martedì 22 marzo 2016

I ♥ Telefilm: How to get away with murder, Galavant, L'ispettore Coliandro

Stagione II
Lo scorso anno avevo conosciuto l'amata, odiata Shonda Rhimes qui, a scuola di crimine. Un legal thriller semiserio, seducente, velocissimo, per chi come me con gli avvocati in tivù ha un brutto rapporto e il più noto Scandal, recuperato in estate, non lo seguiva ancora. How to get away with murder ti insegnava a farti andare a genio l'autrice più prolifica della storia del piccolo schermo e a farla franca con il sangue freddo e la fedina penale pulita, in caso di moderni delitti e castighi. Nemico giurato delle maratone tanto quanto dei personaggi in toga, avevo trovato nella spregiudicata Annalise Keating e nei suoi cattivi allievi una sorprendente eccezione e un titolo da inserire, lo scorso anno, ai margini del mio listone. Guilty pleasure ma non troppo, il primo How to get away me l'ero bevuto in un sorso. E l'autunno successivo, mi accorgevo, restava la sete. Puntuale la seconda stagione e la terza, da quel che leggo, è già certezza, ma a malincuore i nuovi appuntamenti oltre il nastro giallo, tra aule universitarie e salottini esclusivi, deludono e annoiano un po'. In tempi non lontani l'interrogativo era uno, incalzante: chi aveva ucciso il marito della protagonista? Questa volta, invece, la stagione ruota attorno a una nuova domanda, a un ennesimo caso, anche se le risposte si perdono, in una storyline che fa il passo più lungo della gamba e frequentemente si smarrisce. L'indagine portante ruoterebbe, comunque, attorno a due fratelli, accusati di avere assassinato i genitori adottivi, in nome di una ricca eredità e, mormorano i rotocalchi, del loro amore incestuoso. Come da tradizione, si gioca con flashback e anticipazioni, e l'effetto dèjà vu all'inizio cattura: i discepoli riuniti, di nuovo, sulla scena del delitto perfetto. Quello di una Annalise agonizzante in una pozza di sangue, ferita – mortalmente? - da uno di loro. Prima della pausa per le vacanze natalizie, abbiamo una decina di episodi nella media: il giallo è classico, senza grossi guizzi. Dopo, con l'anno nuovo, How to get away with murder predilige l'indagine psicologica, i viaggi nel passato, l'introspezione. Si parla di un bambino mai venuto al mondo, della relazione della selvaggia avvocatessa con il traditore Sam e con una affascinante collega – quella Famke Janssen incapace di invecchiare -, dell'imprinting istintivo con il bisognoso Wes. Cosa sa delle origini di lui? E quanto è coinvolta nel suicidio della madre, testimone in un processo scomodo? La storyline è frastagliata, sfilacciata, e l'indagine su quei fratelli assassini, ma al di sopra di ogni sospesto, né intriga né interessa. Il lato negativo, quello che fa pendere la bilancia verso la delusione, è l'importanza smodata data ai comprimari. Coi pregi e i difetti che ciò comporta. Si perde spesso il punto della situazione, dunque, e in mezzo a coppie improbabili, sicari affranti e riunioni familiari, Alfred Enoch – tanto per fare un esempio - si mostra incapace di dare spessore al suo Wes e Jack Falahee, ammirato in precedenza per la faccia tosta e l'insolenza, accasato col noioso Oliver, appende al chiodo l'indole di Connor. E la domanda, abbandonata quella iniziale, diventa man mano un'altra: ma a noi che importa? Di chi se la spassa con chi, della Keating bisex, di salti in avanti e indietro che, quest'anno, si fanno seguire con distrazione? La Shonda (inter)nazionale, dunque, rivela le falle delle sue infinite trame e ci dà conferma del talento di una Viola Davis tappa buchi, più mattatrice del solito: vulnerabile, umana, materna. A tratti, straordinaria. E questo How to get away che a volte ritorna, in definitiva, vive solo di lei, spietata e inaffidabile, quando invece vorrebbe coinvolgere l'intera classe che affolla l'ingresso della protagonista notte e dì. L'udienza è sciolta. La corte e il sottoscritto si aggiornerano in data da destinarsi, per concedersi un'altra possibilità. (6)

Stagione II
Lo avevamo cantato, ballato, accolto calorosamente. Galavant, intonatissima comedy di cappa e spada, lo scorso inverno, quanto ci aveva stupito? Debuttato con Once Upon a Time in pausa, e dire che quella serie io l'ho abbandonata anni e anni fa, aveva dieci episodi di venti minuti ciascuno, situazioni brillanti e, soprattutto, canzoni così orecchiabili da convincere anche chi il musical, al contrario mio, non lo tollera. Il segreto: leggerezza da vendere, un cast freschissimo e, a scrivere e comporre, tra gli altri, lo stesso Alan Menkel che vanta diciannove nomination e otto vittorie agli Oscar, nella categoria delle migliori colonne sonore. Record, dite? Ma dove li avevamo lasciati, 365 giorni fa, e cos'è di loro, sopravvissuti alla cancellazione già una volta e separati e lontani, ormai, a causa di una trama più ampia e di imprevedibili incidenti di percorso? Lo scopriamo con una canzone: anche il riassunto delle puntate precedenti, infatti, in Galavant è un'occasione in più per cantarsela. Isabella, in definitiva il vero amore del nostro eroe, è tenuta sotto chiave: deve sposare a forza suo cugino, che per avere una decina di anni è un vero demonio, e vincere le insidie di un wedding planner stregone che l'ha soggiogata con un diadema magico. Madalena, vendicativa ex ragazza, regna con il boia Gareth sul regno che fu di quel marito mai stimato. Il protagonista e King Richard, invece, suo storico rivale, si sono alleati: amici per la pelle, adesso, devono salvare l'amata, riconquistare il trono, guidare un esercito di non-morti in una battaglia che vedrà contrapposti ben tre schieramenti. Interverranno il paranormale – con morti e resurrezioni, lucertole che forse sono draghi dormienti o forse no, regine che per la vittoria venderebbero quel poco di anima che resta loro – e, lungo il tragitto, tappa obbligatoria presso regni che portano a nuovi sorrisi e a ennesimi grattacapi, la riconciliazione con famiglie imperfette, il coinvolgimento nella secolare disputa tra (non) nani e (non) giganti. Meno spazio per i comprimari a me tanto cari – i fedeli servitori, i funzionari reali – , ma altrettante canzoni da fischiettare, altrettante ore spese in assoluta allegria. Due puntate in più, rispetto alla prima stagione, ma è l'effetto sorpresa che, questa volta, purtroppo non si ripete.
Restano le canzoni, folli e sempre a tema; le interpretazioni a fuoco e i cameo inaspettati – quello della Minogue, ad esempio, che nel bel Joshua Sasse ha trovato anche un toy boy da ostentare; l'incertezza del rinnovo. La cancellazione è un orso, ci cantano nella canzone conclusiva, e chissà se, come il caro Leo in Revenant, riusciranno di nuovo a spuntarla senza ferite. (6,5)

Stagione V
Il cinema italiano sta facendo passi da gigante. E se vi dicessi che anche la tivù, talora, sorprende, mi prendereste in parola? Erano già cinque anni che non lo vedevamo muoversi, cafone e mitologico al solito, sul piccolo schermo. Non c'era il blog, e non avevo potuto parlarvi di me, afflittissimo, che mi logoravo per l'incertezza di un nuova, eventuale stagione. Non c'era il blog e, nel mio piccolo, non avevevo potuto illuminare gli scettici sulle mirabolanti prodezze dell'ispettore che spara, fa centro e conquista. Quando meno te lo aspetti, L'ispettore Coliandro – la serie italiana più figa su piazza: okay che poco ci vuole, uno dice – rispunta sui palinsesti, con gioia e sommo gaudio da parte del sottoscritto e famiglia. Non lo avete neanche incrociato, dieci anni fa, quando, in sordina, faceva il suo esordio su Rai Due? Il primo caso è una storia di mafia russa e bionde siberiane; il secondo, nella campagna bolognese, lo vuole impegnato a proteggere un testimone autistico; il terzo, con il colpo di fulmine per un'esotica barista non udente e le pressioni del medico legale ultrasessantenne, lo trascinerà sulla pista da ballo; il quarto – il mio preferito, insieme all'ultimo – lo renderà senza memoria e spietato, all'indomani di un brutta botta in testa; il quinto, tra i peggiori, lo vorrà Taxi Driver tricolore in compagnia di una ex e procace miss; il sesto, alla fine di un ciclo, ci darà filo da torcere: il nostro eroe, dato per morto, è infatti prigioniero nello scantinato di un'affascinante e fragile Psycho al femminile. Le citazioni grandi e piccine, una scrittura intelligente, battute cult, la partecipazione vivissima di gente che crede nel proprio lavoro. Quelle partner che, per dirla a modo suo, più che bellissime sono “scopabili”, i colleghi affezionati – la Bertaccini, che ha sposato da poco la sua compagna; Gargiulo e le lasagne di mammà; la risata con sfiato di Gamberini – e, tra una pagina Facebook sempre aggiornata e iniziative nei locali della capitale emiliana, tanta voglia di ringraziare chi di Coliandro ha curato il successo e il prezioso ritorno. Nato dalla penna di Carlo Lucarelli, L'ispettore Coliandro – sbirro provetto ma non troppo, che in ogni puntata cambia caso e ragazza, come un James Bond pane e salame – ha episodi di novanta minuti, perfettamente autoconclusivi, e cinque stagioni brevissime. Alla regia, gli immancabili Manetti Bros e nel cast, accanto a presenze ricorrenti e vecchie conoscenze, uno Giampaolo Morelli da idolatrare seduta stante. Insieme, sempre affiatati, divertentissimi e di corsa, avete già potuto ammirali, ad esempio, in quel delizioso mix di hard boiled e canzone neomelodica che era Song'e Napule. In una colorata Bologna criminale, inquadrata dall'alto coi droni e, con la sua turbolenta movida notturna purtroppo piena di spunti, la legge ha il volto squadrato – la giacca di pelle, gli occhiali di sole anche di notte e, sotto, un occhio azzurro un po' malandrino – di un agente di polizia cresciuto con il sogno di Eastwood, Tomas Milian, gli sparatutto anni '70. Egocentrico, sboccato, maschilista e fiero di esserlo, Coliandro – che un nome di battesimo non sembra proprio averlo, giacché ispettore lo nacque – inciampa per la quinta volta, così, in crimini, fanciulle e meriti. E, senza bisogno di un aggettivo di troppo, lo si riassume con un “bestiale” dei suoi. (7,5)

25 commenti:

  1. Coliandro non l'ho mai seguito. Mi attirerebbe anche, ma recuperare 5 stagioni adesso la vedo un po' dura...

    Galavant è sempre simpatico, però la seconda stagione l'ho abbandonata per mancanza di tempo.

    La stagione 2 di How to Get Away concordo che sia confusa e ricca di difetti, a tratti davvero una cacchiata, ma tutto sommato questa serie resta una droga cui per il momento non riesco a rinunciare. :)

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    1. Secondo me a drogarsi, ma pesantemente, è più Shonda. Che mi combina, questa volta? Anche con Scandal, che ho lasciato ai tempi della pausa natalizia: recupero, ma ho poca voglia. Su Coliandro: gli episodi non hanno nessun rapporto di continuità. Ti perdi le sue mitiche trovate, sì, ma pur partendo da questa quinta stagione non saresti colto alla sprovvista. ;)

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  2. Di Galavant ho visto la prima stagione, l'ho trovata abbastanza simpatica, mi devo ancora cimentare con la seconda.
    La shondata l'ho abbandonata in tempi non sospetti, troppo soap per i miei gusti.
    Coliandro invece è una mia clamorosa lacuna.

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    1. Io attendo a breve un'altra shondata, The Catch, e chissà.
      Questa volta, anche la soap funzionava pochino. ;)

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  3. La seconda serie di Galavant l'ho trovata migliore della prima, e l'ho amata tantissimo. Peccato che al 99,99% la cancelleranno :(

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    1. Io, invece, l'ho trovata ben realizzata al solito ma... poco fresca?

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  4. Coliandro me lo ha fatto scoprire mio marito, nonostante le mie riserve...lo adoro! Lo sto recuperando nei ritagli in cui Micol dorme (non essendo la visione adatta ad un pubblico duenne xD).

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    1. Oh, bella Micol!
      Però dormi, dormi, ché per coliandro è presto.

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    2. Però Coliandro in version About a boy, ma con bimba al seguito, vorrei vederlo. Manetti Bros, segnatevelo!

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  5. "Le regole del delitto perfetto", terribile traduzione in italiano dell'ultimo nato da Shonda, mi piace un sacco

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    1. Sulla prima stagione concordiamo in pieno: mi ha divertito un mondo. La seconda... Mi dirai.

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  6. Mi mancano le ultime puntate di Annalise, ma già così ne sono delusa: si rasenta il ridicolo e le interpretazioni fanno piuttosto pena. Terza stagione? Non credo ci sarò visto che chissà cosa si inventeranno ancora...
    Galavant è sempre un piacere, mancherà un po' di sorpresa, ma il divertimento resta assicurato e la Kylie, altro che toy boy, si è finalmente trovata il marito: tanto carucci loro su Instagram :)

    Coliandro... ehm... non metto in dubbio il giudizio, ma ho così tanto da seguire che continuerò a perderla.

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    1. Ah, c'è anche l'anello? Auguri a loro, bellissimi nonostante la differenza d'età. Anche le care vecchie Milf si accasano!
      Non avevi mai visto Harry Potter... Ti perdonerò la mancanza di Coliandro in un niente. ;)

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  7. Yes. Però lei merita davvero tutti quei suoi premi. Chissà dove li piazza. Comunque, oh, sono alla fine di Daredevil, quindi dimentichiamo questi titoli qui ;)

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  8. Ciao! Io sono ossessionata da HTGAWM, amo questo telefilm e lo trovo strutturato in maniera molto precisa, c'è sempre un colpo di scena e qualcosa da scoprire =)

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    1. Ciao! Per me, come avrai capito, questa seconda stagione è delusione cocente. L'ho trovata noiosetta e poco interessante... Do una possibilità alla terza. ;)

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  9. Io sono sempre per il #Shondacambialavoro.
    Credo di aver visto 9 puntate di How to get away with murder e ho avuto i brividi. Devo ricordarmi che non posso farmi del male così.
    La seconda stagione di Galavant mi è piaciuta pure più della prima! Ha avuto certe uscite (Tad Cooper, la foresta delle coincidenze, i giganti che non sono giganti) geniali.
    Ce la cancelleranno, va bene così, questa volta il finale lo abbiamo avuto e forse ci sarebbe il pericolo concreto di annoiare con una eventuale terza stagione.
    Lo ricorderò con molta simpatia.

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    1. Così brutta, ti è parsa? Io, invece, trovo che le sue serie - soprattutto Scandal, che con gli sproloqui di un Cyrus dà il meglio - siano superiori alla media, per essere della Abc. Nonostante la scarsa qualità di questa seconda stagione, qui e lì, complice la Davis, un exploit o due lo piazza. Galavant un po' mi mancherà ma, a dirti la verità, già questa seconda stagione mi ha annoiato un po'...

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  10. Dopo aver visto quel gioiello di Song'e Napule ho deciso che non potevo perdermi qualunque cosa venisse fuori dai fratelli Manetti in sinergia con Morelli.
    Coliandro mi diverte troppo,gli perdono persino il turpiloquio

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    1. Verissimo! A me di questa bella accoppiata manca Piano 17, ma spero di recuperare.

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  11. Coliandro mi è piaciuto troppo, è un mix di divertimento ed azione! Capito tutto all'ispettore Coliandro, si trova sempre in mezzo a situazioni scomode e a ragazze da salvare! Io invece adoro "Once Upon A Time"! Anch'io parlo di cinema sul mio blog, se vuoi passa ➡ gattaracinefila.blogspot.it

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  12. # Way back in days of old
    ho adorato anche questa stagione di
    Gaaaaaaalavaaaaaant #

    Che é carina e niente di piú ma quanto meno rimane fedele a se stessa e cazzeggiona nel modo giusto!

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