venerdì 12 luglio 2019

Recensione: Un certo Paul Darrigrand, di Philippe Besson

| Un certo Paul Darrigrand, di Philippe Besson. Guanda, € 16, pp. 192 |

Philippe amava Thomas. Erano gli anni del liceo, entusiasmanti e pieni di dubbi. Tanto dipendente il primo quanto riottoso il secondo, non andava a finire come avremmo sperato. Dopo l'exploit di Chiamami col tuo nome, dalla Francia arrivano altri sospiri e altri rimpianti; un'altra storia autobiografica su uno struggimento color seppia, rievocato a decenni di distanza. Il motore di Non mentirmi: un incontro inaspettato nella hall di un albergo di lusso e il conseguente tuffo in un fiume a ritroso – quello della giovinezza. Questa volta, nel secondo capitolo di un'educazione sentimentale di cui non contemplavo ulteriori tappe, la rievocazione parte da uno scatolo stipato di fotografie. Una ritrae il solito Philippe – l'autore stesso – accanto a un ragazzo più grande, con i ricci castani e il fisico da nuotatore. In basso si legge una data. Mancava qualche giorno all'arrivo del Natale e, in compagnia di amici di amici, erano entrambi in vacanza sull'isola di Ré. All'epoca dello scatto c'era già stato del tenero? Un certo Paul Darrigrand è ambientato sul finire degli anni Ottanta.
Lasciati il liceo e Thomas, il ventenne fresco di laurea in marketing si prepara a trascorrere nove mesi a Bordeaux: ha scelto di proseguire con un master, ma specializzarsi significa soprattutto riempire il tempo libero. Ingannarsi con un'occupazione come un'altra, in attesa di diventare adulto. Timido e un po' saccente, al primo giorno di corso incrocia lo sfrontato Paul: che gli si siede davanti in mensa e fa il diavolo a quattro per accompagnarlo sotto casa. Philippe fraintende. Il presunto corteggiatore, infatti, è sposato da ormai quattro anni con l'infermiera Isabelle.

Perché ogni estate finisce. E ogni volta la sensazione è straziante. Quando ero piccolo il segnale me lo dava la morte dei girasoli, il momento in cui le loro teste gialle si annerivano e si inclinavano verso la terra secca, capivo che si avvicinava il ritorno a scuola, che il sole e l'ozio erano ormai agli sgoccioli, e precipitavano in un abisso di malinconia. Ho scritto spesso, dopo, sui fine stagione, sulla scomparsa dell'estate; viene tutto da lì.

Il protagonista, a sorpresa, diventa un ospite fisso in casa loro. Cosa sta cercando di fare l'altro: rassicurare la partner sospettosa o, al contrario, testare l'adorazione del compagno di studi? Ma quell'attrazione all'apparenza tramontata sul nascere ha più di qualche speranza di concretizzarsi, nonostante il lieto fine sia fuori portata. L'amicizia al maschile diventa altro assecondando una provocazione di troppo; il possibile si trasforma in inevitabile. E ci si trova, così, a interpretare un ruolo scomodo: quello dell'amante. Cos'è Philippe: un capriccio? Quella di Paul è omosessualità repressa, o un sentimento elettivo che si nutre dell'intelligenza dell'altro? Lo scrittore è il primo uomo della sua vita o l'ennesimo? 
Il nostro Luca Guadagnino aveva intenzioni simili. Riprendere le avventure amorose di Elio Perlman, in un sequel già annunciato, raccontandocene il destino al college. Reduce dalla lettura del mio secondo Besson, per quanto appassionante sia il risultato, mi sentirei comunque di scoraggiarlo in partenza. Un certo Paul Darrigrand, infatti, non ha né la memorabilità né la magia del capitolo introduttivo: un romanzo di formazione dalla morale universale, al contrario, che profumava di malinconia.

È vero, avevo perso la testa per un uomo irraggiungibile e avevo giocato pericolosamente con la morte. Ma potevo dire che avevo amato ed ero ancora vivo.

Con lo stesso espediente, non contento, l'autore francese ci racconta lo stesso amore in forse: se le bugie del fragile Thomas però commuovevano, la nuova fiamma – un surfista che, dominando le onde, cerca contemporaneamente l'equilibrio personale – non suscita simpatia. Per quanto disconosca qualsiasi moralismo, la mia correttezza rende spesso difficoltoso entrare in storie che parlano con leggerezza di tradimenti coniugali e terzi incomodi – la moglie di lui, Isabelle – condannati a vivere nell'ombra. La cronaca nera, inoltre, ci mette frequentemente lo zampino: l'Aids preoccupa, dando falsi allarmi, ma a Philippe non viene risparmiata in ogni caso una lunghissima degenza. La seconda parte, interamente ambientata nella stanza di un ospedale, segue un protagonista passivo nell'affrontare tanto i sentimenti quanto la malattia; i cicli di cortisone e una lontananza fisica che, da un lato e dall'altro, gli amanti non fanno nessuno sforzo per colmare.
Lo scorcio di mare in copertina mi aveva ingannato. Più pesante e meno spontaneo, il romanzo riesce bene quando racconta l'intimità dei corpi e delle parole. Sa usarne davvero di bellissime, Besson. E sa custodire i segreti. Leccarsi da solo le ferite. Ma non sa, non ancora, che l'amore può essere anche sereno se corrisposto. A differenza della magia della sua prima volta, tuttavia, quest'ultima la si scorderà.
Il mio voto: ★★★
Il mio consiglio musicale: Dalida – Je suis malade 

3 commenti:

  1. Artificioso, innaturale, disonesto. La brutta copia di Aciman.

    - S.

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    1. Non sarei così radicale, anzi. Forse ho preferito la semplicità di Non mentirmi alle pose colte di Chiamami col tuo nome.
      Però son gusti, non si discute, e se si parla soltanto di questo secondo romanzo sul giovane Philippe quasi quasi potrei anche concordare.

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