mercoledì 7 ottobre 2015

Mr. Ciak: Enemy, Dove eravamo rimasti, Ritorno alla vita, Magic Mike XXL, Reversal, A Royal Night Out

“Ti hanno mai detto che sei tale e quale all'attore di quel film?”. Una domanda come un'altra e la giornata di Adam, mite professore, prende una piega surreale. Recupera i film in cui il suo doppio famoso ha lavorato come comparsa, e si intrufola, pian piano, nelle giornate di quell'aspirante stella che vive di rari ingaggi e delle motivate gelosie di una compagna in dolce attesa. Tanto il primo è modesto e abitudinario – stesse spiegazioni a scuola, farneticazioni a proposito di equilibrio e caos -, tanto il secondo è continuamente in cerca di stimoli: se la compagnia della moglie non dovesse bastargli, nella tasca della giacca ha la chiave di un club esclusivo à la Eyes Wide Shut. Enemy – chi è il nemico di chi si scoprirà solo alla fine – è un altro film dell'ottimo Denis Villeneuve che, in attesa di vedere quel Sicario che sta conquistando i più, ho finalmente recuperato. Due è il numero magico. Perché due sono i Gyllenhaal – identici, anche se la differenza tra loro è nello sguardo: ora basso, ora sfrontato – e Enemy, ispirato a un romanzo di Saramago, è il suo secondo film che guardo dopo Prisoners. Il secondo girato in lingua inglese; il secondo con quel Jake sempre più bravo nel cast. Lì, il suo detective dagli occhi grandi e con simboli massonici sulla pelle era una mezza incognita senza soluzione; qui – convincente e inquieto due volte – ha un ruolo che intriga e confonde al quadrato. Apparentemente tradizionale nello snodo di una trama hitchckockiana, il thriller psicologico del canadese Villeneuve sorprende, però, per una resa all'avanguardia – il montaggio forsennato e la fotografia sgranata – e per una sequenza finale che, quando tutto sembrava avesse un perché, lascia a bocca spalancata; che diavolo di senso ha? In rete, per spiegare quello che è considerato uno degli epiloghi più strani degli ultimi anni, fioccano supposizioni e libere interpretazioni – dalle fantascientifiche alle psicoanalitiche. Come il poster lascia intendere, la soluzione è da ricercare, per me, nella mente: lì, dove si stagliano i grattacieli, un latente complesso di Edipo, l'incapacità dell'uomo contemporaneo di stabilire relazioni durature, la paura dei ragni. Nel mito, creatura a otto zampe metafora di madri e donne: pensate ad Aracne, tramutata in insetto, o a Narciso, ossessionato dall'altro sé stesso riflesso nelle acque del lago. Pensate alla presenza di tre personaggi femminili dall'importanza capillare – l'amante Laurent, la moglie Gadon, la mamma Rossellini – e al “cigno nero” che, nel migliore Aronofsky, in quello stesso lago cambiava il piumaggio. Il tutto, nell'assurdo incubo di essere uguale a Jake Gyllenhaal. (7,5)

Ricki, di giorno cassiera e di notte star su palcoscenici di periferia, non ha più l'età. Per rimediare ai tanti errori, perché non partire dalla famiglia che ha abbandonato? Tra outing, matrimoni e tentati suicidi, cercherà di capire cosa si è persa quando ha dismesso i panni di genitrice. Dove eravamo rimasti è una commedia familiare che, con coerenza, dà il poco che promette. Diablo Cody, che ha perso smalto e irruenza dai tempi di Juno, scrive bene e poco: una trama gradevole e dialoghi convincenti che si concentrano in una prima parte equilibrata per perdersi, poi, in una seconda metà in cui c'è chi, tanto, regge il timone. Se l'ultima mezz'ora scivola a suon di canzoni famose e inerzia, la prima parte – prevedibile, ma non in senso negativo – a sorpresa non è lo show di Meryl, qui scatenata e dalla voce graffiante. Si ha bisogno di lei successivamente, ed ecco che un istrionismo leggendario colma le lacune, ma nelle cene imbarazzanti e nei freddi ritorni all'ovile c'è chi tiene testa a quell'ironico tornado in pantaloni di pelle: Rick Springfield, rocker dal cuore d'oro; l'ex marito Kevin Kline; la figlia Mamie Gummer, a testimoniare che la mela non cade mai lontana dall'albero. Il lavoro di Demme, regista premio Oscar, è nei dettagli; quello della Streep, apparentemente leggera, in quello che non c'è scritto in un copione risicato. Ci si diverte tanto per divertirsi, senza pensare alla stagione dei premi che verrà. E anche quella che per me è la più grande attrice vivente, oggi, può permettersi il privilegio di un'ora d'aria. Per dimostrare che è streepitosa, anche quando riprende fiato. (6,5)

Scrittore, durante una tempesta, investe due fratelli: uno resta ucciso, il maggiore sopravvive. In undici anni riassunti in due ore – uno dice poche, ma pesano – una nuova compagna e la rinnovata ispirazione, l'amicizia con la famiglia della vittima e il percorso verso il perdono. Ritorno alla vita, dramma esistenzialista del Wim Wenders, ha in copertina il nome di un regista di richiamo e un cast che ha subito attirato la mia attenzione. Ambientato in una America luminosa e candida, affronta un tema diffuso e angosciante: neanche il mese scorso, in un paese vicino al mio, è accaduto infatti qualcosa di simile. Un padre di famiglia, di ritorno dal mare, ha ucciso sul colpo una quindicenne che, in quel momento, attraversava la strada per cercare il suo gatto. A casa mia, ci siamo disperati. Nell'ultimo Wenders, il senso di colpa si percepisce ma non trova valvola di sfogo. Dilatato in decenni che mostrano i protagonisti sempre uguali, una peba che va attenuandosi piano. Film raffinato, ma emotivamente costipato, è una parabola discendente di dolore e dolori che non convince quando si parla, soprattutto, di quello vissuto da Tomas – impersonato da un James Franco con un piglio che varia poco, e dal sornione all'annoiato. Apatico anche il resto del cast: una Gainsbourg svuotata, una McAdams che fa da comparsa. Lui scrive e rimugina. Lei disegna a qualche volta piange. Pensierini elementari, per un film essenziale: delicato, con il rischio di essere impalpabile. Si patisce molto la prima ora, che scorre lentissima, ma poi si fa perdonare per il legame sottile tra il protagonista e il bambino, ora adolescente, che riuscì a salvare. Parlando di come uno sfortunato attimo possa stravolgere la vita, il film dura una vita - o così sembra, autoriale e sonnolento - e non resta per più di un attimo. Supportato da un'eleganza che non lascia l'occhio indifferente e attutito dalla neve che cade. (5,5)

Quando il 2015 ha già mostrato quanto sia cattiva l'idea di realizzare sequel senza utilità di film di grande successo, a farmi cambiare idea è l'arrivo del secondo capitolo di un film che, qualche anno fa, non mi era piaciuto. E non perché fosse essenzialmente intrattenimento per signore – il pubblico diviso, la puntuale scusa del “non è per te” vale solo per i film brutti – ma perché Magic Mike, storia di un manipolo di spogliarellisti alla ricerca di un posto nel mondo, diretto da Soderbergh e impreziosito dalla performance di un McConaughey già in odore di Oscar, aveva un'infondata parvenza di autorialità e la scusa del sogno americano. Con la perdita di centralità, spazio allora per una dimensione corale in equilibrio, cameratesca e rilassata, e per sketch su sogni segreti e su quello che le donne, in cuor loro, vorrebbero: si ride di gusto con Manganiello che, mentre i Backstreet Boys cantano in sottofondo, tenta di sedurre la cassiera dell'autogrill o con gli accenni, in pista, alla Vogue di Madonna. Magic Mike perde così per strada un grande coprotagonista, un (quasi) grande regista, ma sorprendentemente ne guadagna di sveltezza, allegria e onestà. Apre le porte a qualche personaggio femminile – la maitresse Jada Pinkett Smith, l'imbarazzata Amber Heard, la casalinga Andie MacDowell – e, coi personaggi in crisi e in procinto di appendere il perizoma al chiodo, ha tutta l'aria di un amichevole viaggio on the road, gaio e mascolino insieme, in cui nobile missione della squadra di Channing Tatum è regalare un sorriso a signore tristi. La trama – gli stripper noti diretti a una convention – è ridotta all'osso, ma ammicca e allude senza pretese. E c'è una specie di poetica in quello che fanno, sapete? Un conto è l'amore, un conto è il sesso: altro paio di maniche l'essere desiderate, coccolate, la vanità risvegliata per un po'. Perciò, mariti indaffarati, non siate gelosi di questa commedia danzereccia, con meno carne in mostra e più coreografie, con meno distrazioni e più voglia di svago. (6,5)

Una giovane donna schiava di un predatore sessuale. Uno scantinato che è la sua prigione da due anni. Non ci è dato sapere come abbia trascorso il tempo all'inferno: Reversal – a ottobre anche al cinema – parte lì dove l'horror trazionale finisce. Nei primi cinque minuti, la protagonista si ribella al suo aguzzino: lo ferisce, ma non scappa. Legandolo con un cappio, si lascerà condurre in una ricerca nel cuore della notte: un radicato senso di colpa la spinge ad agire, e ci sono altre prigioniere che hanno bisogno di lei. Nel film, che parte con un incipit spiazzante e dopo si perde, la bella Eve scoprirà che ci sono vittime e vittime, traffici di donne e che, per ogni guardiano dello zoo, c'è un cacciatore in agguato. Ma gli eterni dubbi legati alle scream queens di ogni dove non solo restano ma si duplicano e, dopo un prologo serissimo, la piega che prende convince e non. Come nell'ultimo dramma dei Dardenne, si procede porta a porta, casa degli orrori per casa degli orrori, in un gioco di ruolo manovrato dall'alto, forzatamente, e con regole nebulose. Neanche l'elaborato montaggio – con filmini delle vacanze mirati a spiegarci l'identità dei personaggi – serve a dare spessore a ciò che l'esiguo minutaggio toglie e a ciò che svolte non condivisibili annullano. Un horror, in cui la ragazza di turno è più forte di cattivi di passaggio, da prendere così com'è. Caratterizzato da una regia curatissima e aiutato dalla buona prova di Tina Ivlev, protatonista “bad ass” con un complesso dell'eroina esagerato, si rifà a un certo cinema degli anni settanta – è, infatti, un “rape e revenge” al contrario e una variante dei funzionali thriller on the road – e diverte un po' nel viaggio, con la durata contenuta, i personaggi tagliati con l'ascia, promettenti sequenze d'apertura destinate a non avere sbocco. (5,5)

Sul finire di Il discorso del re, Giorgio VI sconfiggeva balbuzie e pregiudizi, diventando idolo di un popolo inglese pronto a combattere. Con un salto nel tempo, la guerra è finita. In strada, si è pronti a festeggiare calorosamente e, nei pub, tutti aspettano un nuovo discorso: cosa avrà da dire questa volta il re che, nel frattempo, è diventato padre di due figlie adolescenti che strepitano per unirsi ai cortei? A Royal Night Out parla della notte più avventurosa ed eccitante nella vita di Elisabetta e Margaret: la prima, sovrana longeva e fortunata, al tempo assennata e timida, trascorrerà le ore lontane dal Palazzo aggrappata al braccio di un romantico disertore; la seconda, sciocca e infantile, si metterà spesso nei pasticci, tra bordelli e bevute. Mentre Hooper cede metaforicamente il testimone al valido Julian Jarrold, con le attenzioni di turno che passano dai genitori alle figlie, mamma e papà diventano Emily Watson e Rupert Everett. La maggiore delle loro eredi, invece, un'adorabile Sarah Gadon: e quanto è bella la musa di Cronenberg in una commedia retrò a ritmo di charleston, con il caschetto castano? Merito di una sceneggiatura vivace tra verità e invenzione, d'altronde in perfetto stile british, e di una confezione meno patinata che nei tradizionali mondi BBC. Diverte, a tratti, con i guai e gli imprevisti di una notte in assoluta libertà, e poi intenerisce con la storia della futura regina e del soldato di belle speranze destinata, forse, a finire all'alba, proprio come piace a noi. Era il 1945 e, durante l'ultima puntata di Miss Italia, qualcuno avrebbe potuto suggerire questa data all'imbarazzata - e imbarazzante - Alice Sabatini: era così forte la gioia, infatti, dopo anni di dolore. Erano così emozionanti e belli i giovani in festa, con i sorrisi amplificati dopo i troppi dolori. (7)

32 commenti:

  1. Allora, Enemy dopo Sicario mi interessa perché voglio recuperare Villeneuve in ogni sua forma. Dove eravamo rimasti perché ho bisogno di un po' di leggerezza..di Reversal ho visto il trailer e boh??I manzi di Magic Mike forse no, tanto era già brutto il primo....

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anche secondo me il primo era brutto, ma questo qui mi ha piacevolmente sorpreso, nel suo piccolo. Almeno è così com'è: elementare, ma divertente. L'altro... lasciamo perdere. Una visione di Reversal ci può stare - dura pochissimo - e Enemy, assolutamente, recuperalo. Poi (s)parliamo del finale. ;)

      Elimina
  2. Devo ancora vedere "Prisoners", pensa tu... visto che sto smaniando per "Sicario", immagino che farei bene a recuperare questo "Enemy", non fosse altro che per consolarmi del fatto che la programmazione nelle sale della mia zona fa abbastanza compassione! ç___ç
    Il film con la Streep sembra divertente, bizzarro... appena posso, lo guardo! :D
    "Ritorno alla vita" ha un'aria un po' noiosa (oddio, spero di sbagliarmi!) e "Reversal" non lo guarderei manco per tutto l'oro del mondo! XD

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, l'ultimo Wender, ahimé, è tanto noioso e per Reversal... Hai visto e commentato di peggio: una visione a tempo perso può starci. La protagonista è tosta, nonostante le svolte scemette. ;)

      Elimina
  3. "Dove eravamo rimasti" lo voglio recuperare perché Meryl è sempre in parte, qualunque ruolo interpreti, e ho assolutamente adorato la sua versione canterina in "Mamma Mia!".
    "A Royal Night Out" m'ispira ma non troppo, quindi lo segno per un altro momento.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. A Royal Night Out sono certo ti piacerebbe.
      Se fosse un romanzo, sarebbe senz'altro del catalogo Neri Pozza/Beat. ;)

      Elimina
    2. Buona (eventuale) visione. :)

      Elimina
  4. Enemy per me tra i migliori film dell'anno passato, bellissima recensione e immagino difficilissima da compattare... guai a nominare i Dardenne parlando di Reversal, al massimo in questo b movie c'è il "porta a porta" come la raccolata differenziata :-)

    RispondiElimina
  5. Reversal mi ispira. attenderò l'uscita al cinema, altrimenti toccherà essere creativa come al solito XD

    RispondiElimina
  6. A me Enemy aveva molto deluso, l'unico tra i titoli di Villeneuve.
    Per il resto, siamo d'accordo su XXL.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E' il secondo che guardo, James, ed è stata una bella visione.
      Anche so che il migliore resta La donna che canta, che ho in rampa di lancio.

      Elimina
  7. Reversal lo commenterò presto anche io... comunque concordo in pieno con te ;-)
    Veramente una cosina di poco conto, meglio "Enemy" la scena finale mi ha lasciato con la sensazione di zampette che mi "camminano addosso" per un paio di ore ;-) Cheers!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Passerò a leggere il tuo post su Reversal.
      Sì, con Enemy stessa sensazione. Brrr... ;)

      Elimina
  8. Credo che recupererò solo A Royal Night Out: gli altri mi ispirano poco o niente :P

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non ti perdono solo per Enemy. E fatti ispirare. :-D

      Elimina
  9. Immaginavo che Reverse potesse essere proprio una di quelle opere che parte bene spiazzandoti (perché capovolge -nomen omen- il cliché) ma poi si perde un po'... peccato.

    Moz-

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Peccato sì, Moz.
      Se non l'hai visto, ti consiglio intanto Chained. 2012.
      Merita, secondo me. ;)

      Elimina
  10. Di Enemy già sai!

    Con Reversal sei stato troppo buono. Io l'ho trovato un horror stupido e fastidioso come pochi...

    Wim Wenders, se Rachel McAdams fa solo da comparsa, me lo posso anche risparmiare, mentre Dove eravamo rimasti me lo recupererò, nonostante l'odiosa prima della classe Meryl Streep. Ma come fa a piacerti? :)

    Magic Mike XXL simpatico, però il primo checché tu ne dica resta superiore. ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi piace perché è bravissima. E, da una prima della classe come lei, io compagno di banco, copiere a manetta. :-D
      Magic Mike mica (anzi, mika) era superiore: solo noioso a morte, ahahah!

      Elimina
  11. La tua interpretazione di Enemy (sotto il mio post) fu molto Se mi lasci ti cancello, ancora non son convinto al 100% della soluzione finale, è un film da studiare all'università :P

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma, secondo me, interpretazione finale non c'è.
      Per me, è tutta una grande metafora. L'uomo succube di sé stesso e della donna ragno, soprattutto. :-D

      Elimina
  12. Enemy devo proprio rivederlo, soprattutto dopo aver tormentato anche il povero giovine ignaro su quel finale!
    Su Wenders già sai, e ci troviamo perfettamente d'accordo, il resto mi ispira poco o nulla, Streep compresa anche se sarà nominata per la millesima volta toccherà recuperarla!
    Alla regina però mi sa che cedo, con i film inglesi in costume vado sempre a braccetto :)

    RispondiElimina
  13. Enemy dovrebbe essere nelle mie corde!
    Una possibilità alla Streep è giusto concederla sempre, mentre Magic Mike dopo aver visto il primo ho paurissima, mi sa che passo! :D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Comprensibile, ma per me è meglio del primo.
      Oddio, ci voleva poco, eh. ;)

      Elimina
  14. come sempre Maryl Streep, nonostante la presenza obsoleta della figliola, ed la sceneggiatura da zero a zero, è luminosa.
    il film sugli spogliarellisti, è decisamente migliore in questo suo secondo capitolo.

    RispondiElimina
  15. A me sono piaciuti entrambi i Mike :3 be', ovviamente non è il capolavoro dell'anno, però sa intrattenere. In questo secondo capito ho apprezzato il fatto che abbiano dato spazio alle varie passioni dei personaggi, come nelle performance finali, anche se a mio parere l'unica che si salva è quella di Tatum (altro motivo per il quale mi è piaciuto! Sono una fan di step up :3).

    RispondiElimina