lunedì 3 giugno 2019

Recensione: Ninfa dormiente, di Ilaria Tuti

| Ninfa dormiente, di Ilaria Tuti. Longanesi, € 18,60, pp. 480 |

Teresa Battaglia è tornata a guerreggiare. Conosciuta lo scorso anno, rossa, scorbutica e fuori forma, era la straordinaria padrona di casa di un romanzo che sul piano dell'intrigo convinceva purtroppo a metà. Confidavo a giusta ragione in un nuovo giallo da sbrogliare e nella crescita dell'autrice, la già talentuosa Ilaria Tuti, lì al suo esordio fra i giganti Longanesi. Ho sondato il terreno, lo abbiamo seminato insieme – io leggendo, lei scrivendo –, e non ci è voluto molto per godere della fioritura di quei fiori sopra l'inferno: ai tempi, a mio parere, ancora in boccio. Non ne farò mistero. Ce ne sono già in quantità, d'altra parte, in storia che supera la prima per lunghezza e studio: Ninfa dormiente è la primavera di Teresa su cui, speranzoso, mi ero sentito di scommettere. Restano gli sfondi aperti su una natura leopardiana, bella e terribile, e uno stile dall'impronta straordinariamente femminile che ha qualcosa in comune con le minuzie e il lirismo del compagno di squadra Mirko Zilahy. Questa volta c'è un enigma accattivante, ma manca il cadavere. Il rinvenimento di un ritratto di donna dipinto con il sangue getta la polizia nello sconforto. C'è la firma in calce, quella dell'artista Alessio Andrian, ma la modella del mistero deve essere morta da ormai settant'anni e da altrettanti anni, sfortunatamente, l'artefice dell'opera non emette suono. Dovrebbe esserci minore urgenza nella ricerca della soluzione. Non c'è un cadavere ancora caldo, infatti, e nessuno che muova a compassione gli agenti accorsi. Ma, a quasi un secolo di distanza, a sorpresa resta ancora l'affetto di qualche familiare e un briciolo di vita nella memoria d'elefante di chi potrebbe chiarire l'identità della musa sacrificata.

Alcune famiglie hanno grandi storie d'amore o di avventura da raccontare ai bambini o ai parenti riuniti per le feste. Tante altre hanno un passato di miseria da centellinare come se la fame fosse ancora presente. Gli Andrian hanno la Ninfa e la pazzia di mio zio.

L'indagine e l'introspezione dei personaggi vanno di pari passo. In perfetta sincronia, Teresa Battaglia e il suo pupillo Massimo Marini scavano nel torbido, battibeccano e commuovono. La memoria di lei, che ha paura di pronunciare la parola Alzheimer e registra la sua giornata nell'irrinunciabile diario di bordo, fa spesso cilecca. L'umore di lui, eterno San Tommaso alle prese col pensiero della paternità, è nerissimo dal giorno in cui la sua ex si è presentata alla porta con un pancione inequivocabile; neri sono anche gli occhi, qualche volta, se per scaricare lo stress Marini tira di boxe in palestra. Esiste il gene del male? Davvero alcuni uomini nascono per essere cattivi genitori? 
Teresa, un po' mamma chioccia e un po' prof arcigna, rimbrotta l'allievo a suon di parolacce in teneri siparietti e, nonostante gli acciacchi del corpo tribolato, con prontezza di spirito sprona e consiglia. Un superiore, intimidito dalle donne che ricoprono ruoli di potere, vorrebbe fare terra bruciata attorno all'onorata carriera della Battaglia. Ma lei, che non si accontenta di rifugiarsi nelle retrovie né di ritrarre le spine del suo umorismo caustico, ha una squadra – una famiglia – alla quale destinare tutta la sua esperienza. Brava a cacciare i segreti, sarà però anche capace di custodirli fino all'ultimo? Con quel maledetto Alzheimer che a volte può tornare utile per scordarsi di un tiro mancino, per perdonare sé stessi, la protagonista si sposta in Val Resia fra presente e passato. La valle, terra di confine per eccellenza, rappresenta un'isola genetica e linguistica: gli abitanti, e non è un espediente d'invenzione, conservano ancora il DNA dei colonizzatori originali. Orgogliosi e tenaci, nei costumi così come nel folklore, tentano di preservare la loro alterità – purtroppo, oggi, c'è la Slovenia a inglobarli – e nel clou della Seconda guerra mondiale vivevano fra il nemico tedesco e i partigiani assediati. Durante il regime fascista la violenza era socialmente accettata: l'assassinio della ragazza del dipinto risale ad allora. La Storia, quella con la lettera maiuscola, possiede il senso della giustizia?

Uccidere una donna che si dice di amare. Era una contraddizione in termini, quella di cancellare dalla propria vita chi la illumina, eppure accadeva ogni giorno. L'amore che si fa dramma viene celebrato troppo stesso. A morire erano sempre le donne. Non è amore. È possesso. Bisogno di controllo. Donne usate, abusate, lasciate sole e condannate. Donne che non avevano riconosciuto il male, perché si trovava proprio accanto a loro. Difficile metterlo a fuoco e smascherarlo, quando possiede il volto di chi dovrebbe avere cura di te.

In un climax che, senza la frenesia cinematografica dei polizieschi americani, ama prendersi il tempo necessario e descrivere tutto minuziosamente – dettagli ambientatili, scientifici e storici: la cultura enciclopedica di Ilaria è degna di stupore –, i protagonisti faranno presto i conti con conflitti nei quali ogni scempio è lecito, rigurgiti intolleranti e, soprattutto, culti di origine pagana nello stile del cult anni Settanta The Wicker Man. Con donne del luogo custodi di canti, erbe e segreti, che intensificano il fascino di questo atteso ritorno in libreria. La trama, stratificata e densa quanto la terra nei boschi, ha il potenziale difetto di risultare troppo macchinosa; il peso delle oltre quattrocento pagine, in un epilogo semiconclusivo, potrebbe avvertirsi. Ma poco importa: Ilaria Tuti ribadisce a gran voce di avere toni, forma e contenuto. Ingegno e, eccezionalmente, sentimento. 
Insanguinato, nudo, muto, settant'anni prima un giovane pittore e il suo segreto era stati salvati oltre il confine. Il soldato venticinquenne stringeva il suo undicesimo lavoro fra le mani: il più attraente, il più conteso alle aste, perché scomparso nel nulla. Lontano, intanto, il suono di un violino: gli appassionati di Dylan Dog riconosceranno le note del famigerato Trillo del diavolo di Giuseppe Tartini. 
Per ora abbiamo avuto le nostre risposte, ma la valle custodisce altre inquietudini di cui venire a capo. La battaglia di Teresa, fino al prossimo romanzo almeno, è stata una conquista.
Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: The xx – Crystalised

20 commenti:

  1. A me i gialli non piacciono, eppure ogni volta che ne recensisci uno mi viene voglia di leggerlo.

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    1. Ti ringrazio, Kate.
      E ti assicuro che quelli della Tuti sono molto a sé, inusualissimi. Devi conoscere assolutamente Teresa Battaglia - il primo, per altro, costa soltanto cinque euro nell'edizione Tea.

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  2. Grazie per questa recensione. Ora è tra le mie prossime letture. :)

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    1. Grazie a te, Cinzia. È una serie italiana che consiglio!

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  3. Sembra davvero molto carino. Questa saga mi incuriosisce, e spero di poterla leggerla al più presto anch'io ☺️

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    1. Ben più che carino, Gresi. Molto intenso ed elaborato.

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  4. Ecco. FIORI SOPRA L'INFERNO mi fa l'occhiolino da un po', quindi mi sa che devo passare da lì per arrivare alla ninfa :-D
    Come genere, ci siamo, me gusta! :))

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    1. È proprio il tuo, Angela.
      Tanto giallo, e altrettante emozioni grazie a Teresa.

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  5. Ciao Ink, non ho letto nulla di quest'autrice, ma mi ispira davvero molto :-)

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  6. Ho il primo, proprio sullo scaffale dei libri da leggere presto. E' ancora lì...perchè c'è sempre qualcos'altro da fare :-( comunque voglio iniziare. Lo so che lo dico sempre, ma ne escono troppi!!!!!!

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    1. Dai, dai! A dispetto delle atmosfere nevose, l'estate è la stagione per eccellenza dei thriller, no?

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    2. In teoria ah ah ah Che dici, me lo porto in spiaggia?

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  7. Ho aspettato a pubblicare la mia prima di leggere la tua recensione. Ho amato infinitamente i personaggi e a loro storia personale, forse troppo, e il resto purtroppo è un po'andato in secondo piano. Una storia che è iniziata con un grande fascino ma che poi mi ha un po'annoiata. Però lo stile e le atmosfere sono meravigliose!

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    1. A me, pensa, era successo con il primo. Curioso per il prosieguo!

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    2. Lo immagino molto molto più collegato del primo, dato il finale...

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  8. Il fatto che sia un giallo diverso dal solito è promettente. Siamo però sicuri che non sia il solito giallo ben mascherato? :D

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    1. Il contrario. Probabilmente è tutt'altro mascherato da giallo.

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