venerdì 12 dicembre 2025

Il cinema in libreria: Big Fish | Il profumo | Che succede a Baum? | Brian

È il miglior film di Tim Burton nonché uno dei miei preferiti. Mi ha insegnato la magia delle storie – forse, perfino più dei libri stessi – e l'abc per raccontarle. A lungo, non ho mai sentito il bisogno di recuperare il romanzo. Come si può essere all'altezza di un capolavoro cinematografico? Edward Bloom sta morendo. Costretto a casa, fa i conti con una malattia terminale e col rancore del figlio. Chi è stato davvero quel novello Ulisse che si è sempre sognato un pesce grosso? Tra biografia e elogio funebre, Big Fish mescola realtà e immaginazione, ricordi e mistificazioni, nello stile di Calvino. Scritto con l'inchiostro liquido della memoria, il romanzo non ha gli asfodeli del film. Il tempo non si ferma quando Edward conosce Sandra, e non ci sono città fantasma in cui le scarpe penzolano dai fili della luce. Meno d'impatto di Burton, Wallace ha però in serbo avventure alternative e un'immutata magia. Ormai al capolinea, Edward pensa di aver finito il suo repertorio di aneddoti. Ma ha un erede pronto a preservarli e tutta la morte davanti a sé. Se il suo corpo sembra al centro di una muta, perfino esalare l'ultimo respiro può rivelarsi un'altra storia. Un'altra trasformazione. Un'altra avventura. ★★★★

Rimando la lettura del romanzo di Patrick Süskind da vent'anni. Speravo di dimenticare, nel frattempo, la visione del film. Ma non è possibile passare un colpo di spugna sulle gesta e i delitti di Jean-Baptiste Grenouille, né sul finale a cui è destinato. Nato sul bancone di una pescheria, il protagonista ha cuore glaciale e un naso sopraffino. Prima garzone, poi eremita, infine assassino seriale, Grenouille si muove a caccia di bellezza. Il suo desiderio: scardinare il mondo, trasformandolo nel giardino dell'Eden. A metà tra Hannibal Lecter e Tom Ripley, Jean-Baptiste punta all'eccezionalità. O, forse, a essere semplicemente come tutti gli altri. Imprevedibile, lussureggiante, visionario, Il profumo è una fiaba nera scritta come i capolavori del gotico – a tratti, però, ho trovato insostenibile l'assenza di discorsi diretti. Padrone dell'arte degli alchimisti, l'autore coreografa una lunga orgia sensoriale e carpisce finanche l'essenza dei fiori più rari. Anche a costo di ubriacarci tutti.  Andrebbe letto, perciò, con estrema parsimonia. Poche gocce prima di andare a dormire. Nudi – e con una notte di incubi davanti. ★★★½

A novant'anni appena compiuti, l'adorato Wood Allen esordisce come romanziere con una commedia perfettamente nel suo stile. Caustica e brillante, ma senza grandi sorprese, sembra proprio una sceneggiatura delle sue. Che succede a Baum? Scrittore pretenzioso e pedante che si sognava il novello Dostoevskij, a cinquant'anni fa i conti con un matrimonio in crisi (il terzo), una carriera da rilanciare (nonostante un'accusa di molestie sessuali), un figliastro in attesa di vincere il Booker Prize (con un vergognoso scheletro nell'armadio) e una cognata troppo bella per un imbelle (inoltre, sembra proprio la reincarnazione dell'amore più appassionato del protagonista). Il destino, al solito beffardo, si divertirà a sparigliare le carte. Strutturato come un soliloquio, il romanzo garantisce un nuovo alter-ego al maestro newyorkese e, seppur lontano dal capolavoro di Philip Roth, diverte con una lamentazione che avrebbe fatto sentire Portnoy meno incompreso. Impossibile non leggerlo immaginando le voce di Oreste Lionello nelle orecchie; vietato non confidare in un ritorno al cinema. ★★★

Sembra uscito da un romanzo di Elizabeth Strout o John Williams. Ordinario, eppure adorabile, Brian è un contabile raccontato nell'arco di trent'anni. Dolcissimo coi suoi piccoli rituali, ne sviluppa uno tutto nuovo: il cinema. I film sono il migliore strumento per filtrare il mondo, infatti, e per comprenderlo. Mi sono affezionato allo schematismo della routine del protagonista, e ho ammirato la sobrietà di Cooper. A farmi storcere il naso è stato proprio l'elemento che ha attratto la mia attenzione: la cinefilia. Vengono menzionati troppi film, spesso sconosciuti al pubblico medio, e con una dovizia di particolari che rivela troppo delle trame e degli aspetti tecnici. Il gusto enciclopedico per le liste e i dettagli mi ha fatto pensare più alla saggistica che ai romanzi, e l'interesse torna vivo soltanto quando si menzionano orgogli italiani (Fellini, De Sica, Leone, Olmi) o l'avvento prima di Blockbuster, infine di Netflix. Per fortuna, le frequenti digressioni non sovrastano del tutto il protagonista, ma fanno da prisma alla sua breve storia. Un'esistenza rigorosa, da metodo Stanislavskij, ma che nel finale saprà cambiare un poco copione. ★★½

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