Ciao
a tutti e buon inizio di settimana! Il blog, finalmente, ha ripreso
il suo consueto ritmo e, a più di una settimana dal ritorno dalla
splendida Barcellona, anch'io comincio ad affacciarmi sulla soglia di
un duro anno scolastico, sapientemente ignorato fino ad ora.
Appuntamento fisso di questo blog, puntuale come sempre, un nuovo
articolo della rubrica Ritratto di Signora, ideata da Monica e Miki,
rispettivamente “mamme” dei blog Books Land e Miki in
the Pinkland. Lo splendido di oggi è firmato proprio dalla cara
Monica, che ci parla di una sua profonda passione – che va di pari
passo con quella per la lettura – e delle grandi donne che hanno reso
della fotografia un'arte sottile e raffinata. La parola a lei! Buona
lettura...
"La
passione per la fotografia nasce da lontano, avevo più o meno 12
anni e durante le ore di educazione tecnica alle medie ci insegnarono
a sviluppare un rullino fotografico.
La
camera oscura, l’odore dei solventi, la sorpresa di veder comparire
la tua creazione su un foglio di carta era qualcosa di unico e
magico. Da quel momento in avanti, ogni volta che qualcuno mi
chiedeva “Cosa vuoi fare da grande?” la mia risposta era una sola
“La fotografa”. Gli
anni sono passati e questo desiderio non si è realizzato, anche se
la passione per la fotografia mi accompagna tuttora. E’ difficile
da spiegare, ma non mi sento mai tanto realizzata come quando ho una
macchina fotografica tra le mani, è qualcosa di bello, che da
soddisfazione, è come fermare il tempo in uno scatto unico ed
irripetibile.Proprio
per questo negli anni la mia libreria si è composta non solo di
romanzi ma anche di volumi che parlano di fotografia. Steve
Mccurry, Robert Capa sono fotografi che ho seguito negli anni e che
adoro, ma mai nella mia vita sono stata più felice di ricevere in
regalo, nel Natale del 2001, il volume intitolato“Le grandi
fotografe di National Geographic”. Finalmente
un libro su fotografe DONNE in un mondo in cui la figura maschile è
quasi del tutto predominante. Con
amore e passione mi sono immersa in questa lettura interessante, che
non è fatta solo di immagini ma anche di racconti di donne vere,
forti e caparbie, che con determinazione hanno lottato per
conquistarsi un posto in questa società. Alla
fine degli anni ’70 lo staff del National Geographic, giornale
famoso per foto non solo naturalistiche, ma di mondo e di costume, è
composta interamente da uomini… le donne al massimo fanno le
segretarie o rispondono al telefono. Si
ha la convinzione che nessuna donna possa essere abbastanza tosta per
recarsi in un paese dilaniato dalla guerra, che nessuna sia così
lungimirante da poter vedere oltre l’obiettivo e catturare
l’immagine perfetta. Come
racconta Alexandra Avakian fotoreporter per National
Geographic a partire dal 1995. “Quando
ancora non ero conosciuta misi insieme un portfolio con il nome di
Alex Avakian, non volevo che il mio sesso costituisse un problema..
non volevo che dicessero – non possiamo mandarla in questo posto o
a fare questo servizio perché è una donna”. Ma
essere fotografi non significa essere uomini o donne, è una lotta
continua con la macchina fotografica, è esprimere se stessi
attraverso l’obiettivo, trovare la luce giusta, il momento giusto,
lo scatto che permetterà a te stessa e agli altri di provare
emozione.
Come
Jodie Cobb, unica donna nello staff permanente di National
Geographic, e non assunta come freelance, che ha combattuto e si è
affermata dimostrando che il suo lavoro valeva tanto quanto quello di
un uomo.
Donne
che hanno dovuto decidere tra la carriera e la vita di tutti i
giorni.. dice la stessa Jodie Cobb. “ Puoi
avere una vita in missione, o puoi avere una vita a casa. Ma è
difficile averle entrambe. Quando sei in trasferta per un periodo
lungo conosci tutti in città, dal re alla governante. Poi torni a
casa. Non sei più in missione. Hai le faccende di casa e i conti
arretrati, e può sembrare di dover ricominciare da capo con gli
amici, i conoscenti”.
Ma
soprattutto con le loro famiglie, mariti scontenti, figli che vivono
con madri a metà
Mi
chiedo, leggendo le parole che ho appena scritto, se sia giusto tutto
questo? E’ giusto vivere la famiglia a metà? Lasciare i propri
figli per recarsi dall’altra parte del mondo? La risposta non è
semplice, e penso di non dover essere io a darla.. ma poi mi capita
di guardare degli scatti della stessa Cobb e mi rendo conto che se
non le avesse scattate, queste immagini non sarebbero mai arrivate
fino ai miei occhi e sicuramente sarebbe stata una grande perdita.
Donne come Sisse Brimberg così determinata nel voler
diventare una fotografa del National Geographic tanto da telefonare
prima in redazione dalla lontana Copenhagen per poi presentarsi dopo
diversi rifiuti nella redazione stessa davanti al capo della
fotografia Bob Gilka nel 1976, con la pretesa che esaminasse i suoi
lavori.
Se
non l’avessero assunta ci saremmo persi servizi meravigliosi come
quello intitolato “Caterina la grande” in cui rende il paese
russo in tutta la sua magnificenza. Donne che mi hanno insegnato che
per raggiungere un obiettivo bisogna essere forti e coraggiose, che
bisogna guardarsi dentro e capire qual è la propria passione ed
esternarla al mondo perché è giusto che anche gli altri sappiano
quanto di bello si possa esprimere con una macchina fotografica. Donne
che sono si fotografe, ma anche mogli e madri, che fanno un lavoro
diverso, forse insolito, con il cuore diviso tra dovere e amore , ma
con un’unica grande passione, quella di mostrare il mondo
attraverso i loro occhi, rendendoti partecipe di un qualcosa più
grande di tutti noi.
FONTE:
Le grandi fotografe di National Geographic di Caty Newman
Fonte
Immagini: Google image
Grazie
mille a tutti per l'attenzione.
Monica,
Miki, Fede, Clara, Francy e Mik
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