Era
partito in sordina e rimangiandosi la promessa
dell'orrore. Bates Motel, reboot sul giovane Psycho,
giurava di raccontarci un Norman Bates agli esordi. Quanto
erano acuti i dolori del giovane Norman? Quanto era crudele e subdola
una madre che, consapevolmente, lo aveva traviato? A lungo, in tivù,
le risposte non soddisfacevano. L'adolescente, nonostante i suoi
frequenti blackout, sembrava sano come un pesce; Norma era un dolce
angelo del focolare con gli abiti floreali, anni Cinquanta. La terza
stagione, però, ci aveva fatto ricredere: il gioco, allora, valeva
la candela? Bates Motel, al suo quarto anno di vita, va
velocissimo verso l'inevitabile. Dove, sin dall'inizio, doveva
andare. E così si rivela il gioco degli sceneggiatori. Parchi quando
si tratta di efferatezze e sangue – anche questa volta, infatti,
gli omicidi scarseggiano – ma, per tutto il tempo, abilissimi nel
farti stare a cuore personaggi psicotici, sgradevoli, ma memorabili
proprio per quello. Ti affezioni agli assassini in erba con il
complesso di Edipo e alle mamme belle e pressanti, che di quel famoso
complesso sono senz'altro la causa, a tal punto che è difficile
vederli passare dalla potenza all'atto; osservarli mentre diventano –
cosa che, qualche serie fa, invece supplicavi – gli stessi del film
originale. La fragile Emma, questa volta, con un'operazione abbraccia il proprio benessere; Dylan sogna di allontanarsi da una famiglia pesante, in cui
qualche tempo prima si
desiderava il benvenuto; lo sceriffo Romero, ed ecco la solita
sottotrama superflua, ha fatto fuori un boss del posto, attirando su
di sé le indagini della DEA e le gelosie di una vecchia amante.
Norma, per amore di suo figlio, si sposa, perché ha bisogno di
sostegno economico e, vuoi o non vuoi, s'innamora dell'uomo che ha
accettato di metterle una fede al dito per imbrogliare la previdenza
sociale. Norman, invece, è sempre più Norman: indossa la vestaglia
di mamma, parla come lei e, in una sequenza seducente, corteggia una
cubista; quando si baciano, però, ci sono solo Norma e la ballerina:
lui è scomparso. Buchi nel muro, spioncini ovunque, amnesie... Viene
chiuso in una casa di cura, per un po'. Ma, a contatto con altri
pazzi, peggiora, e fa sue nuove e stranissime idee. Prende
ispirazione per il suo gran finale? La Cook e Thierot sono teneri e
affiatati. Lo sceriffo di Nestor Carbonell è duro, ma sentimentale.
Vera Farmiga e Freddie Highmore, lei struggente e lui più inquieto
del solito, sono finalmente al centro di una stagione che è alla
loro altezza. Il season finale:
fatale, lungo, quasi commovente. E, per una volta, così, puoi essere grato alla
tua testa dura e, intanto, ti domandi dove fosse, quel giorno, la pigrizia; la
voglia di mettere un'altra serie da parte. Perché Bates Motel,
onesto e disonesto insieme, non ti fa pentire di non averlo
abbandonato, quando non era che un teen drama in
un mare di teen drama con
il nome ingannevole, però, di un capolavoro senza tempo. (7,5)
Quarant'anni fa, Richard Donner dirigeva un horror cult, destinato
a sequel discutibili e, nel 2006, a un remake che personalmente non
mi era dispiaciuto. Sarà che avevo dodici anni, un'attrazione strana
verso l'arcano e che Omen l'ho conosciuto proprio così. Cos'è stato del giovane Anticristo, che in un finale assai
beffardo, dopo l'assassinio di entrambi i genitori adottivi, trovava
ospitalità presso la Casa Bianca? Il dominio del mondo? Damien,
prosecuzione ideale e a fantasia, portata sul piccolo schermo dagli
stessi che avevano pensato un Psycho adolescente, immagina il
figlio di Satana adulto.
L'erede della sfortunata famiglia Thorne, dopo un'infanzia burrascosa
e un'adolescenza con altrettanti misteri, è andato in Medio Oriente
in cerca d'espiazione. Avverte un profondo senso di colpa, la voglia di cambiare:
fotoreporter di guerra, rischia la vita, si dà a nobili missioni, le
sue foto fanno il giro del mondo. Evidentemente, non sa che lui e la
guerra sono fatti della stessa pasta... Dopo la trentesima candelina
spenta, è tempo però di raccogliere un'eredità scomoda: gli incubi
lo perseguitano, sul suo cuoio capelluto spunta il tatuaggio “666”,
chi è vicino a lui rischia di perdere ciò che ha di più caro, due
potenti – tra questi, l'affascinante Barbara Hershey, femme fatale
agèe – fanno a gara per corromperlo. C'è chi lo vuole vivo e chi lo
vuole morto, chi lo vuole cattivo e chi sognerebbe di cambiare la sua
indole. In questa battaglia consumata tra il deserto e una patinata
New York, come si sente il diretto interessato? Damien, che
aveva tutte le carte in regola per essere un'operazione pessima, in
realtà si pone i giusti interrogativi e, nell'abbracciare il male,
lo fa con contrizione e umanità. Pur non venendo meno gli spunti
horror – omicidi, apparizioni, voci -, si pone come un
intrigante thriller psicologico e a lungo, eccezion fatta per ultimi
episodi non così soddisfacenti, l'orrore è nella mente. Se la
collega Katie McGrath in Slasher si
confermava una cagna maledetta (cit.), Bradley James, altro volto di
Merlin, è invece
piuttosto capace: piace alla macchina da presa – ed è molto bello:
piacerà senz'altro alle spettatrici – e ammicca poco e niente,
curando come meglio può il ruolo di un ragazzo che fa di tutto per
liberarsi dal suo cuore nero. Tra tentati suicidi e incidenti di
percorso, Damien conta
anche su qualche comprimario ben pensato: se gli aiutanti del nostro
anti-eroe, però, non sono granché, gli sceneggiatori fanno bene con
la storyline dell'agente Shay: poliziotto ligio al dovere, segugio
spietato e, nella vita privata, protagonista di una relazione
omosessuale senza cliché, con tanto di bambino – in pericolo, con
Satana nei dintorni – a carico. L'iniziale sorpresa va scemando
nell'epilogo, ma si ha l'impressione che come Bates Motel –
che nella terza e nella quarta stagione ha sfiorato picchi lodevoli –
questo Damien potrebbe
fare meglio (o peggio, parlando dell'Anticristo) nei suoi snodi
futuri. Rispetto al serial con la Farmiga e Highmore, inoltre, la nuova creatura di Glen
Mazzarra parte meglio: senz'altro, con maggiore coerenza. (6,5)
Volete
sentirvi vecchissimi? Quando sono nato io, Grease aveva già spento sedici candeline. Dandoci alla matematica, mio padre aveva
tredici anni la prima volta che la commedia musicale di Randal
Kleiser arrivò in sala: erano partiti in macchina, lui e mio nonno,
e si era spostati dal paesello alla grande città, pur di vederlo.
Perciò Grease,
anche se non è cosa della mia generazione, l'ho visto e rivisto, da
bambino. Ho memorizzato le prime parole in inglese, fischiettando le
sue canzoni, e ho imparato ad apprezzare un genere che può irritare
i più. Invece, per me, con l'attore che veste i panni del cantante,
le strizzate d'occhio al teatro e le divertite contaminazioni tra
generi, il musical è tra le manifestazioni più piene e affascinanti
di quanto potente possa essere il cinema. Giravano da un po' voci su
un remake e i nostalgici, dalla loro, borbottavano: i cult non si
toccano. Però, non riduzione televisiva ma evento live in grande,
il Grease andato
in onda su Fox e trasmesso qualche mese dopo su Rai 4, non sembra un
affronto neanche per un attimo. Anzi, fa una bella figura
nell'inevitabile confronto. Rispetto alla versione cinematografica,
canzoni sconosciute e nuove parentesi: soprattutto su quei
comprimari, al cinema, poco approfonditi. I novelli DNCE suonano al
ballo di primavera, Mario Lòpez presenta, una popstar inglese apre
le danze. Il cast, rinnovato, ha volti del piccolo schermo a fantasia
– Keke Palmer, Kether Donohue -, una cantante pop – Carly Rae
Jepsen -, e un trio di protagonisti sorprendentemente versatili, nei
ruoli più contesi. Se Julianne Hough, bambola di porcellana, è una
natural born Sandy, Aaron Tveit – noto ai più per
l'action Graceland,
ma star di Broadway – sorpredente parecchio per estensione vocale,
passo leggero, capello inamovibile. Vanessa Hudgens, ex brava ragazza
di casa Disney, qui scatenatissima e ammiccante, convince
particolarmente, con la sua Rizzo spregiudicata e romantica. E,
sapendola sulle scene all'indomani della scomparsa del padre, tocca
per una professionalità straordinaria. Il Senior Year alla Rydell di
un'affiatata compagnia di amicici – bulli e pupe, auto truccate, il
chiodo, le giacche rosa shocking, i capelli cotonati e l'immancabile
brillantina – si apre con una Jessie J biondo platino che canta
l'intro. Aggiornato ma non troppo, Grease:
Live conserva
dunque la sua aria retrò, ma approfitta di una necessaria
rinfrescata – non nelle sonorità, immutate, né nei costumi, che
tra Converse e risvolti ai jeans, sono quantomai attuali, bensì, nei
volti: familiari, giovani, visti un po' qui e un po' lì. Corpi agili
e voci senza sbavature, uniti in uno spettacolo a cavallo tra le
generazioni, che ci stampa il sorriso sulle labbra e, nelle orecchie, il ritornello che pensavi di aver dimenticato. Perché perfino l'ultimo
venuto al mondo, almeno una volta, ha visto Grease in
vhs. Sennò, che infanzia hai avuto mai? Il pubblico che
esulta in sala. La troupe e il set itineranti. E qualche scintilla, poi, qualche effetto speciale, per fare sfrecciare i bolidi e scamparla in
un'avvincente gara su ruote. (7)
Sono rimasta indietro con Damien, ma mi rassicura che - pur non essendo un capolavoro al pari del film - riesca a mantenersi sulla sufficienza piena. Peccato che, a quanto ho capito, non sia stato rinnovato :(
RispondiEliminaSì, confermo: cancellato.
EliminaPeccato, peccato. C'è molto di peggio e, in dieci episodi meglio del previsto, mi ha sorpreso in positivo. :-/
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RispondiEliminaDevi resistere, però. Prime due stagioni, calma piatta.
EliminaBates Motel prima o poi lo recupererò, pensavo perdesse colpi col passare delle stagioni. Lieto di sapere che non è così. ;)
RispondiEliminaInvece è l'esatto contrario, Salvo, migliora nettamente. Ma proprio nettamente. Le prime due stagioni sono - a volere essere generosi - così così. :)
EliminaOoh il remake di Grease l'ho visto anch'io!!!! Pochi giorni dopo che l'avevano trasmesso in america, sulla tv inglese e mi è piaciuto molto (anche se alcune battute le ho perse perché non era sottotitolato). Alla fine avevo un sorriso a trentadue denti.
RispondiEliminaCerto, non è l'originale -quello è insuperabile-, però è fatto molto bene ed è anche molto interattivo. Il cast, poi, l'ho trovato davvero brillante :)
Cavolo, però è vero! Ahaha ci fa sentire un po' -tanto vecchi- ahaha
Ah, felice che qualcuno lo abbia visto!
EliminaUna bella sorpresa davvero. ;)