martedì 24 ottobre 2023

Recensione: La coppia felice, di Naoise Dolan


| La coppia felice, di Naoise Dolan. Atlantide, € 18, pp. 272 |

Che fine hanno fatto le commedie romantiche? Il quesito è emerso durante una conversazione fra amici. Si sentiva nostalgia di Meg Ryan e Julia Roberts, dei lieto fine annunciati, dei titoli di coda subito dopo i fiori d'arancio. Che fine hanno fatto gli innamorati noiosamente contenti, che vivono il quotidiano senza spaccare il capello in quattro? Non ne troverete di certo nel nuovo romanzo di Naoise Dolan. Una commedia sofisticata che parte dal coronamento di un sogno d'amore, il matrimonio, per poi trasformarsi in un giallo dei sentimenti in cui tutto è a rischio: cerimonia compresa. I protagonisti dell'autrice irlandese sono l'incubo dei novelli promessi sposi; il dramma dei wedding planner. Tutt'altro che sereni e sorridenti, si raccontano e si lasciano raccontare in un conto alla rovescia arguto e imprevedibile, fatto di liste per punti, tabelle e diagrammi, bozze di giuramenti. Lui, Jake, è un manager traditore e indeciso: "fidanzato trofeo", patisce la distrazione e la freddezza della partner. Lei, Celine, è una pianista troppo assorbita dalla sua professione per badare al resto: indossa sempre guanti protettivi per non rovinarsi le mani e vive similmente anche il sesso. Attorniati da una galleria di parenti invadenti, si defilano quando possono. E, in segreto, minacciano di tagliare la corda prima dell'altare.

La solitudine non era non avere nessuno. La solitudine era l'abisso tra quello che speravi e quello che avevi.

Nel corso della lettura interverranno Phoebe, la pecora nera della famiglia con un fiuto per le bugie; Maria, la ex di Celine; Archie, l'ex di Jake; infine Vivian, gallerista che infonderà saggezza quando tutti minacceranno di perdere il controllo. Come il genere ormai comanda, i personaggi sono tutti bisessuali e multietnici; considerano la fedeltà un retaggio del patriarcato e sono negati nelle scelte. Parlano molto, pensano troppo, vivono l'affanno delle convenzioni sociali. Giurano di amarsi… Ma oggi l'amore è forse abbastanza? Troppo lontani da me, questa volta mi hanno reso arduo empatizzare: li ho osservati a distanza. Stranito, sì, ma col sorriso. Disillusa, amara, eppure esilarante, a un certo l'autrice li fa discorrere di Jane Austen. E quanto mi avrebbe divertito La coppia felice in abiti ottocenteschi, con le sorelle Bennet che parlano in gaelico per spettegolare impunemente e un Darcy queer che tracanna gin tonic per sfuggire alla vita adulta. Dolan omaggia il romance, e poi lo vampirizza per saziare noi millennial affamati d'amore e cinismo. Non esiste una sola anima gemella. Sarebbe quindi tempo sprecato non provarci con tutte, no? Le fedi, girate e rigirate in preda all'indecisione, scaveranno solchi sull'anulare.

Il mio voto: ★★½
Il mio consiglio musicale: AnnalisaMon Amour

mercoledì 11 ottobre 2023

Recensione: Polveri sottili, di Gianluca Nativo

| Polveri sottili, Gianluca Nativo. Mondadori, € 18,50, pp. 228 |

Cosa sarebbe successo se, in uno dei momenti più struggenti di Persone normali, Marianne avesse seguito Connell? Il secondo romanzo di Gianluca Nativo, quasi a prendere le mosse dal cult generazione di Sally Rooney, parte lì dove molti amori sospesi hanno fine: dal bivio delle relazioni a distanza. Eugenio e Michelangelo, giovani e per questo fiduciosi, credono che saranno l'eccezione alla regola. Continueranno a volersi anche lontani, così come si sono voluti nel corso di un'estate che credevano eterna. Si sono conosciuti in una Napoli deserta, nel limbo dei neolaureati. Nel momento più giusto; in quello più sbagliato. In attesa che il futuro bussasse alla porta, si sono goduti con la lentezza dei pensionati un incanto ischitano fatto di arte e gite fuori porta. La carezzevole lentezza della bella stagione lascia presto il posto alla frenesia dei sobborghi inglesi, lontani dallo spettacolo dei fuochi artificiali e dagli spritz sul mare.

A te in fondo le periferie piacciono. A te piaceva Michelangelo.

Eugenio, specializzando in Medicina, si trasferisce a Londra. Michelangelo decide di seguirlo, ma dopo un po' partirà per Milano, assistente editor presso una brutta casa editrice. Dopo averci raccontato l'iniziazione di un giovane nel mondo delle app d'incontri, Nativo ritorna e fa centro con un romanzo sincero, spietato e universale, scritto con la stessa sincerità di certe canzoni indie. Per stare insieme, oggi, basta amarsi? Vittime di un brutale shock culturale, destinati ai dolori dell'incomunicabilità, i protagonisti sperimentano nuove routine, lunghi silenzi e l'idillio sporadico delle rimpatriate. Più che con le parole, si parlano con le foto WhatsApp. E, di notte, in attesa dei messaggi dell'altro, si addormentano con i cellulari alla mano. Nella mia vita sono stato sia Eugenio che Michelangelo. Ho provato a dimenticare, a dimenticarmi, camuffando invano l'accento e rifugiandomi in un nevrotico schematismo da primo della classe; ma mi sono spesso sentito anche fragile e bisognoso, mediocre, troppo spaesato per rinunciare a farmi guidare.

Non devi seguirmi sempre, vorrei essere io per una volta a seguire te.

Una relazione richiede pazienza, cura, attenzione. Quando si diventa adulti, tocca scegliere: o noi stessi, o gli altri. Questa vita ci vuole distratti e ambiziosi per restare a galla. Questa vita, forse, ci vuole soli. Fra rotture e ritorni di fiamma, i novelli “spatriati” fanno timidi tentativi per essere felici insieme. Simmetrici nell'inquietudine, nei giorni pari si rifugeranno in un nido di lenzuola e dimenticheranno tutto: perfino il Capodanno. In quelli dispari, invece, la nostalgia e la frustrazione li porteranno in aeroporto. Dall'aereo appare tutto più piccolo, sospeso. Sulle nuvole il mondo sottostante è un presepe nascosto da una cortina di smog. È forse possibile non atterrare mai, per eludere questa domanda che incalza: «Dov'è realmente casa?».

Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Marco Mengoni – Caro amore lontanissimo

martedì 3 ottobre 2023

Recensione: L'ultima cosa bella sulla faccia della terra, di Michael Bible

| L'ultima cosa bella sulla faccia della terra, di Michael Bible. Adelphi, € 16, pp.135 |

Harmony, Carolina, è costruita sulle bugie. All'apparenza placida e accogliente, è una città in cui il sonno della ragione ha generato mostri. Fra omofobia, razzismo e fanatismo religioso, l'armonia non è di casa. A portarne alla luce le contraddizioni è stato il gesto estremo di un giovane: folle, o forse annoiato. Iggy, l'outsider della scuola, ha tentato di darsi fuoco al centro della chiesa. Non ci è riuscito. Ma nell'incendio sono morte venticinque innocenti. Come si sopravvive a una tragedia? Quando scompaiono, sulla pelle e nella memoria, i segni del fuoco? Crudo, lisergico, eppure delicatissimo, il primo romanzo di Michael Bible edito in Italia racconta una storia in punta di penna, perfetta per coloro che sono stati a Holt con Haruf o a Fabbrico con Camurri.

Eravamo innocenti. Convinti di essere speciali. Sbronzi tutti i weekend al centro commerciale. Il mondo era nelle nostre mani. Non ci importava del tempo. L'amore era una cosa scontata. La morte aveva paura di noi. Adesso abbiamo il grigio nella barba. Il cielo è un livido viola.

Scritto magistralmente, accoglie un coro greco di personaggi segnati dal gesto di Iggy. Ci sono gli ex compagni di liceo, ormai adulti, che fanno raffreddare il caffé mentre mettono a confronto i loro ricordi. C'è un timido bibliotecario che stringe amicizia con una donna in fuga da una setta religiosa, e per mezzo di lei trova un po' di fiducia nel genere umano. Ci sono due vecchi innamorati, divorati da una lontana inquietudine, che si ritrovano dove tutto ha avuto inizio. E c'è, soprattutto, il piromane: nella sua cella attende l'iniezione letale e ripensa. Al magnetismo che l'ha spinto prima tra le braccia di Cleo, poi di Paul; alle droghe, ai superalcolici, ai video morbosi; al desiderio perenne di vincere l'insensibilità attraverso il dolore. Sottilmente collegati, i protagonisti invocano la guerra nucleare come i futuristi del primo Novecento. Annichiliti e affamati, preferiscono l'abisso al nulla cosmico. A Harmony, sanno, non succede mai niente. Non resta che l'omicidio, dunque, per scuoterla alle fondamenta?

Sogno per tutto il genere umano un'utopia in cui l'amore è legale e piove champagne.

Qualcuno va via. Qualcuno torna. Qualcuno la ama e la odia contemporaneamente. Sfondo di un amaro giro di vite, si fa emblema di un Sud bello soltanto nelle canzoni folk. Suggestivo ma sfilacciato, troppo esile nell'intreccio, Bible demitizza e denuncia. Ma salva dall'indignazione generale i tramonti rosso sangue, le stelle cadenti, i fiori del corniolo visti attraverso le inferriate. E se perfino la campana in cima alle torre dell'orologio può tornare a suonare come d'incanto, non sembra troppo tardi per sperare. Nei miracoli. Nell'ultima cosa bella sulla faccia della terra.

Il mio consiglio musicale: Bruce Springsteen – I'm on Fire
Il mio voto: ★★★

lunedì 18 settembre 2023

Recensione: Il gattopardo, di Giuseppe Tomasi di Lampedusa

 
 | Il Gattopardo, di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, € 13, pp. 304 |

L'ho portato con me in Sicilia. Mancavo da vent'anni. Come il Gattopardo, sono sempre stato un nostalgico. Il Principe Fabrizio è una bestia mansueta. Incombe placidamente su uomini, donne e feudi. Su di lui, in salotti splendidi ma già polverosi, ci sono volte affrescate con pappagalli e bertucce, angeli e dei. Fuori dal suo palazzo, invece, si estendono giardini dai profumi stordenti: la dolcezza dei fiori di pesco, tuttavia, non nascondere il tanfo di putrefazione che sale intanto dal corpo di un soldato, morto proprio sotto le fronde di casa Salina. Ambientato tra l'arrivo dei garibaldini e il primissimo Novecento, il capolavoro di Tomasi di Lampedusa è una saga familiare sulla fine di un'era e l'inizio di un'altra; lo spaccato di un ceto, quello nobiliare, sprovvisto di qualsiasi sapere pratico e ottusamente chiuso al progresso; il gioco strategico di un grande pater familias, che riversa le sue ultime ambizioni nel nipote Tancredi pur di non conoscere l'oblio. Anche a costo di spezzare il cuore alla figlia Concetta.

Ma Lei sa meglio di me, principe, che anche le stelle fisse veramente fisse non sono.

Ogni capitolo ci apre per circa un giorno le porte della residenza di Donnafugata. È una scenetta dal gusto teatrale, in una commedia in costume e di costume. Amarissima, ma pur sempre una commedia. Qui, un narratore dalla sensibilità contemporanea fa gustosamente il verso alla fiorita prosa ottocentesca, ma delinea con mal celata ironia l'opulenta mollezza del palazzo. Perfino la bellissima Angelica, figlia di un parvenu da spennare, è sorpresa nell'atto di togliersi del cibo tra i denti con la forchetta. E il budino al rum prediletto dal padrone di casa? Diventa un fortino minacciato dalle forchette dei commensali, simbolo della disfatta in agguato. Tra tedio e intrighi matrimoniali, si spettegola delle prime femministe che protestano per il diritto al voto e della smania di collezionismo di taluni. Irresistibile e chirurgico, Tomasi di Lampedusa ci rende partecipi di una rivoluzione politica e familiare; di un risveglio dei sensi, a cui seguirà poi un timido risveglio delle coscienze.

Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.

La Sicilia, troppo avvezza agli invasori per temere grandi cambiamenti, sonnecchia nella furia del solleone. Gli anziani rosolano al sole, il basilico contrassegna la casa delle prostitute, le suore custodiscono le ricette dei mandorlati. Laggiù, a differenza che sulla terraferma, ci si racconta che niente cambierà. Circondato dal suo affezionato e polveroso ciarpame rococò, non si farà illusioni il Gattopardo: un protagonista indimenticabile, con il difetto di avere una mente troppo veloce in un paese che troppo lentamente, invece, imbocca la strada del progresso. In un momento chiave del romanzo, il principe ricercherà l'aria aperta e le epifanie che garantisce. Di ritorno dal valzer, reso leggendario dal film di Visconti, rinuncerà alla carrozza e tornerà a piedi. Lui incombe su tutti, ma su di lui incombe a sua volta il cielo. Il principe ha provato spesso a venire a capo dei misteri del firmamento. Ma l'ha colto in contropiede la verità delle stelle fisse, che a ben vedere davvero fisse non sono. La limitatezza di un nobiluomo che accetta finalmente l'illimitatezza celeste si intrecciano così alla bellezza allo squallore, allo sfarzo e alla miseria, in un ballo degli opposti che celebra gli ultimi sospiri di un mondo in fin di vita. E brevemente ma per sempre, su carta, ne arresta così l'estinzione.

Il mio voto: ★★★★★
Il mio consiglio musicale: Giuseppe Verdi - Va', pensiero 

lunedì 11 settembre 2023

Recensione: The Other Black Girl - L'altra ragazza nera, di Zakiya Dalila Harris


| The Other Black Girl – L’altra ragazza nera. Mondadori, € 19, pp. 408 |

Cosa significa, oggi, essere una donna nera negli Stati Uniti? Com'è lavorare in un ambiente di soli bianchi? Quanta paura, al mattino, nello scorrere Twitter in cerca dell'ennesima immotivata mattanza? Da maschio bianco italiano, mi sono affidato alle riflessioni dell'esordiente Zakiya Dalila Harris. Mai didascalica, sceglie i toni della commedia grottesca e pieghe surreali per raccontare l'odissea di un'assistente editor afroamericana. Il risultato è un romanzo intrigante e leggerissimo, ma sorprendentemente scomodo nel messaggio: l'appartenenza a un gruppo, a qualsiasi gruppo, richiede il lasciapassare della compiacenza. Nella lavora al tredicesimo piano di un ufficio di Manhattan. Giovane, capace e ambiziosa, ha sempre saputo che per affermarsi si sarebbe dovuta mostrare due volte più brava degli altri. Quando arriva la magnetica Hazel, la seconda ragazza nera dell'ufficio, Nella si scopre presto ossessionata da lei. È un'amica o un'usurpatrice? Alla Wagner Books c'è posto per una sola di loro? Mentre Hazel vanta una rigogliosa cascata di dread e nonni attivisti in quel di Harlem, la più borghese Nella ha un fidanzato caucasico e un passato di capelli stirati. Nera fuori, bianca dentro, è un Oreo. In ufficio spicca perché cromaticamente diversa, ma nella comunità afro è vista con scetticismo. Una donna nera, oggi, deve infatti essere attivista, politicamente impegnata e orgogliosa dei suoi ricci al naturale. È libertà, questa?

Da una maggiore consapevolezza della sensibilità culturale derivano grandi responsabilità. Se non stiamo attenti, la “diversità” potrebbe diventare un elemento che le persone iniziano a spuntare da un elenco e niente più: una cosa superficiale e oscura con una sola dimensione.

L'occasione per farsi notare potrebbe essere bacchettare l'autore di punta della casa editrice, artefice di un personaggio afroamericano stereotipatissimo. Ma come le prenderebbero i suoi capi? Meglio tacere, tradendo così il Black Lives Matter, o parlare? Energico, originale e graffiante nei dialoghi, The Other Black Girl ha il contro di mettere tante carne al fuoco. Troppe sottotrame, troppe voci narranti, troppi piani temporali per storie destinate a ripetersi. Ma nella sua irresistibile caoticità, per altro tipica del cinema satirico di Jordan Peele, racconta un lacerante conflitto interiore e un mondo claustrofobico, quello editoriale, che, tra le pagine, già in passato fece misteriosamente sparire un'editor ribelle. L'ombra di Kendra Rae riecheggia tra i cubicoli, come quella di Rebecca, la prima moglie. E qui e lì, aguzzando l'udito, si sente bisbigliare di minacce in Comic Sans, microaggressioni, covi segreti in barberie sfitte, rituali magici... Esiste una formula per il successo? Harris tormenta la sua protagonista, divisa tra conformismo e alterità, e le fa fare incetta di caffè. I capelli prudono per il nervosismo, il cuore batte a mille per la tachicardia. È complotto. È mobbing.

Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Nina Simone - I Put a Spell on You

lunedì 4 settembre 2023

Recensione: Cleopatra e Frankenstein, di Coco Mellors


 | Cleopatra e Frankenstein, di Coco Mellors. Einaudi, € 19, pp. 488 |

Si conoscono in ascensore a Capodanno. Lei sta per lasciare la festa di amici di amici, lui per andare a comprare il ghiaccio. Scherzano per un po' dell'età di lui, pubblicitario sulla quarantina, e dell'accento inglese di lei, artista aspirante con il permesso studio in scadenza. Flirtano parlando fittamente di sesso, ruoli di potere, antidepressivi. New York, tutt'intorno, è una città dal passo veloce. Loro si adeguano e si sposano sei mesi dopo, con un venditore di hot dog come testimone e una vestaglia vintage per abito nuziale. Come il genere comanda, frequentano vernissage e open bar, bevono fiumi di champagne, fanno le vacanze a Cannes, detengono illegalmente petauri dello zucchero e li rinominano Gesù. Tutto è bello, tutti sono belli. Tutto è brillante, tutti sono brilli. 

Quando la parte più oscura di te incontra la parte più oscura di me, si crea la luce.

L'esordiente Coco Mellors, con una scrittura cinematografica ma intimista, non indugia sulla soglia. Ma ci fa entrare a gamba tesa nel loro mondo artificioso, a tratti soffocante come una serra tropicale. Cleo, ossessionata dal suicidio materno, reclama l'aria aperta; Frank, affetto da esibizionismo molesto, annega nei superalcolici. L'autrice seziona le liti e le nevrosi di due amanti pieni di mancanze, che insieme pretendono illusoriamente di completarsi. Sempre con l'argento vivo addosso, sempre fasulli, scivolano a passo di tip tap tra allegria febbrile e solitudine divorante. Accanto a loro ci sono: un cuoco a dieta, una sorella in bolletta, un dongiovanni danese, un amico nel vortice dei gay bar e, soprattutto, la caustica e disincantata Eleanor, che adotta la prima persona per raccontare la malattia del padre e le occhiate innamorate al suo irraggiungibile capo. Non vogliono altro che la confortante normalità. Qualcuno che li ami quotidianamente, ferocemente, come i loro cuori affamati pretendono. O che, quando la solitudine incalza, scendano spontaneamente nel “pozzo” con loro. 

Non capisco questa ossessione per la felicità. E’ come l’insegna di Hollywood: enorme, irraggiungibile; e se poi riesci ad arrivarci, cosa ti resta da fare se non scendere?

Basta poco per amarli oppure odiarli. Perché Cleo, Frank e gli altri non sono personaggi, ma persone: di quelle caustiche, sopra le righe, oneste fino alla brutalità, che vivono la vita alla stregua di un gioco dissacrante e godono nel mettere sottilmente a disagio gli interlocutori. È lecito che non piacciano. Ma io li ho amati dalla prima pagina, ancora prima di conoscerne gli eccessi e i tradimenti. Era merito delle loro voci, talmente vive e irresistibili che durante la lettura ho creduto di poterle perfino sentire nelle orecchie. Come si smette di ricercare i morsi degli aspidi e fabbricare mostri? Come si impara a vivere felici? Lo insegnano le coppie di Craigslist. Le famiglie numerose ai check-in in aeroporto. Gli stormi simmetrici nei cieli romani del bellissimo finale.

Il mio voto: ★★★★★
Il mio consiglio musicale: Billie Eilish - What Was I Made For?

martedì 29 agosto 2023

Recensione: Un amore senza fine, di Scott Spencer

| Un amore senza fine, di Scott Spencer. Sellerio, € 18, pp. 624 |

Una casa brucia nella notte di Chicago. Intrappolate nelle fiamme ci sono cinque persone. Il ragazzo che ha lanciato il fiammifero le ha amate tutte. Per un po' è stato parte di quella famiglia accogliente, calorosa e progressista. Cosa l'ha spinto ad accendere la pira? Il cult di Scott Spencer prende avvio da un episodio violento. Non è la tormentata storia d'amore tra il “bad boy” e la ragazza della porta accanto che ci ha mostrato un film con Alex Pettyfer. Ma un'escalation di ossessione, destinata a bruciare in un eterno presente. Non aspettatevi flashback sugli inizi della relazione tra David e Jude. Non aspettatevi il candore prima della mancata tragedia. Denso, caotico, cupissimo, il romanzo è un thriller dei sentimenti che ricorda gli affanni dei libri ottocenteschi; di quelli con manicomi, rifugi di fortuna, eroine che muoiono d'amore. Questa volta il protagonista è un giovane uomo. Figlio di avvocati politicamente schierati, chiuso in un istituto esclusivo per scontate le sue colpe, David è un animale in gabbia. Anche una volta libero, si crogiolerà nella solitudine e nell'adorazione. Qual è il numero di telefono dei Butterfield? Jude gli ha forse scritto delle lettere? Perché gliele nascondono?

Quando avevo diciassette anni e obbedivo totalmente ai più solleciti comandi del cuore, mi allontanai dai cammini della normalità e nello spazio di un istante rovinai ogni cosa che amavo, così profondamente amavo.

Le sue domande angosciose diventano le nostre. E diventa nostra, a sorpresa, anche l'invidia che gli mostrano i personaggi secondari: quegli adulti che guardano con preoccupazione il suo struggimento, ma ripensano con malinconia alla giovinezza e ai palpiti lontani. C'è chi, pensando a David, ha voglia di innamorarsi nuovamente. E chi, incantato dalla pena e dell'estasi della sua storia, nel segreto della camera da letto ricerca l'orgasmo. Intanto, senza più una casa, la famiglia di Jade è alla deriva. Quella notte di fuoco ne ha rivelato ombre e fragilità; ha elargito loro una nuova coscienza. David, padrone della loro vita e, in molti casi, della loro morte, li ha annientati. Esiste perdono? È possibile tornare a quel tempo di vestiti coordinati, gesti plateali, abbagliante bellezza? Spencer firma un classico moderno scritto con la sontuosità di Nabokov. A ben vedere poverissimo di avvenimenti, è la lente di ingrandimento su un amore adolescente; su una psichedelia condivisa. Il clou è rappresentato da una chiacchieratissima scena di sesso lunga sessanta pagine, in cui religiosamente si mescolano corpo e sangue, sperma e mestruo. Non è di piacevole lettura. Ci sono quei romanzi che vorresti durassero per sempre. E quelli, invece, che termini con un profondo senso di liberazione. Un amore senza fine non ha maniglie antipanico. David - ragazzo interrotto, cannibale - ti divora non meno di Chalamet nell'ultimo Luca Guadagno. Lui e Jade, a fine lettura, non mi mancheranno. Ma non uscirò mai dalla loro orbita; il cuore stanco.

Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Joy Division - Atmosphere