Un detto dice che si è soliti tornare lì dove si è stati bene. All'indomani dei fasti di The Haunting of Hill House – senza rivali, la serie più bella della sua annata –, come rinunciare a un nuovo invito nella casa degli orrori di Mike Flanagan? L'autore e regista americano cambia domicilio e, nella migliore tradizione delle serie antologiche, cambia radicalmente scenario. Le sue presenze inquietanti e romantiche, infatti, si trasferiscono nella campagna inglese degli anni Ottanta: a Bly Manor. Mentre la prima stagione si proponeva di adattare in chiave contemporanea il gotico di Shirley Jackson, la seconda si cimenta col classico dei classici – Giro di vite di Henry James –, in questi giorni al cinema con l'ennesimo mediocre remake. L'originalità, insomma, non abita qui. E a sorpresa la serie è più fedele del previsto al modello di partenza: abbiamo una giovane istitutrice, due bambini pestiferi, il fantasma di una vecchia storia d'amore che si tinge di mistero. Se come me conoscete la storia originale, non regalerà sorprese di sorta scoprire il perché delle stranezze del piccolo Miles. Flanagan, per fortuna, ci distrae dalla prevedibilità ampliando il cast dei comprimari. Popolosa, corale e profondamente umana, la serie racconta le esistenze e i dolori di tutti gli abitanti della magione: dalla domestica al cuoco, dall'autista alla sfortunata insegnante precedente. Nonostante la capienza, Bly Manor potrà contenere tutti i loro tormenti? Ci provano nove lunghi episodi, così, che vorrebbero essere molto più che una canonica storia di fenomeni paranormali. Ma la serie finisce per perdersi in sottotrame superflue, in monologhi artificiosi e ridondanti, in una scrittura stanca e frammentaria non supportata dalla regia televisiva: Flanagan dirige soltanto il pilot, e si vede. La suspance è mal gestita. Le ombre, discrete e marginali, non fanno mai paura. Recitato con troppa enfasi – brave la scream queen Victoria Pedretti e l'invecchiata Carla Gugino, pessimo il tenebroso Oliver Jackson-Cohen –, questo puzzle dispersivo trova una bella chiosa, però, negli episodi otto e nove. Tra il fascinoso bianco e nero dell'episodio in flashback e un epilogo dolcissimo, che lascia letteralmente commossi, The Haunting of Bly Manor piace più parlando dell'umano che del soprannaturale. Ma a proposito di sentimenti sospesi, elaborazioni, attese infinite e leggi cosmiche, vi saprà dire meglio e di più lo splendido A Ghost Story: il resto è dèjà vu. (6)
sabato 24 ottobre 2020
Piccoli brividi Netflix: The Haunting of Bly Manor | Qualcuno deve morire
Dal
cast radunato ordinatamente sul poster, sembrerebbe un giallo
all'inglese nello stile del recente Cena con delitto.
Invece è spagnolo e, a dispetto del titolo, non muore nessuno fino
al terzo e ultimo episodio. Né mystery a orologeria né spudorata
soap opera, Qualcuno deve morire gioca
a carte scoperte gli incastri e le combinazioni di quelle piccole
saghe familiari fatte di segreti, tradimenti e sensi di colpa, sullo
sfondo della Spagna degli anni cinquanta e della sanguinosa ma
scenografica caccia al piccione. La trama è presto detta: come in
Teorema di Pierpaolo
Pasolini, una famiglia integerrima viene messa in crisi dall'arrivo
di un ospite perturbante. Bello, ambiguo e chiacchierato, il
ballerino messicano è un caro amico del primogenito. Il giovane
protagonista si invaghisce di lui, e lo stesso succede alla madre e
alla promessa sposa. Ma il ballerino chi ama davvero? Cosa cerca per
il proprio futuro? Un poligono sentimentale alla Xavier Dolan è
nobilitato dalle scenografie elegantissime e dal particolare contesto
storico: il regime di Francisco Franco. Prevedibile ma dal forte
impatto emotivo, la serie tocca le corde giuste quando mostra la
spada di Damocle che pende sul collo del capofamiglia, direttore di
uno spaventoso manicomio: deve rinchiudere lì il figlio amatissimo,
bollato come invertito dal pettegolezzo generale? Con grande
discrezione, Qualcuno deve morire non
miete vittime inutili – se non nell'epilogo, il vero tasto dolente:
brutale, gratuito, frettoloso – ma mostra un'attenzione emozionante
verso la sorte di comunisti e omosessuali in pieno regime fascista.
L'inossidabile Carmen Maura, qui particolarmente spregevole, è la
matriarca; Ester Exposito, già vista in Elite,
è l'antipatica fidanzata a un bivio; mente lo sconosciuto Alejandro
Speitzer, protagonista di un monologo dolorosissimo, sorprende con la
performance più sfumata. Più adatta a un film che a una miniserie,
la storia si rivela essere – purtroppo o per fortuna – più
sobria del previsto, ma per tre ore intrattiene con un crescendo
piuttosto coinvolgente. Dopo averlo conosciuto qui, sono curioso di
scoprire la penna di Manolo Caro – anche regista dell'ennesimo
remake estero di Perfetti sconosciuti
– in La casa de las flores: l'intrattenimento
trash di cui non sapevo di avere il bisogno. (6,5)
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Pur essendo inferiore a Hill House, Bly Manor mi ha conquistato totalmente perché riesce nell'intento di coinvolgere totalmente nella visione e di trasmettere l'importanza di alcune persone e alcuni momenti da incastonare nella propria mente, per non farsi trascinare da altrettante persone e altrettanti momenti che, invece, possono portarti alla perdita totale di tutto (i volti, la memoria, ecc...). Una storia dell'orrore che punta ad emozionare piuttosto che a spaventare. Fatta pace con questo assunto di fondo, secondo me, Bly Manor riesce a trascinarti totalmente. Oltre ai bellissimi episodi da te citati, io sono rimasta colpita anche dal quinto, incentrato sulla governante Hannah e perfettamente in grado di trasmettere questo confondersi nella nostra mente di luoghi, persone, momenti, parole, ecc...
RispondiEliminaIl quinto mi avrebbe impressionato molto, se non mi fosse sembrato la copia carbone del sesto della sottovalutatissima prima stagione di Castle Rock. Insomma, nessuna sorpresa, neanche nei momenti migliori: peccato.
EliminaCosa???
RispondiEliminaMa Bly Manor è uno splendore. Per me ancora meglio della già notevole Hill House. La scarsa presenza di Mike Flanagan, dopo l'orrendo Doctor Sleep, non mi è sembrata una cosa troppo negativa, ahahah
Ti si è ghiacciato il cuore, o cosa? :)
Che piaccia o meno, di certo Doctor Sleep non aveva questo orrenda luce rosa confetta e il direttore della fotografia del Segreto. L'ho trovata davvero mediocre, lacrime a parte: quelle sono scese, davanti a un finale bello perché facilone...
EliminaQualcuno deve morire, visto mentre facevo il cambio invernale, è una piacevole compagnia. Anche se avrei spinto di più il pedale. ;)
RispondiEliminaCome sai Bly Manor ha deluso pure me, finale a parte, qualche spavento nel mezzo, l'ho trovato troppo sfilacciato nelle tante storie da raccontare e senza un peso omogeneo. Per Oliver fortuna che c'erano i sottotitoli, c'ha creduto troppo nel suo accento da diventare incomprensibile.
RispondiEliminaSomeone has to die mi aveva ingannato dal poster, ma letto che era spagnolo e visto il cast con gli idoli Netflix ho preferito dare precedenza ad altro. Di questi tempi fioccano titoli mooolto più interessanti e io mi sono presa indietro.
Vero, c'è di meglio, però tre puntate volano per fortuna. Non mi è dispiaciuto. :)
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