti delle mogli, quanto le mogli dei mariti, e cosa nascondiamo al nostro migliore amico? La Rorhwacher e Leo, neosposini, devono far conto con la lucidità di lei – ultima arrivata – e la mancata serietà di lui. La Foglietta e Mastandrea, con un paio di mutandine sfilate di nascosto e uno scambio di cellulari per salvare una relazione di facciata, scendono all'ennesimo compromesso. Battiston, licenziato da poco e da poco fidanzato, quanto fa bene a non portare il suo ultimo amore a quella cena all'insegna della rivelazione. Giallini, chiurgo plastico, e la Smutniak, analista, irreprensibili padroni di casa, pensano all'aiuto di uno psicologo e a un ritocco al seno: preferirebbero, però, ricorrere a terzi. Perfetti sconosciuti, commedia italiana a sorpresa, perché così ben pensata e tanto di successo, darà senz'altro fiducia ai più. Per dire che il cinema italiano, come asserisco da un po', è in forma e che il pubblico generalista, a volte, individua e premia un prodotto valido ancor prima della critica. Per dire che, a me, le commedie di Genovese – viste in tivù quando capitava, mai recensite perché mi sarei limitato a usare poche parole e diminutivi da prima elementare – in realtà piacciono quasi sempre, mi rilassano, ma qui scrive e dirige meglio. Qui fa la differenza. E se il genere, dal granitico impianto teatrale, richiede situazioni credibili e ambienti circoscritti, ci pensano alcuni degli attori più impegnati e versatili di casa nostra – la Rorhwacher convince di più quand'è seria e pensierosa, ma Mastandrea e Battiston sono bravissimi. Ci si ispira al caustico Carnage e ci si inserisce in quel filone che, tra I nostri ragazzi e Il nome del figlio, lo scorso anno, mi aveva regalato finali agghiaccianti, discorsi fiume, interpretazioni maiuscole. Perfetti sconosciuti però, indispensabile presenza, è più divertente del primo – al contrario, atipico thriller – e più accattivante del secondo – libero adattamento di una pièce d'oltralpe. I panni sporchi si lavano tutti insieme, sotto una luna strana. La tensione si può tagliare – da servire a fette al posto del dolce, con altro alcol e le fedi lanciate come fossero trottole – e le riflessioni in abbondanza, se avanzano, le si porta a casa per il giorno successivo. Sempre che una risata che si colora d'amarezza non ci seppellirà tutti prima dell'arrivederci e dei dove l'ho lasciato, il cappotto? (8)

Maud, moglie e mamma, si spezza la schiena in una lavanderia industriale. La paga è una miseria e il capo ha le mani troppo lunghe. Quasi sicuramente, ha abusato di lei. Erano gli anni dieci del novecento e, di lì a poco, Londra e il mondo avrebbero vissuto i dolori di due guerre. Nei quartieri popolari, tra le baracche fatiscenti della classe operaia, il momento di marciare era arrivato in anticipo: un'altra piccola guerra e, a combatterla, le donne. Tutte in piazza per il diritto al voto. I discorsi ispiranti dell'attivista Emmeline Pankhurst e la toccante storia della coraggiosa Maud per parlare, così, di un'altra epoca e di figure femminili che, titaniche, non si lasciano mettere in un angolo. La colonna sonora è di Desplat, la sceneggiatura di Abi Morgan, il un cast è di lusso, sebbene Meryl Streep abbia poco più che un cameo e Helena Bonham Carter, credibile se lontana da Tim Burton, figuri in un ruolo secondario, al serivizio della coralità. Materiale rigoroso, storia vera, l'ombra vaga della BBC, per una pellicola di genere esatta e tradizionale. Sarah Gavron, semi-esordiente, lavora, infatti, a una ricostruzione sorprendentemente poco laccata. Protagonista dolce e combattiva, una potente Carey Mulligan: gli occhi belli e le fossette più adorabili in circolazione, in unione a un'espressività che emoziona. Personaggi struggenti, orgogliosi, fragili. Donne tormentate, maltrattate, battute, condannate al silenzio e alla sottomissione, in Suffragette, dramma d'apertura allo scorso Festival di Torino. E gli uomini, superficialmente si osserva, erano tutti tanto cattivi? Durante l'orario di lavoro, c'è il signorotto di turno che gioca a fare Dio. Il poliziotto Brendan Gleeson mantiene l'ordine con il pugno di ferro. In casa, ci sono mariti come Ben Whishaw, ottusi ma fondamentalmente buoni, che hanno idee ancora confuse. Suffragette, appassionante, ma poco memorabile, non ci risparmia neanche il sangue – la polizia placava le manifestazioni a suon di manganellate, non aveva pietà – e i trattamenti crudeli nelle galere inglesi – perquisizioni, docce fredde, percosse. A mancargli, forse, il fuoco della ribellione e, nell'esposizione, maggiore audacia; di sicuro, non una certa, connaturata forza d'animo. (6,5)

Per Simon e Robyn, sposi affiatati con il desiderio di ampliare la loro famiglia felice, è il trionfo del sogno americano: una splendida casa, un lavoro di successo per lui, nuove amiche per lei. Finché, dal passato di un marito al di sopra di ogni sospetto, non emerge un'ombra isolata. Gordo, compagno d'infanzia, che inizia a presentarsi alla loro porta con doni e attenzioni indesiderate. Ma niente sarà più come prima, se un passato vergognoso bussa alla tua porta e, nell'ultimo pacco regalo, troverai verità, e colpi di scena, impossibili da rimandare al mittente. Un Bateman ormai a proprio agio fuori dai territori della commedia e l'affascinante Rebecca Hall fanno da contraltare a quel Joel Edgerton, qui subdolo antagonista, che ho trovato completamente in parte solo in Warrior. L'attore australiano, però, fa perdonare il suo carisma latitante, scoprendosi non solo autore, ma anche regista, di questa riuscita opera prima. The Gift è il thriller rigoroso e senza sbavature, molto elegante nella resa, che proprio non ti aspettavi dai produttori di Sinister e Insidious. Il paranormale, questa volta assente all'appello, cede il posto, infatti, a un accattivante triangolo in cui, a una prima parte che non tenta di evitare i cliché degli Attrazione Fatale a fantasia, segue uno sviluppo da dramma borghese, all'insegna della scoperta dell'altro e dei segreti di un ennesimo "amore bugiardo". La vendetta, sottile e da servire fredda, tarda ad arrivare ma non fa sconti di sorta e l'epilogo, tra strizzate d'occhio a Bed Time e un palese omaggio a I soliti sospetti, sorprende ma non troppo, sovvertendo ogni cosa per i protagonisti, ma mantentendo intatto un equilibrio – stilistico e strutturale – che, intelligente fino all'ultimo, non altera la verosimiglianza dell'ispezione psicologica con gratuiti colpi di scena. (7-)

Ci sono lavori che non faresti mai. L'annunciatore di brutte notizie, l'ambasciator che porta pena, lo sciacallo. Ma qualcuno deve pur farli, no? Soprattutto all'indomani di una crisi finanziaria che ti butta a calci in mezzo alla strada. Prestiti scoperti, ipoteche sulla casa, i debiti che ti sommergono e tu poi anneghi. Dennis, ragazzo padre e onesto manovale, è l'ennesimo annegato che ha chiuso il suo passato in una scatola e, con madre e figlio, si è trasferito in un motel. A lanciargli il salvagente, l'agente immobiliare Rick Carver: la sigaretta elettronica, la pistola negli stivali, l'incarnazione del cinismo. Carver, una mattina, ha intimato a Dennis di abbandonare la casa in cui è cresciuto: ha decretato la sua rovina – e la sua ascesa. Il giovane uomo senza più futuro diventa prima factotum, poi stretto complice di quel delinquente in giacca e cravatta. L'allievo supererà il maestro? 99 Homes, un'ora e cinquanta e tanta voglia di vederlo, dalla presentazione - due estati fa - in quel di Venezia. Il dramma di Ramin Bahrani si rivela una triste storia di ordinaria follia. Una parabola ora ascendente, ora discendente di senso di colpa e porte in faccia. La terra delle opportunità, nel 2008, ne ha date fin troppe e le ha pretese indietro. C'è incubo peggiore di perdere tutto, perfino quella felicità che è il punto saliente di una costituzione che incanta e illude? Se Adam McKay, fresco di premio Oscar, guarda alla recessione con l'occhio del finanziere e il piglio da circense, Bahrani – origini indiane e un film solido, ma dal taglio televisivo e non esente da un po' di sana retorica a stelle e strisce – dirige un piccolo Wall Street aggiornato, in cui il Gekko di turno è uno Shannon al solito superbo e cattivissimo, e il suo discepolo è un contrito ed umano Andrew Garfield, addirittura più convincente dell'antagonista, che vuole emozionarci e ci riesce con un nonnulla. Non immagino, infatti, nulla di più spaventoso che perdere tutto. E ricominciare, sì, ma vendendo l'anima. 99 Homes, ben recitato ma scritto di fretta, colpisce punti nevralgici: esempio di un cinema timido e tradizionale, ma dal forte impatto emotivo, lì dove il sogno americano tuo diventa, ben presto, l'incubo di qualcun altro. All'umiliazione non c'è fine. Il dispiacere non trova tregua. E la violenza, in un mondo in cui tutto è all'asta, non ha prezzo. (7)

All'indomani dell'undici settembre, si vive nel terrore. Negli uffici di polizia, gran fermento e, sul campo, è lotta al terrorismo. Ma, quando è caccia al nemico straniero, in un commissariato in cui l'arrivo di Claire ha già turbato gli equilibri interni, ci si sposta dal timore degli ordigni a quello, più intimo e naturale, che nasce dallo stupro e dall'assassinio impunito di una figlia. Passano tredici anni. L'assassino si è volatilizzato, il caso è caduto nel dimenticatoio, la team force si è separata. Ma qualcuno non ha dimenticato. Il segreto dei suoi occhi, remake dell'omonimo film argentino, premio Oscar nel 2010, nessuno lo voleva e nessuno lo aspettava. Uscito in sordina lo scorso inverno, non aveva attirato su di se aspre critiche: l'operazione pareva discutibile, il risultato non necessario, ma un trio di ottimi attori e uno script rivisto, a tratti, assicuravano due ore non da buttare. E, grossomodo, questo è. L'originale l'ho visto sei anni fa, mi era anche piaciuto, ma lo ricordavo vagamente: qualcosa che aveva a che fare con la dittatura, un grande amore e un mistero da risolvere. Mi sono approcciato al remake senza pregiudizi e senza memoria. Ci si sposta dall'America Latina agli Stati Uniti e la dittatura cede il posto all'allarmismo post Bin Laden. L'amore, conflittuale sì, ma per nulla struggente, poco fa breccia con due personaggi così agli antipodi. Il mistero c'è, e ha più spazio del cuore e più spessore della cronaca. La Roberts, smunta e invecchiata, superba, cerca vendetta e sollievo. La Kidman, anche se troppo Lady Diana per convincere come procurato distrettuale, anche se troppo bella per essere vera – e infatti tanto vera non è -, ci suggerisce sporadicamente, ad esempio nella sequenza dell'interrogatorio, che un tempo era la migliore. Chiwetel Ejiofor, che offre la prova più costante tra i tre, è però un agente scritto seguendo qualche stilema televisivo di troppo. Qualcosa manca e, nonostante Il segreto dei suoi occhi resti una storia piena di dolore e passioni, al di là della buona prova dei tre, per nulla ci si addolora e ci appassiona il minimo indispensabile. (5,5)

39 commenti:

  1. mi è piaciuto molto PERFETTI SCONOSCIUTI
    direi che è il miglior film italiano di febbraio
    quanto a SUFFRAGETTE lo vediamo stasera; onorando l'8 maggio con un po' di anticipo

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Leggevo che sarà presentato, negli Usa, anche al mio amatissimo Tribeca. So' soddisfazioni.
      Suffragette importante, a modo suo, ma con pochi strascichi a fine visione.

      Elimina
  2. Perfetti sconosciuti è l'unico che ho visto di questa lista. Piaciuto parecchio e grosso modo concordo con la tua recensione, però quel finale... boh non mi ha convinto...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. A me, invece, è piaciuto molto l'alone di "e se..."
      Bella sorpresa, e settimana prossima si va finalmente a vedere Lo chiamavano Jeeg Robot.

      Elimina
  3. Infatti, se non l'ho nominato, non è solo perché avevo scritto questo commentino lo scorso autunno, quando ancora non si parlava di una distribuzione in Italia. Osceno, sì!

    RispondiElimina
  4. Curiosità sempre maggiore per Perfetti sconosciuti!

    Suffragette mi è sembrato un po' un film per la tv. Un fuoco della ribellione davvero spento...

    The Gift thriller guardabile, ma non memorabile.

    Secret in Their Eyes compitino di copia/incolla non richiesto.

    A questo punto dovrò guardarmi pure 99 Homes, che l'argomento sembra fare per me. Ma, visto che citi Adam McKay, dov'è la recensione de La grande scommessa? ;)

    RispondiElimina
  5. Ma di che anno è l'originale de "Il segreto dei suoi occhi"?
    Mi sembra che uscì intorno al 2010 se non sbaglio, film molto bello tra l'altro, inutile riproporre questa inutile copia.
    Avrei dato 2 a prescindere, complimenti per l'onestà intellettuale nell'averlo guardato.
    Tra quelli che hai recensito mi ispira "99 Homes"! ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma sì, guardarlo non è stato neanche un peso: non è un brutto film di certo, i tre sono molto bravi, però nessuno ne avrebbe sentito la mancanza ;)

      Elimina
  6. Perfetti Sconosciuti lo vedrò settimana prossima che arriva al mio cinema di fiducia, voglia di andare al multisala non ne avevo, promette bene e spero mantenga.
    99 Homes mi era piaciuto ma non troppo, come sai, quel finale un po' così, quel patriottismo... uhm, no, avevano rovinato il tutto.
    Mi tengo a debita distanza da quel remake non richiesto, e quel thriller, non so, Edgerton non mi convince, e visti gli arretrati può aspettare.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E al mio cinema di fiducia, sempre per rimanere nell'ambito del cinema italiano, il dieci arriva Jeeg :-D

      Elimina
  7. Su Suffragette avevo parecchie aspettative ed invece mi ha delusa perché, come dici, manca il fuoco della ribellione.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E, come diceva Marco su, ha una resa un po' televisiva...

      Elimina
  8. "Suffragette" ha un sacco di aspettative addosso...
    "Il segreto dei suoi occhi" mi hanno detto non essere altrettanto bello rispetto al film originale, europeo...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Poco aspettative per Suffragette, che non è imperdibile, e sì, sul remake ti hanno detto il giusto ;)

      Elimina
  9. per the gift e perfetti sconosciuti andiamo a braccetto, il segreto dei suoi occhi credo che vedrò solo l'originale... :-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E credo che lo rivedrò anch'io, perché lo ricordo a stento.
      Forse non mi era sembrato così bello e imprescindibile come dicevano tutti? Mistero. :)

      Elimina
  10. Film interessanti, a parte forse il remake de Il segreto dei suoi occhi (poi con la Kidman mi sembra molto Non ti addormentare). The Gift e Perfetti sconosciuti attraggono la mia curiosità...:)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Però, con l'indagine di mezzo e la risoluzione politicamente scorretta, segnati anche Il segreto dei tuoi occhi.
      Non so se te l'ho già consigliato ma, in attesa di Perfetti sconosciuti, procurati I nostri ragazzi: un bel noir, a modo suo. ;)

      Elimina
  11. Perfetti sconosciuti mi è piaciuto tantissimo,finale compreso.
    The gift lo aspetto,gli altri li vedrò in televisione.
    Mi sono persa Joy,tu l'hai visto o mi è sfuggita la tua recensione?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Felice che Perfetti sconosciuti mieta consensi, merita.
      Qui la recensione poco gioiosa di Joy: http://diariodiunadipendenza.blogspot.it/2016/01/mr-ciak-and-oscar-goes-to-steve-jobs.html

      Elimina
  12. anche a sto giro nulla, seppur 99 homes ho visto che é su netflix quindi ci daró un'occhio...in compenso ho visto lo chiamavano jeeg robot ed è pazzesco!!!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ahhhh, non vedo l'ora di vederlo (pur odiando il cinecomic americano)!

      Elimina
  13. Suffragette e gli altri ancora mi mancano, ma su Perfetti sconosciuti siamo d'accordo.

    RispondiElimina
  14. Finalmente uno dei film l'ho visto anche io: Perfetti sconosciuti. Mi è piaciuto da pazzi a dire il vero. Credo anche di essermi innamorata di Giallini (personaggio) durante la telefonata con la figlia. Con Battiston poi io gioco in casa: ne sono sempre fiera in quanto friulano (scusa la nota provinciale). La scena finale con lui che fa ginnastica sul ponte l'ho trovata geniale.
    Detto questo volevo vedere Suffragette, ma dopo il tuo post passo. Ho la possibilità di andare al cinema non molto spesso, quindi meglio selezionare.
    Comunque ora grazie a te mi tengo aggiornata.
    Ciao da Lea

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ti ringrazio, Lea! Giallini lo trovo sempre perfetto, Battiston - che confondo con Fresi, sarà per la mole - mi ha davvero stupito. E anche Mastandrea, che eppure è spesso ottimo, qui, con la famosa questione Lucio/Lucilla, dice tante di quella verità... Una scrittura potentissima, ma anche divertente. Sarà che la risata è contagiosa, ma al cinema penso di non avere mai riso così tanto. ;)

      Elimina
  15. Suffragette sarà uno dei prossimi film che vedrò. Mi sembra interessante. Prima però devo recuperare alcuni che mi mancano degli Oscar :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io, ormai, mi sono preso una pausa dai filmoni da Oscar. Mi ci vuole un po' di sana leggerezza. Però qualcuno, effettivamente, manca anche a me. Recupereremo. :)

      Elimina
  16. 'Perfetti sconosciuti' vorrei proprio vederlo! :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ti piacerebbe!
      E, siccome so che stai conoscendo Erri, tra le pagine, posso dirti che Genovese sarebbe un ottimo candidato per portarlo al cinema. L'ultimo Marone si presta particolarmente, te la butto lì ;)

      Elimina
  17. Stranamente mi incuriosisce "Perfetti sconosciuti" (generalmente non amo i film italiani ma con questo è stato un colpo di fulmine).
    "The Gift" lo vedrò prestissimo!! ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Perfetti sconosciuti è un po' un Dieci Piccoli Indiani in salsa satirica, e senza morti. O forse sì? Comunque sono certo ti piacerebbe ;)

      Elimina
  18. Ohi ohi... la Kidman, ormai, non ne azzecca più una da un pezzo, vero?! XD E' da un po' che sto puntando il suo "Queen of the Desert", fra l'altro... ancora non ho trovato il coraggio di vederlo, che pare un film lungo una quaresima, ma prima o poi...
    I film che hai citato mi interessano un po' tutti, comunque, a eccezione de "I perfetti sconosciuti"... "Suffragette" mi ispira più di tutti, ma ho come il sospetto che si tratti di un entusiasmo immotivato... Magari riesco a recuperare qualcuno dei più recenti candidati all'Oscar, visto che mi mancano quasi tutti, prima! ;D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma come, è il migliore della rassegna e tu non vuoi vederlo? :-D

      Elimina
  19. Al momento ho visto solo The Gift (Suffragette conto di recuperarlo molto presto), meglio di quanto mi aspettassi a livello di trama, che prende direzioni diverse da quelle che si potrebbero presumere all'inizio, ma un po' povero per quel che riguarda la regia. Mi ha stupita molto Jason Bateman, che solitamente associo alle commedie supercazzola!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Idem. Brava la Hall, che non so dirti mai dove ho visto prima. :)

      Elimina