Harry
Melling, anonimo ausiliario del traffico con l'hobby del canto
corale, diventa lo schiavo – sessuale e non solo – del bellissimo
motociclista Alexander Skarsgård. Nel loro rapporto i baci sulla
bocca, le confidenze troppo intime, le cene in famiglia sono
severamente al bando. Ma se i sentimenti ci mettessero lo zampino? A
più di vent'anni da Secretary, arriva un'altra commedia indie
– nei nostri cinema dal prossimo 12 febbraio – ca sdoganare la
dipendenza emotiva e il sadomasochismo. Con tutte le carte in regola
per diventare un nuovo cult, Pillion parte come una fantasia
di sottomissione. Ben presto, però, si trasforma in una parabola sul
tabù della vulnerabilità maschile. L'inesperto Melling osa. Può
forse dirsi lo stesso di Skarsgård, impietrito dalla quotidianità?
Se la loro relazione è rigida e normata, perfino nella
trasgressione, l'esordio di Harry Lighton gioca senza regole. E prima
diverte, poi imbarazza, infine spezza il cuore, rivelandosi la
versione in latex del capolavoro di Todd Haynes. L'amore
più struggente dell'anno? Ha un'orgia come festa di compleanno. E
insegna che la libertà, a volte, passa dal BDSM.
(8)
Il
mio primo film del Torino Film Festival, la mia prima sorpresa.
Perché Eternity, a breve in sala, resterà la romcom più riuscita dell'anno. Garbato, elegante, divertente senza rinunciare a un po' di struggimento, è la storia di un
triangolo amoroso ultraterreno. Morta ormai anziana e in un letto
d'ospedale, Elizabeth Olsen si scopre nuovamente desiderata
in un aldilà variopinto e dettagliato in cui i trapassati hanno
una settimana per scegliere dove trascorrere
l'eternità. Il paradiso avrà le fattezze della Florida o di una
baita in montagna, delle Hawaii o della Francia degli anni Trenta?
Indecisa tra mille proposte, in un gate che somiglia a una
giornata dell'orientamento, dovrà anche districarsi tra il burbero
marito Miles Teller e l'indimenticato primo amore del fascinoso Callum Turner. Accanto a loro, sempre in
equilibrio tra emozione autentiche e sfumate, c'è la premiata
all'Oscar Da'Vine Joy Randolph come spalla comica. Prendete la
serie TV The Good Place. Conferitele l'estetica di
The Truman Show. Sceneggiatela come una commedia teatrale della Golden
Age. E la delizia, targata al solito A24, è presto servita.
(7,5)
Se
il cinema è evasione, il musical è il genere più cinematografico
tra tutti. Ma si può trasformare una pagina nerissima di storia contemporanea in un
abbagliante incanto in technicolor? L'ultima trasposizione del
romanzo di Manuel Puig canta di dittatura e lustrini, amori e
rivoluzioni, oscillando dal dramma carcerario al musical degli anni
Cinquanta. Siamo in Argentina, durante la dittatura militare. Due prigionieri – un omosessuale accusato di atti osceni e un rivoluzionario
– combattono le violenze fisiche
e psicologiche raccontandosi la Hollywood degli anni d'oro. Le
coreografie sono trascinanti, ma le canzoni poco memorabili. Le
fantasie metacinematografiche non sempre si amalgamano al resto, e la
patina delle danze spesso sconfina anche in cella. Jennifer Lopez,
splendida come non mai, è una diva che interpreta una diva. Sempre
in parte Diego Luna, qui affiatatissimo con il querulo e struggente
Tonatiuh – quest'ultimo, esordiente, affronta a testa alta
il ruolo che valse l'Oscar a William Hurt. Nonostante siano tutti
intonatissimi, qualche stonatura c'è. Ma quando la vita imita
l'arte, e viceversa, che shock l'accendersi delle luci in sala e l'arrivo dei titoli di coda. (7)
Che
fine ha fatto Alejandro Amenàbar? Ormai lontano dai trionfi di Apri
gli occhi,
The
Others e Mare
dentro,
torna al cinema a un decennio dall'ultimo film. La sua ultima fatica è la biografia romanzata dell'autore di Don
Chisciotte,
con tutti i pregi e i difetti che ci si aspetterebbe da una
coproduzione Rai e Netflix. Pop, godibile e
ammiccante, racconta la prigionia del giovane Miguel De
Cervantes. In fuga da Madrid con l'accusa di omosessualità, finisce
catturato ad Algeri. In pugno ai mori, che vorrebbero convertirlo
all'Islam, mette a frutto le sue doti oratorie per rabbonire il
crudele Bajà. Ben presto, il carceriere – al vertice di un
dissoluto harem al maschile – si scoprirà attratto
sia dalle storie del prigioniero galantuomo, sia dalla sua bellezza. Diviso tra
amore e libertà, nostalgia per i mulini della Mancia e interesse verso i costumi
orientali, Julio
Peña Fernandez - classe 2000, e
già stella dei teen drama spagnoli – è
il protagonista di un dramma storico non sempre accurato e
dall'esotismo a tratti stucchevole, ma con un Alessandro Borghi degli
occhi bistrati per fiore all'occhiello. L'ode al potere
seduttivo delle storie? Piace, in fondo: anche quando le storie, come in questo caso, sembrano frutto di Wattpad. (6)




Nessun commento:
Posta un commento