E'
il presentatore più insultato d'America. Conduce un programma che è
immondizia, ma cose come l'outing di Eminem e l'attesissimo servizio su Miley Cyrus
e la sua vagina l'hanno eletto re assoluto della tv trash. E
succede che quel trentenne superficiale è seguito, sera dopo sera,
dal dittatore più spietato del mondo. Un bambolone con gli occhi a
mandorla che beve drink chic, mangia troppo, ascolta Katy Perry e
minaccia con i suoi missili gli Usa a giornate alterne. La CIA vuole
farlo fuori. I suoi sudditi minacciano ribellione. Dave Skylark,
invece, vuole giocare a basket con lui, e andarci a squillo di lusso,
e scambiarsi pareri sulle pop star in voga, e parlare a tempo perso
della sopravvalutata pace nel mondo. Dopo
Strafumati e Facciamola finita, puntualissimi e
provocatori, tornano Franco e Rogen a farci ridere a modo loro. Una
strana coppia che non conosce crisi, ma tanto tanto clamore. The
Interview era il film più
scaricato, più censurato, più proibito di sempre, tipo. La Korea
minacciava guerra, la Sony tremava, il pubblico fremeva d'attesa.
Giunto insieme alle feste, The Interview
in realtà è una specie di cipanettone che non fa parlare di sé per
gli odiosi canditi: diciamolo pure, è uno dei film demenziali più
inutilmente contestati. Senz'altro, il più pubblicizzato. Per così
poco, ovviamente, tutta la caciara non serviva. Ma non conosco bene i
meccanismi dei media, né la pazzia dell'oriente. Ho conosciuto i
personaggi del film, invece, e vi dico che, pur dicendone di cotte e
di crude, mi
sono piaciuti. O forse mi sono piaciuti proprio per quello? The
Interview è costoso,
sanguinoso, assurdo, ma divertente. Si spinge lungo
confini proibiti, mai oltre. Le gag sono le solite, l'umorismo è quello sboccato e rozzo
degli yankee – consiglio la visione in lingua, per cogliere giochi
di parole e spassosi misunderstanding – ma pochi sanno fare gli
stupidi come Franco e Rogen. Si baciano
e si abbracciano, commettono omicidi e strafalconi, giocano un po' al gioco
dei Gay ingenui. Accanto a loro, l'eccezionale Randal Park nei panni del problematico Presidente Kim.
La pellicola non è altro che un nuovo Austin Powers,
ma con meno peli sul petto e più implicazioni politiche, consigliato
a chi non è fan dei facili buonismi, ma di tigri, sonde anali,
elicotteri in fiamme e carri armati, con l'esclusivo accompagnamento
musicale di Firework.
“Boom boom boom”, e saltano le teste, il filtro della buona
educazione, i nemici, in un epilogo che ci ricorda che il cinema è
una grossa, grassa farsa e che neanche una censura estera può porre
un limite al potere della satira – anche se, in questo caso, non è
mordace come vogliono farci credere. (7)
Parliamo
per frasi fatte. Gli italiani sono bravi – o pessimi? - con i
drammoni sui trentenni che urlano alla telecamera, con i prodotti che
fanno il verso a Fellini, con le commedie sul precariato e con le
fiction con la Arcuri. Oggettivamente: è un po' vero. Vent'anni e
non ricordo un fantasy col nostro marchio. Fa da pioniere l'impegnato
Gabriel Salvatores, che fa parlare di sé, anche se questo suo ultimo
film – pensato in particolar modo per i piccoli di casa – merita
solo uno sguardo e più di qualche sorriso. Non le critiche. Non i
paragoni. Il ragazzo invisibile non è un film invisibile e,
tra citazioni e omaggi, ha vita propria. Il fantasy d'importazione ci
ha abituati a tanto – ci sarà mai una scena bella come l'ingresso
di Evan Peters nell'ultimo X-Men, tipo? Questo, con il suo
budget modesto e i suoi giovani volti acerbi, ha meno da offrire, ma
quando quel poco sbuca fuori – coltelli fluttuanti, cacce nella
foresta siberiana, baci impossibili, arti allungabili, sottomarini ed
esplosioni – ti stupisci forse di più, perché non te lo aspettavi
da noi. Invece quella Trieste fredda ha un fascino strano, quella
storia d'amore è delicata, quel colpo di scena sembrerà
inaspettato. Lo stampo non è televisivo; la colonna sonora ci
risparmia i Modà; i piccoli Ludovico Girardello e Noa Zatta –
perfettamente amalgamati con gli ineccepibili Valeria Golino e
Fabrizio Bentivoglio – hanno uno smile come Bat Segnale, si
riconoscono con uno starnuto rivelatore, camminano all'ombra della
Marvel e di Hanna. Lui, biondo, occhi verdi, è italianissimo
ma ha tratti britannici; lei, parmigiana nonostante il nome, è per
aspetto una Saoirse Ronan con il look di Luna Lovegood. Una commedia
con i superpoteri. Intelligente, metaforica, citazionista, con attori
spontanei e un epilogo che spalanca le porte a un seguito che il
bambino che vive in me si augura arriverà. Con la scusa dei figli
piccoli – o dei nipoti, o dei cugini, o dei fratelli –
guardatelo. E, per quell'ora e mezza, siate buoni: credeteci. (6,5)
Sono
un tradizionalista che i cartoni dell'ultimo periodo non li apprezza
troppo. Non amo, in particolare, i cartoni in cui ci sono animali
parlanti. Pensavo che Paddington facesse parte della
categoria, lo avevo evitato. Non sapevo, invece, fosse un film a
tutti gli effetti e, soprattutto, che fosse un film per famiglie
attuale e significativo. Scropritelo come l'ho
scoperto io. Sotto la neve e le luci del Big Ben, mentre vaga in
cerca di una casa: venuto dal “misterioso Perù” dopo la morte
dello zio, con la promessa lontana di un posto in cui stare e con la
speranza dei nuovi inizi. C'è chi lo vuole ammaestrare, chi lo
ritiene la causa di tutti i mali, chi vorrebbe rispedirlo al
mittente. Ma, a un certo punto, una strana tribù borghese lo
vede in stazione e decide di ospitarlo. La famiglia Brown non sa che
Paddington è un disastro con i servizi igienici, che usa lo
spazzolino per pulirsi le orecchie, che parla poco la loro lingua. E,
quando viene a patto con i suoi pasticci e la sua diversità, impara
ad amarlo anche di più. Paddington si è rivelato un buon
modo per salutare l'anno vecchio e dire addio alle feste. Dolce,
discreto, divertente. Una commedia inglese in cui, accanto al tenero
orso animato in maniera strabiliante, ci sono attori di classe. La
materna Sally Hawkins, una irriconoscibile ed esilarante Julie
Waters, Jim Broadbent presissimo dal suo cameo e una superba Nicole
Kidman dal caschetto biondo. Crudelia De Mon con un look nuovo.
Paddington è una fiaba che, un po' a film e un po'
a cartoni, ti racconta a modo suo, l'immigrazione e le opere buone.
Sarebbe uno dei film Disney più interessanti degli ultimi tempi,
se solo non fosse prodotto dalla Fox e, mica poco, dagli autori di
Harry Potter. (7)
La
vita di Kylie fa schifo. Prima gli sbirri l'hanno messa in manette.
Poi, siccome non c'è mai fine al peggio, la sua punizione non è
stata la galera, ma un soggiorno forzato. Agli arresti domiciliari
con i suoi. Già la convinvenza è terrificante, ma se ci si mettono
una presunta casa infestata potrebbe trasformarsi in un
orrore. Girato in Nuova Zelanda, ma senza
hobbit e bigiotteria da gettare in pozzi infuocati da ometti con le
gambine corte, è un vero e proprio minestrone di idee. Un prodotto
che bada al risparmio – e al riciclo – ma non te ne accorgi mai.
Cupo, strano, ti destabilizza per la luce che manca spesso, per le
frecciate che volano tra mamme e figlie, per un umorismo tutt'altro
che sottile che, a modo suo, ti dipinge in faccia un sorriso. Quando
cogli una citazione buttata un po' lì, quando quel passo ti ricorda
qualcos'altro, quando ti diverti e basta. Housebound è una
foto di famiglia con un ospite a sorpresa. Una commedia grottesca ma
molto piacevole, che non fa troppa paura, non ti inonda con ettolitri
di sangue, eppure apprezzi pienamente, perché è diretta bene e
messa su ancora meglio. Un'inquietante struttura di lego con i vicini
folli di La finestra sul cortile, i centimetri quadrati che ti
limitano di Perimetro di paura, i muri che parlano di La
casa nera di Wes Craven e perfino – pensate un po' – coi
cattivoni di Mamma ho perso l'aereo. E basta, non è perfetto, ma fa simpatia. Con una
Morgana O'Reilly troppo scontrosa e burbera per essere vera e
l'ottima Rima Te Wiata che sembra una pianta d'appartamento – una
creatura da commedia – trapiantata nella foresta. Un susseguirsi
inarrestabile di colpi di scena, un epilogo che forse la tira un po'
per le lunghe, un nascondino ritmato in cui niente è così lampante
e grossolano come appare. Da recuperare. (7)
Booo.
Paura, eh? In realtà, quello di prima, era un rumoroso boh. Boh, ma
perché hanno girato questo film? Boh, ma quale disperato ha deciso
di andarlo a vedere? Ma sì, lo sapevo già che questo Ouija
era un filmaccio, però adoro guardare roba inutile e sconsigliarla,
soprattutto se – senza la mia santa guida – qualcuno potrebbe
trascinarvi a vederlo. Uccidete quel qualcuno, per favore; poi
chiedetegli scusa in una seduta spiritica e via, pace fatta. Ouija è
una schifuja che
consiglio a chi, al cinema, vuole morire. Di noia. La prima parte: un
piattume animato da dialoghi idioti, attori da quattro soldi,
spauracchi da niente. La seconda parte: leggermente più movimentata,
ma come è movimentata l'attività cerebrale di uno in stato
comatoso; piena di colpi di scena che sono un'offesa
all'intelligenza. All'inizio concilia il sonno, alla fine si rivela
una ghost story interpretata da star della tivù in pausa momentanea
per i finali di stagione e priva di atmosfera.Un teen horror senza
infamia e senza lode, che il fatto ti abbia fatto perdere tempo rende
più infame che altro, con personaggi da nulla che non hanno mai
guardato un episodio di Supernatural (Sam
e Dean, su, non vi hanno mai spiegato come fare fuori uno spettro?) e
un cast amorfo in cui spicca solo Olivia Cooke, ma perché – tolti
quei dannati tubicini nel naso di Bates Motel
– è adorabile, anche se – tra questo gioiello e l'altro, Le
origini del male – non azzecca
un film neanche per sbaglio. (3)
Una pellicola australiana che
parla di troppe cose: un intreccio con più strade aperte, ma
leggero, in un modo positivo e in un modo negativo. A fine visione,
mi sentivo di avere visto abbastanza, ma non tutto. Poteva osare
un'altra mossa. O forse non poteva fare altro,
per via di storia semplice e dispersiva, e quel poco che poteva l'ha
fatto al meglio. Parte dietro le sbarre, come un prison
movie in cui allo spettatore non
vengono risparmiati i riferimenti alla violenza sessuale, alle
alleanze; poi diventa la storia di una fuga e di una rapina, di
miniere di diamanti e famiglie violente; alla fine, un travestimento,
una barca, una telefonata e un flashback fanno di lui un minuscolo
intrigo alla American Hustle.
Sembrerebbe un pasticcio, ma qualcosa me l'ha fatto apprezzare con i
suoi difetti e le sue sterzate. Frastagliato, discontinuo e impreciso
com'è. Sarà che l'ho guardato con un piede dentro e uno fuori,
coinvolto per caso come quel protagonista adolescente che si trova al
centro di una situazione fuori controllo. Criminale per caso, educato
all'arte degli scacchi e alla violenza, è spaesato e su di giri. La
sua freschezza, il bisogno di avere un adulto accanto che gli insegni
a nuotare e a sparare, ti portano a vedere anche il suo improbabile
scampolo di vita con sguardo comprensivo. Son of a gun
ricorda gli irrealistici film di
avventura che ti piacevano una volta, con le ragazze impossibili da
salvare e i colpi di scena prevedibili, ma è dalla parte dei
cattivi, pur rimanendo pulito. Mi ha colpito questo. Il punto di
vista di un protagonista irrisolto, ma familiare, che quel Brandon
Thwaites, con i suoi venticinque anni suonati e l'aria da eterno
bambino, incarna perfettamente. Si conferma un giovane talento in
ascesa, lui, e divide la scena con un McGregor irsuto, traditore che non ci
regala la prova della sua carriera ma che sa il fatto suo. Intorno,
una Australia bellissima con il mare e con il deserto, una acerba
femme fatale che ha qualcosa di Eva Green, un realismo di polvere e
sudore che non capisci cosa ci faccia con una vicenda tanto
rocambolesca, anche se il risultato, con un filo d'ironia e tanto
sentimento, vedi?, ti fa parlare. Non è granchè, ma piace. Le
sequenze finali, con una bella canzone in sottofondo che si chiama
Enter One, mi hanno
lasciato pure sereno. (6,5)
mmm interessante, quasi mi fai pensare di recuperare The Interview che non avevo intenzione di recuperare pensando solo che fosse un caso mediatico gonfiato ad arte...sei uno dei primi che parla non dico bene ma decentemente del film di Salvatores, Housebound per me è stato un cult fin da subito....Ouija deve essere talmente monnezza che ora lo devo vedere ...
RispondiEliminaQuello di Salvatores è un bel film per bambini. Se fosse americano, okay, non sarei stato forse così clemente, ma per essere una cosa nostra, una cosa nuova, e un primo passo avanti. E non è un passo avanti malvagio. The Interview, visto in compagnia, ma perché io da solo non rido neanche con la roba più divertente del pianeta, fa il suo dovere; soprattutto nella parte finale. Niente di che, gonfiatissimo, ma tra Scary Movie, Scemo più Scemo e film demenziali dello stesso tipo questo, in confronto, è da Oscar. Poi anche Strafumati e Facciamola finita, da queste parti, erano piaciuti :)
EliminaNon sono un'appassionata di super eroi, anzi, lasciamelo dire, per certi versi li trovo anche un po' trash. Tranne qualche rara eccezione.
RispondiEliminaHo visto "Il ragazzo invisibile" proprio perché è una produzione italiana e trovo sia costruito molto meglio di alcuni film di super eroi americani. Il ragazzino che recita mi è piaciuto molto, anche se in alcuni punti si notava veramente tanto che reciteva. Per il resto mi è piaciuto, l'ho trovato molto reale e... Avevo la sensazione che la ragazzina mi ricordasse qualcuna, ma non riuscivo a capire a chi, ora hai svelato il mistero! XD
Ahahah, sì, una somiglianza fortissima!
EliminaDiciamolo. Io i supereroi li odio proprio - fatta eccezione per Spiderman, il più umano che c'è - quindi questo film qui l'ho visto solo perché italiano. La recitazione a volte è un po' amatoriale, ma recitano male i nostri attori adulti. I piccoli sono giustificati :)
Cercherò di vederli tutti o quasi. In rampa di lancio ho Ouija purtroppo, finora non ho letto una recensione positiva, ma si sa noi blogger dobbiamo vederlo per inserirlo nel peggio dell'anno (e il 2015 horror comincia male)...Bisognerebbe capire la logica perversa per cui scelgono di distribuire Ouija anziché Housebound, sicuramente questione di registi, produttori e nazione. Quando faranno il remake di Housebound sarà ben accetto in tutto il mondo :D
RispondiEliminaSì, il remake mi sa che non mancherà :P
Eliminathe interview divertente, housebound divertentissimo!
RispondiEliminae sì, i cattivoni sembrano proprio usciti da mamma ho perso l'aereo :)
paddington continua a spaventarmi parecchio, però se c'è nicole kidman in versione simil crudelia de mon potrei anche fare un tentativo.
certo però che la kidman ultimamente gira quasi più film di nicolas cage. ha problemi economici anche lei? :)
son of a gun mi sa tanto di film medio, però c'è ewan mcgregor!
il ragazzo invisibile non so... prima o poi...
ouija invece mai più! :D
E' una Kidman molto molto autoironica, mi è piaciuta. Non si prende sul serio, e intorno ha un gran bel cast. Meglio di Big Hero, per me, che proprio non mi ha convinto. Avrebbero dovuto pubblicizzarlo di più, oh!
RispondiEliminaSon of a gun sì, è un film medio, ma si lascia guardare bene. Il fatto che non sia un'americanata, aiuta ;)
Ho visto solo il peggio di questo gruppo, anche se nelle intenzioni ho il recuperone di tutti e cinque i titoli. Su Ouija pienamente d'accordo: più che la tavoletta degli spiriti è quella del wc.
RispondiEliminaMeraviglia.
EliminaLa Universal dovrebbe citarti sul retro del dvd :-)
Ps. Io aspetto ancora di vedere quel Clown, eh!
You must e you will.
Elimina(Anche perché secondo me non ti dispiacerà).
Ma pure secondo me!
EliminaSaltando a pié pari gli horror, ovviamente mi vedrò The Interviewer, che la coppia Franco-Rogen offre sempre grandi prove :)
RispondiEliminaPaddington non riesce a interessarmi a dovere, pur essendoci Londra, pur essendo british, lo lascio da parte per tempi migliori.
Infine, Son of a Gun non lo avevo sentito ancora, e pur non sembrando chissà che dalla trama che mi racconti, c'è il Ewan, quindi chissà, un posto per lui lo posso sempre trovare :)
Ricordo che sei una fan di Franco-Rogen. Presi singolarmente, soprattutto Rogen, non mi fanno impazzire, ma insieme sono forti :)
EliminaNon ne ho visto neanche uno! :')
RispondiEliminaMa non ti perdi troppo, guarda ;)
EliminaNon ho visto nessuno di questi film, anche se Interview volevo vederlo in lngua ma poi boh non mi sono neanche messo a cercarlo, con tutto il parlarne mi sembra quasi di averlo visto lo stesso!
RispondiEliminaAhahah, effettivamente è un po' così!
EliminaSinceramente a me fanno più ridere i tuoi massacri ai film, cm hai fatto x ouija ke x poco nn cadevo dalla sedia x le risate ke la comicità volgare di Rogen. eppure lo vedrò sl x Franco, x lui vale la pena il sacificio. Il ragazzo invisibile mi aveva già convinto dal trailer.
RispondiEliminaMa Franco e Rogen, ormai, sono una cosa sola :P
EliminaHo in lista sia son of a gun sia the interview, ma a questo punto anche housebound mi sembra degno di nota.
RispondiEliminaIl ragazzo invisibile invece non lo vedo. (ah ah ah)
Housebound ti piacerà, ci scommetto!
EliminaSon of a gun è la solita cosa, ma ha un non so che...
The Interview è una puttanata, ma se vuoi vederlo già lo sai :-D
No vabbè, ma sono l'unica a cui The interview ha fatto, scusa il francesismo, cagare...ma cagare cagare???manco mi sono divertita...Il resto mi sa che recupererò husebound prima o poi...
RispondiEliminaSì, sei l'unica ahahah ;)
Eliminaahaha belle le recensioni!meno male che ho saltato Ouija! in compenso mi hai incuriosito con housebound..
RispondiEliminaHousebound merita tanto ;)
EliminaSchifuja, ahahahah XD meno male che non avevo nessuna intenzione di vederlo XD
RispondiEliminaThe Interview invece mi incuriosisce, se non altro per tutto questo gran parlare... chiaramente più questione mediatica che altro, ma io sono così: devo toccare con mano per credere.
Il ragazzo invisibile mi ispira, nonostante il voto bassino. Anche qui, devo toccare con mano per giudicare =)
Il ragazzo invisibile è carino, se hai aspettative basse. Un buon tentativo di importare una cosa diversa ;) The Interview è stupido e strambo: deve piacere, ahahah
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