Ci
sono dolori che non si superano mai. Soprattutto se, come Tony,
cinquantenne intrattabile, sai che nessuno ti amerà quanto o più di
tua moglie: l'unica abbastanza ostinata da sopravvivere ai tuoi
pessimi scherzi, al tuo crudo senso dell'umorismo, ma non al cancro.
Come reagirebbe il perfetto Scrooge se non rifuggendo le parole di
conforto degli altri, i morsi del dolore e, dunque, la vita?
Permaloso e sarcastico, il protagonista nutre frequenti pensieri
suicidi e a salvarlo in corner è l'inseparabile pastore tedesco che
lo costringe ad alzarsi a fatica dal letto, a uscire per fare la
spesa, a non affogare in un mare a volte fisico e altre figurato.
Sulla strada dell'elaborazione incrocerà: spacciatori per
consiglieri, prostitute dal cuore d'oro che gli si offrono
gratuitamente come colf, vedove fisse al cimitero e nuovo
appuntamenti romantici, assieme agli assurdi concittadini da
intervistare per il giornale locale – una rivista gratuita dove
vengono ospitate mamme che in cucina usano latte materno e lievito
vaginale, suonatori di flauto (con il naso), chiazze di muffa
sospette (che non somigliano a Gesù, però, ma a Kenneth Branagh).
Eccezionalmente scrive recita e dirige un Ricky Gervais con il
classico dente avvelenato ma, a sorpresa, tanto cuore in più. Quali
speranze restano a un vedovo senza figli, reduce da venticinque anni
d'amore? Un sorriso famelico, da squalo, e occhi in cui vedi
baluginare qui e lì lacrime inaspettate. Dopo i colpi di fulmine con
Catastrophe e Fleabag,
gli inglesi consolidano il loro formato vincente con il beneplacito
di Netflix: sei puntate di venticinque minuti ciascuna; una rassegna
struggente di scuse futili e valide ragioni per continuare,
nonostante tutto, a tirare avanti. After Life è un gioiello di commedia nera. Si cede alla retorica soltanto
nel finale. Si parla, già in via di guarigione, dello straordinario
egoismo del dolore. Il lutto, ribadisce un Gervais acido ma redento,
non è una questione privata. Non lo è, in fondo, neppure la nostro
vita. (7,5)
Dici
animazione. Dici fantascienza. Mix potenzialmente fatale per me, che
non ho mai amato né i cartoni animati né un genere che di per sé
predilige mostri, esplosioni e voli intergalattici. L'ultima proposta
Netflix, eppure, allettava con il suo tam-tam pubblicitario e i
grandi nomi coinvolti: a produrre niente meno che Tim Miller e David Fincher. Diciotto storie mai
più lunghe di venti minuti, diciotto cortometraggi, diciotto stili
differenti: dalla computer grafica più roboante all'essenzialità
degli anime, setacciando in ordine casuale i deliri dell'horror, gli
orrori di guerre vicine e lontane, la satira e le leggende del
lontano Oriente. Tanta bellezza, altrettanta carne al fuoco, anche se
come accade nelle antologie qualcosa piace e qualcosa no; anche se
non tutto funziona, fra sceneggiature poco approfondite e bozzetti
incompiuti, e l'ordine degli episodi non sempre appare strategico. A
conquistare il podio sono i miti folkloristici di Buona caccia
reinterpretati in chiave steampunk, il femminismo battagliero del
Vantaggio di Sonny, le atmosfere distorte della Testimone,
senza dimenticare l'arte concettuale del filosofico Zima Blu,
l'erotismo mostruoso di Oltre Aquila o i cieli vorticosi dello
scenografico La notte dei pesci, rovinato a malincuore
dall'ignorante deriva finale. Divertono gli esperimenti
umoristici di Tre robot e Alternative storiche;
soltanto in teoria il brioso nonsense del Dominio dello yogurt e
L'era glaciale. Ma titoli come La discarica, Dare
una mano e il Succhia-anime sanno purtroppo di già visto,
e che noia, per favore, le sparatorie roboanti di Tute
meccanizzate, Dolci 13 anni, Mutaforma, La
guerra segreta! Dietro un esemplare sfoggio di mezzi e tecniche,
oltre partecipazioni amichevoli che fungono da abile specchietto per
le allodole, a ben vedere gli stili animati sono in numero minore
rispetto al previsto; di incantare – con il mito, con personaggi
femminili resistenti agli urti, con il grottesco – si ha intenzione
giusto a tratti. Manca il fil rouge. Manca una cornice. Quelli di
Love, Death + Robots, così, restano quadri splendidi ma fini
a loro stessi, di piacevolezza e riuscita molto variabili, che non
giustificano la natura antologia della serie evento e interessano per
metà. Ma questa fantascienza per principianti ha frame da
incorniciare e un formato tentatore, che con poco ha intrigato anche
il sottoscritto: un dichiarato profano, come si diceva in apertura,
allettato da amori e dipartite in pillole coloratissime, meno da
automi con un cuore di latta e CGI. (6,5)
Stando
a una nota rivista è l'uomo più sexy del mondo. Aspirante James
Bond, serio e richiestissimo, Idris Elba mi è sempre parso un attore
da film impegnati: anche troppo. Indiscutibilmente bello e bravo,
anche sulle soglie dei cinquanta, mostra quanto gli doni anche una
leggerezza inedita. Il sex symbol dall'inossidabile pelle scura e dal
principesco accento inglese, per ragioni di copione, si trasforma qui
nel suo esatto opposto: uno scapolo di origini africane trapiantato a
Londra, con un appartamento in periferia da condividere con la zia
ficcanaso e poche prospettive per il futuro. Musicista di discreto
talento, sul finire degli anni Novanta era stato una meteora: uno da
tormentone mordi e fuggi, insomma, incapace di mantenersi sulla
cresta dell'onda oltre il minimo sindacale. Il ritorno all'ovile di
una storica coppia di amici – lui aspirante attore teatrale, lei
(interpretata da Piper Perabo, ex Ragazza del Coyote Ugly)
deejay di fama internazionale – dà una spinta alla sua carriera in
stallo, anche se sbarcare il lunario talora significa sapersi
accontentare. Perfino dell'ingrato ruolo di babysitter per la figlia
dei due forestieri, bambina sfacciata a metà fra il tenero e
l'insopportabile. Per quanto poco originale, anche grazie
all'alchimia con l'altezzosa e fragile coprotagonista, la prima parte
in stile About a boy funziona senza guizzi e senza sbadigli.
La seconda, in cui con un inspiegabile salto temporale si passa
dall'Inghilterra alle lussuriose estati di Ibiza, stordisce con tanta
musica ad alto volume, frammenti in scorrimento veloce di sesso
occasionale e droghe, ma perde clamorosamente di vista il punto della
situazione fino ad arrivare a una chiusa affatto appagante. Turn
up Charlie ha pochissimo da raccontare, e per di più lo fa
svogliatamente. Commedia dalla foggia modestissima, con una scrittura
scontata e derivativa, si regge solo grazie allo status consolidato
del protagonista che, in scena, ironizza sulla sua doppia professione
di attore e musicista. Anche se ci si domanda, un po' preoccupati,
perché il buon Elba figuri perfino fra i creatori. Non funzionano,
infatti, la divisione a puntate e il grande investimento di energie.
E la serie, nel suo complesso, non risulta all'altezza né della
proposta Netflix né di un professionista che sfortunatamente non
può essere la sola anima della festa. (5)
"Afterlife" debbo ancora capire se mi è piaciuto o no.Ha il pregio della velocità, lui oscilla tra suprema tenerezza e voglia di prenderlo a sberle...mi mancano due puntate, mi sono presa una pausa per divorare (mi si passi il termine) la Terza stagione di "Santa Clarita diet"....tirerò le somme alla fine.
RispondiEliminaFammi sapere come lo trovi.
EliminaSanta Clarita cominciato ieri. Torno a respirare un po', dopo la full immersion in compagnia di The OA!
Di sicuro After life è una delle serie più riuscite di questo primo trimestre. Love, Death + Robots è stata una mezza delusione, viste anche le aspettative. Sta per arrivare la 2° stagione di Barry!!
RispondiEliminaDi Barry, ahimé, mi manca perfino la prima!
EliminaEro curioso di leggere riguardo la serie con Idris Elba, proprio perché come attore è così richiesto (ed è anche un bel vedere), ma se prima non avevo molta voglia, ora anche meno. After life sicuramente sarà un prossimo recupero (al monte....)
RispondiEliminaNon basta il glamour di Elba, purtroppo, a rendere Charlie consigliabile. Con l'acidità di Gervais, invece, saranno risate amare e lacrime. ;)
EliminaMi manca già Gervais, la sua filosofia di vita che condivido -anche se sono meno scorbutica- il suo strano umorismo. Netflix fa bene a consigliarmi i suoi film, i suoi spettacoli: presto ci ricascherò.
RispondiEliminaCome mi avevi anticipato, siamo ovviamente sulla stessa linea con i corti robotici: no ai miliari, sì alle donne e al punk. Visti in binge watching perdono effettivamente di potenza, ma fascino ce n'è.
Infine, grazie per esserti sacrificato con Charlie. Ispirava poco e solo per Elba, e mi confermi avere gli stessi difetti che immaginavo. Lo salto.
Salta pure Elba. Sacrificio di poco peso nel mio caso, se seguito a pranzo o mentre lavavo i piatti, ma si fa fatica a capire perché un attorone così si sia prestato...
EliminaCon Love Death & Robots ho visto giusto qualche episodio (tre o quattro), ma ultimamente non ho avuto molto tempo e non ho più proseguito! al momento mi sembra interessante :)
RispondiEliminaIl buono di queste serie antologiche, se non altro, è che puoi vederle quando capita senza perdere il filo conduttore. :)
EliminaLove Death & Robots è molto incostante, ma è normale quando si tratta di produzioni diverse, ma alcuni episodi nel loro piccolo sono uno sballo.
RispondiEliminaPurtroppo un po' ermetici ed a volte il taglio finale è troppo netto.
Quelli ermetici, paradossalmente, sono stati i miei preferiti.
EliminaHo trovato un capolavoro, oserei dire, quello sull'artista del mistero. Qualche puntata inutile in meno, e il ritmo e la qualità ne avrebbero giovato parecchio!
Da bravo principiante, ho gradito senza troppe lamentele. ;)
RispondiEliminaRicky Gervais nel finale si accoldisce un po' troppo, però nel complesso il suo After Life mantiene buoni livelli di cattiveria. Quindi bene così. :)
RispondiEliminaIl mix di animazione e fantascienza di Love, Deaths & Robots pure per me potrebbe risultare fatale... :D
Ma sei sopravvissuto tu, un tentativo posso farlo anch'io.
Turn Up Charlie mi ispira per la parte da deejay, meno per quella bambinesca. Mi sa che di About a Boy ricorda più la sitcom, che non il libro e il film.
Ti assicuro che la parte bambinesca è la migliore, quindi figurati...
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