mercoledì 4 dicembre 2024

Recensione: Intermezzo, di Sally Rooney


| Intermezzo, di Sally Rooney. Einaudi, € 22, pp. 432 |

Mio nonno è morto il mese scorso. Sono stato io a comunicarlo a mio fratello: raramente risponde alle telefonate di nostra madre. Ci siamo incontrati il mattino successivo a Porta Nuova. Avevo preso i biglietti per entrambi. L'ho rimproverato: vestiva leggero, era in ritardo. Se sono a Torino, in parte, è merito suo. Quando la nostra famiglia è implosa, lui è stato il primo a mettersi al riparo lontano. Siamo diversi. Siamo superstiti.
Sensibile come sempre, adulta come mai, Sally Rooney mi si è intrufolata nel profondo, sotto pelle, con una storia di elaborazione e fratellanza. Il suo ultimo romanzo è una camera ardente. Un lungo intervallo prima di tornare alla vita. È possibile che questo Intermezzo in cui rintanarsi in attesa che il peggio passi ci riservi, a sorpresa, anche il meglio? È auspicabile augurarsi che la quiete della stasi, che la ritrovata libertà dopo mesi di reparti oncologici, durino per sempre?

Lei fa una specie di tremolante risata. Be’, se c’è un Dio, dice, sono sicuro che ti ama molto. Lui abbassa gli occhi. Sì, a volte lo riesco a sentire. Tipo quando sono con te.

Peter, trentenne all'apparenza perfetto, è in cerca del suo centro. Imbottito di antidepressivi, si divide tra due donne: Sylvia, l'indimenticata ex tormentata dai dolori cronici; Naomi, un'universitaria con una pagina Onlyfans e un appartamento occupato abusivamente. Il secondogenito, Ivan, è una promessa degli scacchi mancata: goffo e asociale, si innamora di Margaret, una deliziosa neodivorziata con dieci anni di troppo. Combattuti tra desiderio e pregiudizio, i fratelli Koubek vivranno clandestinamente la bigamia e l'incanto di un colpo di fulmine. Alle prese con l'incompiuto, cercheranno conforto nel calore di un corpo nudo e nel piacere di rivelarsi a un'amante inconsapevole. Pretenderanno di amare ed essere amati: troppo? Galeotta, come sempre, la piovosa Dublino. I cappotti non sembrano mai pesanti a sufficienza e ogni conversazione è destinata a tramutarsi in nuvole di vapore: tanto vale affogare la malinconia nelle sbronze infelici, nel sesso riparatore, anche se, cerebrali al solito, i personaggi inciamperanno nei loro atti mancati al risveglio. Li si spia senza palesarsi. Li si legge senza prender nota. Tra le pagine c'è un'intimità tale che ogni voce improvvisa, qualsiasi fruscio, minaccerebbe di infrangerla. Non sempre, tuttavia, siamo altrettanto delicati con coloro che amiamo. Io e Peter giudichiamo aspramente le scelte dei nostri fratelli - come si vestono, chi frequentano, cosa fanno del loro denaro. Ci arroghiamo il diritto di essere i boia più imparziali. È per ispessire loro la pelle, per rafforzargli le ossa. Per proteggerli dal mondo.

Nessuno è perfetto. A volte hai bisogno che le persone siano perfette e loro non riescono a esserlo e allora le odi per sempre perché non lo sono anche se non è colpa loro, e neanche tua. È solo che avevi bisogno di qualcosa che loro non potevano darti. E poi capita lo stesso a te con altre persone, sei tu quello che non soddisfa le aspettative, che non riesce a far andar meglio le cose, e ti odi così tanto che vorresti essere morto.

Da sempre custode degli equilibri familiari, il primogenito mette al vaglio ogni errore del più piccolo: hanno idee agli antipodi e vivono un lutto che, anziché unirli, minaccia di separarli - parlo di loro, parlo di noi, non lo so più. Chi avrebbe pronunciato l'elogio funebre migliore? Che fine farà il cane, rimasto senza padrone? Dove passeranno il prossimo Natale? L'unico in grado di conciliarli, quel padre dell'est umile e arrendevole, non c'è più. Pensosi, i Koubek litigano per tutto e per niente. Si bloccano su WhatsApp. Vengono alle mani. Ma, con le labbra spaccate e le nocche livide, finiscono per trovare poi scampo nei luoghi in cui sono stati bambini. Quando, al telefono, gli amici di famiglia confondevano le loro voci. Quando, nelle fotoricordo, si somigliavano. Essere simili agli occhi degli altri era la fonte di irritazione e orgoglio più grande. Siamo fratelli. Siamo specchi. Non sappiamo perdonare al sangue del nostro sangue il difetto di essere imperfetto. Non sappiamo perdonarci. Al funerale di mio nonno abbiamo visto cugini che non frequentavamo da un decennio. La notte, poi, abbiamo dormito in due letti appiccicati. Sembrava di essere tornati nei giorni terribili della separazione dei nostri genitori. Segretamente, tra me e me, però, li ricordo anche belli. Non siamo mai stati altrettanto complici come allora.
Il mio voto: ★★★★★
Il mio consiglio musicale: Calcutta – Tutti