mercoledì 28 ottobre 2015

Mr. Ciak - Speciale Halloween: Crimson Peak, The Final Girls, Chained, Curve, Tales of Halloween

Da Guillermo Del Toro, mi aspettavo qualcosa come Crimson Peak – elegante, simmetrico, gotico – sin dagli inizi della sua carriera. Quando vedevo Burton perdersi e Del Toro – poi passato alla graphic novel: un cambio di rotta che ho seguito, ma senza entusiasmi – primeggiare, in storie tutte ricami, ombre e splendori. Il ritorno al genere di appartenenza, con un horror finalmente – e finemente - tradizionale, omaggio ai romanzi d'appendice. La storia di Edith, giovane scrittrice, che sposando un uomo venuto da lontano sposa anche sua sorella e, di conseguenza, i loro misteri. E, sullo sfondo, c'è una magione in decadenza che trattiene entità malinconiche e custodisce gelosamente ogni segreto. Crimson Peak è per spettatori come me. Quelli che sono in pace con il mondo, con un castello a pezzi, gli scricchiolii e le nebbie ovunque, una Jessica Chastain al giorno – qui superba, accanto a una Wasikowska a proprio agio con le eroine romantiche e a un Hiddleston non abbastanza carismatico - che toglie la concorrenza di torno. Non è deludente, ma conforme alle aspettative: le mie, nonostante un'attesa di mesi e mesi, non tra le più elevate. Fantasticavo su un lato scenografico mozzafiato – e che aggettivo vago e spiccio che è, mozzafiato, ma davanti ai merletti di ragnatele, i buchi nel soffitto che accolgono i tasselli della natura che si spoglia e si riveste, le strutture affilate alla Dalì, i broccati raffinati e la neve macchiata dal cremisi dell'argilla è davvero impossibile non entrare in una fase di muta contemplazione estetica – e mi figuravo ritagli, originali ma non troppo, ma senz'altro bene assemblati, di articoli su crimini di sangue e collage di capolavori, a cura di uno che ama le notti buie e tempestorse e la magnificenza del decadente. La questione non è la paura, bensì il potere della suggestione; non è un horror tutto fremiti, questo, ma un prodotto romantico nel senso autentico del termine – eros e thanatos, le bizze di una natura indomabile, il sublime. E, a volte, si va al cinema semplicemente per restare con il naso all'insù, incantati. Ho avuto perciò quel che desideravano gli occhi – visivamente, è infatti tra le pellicole più affascinanti dell'anno – e un intreccio sobrio, equilibrato, che non commette passi falsi e, per il reverenziale ispirarsi a un canone classico, non rischia. Il difetto è che è un po' come lo immagini, ma poco importa: perché ci sono cose oggettive, e il bello è bello. Si gioca a carte scoperte sin dall'inizio – si conoscono i buoni e i cattivi, ma al quadro globale mancano ancora le motivazioni e la comparsa di spettri mostruosi, nonché di colpi di scena sparsi qui e lì – e, in un lungometraggio che ricerca i fasti di una volta, la dimensione eterea della fiaba nera, non è importante la novità che una scrittura meno citazionistica – o un altro twist – avrebbe forse conferito al racconto: alla fine, una Jane Eyre andata in sposa al consorte di Rebecca, tra le Cime Tempestose della brughiera britannica e i Giri di vite di una casa che vibra. Tutt'intorno aggiungete, con una pennellata a fantasia, il rosso – e in un epilogo cruento non si capirà se, a macchiare il bianco, sia poi l'argilla o il tanto sangue versato – e l'ululato del vento. Un sogno – o un bell'incubo? - che avrebbe potuto avere diritto a un architetto migliore. Ma, comunque, un sogno. (7)

L'horror è un genere che richiede viva partecipazione. Visione casalinghe con amici, ed ecco che partono – dal divano – coretti da stadio e reazioni a catena. Guardare un horror, infatti, è un po' come assistere a una partita della nazionale. Immancabili le imprecazioni, i consigli, gli insulti: il chiedersi, per tutto il tempo, io al posto loro cosa farei. Sicuramene, non commetterei gli stessi sbagli; sarei più sveglio; correrei più in fretta. Sogno di ogni amante del genere horror è farne parte almeno per un po'. Ipotesi surreale, ma estremamente divertente: catapultato nel bel mezzo dell'azione, in uno slasher vecchio stile, cosa combineresti? Qualcosa di simile capita a Max, figlia d'arte che, durante una proiezione in memoria della madre defunta - attrice amatissima che non ha mai sfondato –, finisce risucchiata nel lungometraggio che ha segnato, e bloccato, la carriera della genitrice. Sullo sfondo di un coloratissimo campeggio estivo, campo di battaglia di un serial killer che sembra il gemello di Venerdì 13, s'incrociano così generazioni distanti e spassosi cliché che, negli anni ottanta come nei duemila, puntualmente si ripetono: ricordiamo la bella (ma non per questo crudele) Nina Dobrev, l'adone (ma non per questo stupido) Alexander Ludwig, la dimessa (ma non per questo sprovveduta) Taissa Farmiga, insieme a una splendida Malin Akerman – mamma sprint a cui dire addio di nuovo, in un Ricomincio da capo da brivido – che, come il suo personaggio, ha vissuto di serial troncati e occasioni sprecate. Rapporti credibili e toccanti, omicidi non troppo crudi, battute fulminanti e citazioni sparse a piene mani conducono lo spettatore – nostalgico, e perciò conquistato – verso un epico finale, che necessita di un sequel a portata di mano. The Final Girls è a metà strada tra la parodia e l'omaggio: commedia horror semiseria, in cui niente è lasciato al caso – anche l'attorniarsi di attori del piccolo schermo, imprigionati in luoghi comuni da sventare – e il leitmotiv di Bette Davis Eyes conduce lontanissimo, nei mondi vintage e un po' kitsch riscoperti da poco dalla televisione – state seguendo Red Oaks? - e in un intelligente gioco di metacinema che non ci godevamo, forse, da Quella casa nel bosco. Qualche angelo dotato di abbondante autoironia, lassù, se ne procuri una copia per il Wes Craven che ancora ci manca: lo adorerebbe. (7,5)

In un pomeriggio come tanti, Sarah e suo figlio, per viziarsi, decidono di prendere un taxi anziché il solito autobus. Ma, come dice un vecchio proverbio, chi lascia la strada vecchia per la nuova sa cosa lascia e non sa cosa trova. Bob, l'appesantito e anonimo tassista che dovrebbe portarli a casa in un lampo, è infatti un serial killer. Nella sua carriera di assassino, in quella vita modesta in periferia a cui solo l'omicidio ha dato un brivido in più, ha collezionato donne e donne. I loro corpi straziati, sepolti nello scantinato. Quello è il destino della giovane madre che vediamo nelle sequenze d'apertura – una Julia Ormond di passaggio – e che diventerà l'ennesimo ritaglio di giornale nel sempre più nutrito museo del tassista omicida. Chained è la storia di quel bambino incatenato al pavimento, poi adolescente, e dello squilibrato che lo renderà suo personale schiavo, nonché figlio adottivo. Il thriller di Jennifer Lynch – degna figlia di papà David -, uscito ormai quattro anni fa e da poco reperibile in versione homevideo, è un prodotto nudo e crudo. Una quotidiana storia di ordinario orrore che spicca per una regia personale e ambienti chiusi, che lo rendono angoscioso e verisimile. Il tutto, grazie a una sceneggiatura poco innovativa ma che ha infinita cura del vissuto dei suoi personaggi e a due protagonisti che, per tutto il tempo, reggono abilmente il gioco. Eamon Farren, giovane scheletrico e pallido; un inquietante Vincent D'Onofrio – al contrario, sovrappeso e paonazzo – che è un antagonista che si ricorda volentieri per il lavoro minuzioso di un caratterista che quest'anno, sotto l'occhio vigile della Netflix, già è stato un esemplare Kingpin. Girato quasi interamente in interni ristretti, a tratti sembra un realistico dramma a cui manca soltano il consueto tratto da una storia vera. Tant'è vero che lo spiazzante colpo di scena che arriva sul finale – imprevisto, ma superfluo – sembra di troppo: d'effetto, al contrario, i passi attutiti e i rumori che si avvertono mentre lo schermo si fa buio e i titoli di coda, dopo un'ora e trenta, calano insieme al sipario. A una saracinesca che, come in Saw, ci intrappola in preda dei nostri demoni. Allora, peggio la compagnia di un mostro o quella della solitudine? (7)

Mellie sta per sposarsi. Viaggia in auto, con l'abito bianco nel bagagliaio, in compagnia di una compilation di vecchi successi degli anni ottanta e di qualche ripensamento. Finché, come da copione, non è costretta a fermarsi nel deserto. In suo aiuto, un passante che le strappa anche un passaggio. Ma Christian, e nel copione c'è anche quello, è un predatore sessuale che ha già mietuto vittime. Per liberarsi di lui, la protagonista imbocca una brusca curva, finendo fuori strada. L'auto capovolta e lui a piede libero; lei, al contrario, è lì con un arto bloccato. Contro la fame e la sete, i roditori e una minacciosa allerta meteo. Il suo aguzzino che va e che viene, guardandola contorcersi. A favore di Curve, il fatto che non sia l'ennesimo The Hitcher. La sfida della protagonista – a lungo sola – ricorda più 127 ore, con un pizzico vago di L'enigmista. La disavventura di una ragazza in difficoltà, in balìa prima della natura e poi della violenza degli uomini, si rivela così un survival  non male, che non brillerà per originalità e non sarà ricordato a lungo, ma scorre. Distribuito dalla Universal e pensato per il noleggio, Curve è stato un passatempo inaspettatamente valido, in una domenica pomeriggio in cui cercavo un thriller leggero per riempire il tempo e, se possibile, questo post qui. L'ultimo film di Iain Softley – e il regista di Skeleton Key non è il primo venuto - arriva da noi per vie traverse e si rivela più piacevole del previsto. Ben diretto, con una tensione che perdura e due soli attori a reggere il tutto: la carinissima Julianne Hough, qui anche molto convincente – le curve del titolo chissà che non si riferiscano proprio alle sue –, e un Teddy Sears sornione e luciferino. (6)

Una baby sitter paga care le prepotenze verso il piccolo di casa; un vecchio diavolo e un bambino, suo allievo, vanno in giro a fare danni; una manciata di amici di mezza età sono terrorizzati da un gruppo di bambini in cerca di vendetta; l'evocazione di un demone, in soccorso a un ragazzo oggetto di bullismo; una ragazza seguita a casa da uno spirito malevolo; due coniugi con il desiderio insano di un erede; una guerra tra vicini per le decorazioni migliori; Jason contro un extraterrestre; rapitori senza scrupoli che rapiscono il bambino sbagliato; una zucca assassina che fa stragi. Dieci registi, dieci storie, dieci scuse per andare a dormire più tardi – e magari con la luce accesa. Tales of Halloween, film a episodi capace di una sua linearità e di una lodevole dose di brillante ironia, è di un genere – come vi hanno rivelato i miei dubbi verso l'acclamato Storie Pazzesche – che non tollero. Ma perfino il me che evita i racconti, le antologie di genere, non ha potuto che apprezzare. Questa volta, con poche riserve e tante risate. Il film ha qualche nome promettente alla regia – Bousman, McKee, Marshall -, qualche volto noto a bordo – ad esempio, occhio ai cameo di Landis e Dante -, qualche episodio degno di nota – su tutti, gli efficaci Trick e Ding Dong. Ora i bagni di sangue, ora l'umorismo nero; ora una beffarda morale, ora la scusa da poco per una mattanza gratuita. I toni sono leggeri, gli stili vari e il tempo vola. I vicini mascherati schiamazzano, le nebbie si sollevano e i bambini – sempre vessati da adulti immorali, dispettosi – si divertono ad affilare i coltelli. Loro, anche più dei grandi, adorerebbero lo spirito di Tales of Halloween: quasi natalizio, con le case addobbate, i caminetti accesi, il divertito gioco di causa-effetto (tu fai qualcosa di sbagliato, loro ti puniscono) come in Mamma ho perso l'aereo e company. Il senso del contrario e del proibito. Un dolcetto con trappola; uno scherzetto simpatico, alla giusta distanza dal trash. (6+)

25 commenti:

  1. Crimson Peak visto ieri e concordo con te su tutto tranne che sulle aspettative perché le mie, a livello di trama, erano più alte; visivamente parlando invece, per costumi, scenografia e quell'omaggio a Jane Eyre nella dichiarazione, ha mantenuto le premesse poste da una campagna pubblicitaria condotta ad arte e lo vedrei candidato agli Oscar nelle categorie apposite.
    Che delicatezza sul finale. E nonostante tutto, per me, resta un nì.

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    1. Insieme al Cenerentola di Branagh, probabilmente, tra i film più curati dell'anno.
      Per me un sì, nonostante tutto.

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  2. Su Crimson Peak ho ridimensionato le aspettative: me lo immaginavo sullo stile di The Orphanage o La spina del diavolo, ma poi ho letto che è - appunto - una storia d'amore gotica.
    Degli atri ho in lista Final Girls e Chained :D

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    1. Sì, per definizione stessa di Del Toro, è un paranormal romance o qualcosa del genere. Comunque è poco stucchevole - le scene romantiche, ad esempio un valzer tra lei e lui, sono ugualmente impeccabili - e il sangue, sul finale, abbonda. Un buonissimo compromesso.

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  3. Ho trovato Crimson Peak bellissimo..sarà che io, invece, di aspettative non ne avevo tantissime. Bello nella forma, bello il cast, bello il finale... Gli altri ho in lista Final Girls e Tales of Halloween

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    1. Io lo aspettavo da una vita, letteralmente, ma non ne sono rimasto deluso.
      Del Toro resta uno dei pochi per cui vale la pena pagare a prezzo pieno il biglietto, questo è poco ma sicuro.

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  4. Dovevo andare domani a vedere Crimson Peak, ma per colpa di un esame devo rimandare alla settimana prossima. Il trailer è inquietante e intrigante in giusta misura. Mi è piaciuto come sei riuscito a descriverlo. Buone prossime visioni ;)

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    1. Grazie! Un secondo appuntamento coi film di Halloween è già in programma...

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  5. Non ne ho visto neanche uno ma segno volentieri i primi tre che mi sembrano parecchio interessanti. Derò la precedenza a Del Toro perché sono parecchio curioso. ;)

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    1. A Del Toro nessuno è mai indifferente.
      Anche se i suoi robottoni - come tutti gli altri robottoni, d'altronde - non mi sono andati granché giù. :)

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  6. Non vedo l'ora di vedere Crimson Peak *^* lo aspetto da millanta mesi è.è spero di riuscire ad andarci questa settimana :D le tue belle parole hanno aumentato le mie aspettative!

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    1. Vai con aspettative contenute, ma ben riposte, Denise, e vedrai che è una favola di immenso fascino.

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  7. wow, che edizione!, anche io ho in lista c. Peak, Curve... per Tale of Hallowen sono completamente d'accordo...

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    1. E non è finita qui. :-D
      Crimson Peak merita una "gita" al cinema. Curve onesto, non male.

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  8. Per me, omaggiando gli slasher del passato, gli mancavano giusto un po' di sesso e sangue aggiunto. Ma, per il resto, rivelazione!

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  9. The Final Girls è già cult!
    La serie Red Oaks ho cominciato a vederla. Per ora benino, però mi aspetto possa crescere...

    Gli altri film non mi ispirano molto, sarà che non sono ancora entrato nello spirito di Halloween...

    Per Guillermo Del Toro, un Tim Burton di serie B o anche C, credo di provare quello che tu provi per Wes Anderson e i suoi colori pastello, ma potrei dargli una possibilità per Jessica Chastain... :)

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    1. Ma vuoi mettere il caro vecchio black is the new black contro quei colori da torta avariata di Anderson? Ma daaai. ;)
      La Chastain, comunque, merita sempre. Anche bruna.
      E' la migliore dei tre, prevedibilmente.

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  10. Oh Crisom Peak *-* Peccato nessuno voglia accompagnarmi a vederlo -.-

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    1. Il cinema solitario, durante qualche proiezione particolarmente pallosa, l'ho sperimentato e non è male. Questa volta, sono stato sfortunato: ero solo, ma ho trascinato una mia compagna di corso, Alessandra, che mi ha odiato - non sapeva cosa andassimo a vedere - ma non troppo. ;)

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  11. Crimson Peak me lo vedrò nel weekend mentre Final Girls é arrivato anche ai miei radar poco orrorifici!
    Strano ma, anche la Lynch junior e la ragazza sposa nel deserto un po' mi intrigano.... Cosa mi sta succedendo?!?

    Ps: Il wi-fi materno é stato una scheggia, Spring appena visto e più che un horror lo definirei una rom con decisamente atipica! Grazie per l'ennesima dritta ;)

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    1. Sotto Halloween, accadono trasformazioni di blogger, evidentemente!
      Ah, felice del recupero. Sì, di horror c'è poco, ma la parte romcom è davvero convincente. Poi che bello il finale!

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  12. Ehi, io "mozzafiato" lo uso spesso. :-D
    Di questo blocco ho visto solo il Del Toro e come te non ne sono rimasta delusa. Era ciò che mi aspettavo e ciò che volevo.
    Mi intriga parecchio Curve, spero di riuscire a beccarlo.

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    1. Curve si trova facilmente, e anche doppiato.
      Del Toro ci mette d'accordo, ovviamente, e un "mozzafiato" se lo merita tutto.
      Però, se ci legge la mia prof d'italiano del liceo, ci ammazza ;)

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  13. Crimson Peak ancora non sono riuscito ad andare a vederlo e la cosa mi dispiace in realtà... The Final Girls magnifico, un omaggio intelligentissimo allo slasher anni '80 e anche molto divertente tra l'altro. Chained l'ho visto qualche anno fa e l'ho detestato con tutto me stesso...

    Curve e Tales of Halloween mi incuriosivano un pochino, ma non abbastanza...

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    1. Chained si odia, ma nel mio caso in senso buono.
      Cattivissimo.

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