La
routine di un ragazzo fuori dall'ordinario. Il lavoro, gli amici,
l'amore. Cos'è successo: il ritorno di Atypical
è forse giunto in anticipo? La domanda sarebbe lecita davanti a una
produzione, originale soltanto in teoria, che ricorda un po' la
comedy sulla sindrome di Asperger, un po' Please Like Me.
Qui, però, si parla di un altro disturbo: il protagonista ha una
paralisi cerebrale sin dalla nascita. Qui, soprattutto, si parla
senza filtri di troppo: il protagonista, realmente disabile, è
eccezionalmente anche l'autore del tutto. Otto episodi brevissimi
nell'arco dei quali Ryan O'Connell trova il coraggio di intenerirci e
infastidirci, fra momenti di debolezza e gesti di egoismo. Ventotto
anni, senza un impiego, convive con una mamma single che si è
annullata in nome del troppo affetto e con un dramma niente affatto
trascurabile: benché dichiaratamente omosessuale, spigliato e carino
com'è, Ryan non è mai stato a letto con nessuno. Dall'avvio di uno
stage presso una testata online alla perdita della verginità,
galeotti i consigli di una strabordante migliore amica, non passerà
molto. Il protagonista, in barba al politicamente corretto, minimizza
sulla propria condizione: la zoppia di cui al lavoro tutti
chiacchierano, colpa di un fantomatico incidente stradale. Si affida
all'esperienza di un gigolò che, in una sequenza esplicita ma
dolcissima, gli svela i segreti del contatto fisico infischiandosene
dell'arrivo del principe azzurro. Ha la schiettezza di mostrarsi
odioso, bisognoso, nel rapporto di co-dipendenza con la bravissima
Karen Hayes, combattuta fra il ruolo di mamma a tempo pieno e i
bisogni di cinquantenne ancora libera e piacente. Storia dal
taglio classico e dai temi quanto mai consolidati, la serie Netflix
mostra i lati amabili e quelli più spigolosi di un ragazzo
egocentrico e autosufficiente soltanto in teoria. Forse osa poco, se
non in quella prima volta sotto lauto compenso, ma il tocco di
O'Connell – che con il beneplacito dei produttori sceneggia e
interpreta, raccontando senza ipocrisie quel che ruota attorno alla
disabilità -, appare speciale come da titolo. (7)
Lui
è un aspirante comico gay, con scarsa esperienza tanto in materia di
palcoscenici quanto di uomini. Lei è una studentessa di psicologia
che a lezione non dà grandi confidenze ai compagni ma, sotto il
cappotto, nasconde stivali al ginocchio, bustini e gatti a nove code.
Migliori amici ai tempi del liceo, quando costituivano ben più che
un'elettiva coppia di perdenti, si ritrovano non senza imbarazzo, non
senza secondi fini, dopo essersi salutati di fretta durante la notte
del ballo. Se la fatale Zoe Levin è una dominatrice con una fitta
schiera di clienti sulla busta paga, lo spiantato Brendan Scannell
gli fa da assistente improvvisato pur di sbarcare il lunario. Il
sesso paga: soprattutto se lo si ama strano. Il sesso ha spettatori
affezionati: soprattutto se lo manda in onda Netflix, in episodi di
quindici minuti a cui è impossibile resistere. Nel solco di Sex Education, educazione
sentimentale da bollino rosso, arriva così anche Bonding:
la commedia nera contro il tabù, che promette di fustigare e
scandalizzare gli spettatori, senza mai dimenticare una generosa dose
di cuore. Goderecci eppure raramente volgari, espliciti ma senza
scene di nudo, gli episodi godono di una scrittura degna delle
produzioni britanniche: a tratti siamo nei territori di The End of the fucking world, ma è
l'America odierna quella che si staglia oltre le stanze rosse della
Levin. Pelle lucida, legacci, catene. Fiotti d'urina, fantasie di
percosse e rapimenti, giochi di ruolo. Il coinquilino falsamente
macho è attratto dall'idea della stimolazione prostatica, una coppia
borghese cerca consulenti d'urgenza – il capofamiglia, infatti, si
eccita soltanto con il solletico –, qualcuno considera
pornografiche le marce dei pinguini. Come da copione, non mancano le
richieste assurde, i clienti sopra le righe e i dialoghi sboccati, ma
neanche approfondimenti psicologici degni d'attenzione: i
protagonisti, infatti, aiutano gli altri a sentirsi liberi, ma sono i
primi a vivere nell'anonimato di una doppia vita; a nascondersi nel
non detto. Vicenda di solitudini siderali, di gente che ferisce per
non essere ferita, Bonding è
una terapia per combattere la prigionia delle inibizioni. Come
gestire un'identità alternativa con il rischio che le strade della
studentessa e quelle della dominatrice si incrocino? Come operare nel
settore del sesso quando il contatto umano terrorizza? Gettato il
frustino, bisogna imparare a farsi dominare. Per costruirsi un amore
su misura. Per mantenere salda un'amicizia decennale. (7+)
Ogni
famiglia, perfino la più unita, conosce momenti di crisi. È
successo anche a quella di This is us.
Se la seconda stagione era riuscita a sorpresa a difendersi – il
rischio: quello di non replicare le emozioni della precedente –, la
terza non ha ripetuto il piccolo miracolo. Non potendo più contare
né sullo svelamento della tragica dipartita di Milo Ventimiglia né
sull'elaborazione di una Mandy Moore inspiegabilmente tagliata fuori
dalla stagione dei premi, i nuovi episodi si trascinano un po' –
nonostante gli approfondimenti e gli ingressi dell'ultimo minuto, per
fortuna, non manchino. Degni di nota, in particolare, i flashback
ambientati in Vietnam: quando Jack, il capofamiglia, aveva un
misterioso fratello al fronte interpretato da un ottimo Michael
Angarano. Mentre Kevin indaga sulla scomparsa dello zio, i fratelli
Randall e Kate si danno il cambio alternando gioie e dolori. Il
primo, improvvisatosi politico, rischia di mandare all'aria il
matrimonio con la fedele Beth. L'altra, invece, si è resa
protagonista di una gravidanza a rischio. Jack e Rebecca, al centro
di linee narrative che ormai cominciano a incastrarsi a fatica con le
storie delle generazioni successive, regalano qualche sospiro
garantito (ma scontato) con vecchi appuntamenti, parole non dette,
acciacchi della terza età. Il ritmo, poco incalzante, ne risente.
Gli episodi, per la prima volta da quando la serie va in onda, si
sono accumulati in una cartella del mio portatile. Da quando
l'appuntamento con This is us
non è più un'urgenza? Da quando inizia a girare in tondo, attorno
al cuore di una questione già bella che sbrogliata. Da quando questa
famiglia americana si è fatta più conflittuale e incostante, più
vicina alla mia nel bene e nel male, privandomi del sogno impossibile
di farne parte. La crisi è giunta prima del settimo anno. Finirà,
magari grazie a sceneggiatori meno adagiati sugli allori e ai
benefici della terapia? (6,5)
A
proposito di famiglie in crisi. A proposito di serie al centro di
piccole grandi battute d'arresto. Come dimenticare le tragicomiche
degli Hammond? Lui umano, lei non-morta. Ufficialmente: agenti
immobiliari in quel di Santa Clarita. Un ridente sobborgo in cui
niente è come sembra e i vicini, a dispetto delle apparenze, nei
momenti giusti sanno voltarsi dall'altra parte. Abbastanza da credere
alle bugie dei protagonisti, di glissare sulle loro stranezze.
Abbastanza da non accorgersi che Drew Barrymore è assetata di
sangue, mentre il servile Timothy Olyphant le fa da braccio destro
giacché innamoratissimo. Anche in questo caso, dopo un prosieguo di
buon livello, la commedia splatter targata Netflix ha rischiato di
annoiarmi. Di trascinarsi con svolte poco convincenti, in una terza
stagione copia-incolla delle precedenti. Spiace dirlo, ma l'arrivo di
dieci episodi aggiuntivi non regala nuovi spunti. Spiace dirlo ma,
benché appunto dispiaccia, la cancellazione non mi ha stupito. Santa
Clarita Diet non scade, non
peggiora, non delude. Resta sempre lo stesso, e purtroppo non è un
pregio, come quella zombie che mangiando esseri umani si mette in
salvo dalla decomposizione. La figlia si rende utile, ma l'FBI la
torchia e il migliore amico trema per l'ansia da prestazione. Il
marito tenta di proteggerla entrando a pieno diritto nella schiera
dei Cavalieri di Serbia. E lei, al solito, semina in giro corpi
smembrati e guai: ben propensa a trasformare gli altri, si
immusonisce davanti ai tentennamenti di Joel, un Olyphant pur sempre
irresistibile. Chi non vorrebbe essere immortale? A che prezzo, però,
se tocca darsi al massacro – anche se di alcuni loschi neonazisti –
per mantenersi giovani per sempre? Sempre macabro e scoppiettante, il
mix di generi non può contare più sull'effetto sorpresa delle prime
volte né sull'alchimia indiscutibile fra i due padroni di casa. La
sceneggiatura, a proposito di autori pigri, non fa passi avanti.
Quanto poteva durare restando sempre sopra le righe, sempre la
fotocopia di un successo sì meritato ma mai bissato? Davanti a quel
finale spiazzante, eppure, la curiosità c'era. Resterà sempre il
dispiacere per l'avvenire degli Hammond, che probabilmente non
conosceremo. Le colpe, questa volta, non sono imputabili soltanto ai
tagli di Netflix. Ma a una commedia cannibale che ha il pane – temi
originalissimi, grandi mattatori, ironia e sangue in quantità – e non i denti. (6)
Bonding l'ho finito giusto ieri FAVOLOSO troppo troppo bello! Mi ha divertita ed entusiamata... troppo brevi gli episodi, ma sarà stata sicuramente una scelta commerciale... Anhe Sex education ,geniale e Gil è meravigliosa!
RispondiEliminaThis is us... stupendo, non c'è puntata che non mi faccia piangere...
Santa Clarita diet... interrotto alla prime puntate, tropp ostupido, non l oso, all'inizio carino e divertente poi mi ha annoiata e boh... dimenticato...
Special invece non l'ho ancora visto... non so, Atypical mi è piaciuto molto, ci farò un pensierino.
Al momento ho Lucifer primo in classifica, Grace&Frankie e Sabrina.... si lo so sono una drogata di Netflix...
Grace e Frankie devo provarlo, mentre di Sabrina sono purtroppo fermo alla prima stagione.
EliminaFa' un pensierino su Special, è brevissimo!
Ho lasciato in pausa This Is Us a metà della seconda stagione e, onestamente, non so se lo riprenderò. Sembra un po' mancare quello spirito semplice e genuino degli albori.
RispondiEliminaI primi due titoli, invece, potrebbero rivelarsi sorprese per me: nell'orda di nuove uscite su Netflix mi sono sfuggiti ma ora sono in lista :)
Felice di averteli fatti notare allora!
EliminaQuante belle piccole comedy Netflix! Special speciale anche per me, sembra dire poco di nuovo nonostante il deficit di partenza, ma lo dice un gran bene! Bonding divorato e amato, l'unica sua pecca è che è davvero troppo breve.
RispondiEliminaSu Santa Clarita sono di parte, innamoratissima di Joel, ho guardato questa terza stagione dopo una revisione con il giovine che si era perso le prime due, e non ho trovato nessuno stacco, nessuna stanchezza o ripetizione. Ancora risate sonorosissime. Inutile dirti che la cancellazione c'ha messo in lutto.
Infine, sì, questa nuovo ciclo di This is us scava nel fondo del barile, tra fratelli/zii di cui non sentivo la necessità e crisi che mal si gestiscono. Non capisco come arriveranno alla sesta stagione, anche se ammetto che qua e là i piantini ci sono stati.
Ti dicevo che Bonding era da recuperare!
RispondiEliminaSanta Clarita in fondo mi mancherà, ma quest'anno ho fatto più fatica.
Oddio. Sarà per la durata troppo breve, ma il primo episodio di Bonding non mi ha detto proprio niente...
RispondiEliminaDi Special sono arrivato al terzo, però anche in questo caso non è ancora scattato un briciolo di entusiasmo...
Proverò a proseguire, ma siamo sicuri siano così "speciali"? :)
This Is Us ha avuto una stagione discontinua, però è sempre scritta alla grande e i dialoghi restano fenomenali. Forse non sanno più cosa raccontare di nuovo, ma lo raccontano comunque bene.
Santa Clarita Diet è una commedia cannibale che non ha mai fatto per i miei denti. Chissà perché?
Assolutamente, devi perseverare.
EliminaEntrambe molto speciali!
This is us tanto cuore, altrettanta qualità, ma la sostanza manca da due anni. E vogliono fare altre tre stagioni. Cosa raccontano?