giovedì 3 ottobre 2019

Recensione: Io sono la bestia, di Andrea Donaera

| Io sono la bestia, di Andrea Donaera. NN Editore, € 16, pp. 226 |

Andrea Donaera, classe 1989, è l’ultimo talento a unirsi agli italiani Roberto Camurri e Alessio Forgione sotto l'egida un editore pressoché infallibile. La collana che ospita gli esordienti si chiama Gli Innocenti. Buffo, ho pensato, leggendo Io sono la bestia: un romanzo che di divertente, su carta, non ha niente. C’è dell’ironia tragica, eppure, dietro la scelta di includere una storia d’amore e malaffare in una collana con un nome simile: in questo romanzo – che vi sia d’avvertimento – di innocente non c’è nessuno. 
Siamo a Gallipoli nell’estate del ’94. Se giovani e sognatori, si tentava di evadere dalla provincia in compagnia di Bruce Springsteen e Kurt Cobain; attraverso la valvola di sfogo della scrittura o assopendosi nell’illusione di una relazione salvifica. Ma in una campagna con gli ulivi all’orizzonte, la terra rossa e i campi coltivati segretamente di morti ammazzati, scappare significherebbe essere braccati per sempre. A che serve strattonare la catena? A certi destini non si può sfuggire. Lo sa bene Michele, il figlio del boss: quindicenne in sovrappeso, sfortunato a scuola e in amore, l’ha fatta finita buttandosi dal settimo piano del suo condominio. Di lui restano una bara su cui piangere e una macchia di sangue sull’asfalto. Resta un senso di colpo da sfogare soprattutto contro Nicole, la compagna di classe che ha rifiutato le sue poesie all’uscita di scuola. È la scusa dietro cui si trincera Mimì, il padre del ragazzo suicida, che combattuto fra tenerezza e crudeltà elude il lutto alla sua maniera: vendicandosi.

La gobba che c’ho sulla schiena: è la vita che lui mi ha ricacciato dentro. Con colpi violenti me l’ha ricacciata dentro. E la vita mia voleva schizzarsene fuori. Volevo vivere, io. Ma no. Mio padre mi ha ricacciato dentro la vita. Con la violenza. Ed ecco la gobba. Ed ecco io. ‘Sta bestia.

Nascosto dietro citazioni letterarie e discorsi fintamente colti, Mimì gestisce con il pugno di ferro una corte di sottomessi e galoppini – disprezza la moglie Marta, remissiva casalinga che puzza d'olio per friggere e rimpianti, e lascia fare il lavoro sporco ai fedelissimi Vincenzo e Carmine. Novanta giorni prima, d’altronde, ha già punito Veli, il fidanzato della figlia Arianna: chiuso in una cascina sperduta, con la barba sfatta e un tavolo per letto, il giovane – protagonista di un amore scandaloso degno di Romeo e Giulietta – condivide la prigionia con la sciagurata Nicole. Deve farle da carceriere e guardiano; sa che presto o tardi qualcuno tornerà per giustiziarla. 
Questa è una storia che parla di generazioni a confronto; dei diritti e dei doveri di una piccola comunità schiava della Sacra Corona Unita. Questa è la storia di chi il potere lo adopera e lo subisce: gente schierata da un lato e dall’altro della barricata, unita dai postumi di un dolore contagioso. C’è speranza per le donne della famiglia Trevi, ossessionate dalla pulizia – ripenso a Lady Macbeth, al sangue che non sa cancellare dalle proprie mani – e troppo disincantate per lasciarsi andare al romanticismo? C’è un futuro alternativo per Nicole, musa candida e sfacciata che mangiando un piatto di pasta e rape si domanda perché sua madre, a pranzo, la guardi come fosse un morto che cammina? E per Veli, per la prima volta preoccupato per la sorte di un’altra prigioniera?

Tutti mi sembrano finti. Solo tu sei vero”. 
“Anche per me è così, sai. Sei tu la mia unica cosa vera”.
Non lasciarmi mai da sola in mezzo alle cose finte”. 
“Non lo farò”. 
“Promettimelo”.

Si parte in medias res, con una furia omicida che troveremo anche nelle pagine restanti. Si prosegue leggendo di omicidi, incesti e violenze sessuali, fra barbari riti d’iniziazione e malefici familiari. Si giunge inevitabilmente a un epilogo aperto e beffardo, dalla struttura circolare, in cui mutano i punti di vista ma la legge del taglione miete comunque nuovi adepti. Io sono la bestia è una lettura asfissiante, nera e disperata. Una tragedia contemporanea d’impianto teatrale, a tratti provante anche per lettori con il pelo sullo stomaco. Ma per fortuna, nella convivenza forzata fra i due prigionieri, si annidano sorrisi veri e attimi di distensione durante i quali sembra stupido e bello immaginare che la scopa sia un microfono per cantare insieme Come as you are. Sul pavimento ci sono poche buste della spesa, un volume di fiabe, e delle forbici da maneggiare con attenzione. Potrebbero servire per uccidere o per uccidersi. Potrebbero servire per radersi, ricercando una parvenza di normalità in quel limbo senza fine. Anche la penna di Andrea Donaera, similmente, è un’arma a doppio taglio. Uno strumento affilatissimo, che scortica al suon di periodi nervosi ed ellittici e rinfranca, poi, con dialoghi ariosi in cui ogni tanto è benaccetto il dialetto.

Perché è terribile essere certo che tra poco lei non ci sarà più, che la porteranno via da me, da tutti. La uccideranno e non sapranno che stanno commettendo un crimine ancora più grande di quello che pensano: stanno privando il mondo di una cosa buona, una cosa pura, vera. Una cosa sacra. Non bisognerebbe toccarle, le cose sacre. Loro non lo sanno. Non lo sapranno.

Con un lessico vario e ricercato, alternando prima e terza persona, l’autore fa la differenza con una lingua a volte enfatica, altre asciutta; un sunto di squallore e lirismo degno del miglior film di Edoardo De Angelis, con situazioni estreme e sentimenti gridati a squarciagola. Il risultato finale è di un’intensità perturbante. 
Ha la stessa naturalezza con cui la moglie di Mimì sventra pesci sul lavello della cucina, buttando via le interiora. Ha i colpi d’ala di Veli, che contemplando dal suo giaciglio la muffa sul soffitto pensa al fiume del filosofo Eraclito. Ha l’orrore di un macabro feticcio composto legando gli uni agli altri un paio di topi, costretti a divorarsi nel tentativo di sottrarsi al cattivo gusto dello scherzo. Chi degli animali ha sferrato il primo morso, non sapendo che sarebbero poi morti tutti quanti? Anelli della stessa catena, i protagonisti sono al centro di un sadismo affine. Chi, fra loro, è la bestia? Il titolo del romanzo fa sfoggio del pronome di prima persona. Ma la ferocia resta pur sempre un verbo da coniugare dall’inizio alla fine, al singolare e al plurale: bestie dappertutto, bestie come noi.
Il mio voto: ★★★
Il mio consiglio musicale: Nirvana – Come As You Are

12 commenti:

  1. Ovviamente mi ispirava. Se ha il tuo lasciapassare vado sul sicuro!

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    1. Grazie per la fiducia. Col catalogo NN vai sul sicuro. :)

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  2. Ciao! L'ho visto, avevo letto la trama, ma questo non è il suo momento. Però lo voglio!

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    1. È una lettura non semplice, quindi sì, meglio aspettare un periodo sereno per affrontarlo.

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  3. Complimenti per la bella recensione! Un altro romanzo da inserire in wish list 🤗🤗🤗

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  4. uno di quei libri che non avrei mai notato se non fosse stato per te!
    me lo segno!!

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  5. Aspettavo di riuscire a scrivere la mia di recensione (ne parlo domani sul blog) prima di passare a leggerti. Concordiamo praticamente su tutto. Mi è piaciuto molto sia dal punto di vista della trama, sia per quanto riguarda la struttura e la scrittura. Insomma una bella scoperta e lettura. Buona domenica ;)

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    1. Non vedo l'ora di leggerti, carissima.
      Buona domenica. :)

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  6. La collocazione temporale e i riferimenti ai Nirvana sembrano fare al caso mio!
    La presenza dell'ombra della Mafia, pardon della Sacra Corona Unita, mi fa invece desistere.

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    1. La Sacra Corona Unita è il tema clou, ma paradossalmente non viene quasi mai citata.

      Con l'autore, tipo super rockettaro, andresti d'accordo però!

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