mercoledì 10 dicembre 2025

Dove abitano i mostri: Frankenstein | The Ugly Stepsister | La valle dei sorrisi | Together

Si può restituire vita alla materia inerte? È l'ossessione di Victor: lo scienziato che gioca a fare Dio. Si può dare nuova linfa a un classico adattato più volte? È il sogno di Guillermo Del Toro: dopo una carriera consacrata ai mostri gentili, il regista premio Oscar adatta la madre di tutte le storie. Splendido a vedersi, caratterizzato da un respiro epico e da un comparto tecnico di cui godere sul grande schermo, Frankenstein è una a trasposizione bellissima ma senza sorprese, sebbene i cambiamenti non manchino. Il Victor di Oscar Isaac, più sanguinario che mai, ha un background shakespeariano. Mia Goth, visione in abiti pastello, è la promessa sposa del fratello del protagonista. Jacob Elordi, papabile nominato agli Oscar, è una creatura meno vendicativa che nel romanzo: sotto i muscoli allungati e il corpo statuario, brilla per intelligenza emotiva e lirismo. Ma tutti i film di Guillermo, forse, sono sempre stati una lettera d'amore a Mary Shelley. E la sensazione è che sotto altri nomi, in altre forme, il regista ci abbia già raccontato la stessa storia in passato. Resta comunque un incanto, però, riascoltarla. (7,5)

Chi bella vuole apparire un po' deve soffrire: si dice così, no? È la lezione che impara la sorellastra cattiva di Cenerentola, nella riscrittura splatter e post-moderna del classico dei Grimm. A metà tra Pearl e The Substance, il retelling diretto dell'esordiente Emilie Blichfeldt segue la storia arcinota dal punto di vista dell'antagonista. Manipolata da una madre senza scrupoli, la povera Elvira ricorrerà alla rinoplastica, alla bulimia, agli interventi chirurgici e alle mutilazioni per conquistare le attenzioni del principe. Se la fata madrina è un chirurgo cocainomane, le uova di tenia sostituiscono le pillole dimagranti e il vestito di Cenerentola è rattoppato dai vermi, lo shock è presto servito. Anche se The Ugly Stepsister, a sorpresa, riesce a trovare il perfetto equilibrio tra il raccapriccio e la riflessione femminista, la dimensione sognante e il grottesco, rivelando al mondo l'espressività straordinaria dell'attrice norvegese Lea Myren. Nell'epoca dei live action, così, questa sconsiderata fiaba apocrifa si rivela la più fedele allo spirito originale. (7,5)

Al terzo lungometraggio, il trentenne Paolo Strippoli passa al Festival di Venezia con un film dall'estetica internazionale, in cui a impressionare è la scrittura densa e viscerale, in grado di rendere l'adolescente protagonista l'erede dei fanciulli infernali di Omen e Carrie. Chi non vorrebbe cedere il proprio dolore? È quello che i compaesani domandano a uno struggente Michele Riondino, professore accusato di trascinarsi dietro un lutto mai elaborato. Ma, dietro l'aria da folk horror, La valle dei sorrisi minaccia di commuoverci, più che di farti paura. Il merito spetta a una sceneggiatura che – al netto di qualche lungaggine – sa fare luce sul trauma collettivo; sull'essere queer in una realtà provinciale; sulla necessità di un dialogo tra insegnanti e allievi, adulti e adolescenti, per non commettere gli errori educativi delle passate generazioni. In cuffia, canta Mia Martini: come il quindicenne protagonista, un'altra vittima del pregiudizio, un'altra geniale incompresa. È la gentilezza del cinema di genere a stringerli entrambi a sé. Perché l'horror – almeno lui, nell'universo – offre il conforto di abbracci sinceri, e inni alla vita popolati di morti. (7,5)

Una coppia di lunga data combattuta tra affetto e noia. Un bosco teatro di una recente sparizione. Una fonte a cui sarebbe meglio non bere. A un anno da The Substance, a pochi mesi da Queer, arriva al cinema un'altra metamorfosi. Questa volta, si attinge a Platone. Mentre la radio canta una hit delle Spice Girls, il mito della caverna e quello delle anime gemelle si incontrano per raccontare una storia di dipendenze affettive, esistenze simbiotiche, identità cancellate. Amarsi implica necessariamente il completo annullamento? Convivere significa essere in ostaggio dell'altro? A farci strada nell'inferno dell'intimità sono gli ottimi Dave Franco e Alison Brie: coppia storica dentro e fuori dal set, si amano e si odiano, si scollano e si incollano, in un body horror fatto di arti disarticolati e ruoli di genere capovolti. È l'ennesimo film dell'anno sponsorizzato dal poster? No, complice un finale non all'altezza del resto: originale, spassoso, ispirato. Ma Together resta comunque la felice conferma di quanto il 2025 abbia regalato nuovo sangue al cinema di genere. (7)

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