Ma
io non ci credo che tutto è scritto alla nascita, altrimenti la vita
non avrebbe significato. I figli non appartengono a chi li mette al
mondo, non sono l'appendice dei genitori. E se uno non può
scegliersi i genitori, può scegliersi i maestri.
Titolo:
Sei come sei
Autrice:
Melania G. Mazzucco
Editore:
Einaudi – Stile Libero
Numero
di pagine: 235
Prezzo:
€ 12,00
Sinossi:
Sul
treno per Roma c'è una ragazzina. Sola e in fuga, dopo un violento
litigio con i compagni di classe. Fiera e orgogliosa, Eva legge tanti
libri e ha il dono di saper raccontare storie: ha appena undici anni,
ma già conosce il dolore e l'abbandono. Giose è stato una meteora
della musica punk-rock degli anni Ottanta, poi si è innamorato di
Christian, giovane professore di latino: Eva è la loro figlia. Padre
esuberante e affettuoso, ha rinunciato a cantare per starle accanto,
ma la morte improvvisa di Christian ha mandato in frantumi la loro
famiglia. Giose non è stato ritenuto un tutore adeguato, e si è
rintanato in un casale sugli Appennini. Eva è stata affidata allo
zio e si è trasferita a Milano. Non si vedono da tempo. Non hanno
mai smesso di cercarsi. Con Giose, Eva risalirà l'Italia in un
viaggio nel quale scoprirà molto su se stessa, sui suoi due padri,
sui sentimenti che uniscono le persone al di là dei ruoli e delle
leggi, e sulla storia meravigliosa cui deve la vita. Drammatico e
divertente, veloce come un romanzo d'avventura, "Sei come sei"
narra con grazia, commozione e tenerezza l'amore tra un padre e una
figlia, diversi da tutti e a tutti uguali, in cui ciascuno di noi
potrà riconoscersi.
La recensione
“Giose
si era tatuato il suo nome sul cuore: ti porto nella mia carne, le
aveva detto, sollevando la maglietta. Sei sempre con me - anche
quando sei lontana [...]
E non lo puoi cancellare? gli aveva chiesto. No, aveva risposto
Giose, in questo punto no, mai. Non posso toglierti da me, sei la mia
pelle.”
Ci
sarebbe una storia, una storia vera, che ha ispirato un film indie,
bello e sconosciuto: Any Day Now.
Parla di un ragazzino Down che nessuno vuole in affidamento – non è
più un bambino, ha modi scostanti e un cromosoma in più – e di
una coppia omosessuale che si prende cura di lui
fino a quando è possibile. Ma siamo negli anni Settanta, la legge
dice che l'affido non è ammesso e il ragazzino, ospitato in un
istituto qualsiasi, una notte scappa e si mette in cerca di quei due
strani genitori. Ma è strano anche lui, o così gli dicono i più,
quindi che male c'è? Un inverno gelido lo sorprende però per strada
e il ragazzino a cui è ispirato il protagonista, nella realtà, muore
al freddo e al gelo, cercando casa. Sotto un ponte. Come un cane
fedele che si è perso, strattonato il guinzaglio. Ci ho ripensato,
con i brividi e la rabbia, leggendo
Sei come sei:
il libro della discordia, il romanzo di narrativa che – in un liceo
della Roma bene, qualche tempo fa – aveva fatto urlare
all'oltraggio al pudore. Una scena di sesso lunga una frase, massimo
due, e un tema quantomai attuale, debitamente annunciato sul retro di
copertina: una figlia, due padri, una famiglia normale. Be',
apriti cielo. Sono passati due anni e l'ho letto con il polverone
mediatico che si è calmato, la scoperta di una Mazzucco che spesso
attira polemiche – ne ricordo altre, ferocissime, quando Vita
vinse il Premio Strega – e le fasce arcobaleno sui vestiti dei
cantanti, a Sanremo. Un periodo in cui qualcosa,
anche se piano, si è mossa. ll dolore altrui genere
chiusura: ne so qualcosa. La percezione dell'alterità, invece, fa ridacchiare,
stimola la coniazione di insulti a fantasia, tira fuori il peggio. Mi
è stata subito simpatica Eva, che eppure tanto simpatica non
vuole apparire: undicenne critica e sprezzante, precoce, che si
vede già scrittrice e, in gita con la II B, spinge sulle rotaie
Loris, suo bullo e sua prima vera cotta, e sale sul primo
treno. In fuga, in viaggio: in cerca. Porta fiera il nome della più
antica abitatrice dell'Eden e, come la prima donna, è
nata dalla costola di un Adamo. Da un desiderio indescrivibile,
fortissimo, che colpisce i suoi genitori in un museo di Budapest,
davanti al capolavoro di Ferdinando de Herrera.
La paternità è come la Sindrome di Stendhal. Come si è avverata la preghiera di cullare quella bambina impossibile, pensata forte e infine concepita nella affascinante Armenia? Cos'è stato di loro tre, che davanti a un quadro con San Giuseppe e il bambinello, tremavano, si ponevano domande e non si immaginavano plausibili? Eva, con occhi puri e ad altezza bambino, ma in terza persona e con discorsi diretti introdotti senza le virgolette e senza domandare il permesso, rievoca – da passeggera del viaggio di una vita – le circostanze particolari della sua nascita, la storia d'amore per nulla pruriginosa tra un rocker con la barba e un ricercatore con gli occhali a fondo di bottiglia, il giorno nero in cui il lutto prima e la società poi posero fine all'idillio di un paradiso da tripartire. E lei, speciale e doppiamente forte, che macina tutta sola chilometri da Milano a Roma, e viceversa, per tentare, anche a costo di dover battere i piedi e stringere i denti, di riportare tra i vivi il papà che – in morte del compagno – forse ha rinunciato a lei. Si inerpica, così, per strade strerrate e tornanti, e raggiunge un paese sugli Appennini: lì, lei che conosce la relatività del tempo e l'ostinazione del dolore, in una baita che sembra uscita dai disegni di un bimbo, si è isolato Giose. Colui che è sopravvissuto contro ogni pronostico al prudente, assennato Christian; il suo papà di riserva. Meglio avere due papà che nessuno, ci insegna la saggia Eva. Meglio nascere che non nascere, risponde per le rime a chi non ammette la provetta che l'ha resa vera. Il suo viaggio sotto la neve, il resoconto dell'andata e quello del ritorno che si intrecciano, ci illustra il suo albero genealogico con delicatezza invidiabile e, a ritroso, ci presenta dispensando sorrisi e lacrime una galleria di zii e nonne, consuocere e ex moglie accondiscenti, parenti tolleranti e genitori perfetti cercasi.
Inevitabilmente gli occhi sono puntati su di loro, che inseguono le ore disuguali, filosofeggiano a colazione, mettono su un fortino di affetti nell'anno zero. Che sia per malizia o indiscrezione, ce lo si chiede un po' tutti: come se la cavano due uomini con la monogamia, i pannolini sporchi e il pregiudizio? Come cresce una bambina con due portatori sani di cromosoma Y, la tavoletta alzata nella toilette e - sempre lui, immancabile - il pregiudizio? In un romanzo di formazione toccante, spigliato e con un cuore grosso così che, checché se ne dica, ha il pregio di non essere scritto a tavolino né di dare un'immagine che è tutta rose e fiori, in molti si stupirebbero della sconcertante e banalissima normalità insita nella risposta. Eva, portata in vacanza nelle città d'arte e cresciuta in una famiglia cattolica, se la passa benone. E se prima del trasferimento a casa degli zii milanesi le avessero chiesto a “chi dei tuoi papà vuoi bene di più?”, come tutti i bambini, avrebbe fatto spallucce. Christian, colto e mite nell'aspetto, è docente universitario nella mia Chieti: sposato per qualche tempo con la sua fidanzata del liceo, clamoroso errore di gioventù, a detta delle maestre di Eva e dei suoi dirimpettai sembrerebbe pure normale. Ma cos'è, normale? Giose, al contrario, è quello dei colori che non passano inosservati, la meteora del glam rock nostrano, il mammo dal passato promiscuo: non tocca una chitarra da dieci anni e, saltuariamente, compone colonne sonore per softcore di quart'ordine. Ma fa mille progetti, per quel che vale, e si applica quando è il momento di reagire alle crisi allergiche della figlia o di fingere nonchalance alla buffa notizia delle sue prime mestruazioni. Quando è il momento di essere un padre solo e solo un padre, dopo il riconoscimento del cadavere di Christian, che muore in moto, un giorno in cui andava veloce ma chissà dove. Un corpo gonfio restituito dall'acqua, quell'anello discreto che era il simbolo di un matrimonio mai celebrato e Giose, tra stordimento e impegni grandi e piccoli, che non sa che fare e come sentirsi. Improprio l'aggettivo “vedovo”, come rifletteva un altro amante, in un altro melò declinato al maschile? Sei come sei è uno di quei libri elementari e disarmanti, da leggere e consigliare, che mi dispiacerà all'infinito restituire alla Biblioteca comunale. Uno di quei libri che, prima o poi, mi compro da me, perché tanto il mio comò gli si è affezionato. Il dolore è pungente, l'emozione è tanta, quello stile tacciato delle cose peggiori – pornografico, scabroso, inoppurtuno – è tenero da non crederci. Ma in certa gente, ormai, non ripongo più fiducia. Fiducia invece per quelli che il diciannove marzo hanno mangiato un pasticcino e appeso un disegno al frigo – i padri di ogni dove, sottovalutatissimi; il mio – e che, cose che so sia per esperienza che per un romanzo che è un Venuto al mondo senza Gemme, amano i loro figli di un amore oculato, riguardoso. Come preso in prestito.
La paternità è come la Sindrome di Stendhal. Come si è avverata la preghiera di cullare quella bambina impossibile, pensata forte e infine concepita nella affascinante Armenia? Cos'è stato di loro tre, che davanti a un quadro con San Giuseppe e il bambinello, tremavano, si ponevano domande e non si immaginavano plausibili? Eva, con occhi puri e ad altezza bambino, ma in terza persona e con discorsi diretti introdotti senza le virgolette e senza domandare il permesso, rievoca – da passeggera del viaggio di una vita – le circostanze particolari della sua nascita, la storia d'amore per nulla pruriginosa tra un rocker con la barba e un ricercatore con gli occhali a fondo di bottiglia, il giorno nero in cui il lutto prima e la società poi posero fine all'idillio di un paradiso da tripartire. E lei, speciale e doppiamente forte, che macina tutta sola chilometri da Milano a Roma, e viceversa, per tentare, anche a costo di dover battere i piedi e stringere i denti, di riportare tra i vivi il papà che – in morte del compagno – forse ha rinunciato a lei. Si inerpica, così, per strade strerrate e tornanti, e raggiunge un paese sugli Appennini: lì, lei che conosce la relatività del tempo e l'ostinazione del dolore, in una baita che sembra uscita dai disegni di un bimbo, si è isolato Giose. Colui che è sopravvissuto contro ogni pronostico al prudente, assennato Christian; il suo papà di riserva. Meglio avere due papà che nessuno, ci insegna la saggia Eva. Meglio nascere che non nascere, risponde per le rime a chi non ammette la provetta che l'ha resa vera. Il suo viaggio sotto la neve, il resoconto dell'andata e quello del ritorno che si intrecciano, ci illustra il suo albero genealogico con delicatezza invidiabile e, a ritroso, ci presenta dispensando sorrisi e lacrime una galleria di zii e nonne, consuocere e ex moglie accondiscenti, parenti tolleranti e genitori perfetti cercasi.
Inevitabilmente gli occhi sono puntati su di loro, che inseguono le ore disuguali, filosofeggiano a colazione, mettono su un fortino di affetti nell'anno zero. Che sia per malizia o indiscrezione, ce lo si chiede un po' tutti: come se la cavano due uomini con la monogamia, i pannolini sporchi e il pregiudizio? Come cresce una bambina con due portatori sani di cromosoma Y, la tavoletta alzata nella toilette e - sempre lui, immancabile - il pregiudizio? In un romanzo di formazione toccante, spigliato e con un cuore grosso così che, checché se ne dica, ha il pregio di non essere scritto a tavolino né di dare un'immagine che è tutta rose e fiori, in molti si stupirebbero della sconcertante e banalissima normalità insita nella risposta. Eva, portata in vacanza nelle città d'arte e cresciuta in una famiglia cattolica, se la passa benone. E se prima del trasferimento a casa degli zii milanesi le avessero chiesto a “chi dei tuoi papà vuoi bene di più?”, come tutti i bambini, avrebbe fatto spallucce. Christian, colto e mite nell'aspetto, è docente universitario nella mia Chieti: sposato per qualche tempo con la sua fidanzata del liceo, clamoroso errore di gioventù, a detta delle maestre di Eva e dei suoi dirimpettai sembrerebbe pure normale. Ma cos'è, normale? Giose, al contrario, è quello dei colori che non passano inosservati, la meteora del glam rock nostrano, il mammo dal passato promiscuo: non tocca una chitarra da dieci anni e, saltuariamente, compone colonne sonore per softcore di quart'ordine. Ma fa mille progetti, per quel che vale, e si applica quando è il momento di reagire alle crisi allergiche della figlia o di fingere nonchalance alla buffa notizia delle sue prime mestruazioni. Quando è il momento di essere un padre solo e solo un padre, dopo il riconoscimento del cadavere di Christian, che muore in moto, un giorno in cui andava veloce ma chissà dove. Un corpo gonfio restituito dall'acqua, quell'anello discreto che era il simbolo di un matrimonio mai celebrato e Giose, tra stordimento e impegni grandi e piccoli, che non sa che fare e come sentirsi. Improprio l'aggettivo “vedovo”, come rifletteva un altro amante, in un altro melò declinato al maschile? Sei come sei è uno di quei libri elementari e disarmanti, da leggere e consigliare, che mi dispiacerà all'infinito restituire alla Biblioteca comunale. Uno di quei libri che, prima o poi, mi compro da me, perché tanto il mio comò gli si è affezionato. Il dolore è pungente, l'emozione è tanta, quello stile tacciato delle cose peggiori – pornografico, scabroso, inoppurtuno – è tenero da non crederci. Ma in certa gente, ormai, non ripongo più fiducia. Fiducia invece per quelli che il diciannove marzo hanno mangiato un pasticcino e appeso un disegno al frigo – i padri di ogni dove, sottovalutatissimi; il mio – e che, cose che so sia per esperienza che per un romanzo che è un Venuto al mondo senza Gemme, amano i loro figli di un amore oculato, riguardoso. Come preso in prestito.
Il
mio voto: ★★★★½
Il
mio consiglio musicale: Cat Stevens – Father & Son
Un libro amatissimo dal sottoscritto. Bello, audace, pungente quanto basta.
RispondiEliminaConcordiamo pienamente. Soprattutto, delicato e adatto assolutamente a tutte le età. Quale volgarità? La gente è scema.
EliminaTi ringrazio per tre motivi: il primo è la solita bella recensione, il secondo che mi hai ricordato di dover bazzicare la biblioteca comunale, che da quando ha cambiato sede ho un po' trascurato, il terzo ed ultimo il reminder, forse hai ragione sui post-it e dovrei cambiare la mia politica al riguardo, di attenzionare maggiormente la Mazzucco. Oltre che questo titolo qui infatti, messo in WL proprio in concomitanza alla polemica nel liceo romano, cerco da qualche tempo Vita, nonostante i miei dissapori con i romanzi da Premio, e Limbo, da cui è stata tratto un film TV con Smutniak e Giannini figlio che mi ha intrigata per le tematiche trattate. Buona Pasquetta!
RispondiEliminaAh, non sapevo del film tv. Grazie a te. Gli attori, effettivamente, male non sono e, se non sbaglio, la biblioteca lo aveva. Altro mancato acquisto di cui mi pentirò? L'autrice aveva ispirato anche l'Ozpetek meno Ozpetek, Un giorno perfetto, e già lì mi aveva colpito. Buona Pasquetta a te. :)
EliminaVotone importante!
RispondiEliminaCerto che l'amore genitoriale è sempre più uno dei top trend della stagione in tutti i campi.
Ero indeciso sulla mezza stella, lì, ma andiamo di pancia.
EliminaSe non l'hai visto, dell'autrice era anche interessante il film Un giorno perfetto. Un Ozpetek lontano dai suoi temi, Mastandrea bravissimo.
Sembra un libro bello e profondo, che tocca argomenti scomodi. Non l'ho mai notato in libreria, ne su internet se è per questo, ma dopo la tua recensione entusiastica non posso che inserirlo nella mia wl. Magari una volta letto guarderò anche il film che hai citato.
RispondiEliminaTi ringrazio, Sonia, e bevenuta!
EliminaHei Ragazzo! Da quanti secoli non passo qui da te? Anni ormai... sono pessima ahahahahahahah Vedo che la voglia di parlare non ti è mai passata... sempre delle belle recensioni lunghe :D
RispondiEliminaQuesto libro mi ha incuriosito ma sono un pò titubante. Dici quindi che merita?
Eilà! Be', se ho avuto tanto da dire, direi di sì. ;)
EliminaPossiedo Vita da un bel pò di tempo e non l'ho mai letto...tu si? Chissà fa per me? Perchè mi tiene a distanza questo libro? Ho persino cercato di scambiarlo e regalarlo...adesso mi tocca ripensarci.
RispondiEliminaQuello che tu hai recensito oggi invece adesso lo desidero e mi attira nei suoi meandri. Bravissimo e particolare come sempre Michele.
Ti ringrazio, Cuore. Vita purtroppo no, non l'ho letto, e un po' lo temo, sai? Lo vedo lungo e impegnativo, ma ci proverò :)
EliminaCome sempre le tue recensioni ci fanno vivere un pezzetto delle emozioni che i libri ti trasmettono...la Mazzucco è un'autrice che non mi ha mai incuriosito, non conoscevo nemmeno la tematica di questo libro. Ne ho già preso nota e credo che lo cercherò anch'io in biblioteca :)
RispondiEliminaDa genitore, ti piacerebbe senz'altro. Grazie mille! :)
EliminaPensa che avevo snobbato il romanzo proprio per il clamore suscitato (lo pensavo scritto per cavalcare l'onda mediatica e l'argomento "caldo" e attuale), ora mi tocca ricredermi e recuperarlo!
RispondiEliminaSe è scritto per quello, Tessa, non saprei. Ormai, soprattutto nella narrativa italiano, vedi una Rattaro, la cronaca fa sempre capolino qui e lì. La sorpresa è legata che tanto rumore, essenzialmente, era per nulla. :)
EliminaIl tuo pensiero finale sui padri mi ha fatto tenerezza, l'ho trovato veritiero..ma come fanno alcuni scrittori a raccontare storie che a distanza di anni ci ritroviamo ancora a discutere?
RispondiEliminaSta lì lo scrittore, secondo me. :)
EliminaDa me ogni tanto qualche studente passa a prenderlo: forse ci sono ancora prof. che hanno il coraggio di assegnarlo come lettura. Coraggiosi, considerato che di questi tempi gli agguati vengono tesi in modi inaspettati e per me non comprensibili, tanto che sarò costretta a portare i figli a vedere Kung Fu Panda solo per fare marameo a qualcuno.
RispondiEliminaIl libro l'ho letto appena uscito e l'avevo amato molto.
Un saluto da Lea
Oh, allora qualche non-capra c'è.
EliminaMenomale! :-)