Siamo
navi inaffondabili. Poi ci succedono delle cose. E lo scafo comincia a creparsi. Ma una volta che lo
scafo va in pezzi, la luce entra ed esce, ed è solo in quei momenti
che vediamo fuori di noi dalle nostre
fessure e dentro gli altri attraverso le loro.
Titolo:
Città di carta
Autore:
John Green
Editore:
Rizzoli
Numero
di pagine: 396
Prezzo:
€ 14,00
Sinossi:
Quentin
Jacobsen è sempre stato innamorato di Margo Roth Spiegelman, fin da
quando, da bambini, hanno condiviso un'inquietante scoperta. Con il
passare degli anni il loro legame speciale sembrava essersi spezzato,
ma alla vigilia del diploma Margo appare all'improvviso alla finestra
di Quentin e lo trascina in piena notte in un'avventura
indimenticabile. Forse le cose possono cambiare, forse tra di loro
tutto ricomincerà. E invece no. La mattina dopo Margo scompare
misteriosamente. Tutti credono che si tratti di un altro dei suoi
colpi di testa, di uno dei suoi viaggi on the road che l'hanno resa
leggendaria a scuola. Ma questa volta è diverso. Questa fuga da
Orlando, la sua città di carta, dopo che tutti i fili dentro di lei
si sono spezzati, potrebbe essere l'ultima.
La recensione
Mercoledì
notte. Giovedì mattina.
Quello che è. Notte comunque. Notte fonda.
Oggi è già domani e tira un ventaccio della malora. Meglio, ché domani devo studiare e spero venga a piovere. Il brutto tempo ispira. Sono tornato a casa prima del previsto. Ho inventato una balla – «mi tocca svegliarmi presto per studiare», il che non è mica tanto balla – e, il tempo di smaltire una pizza di compensato e mozzarella, ero nella mia tenuta da casa. Mutande ed infradito. I miei guardano la partita alla tivù e, di sfuggita, mi chiedono se mi sono divertito, con chi ero, perché sono tornato presto. Risposta: sì, i soliti, perché sono un po' stanco. Tutto vero. E quei “soliti” sono andato a prelevarli a casa in macchina: scarrozzare in giro i miei amici mi fa sentire importante. Un taxista con l'auto piena di chiacchiere, il serbatoio vuoto, la radio che salta da una stazione all'altra, con i passeggeri dell'Alfa Romeo grigio metallizzato di papà che si contendono la rotellina dello stereo e vanno in cerca di canzoni da cantare. Ma questa è un'altra storia, oppure no. Io non li aspetto però al ritorno e scappo via. La minaccia di una successiva mattinata di ripasso mette a tacere gli scongiuri. Devo ripassare. Anzi, devo proprio studiare. Memorizzare le cose. Però torno per Città di carta, soprattutto. Devo leggere quelle altre ottanta pagine, per sapere come va a finire e per svegliarmi senza Quentin e Margo, nel mio ennesimo giorno, e senza il bisogno naturale di aprire il libro e vedere che fanno, lì dentro, nelle loro vite spiegazzate. Arriva il momento di chiuderlo. E, tu lettore, sei contentissimo e tristissimo. Mi chiedo adesso che faccio. Vado a dormire? E dopo che leggo? Il passato remoto mi piace, fa tanto film. Usiamolo. Durò due giorni e fu amore infinito. Con il serbatoio sempre pieno e il caffè forte, l'ultima storia di John Green letta seppe rendermi schifosamente felice. Questo è il John Green che mi piace. Il-John-Green-di-Cercando-Alaska-non-quello-di-Tfios. L'autore nerd-avoloso (suo il neologismo) che mi piace senza bambini col cancro e pianti a fiumi. L'architetto di una città di carta: il fotografo di un'età di carta. Legge i diciassette anni come una mappa geografica, lui, insieme al suo protagonista. I post-it ovunque, le puntine da disegno che fanno buchi nel muro, una caccia al tesoro piena di grassocci punti di domanda e dilemmi esistenziali. Cerca Margo, come cercò Alaska nel suo folgorante esordio, e nella ricerca trova sé stesso. Mentre cerca di capirla, capisce chi è Q. Io avevo una questione in sospeso con John Green chiamata Colpa delle stelle. Mi aveva lasciato di sasso, e se mi aveva colpito, non l'aveva fatto come avrei voluto. L'ho letto due anni fa e lo ricordo – come potrei dimenticarlo? - con freddezza. Mi aveva congelato. Non avevo trovato, tra le pagine, l'autore che avrei voluto come ennesimo padre putativo. Avevo mandato quasi indietro le carte per l'adozione... Ho fatto pace con l'autore quando i suoi vecchi libri, introvabili e cari, sono riusciti in commercio. Sempre cari, solo più... trovabili. Non avrei dovuto iniziare Città di carta. Sapevo che, per giorni e giorni, non avrei avuto occhi che per lui. Ho rubacchiato ore di lettura tra una tragedia shakespeariana e l'altra e, mentre Re Lear vedeva il suo regno venire smembrato, Giulio Cesare appariva sottoforma di fantasma al suo aguzzino, Lady Macbeth ordiva trame inquietanti e dal fascino infernale, ho conosciuto Quentin e la sua vicina di casa, Margo Roth Spiegelman. Bambini alle prese con la prematura scoperta dell'odore della morte, a dieci anni, sotto un albero del parco, e adolescenti nel capitolo dopo. Diciottenni a un passo dal diploma legati da tanto e divisi da troppo. La bambina che per Quentin era una bellissima rompiscatole e rimasta uguale: bellissima e rompiscatole. Il bambino che per Margo era un eroe senza macchia è cambiato in peggio: spigoloso, pigro, schivo, pauroso. Si presenta alla sua finestra coi cani che abbaiano e maggio che inizia a profumare: ha almeno undici problemi da risolvere e Quentin ha un bell'ingegno, una finestra sempre aperta, una bagagliaio capiente.
Quello che è. Notte comunque. Notte fonda.
Oggi è già domani e tira un ventaccio della malora. Meglio, ché domani devo studiare e spero venga a piovere. Il brutto tempo ispira. Sono tornato a casa prima del previsto. Ho inventato una balla – «mi tocca svegliarmi presto per studiare», il che non è mica tanto balla – e, il tempo di smaltire una pizza di compensato e mozzarella, ero nella mia tenuta da casa. Mutande ed infradito. I miei guardano la partita alla tivù e, di sfuggita, mi chiedono se mi sono divertito, con chi ero, perché sono tornato presto. Risposta: sì, i soliti, perché sono un po' stanco. Tutto vero. E quei “soliti” sono andato a prelevarli a casa in macchina: scarrozzare in giro i miei amici mi fa sentire importante. Un taxista con l'auto piena di chiacchiere, il serbatoio vuoto, la radio che salta da una stazione all'altra, con i passeggeri dell'Alfa Romeo grigio metallizzato di papà che si contendono la rotellina dello stereo e vanno in cerca di canzoni da cantare. Ma questa è un'altra storia, oppure no. Io non li aspetto però al ritorno e scappo via. La minaccia di una successiva mattinata di ripasso mette a tacere gli scongiuri. Devo ripassare. Anzi, devo proprio studiare. Memorizzare le cose. Però torno per Città di carta, soprattutto. Devo leggere quelle altre ottanta pagine, per sapere come va a finire e per svegliarmi senza Quentin e Margo, nel mio ennesimo giorno, e senza il bisogno naturale di aprire il libro e vedere che fanno, lì dentro, nelle loro vite spiegazzate. Arriva il momento di chiuderlo. E, tu lettore, sei contentissimo e tristissimo. Mi chiedo adesso che faccio. Vado a dormire? E dopo che leggo? Il passato remoto mi piace, fa tanto film. Usiamolo. Durò due giorni e fu amore infinito. Con il serbatoio sempre pieno e il caffè forte, l'ultima storia di John Green letta seppe rendermi schifosamente felice. Questo è il John Green che mi piace. Il-John-Green-di-Cercando-Alaska-non-quello-di-Tfios. L'autore nerd-avoloso (suo il neologismo) che mi piace senza bambini col cancro e pianti a fiumi. L'architetto di una città di carta: il fotografo di un'età di carta. Legge i diciassette anni come una mappa geografica, lui, insieme al suo protagonista. I post-it ovunque, le puntine da disegno che fanno buchi nel muro, una caccia al tesoro piena di grassocci punti di domanda e dilemmi esistenziali. Cerca Margo, come cercò Alaska nel suo folgorante esordio, e nella ricerca trova sé stesso. Mentre cerca di capirla, capisce chi è Q. Io avevo una questione in sospeso con John Green chiamata Colpa delle stelle. Mi aveva lasciato di sasso, e se mi aveva colpito, non l'aveva fatto come avrei voluto. L'ho letto due anni fa e lo ricordo – come potrei dimenticarlo? - con freddezza. Mi aveva congelato. Non avevo trovato, tra le pagine, l'autore che avrei voluto come ennesimo padre putativo. Avevo mandato quasi indietro le carte per l'adozione... Ho fatto pace con l'autore quando i suoi vecchi libri, introvabili e cari, sono riusciti in commercio. Sempre cari, solo più... trovabili. Non avrei dovuto iniziare Città di carta. Sapevo che, per giorni e giorni, non avrei avuto occhi che per lui. Ho rubacchiato ore di lettura tra una tragedia shakespeariana e l'altra e, mentre Re Lear vedeva il suo regno venire smembrato, Giulio Cesare appariva sottoforma di fantasma al suo aguzzino, Lady Macbeth ordiva trame inquietanti e dal fascino infernale, ho conosciuto Quentin e la sua vicina di casa, Margo Roth Spiegelman. Bambini alle prese con la prematura scoperta dell'odore della morte, a dieci anni, sotto un albero del parco, e adolescenti nel capitolo dopo. Diciottenni a un passo dal diploma legati da tanto e divisi da troppo. La bambina che per Quentin era una bellissima rompiscatole e rimasta uguale: bellissima e rompiscatole. Il bambino che per Margo era un eroe senza macchia è cambiato in peggio: spigoloso, pigro, schivo, pauroso. Si presenta alla sua finestra coi cani che abbaiano e maggio che inizia a profumare: ha almeno undici problemi da risolvere e Quentin ha un bell'ingegno, una finestra sempre aperta, una bagagliaio capiente.
L'alterego
dell'autore chiama la sua nemesi con la frangia scura e gli occhi blu
sempre allo stesso modo: nome, secondo nome, cognome. Adora gli
avverbi interminabili, i trattini, le liste a più voci, i discorsi
urlati a lettere maiuscole, e ama lei da quando ha memoria. Quella
Margo che è come l'erba in una poesia di Whitman su cui, nel
tentativo di decifrare il suo mistero, si addormenta in sonnolente
notti insonni. Margo è un palloncino rosso che si stacca per
sua precisa volontà dalle mani dei padroncini e vola. Il filo in lei si è rotto. Cugina di una Alaska che non conoscerà
mai, Margo è un pubblico sogno erotico che si ritocca il trucco in
uno di quei camerini di Broadway, con gli specchi che hanno un
perimetro luminoso tracciato da lampadine accese. Vive della luce dei
riflettori, ma quando si spengono nessuno sa cosa succede a quella
ragazza dalla malinconia esuberante e dalle storie rocambolesche che
porta con sé un taccuino nero su cui annota mete. Appare
scostante, antipatica, imprevedibile. Ma scappa e lascia indizi,
anche inconsapevolmente. Inconsciamente. Come chi, dopo un omicidio,
si smaschera con le proprie mani e lascia che la polizia lo bracchi. Ci penso anch'io, a volte. Non lo facciamo tutti? Non
ci chiediamo, quando ci sentiamo troppo amati o troppi ignorati, Ma
sei io scappo chi proverà a prendermi?
La loro storia di (non) amore è un'avventura on the road, in
un'America di quartieri incompiuti, paeselli fantasma, cantieri a cielo
aperto e tuguri bucherellati che diventano suggestive sale d'aspetto.
Aspettare, come metafora dell'adolescenza. La patente, la fila alle poste, l'appello agli esami, il tuo fatidico turno alla maturità. O forse no. Cattiva
interpretazione. Forse Città di carta è
solo una storia meravigliosamente scritta che parla di sbronze
colossali, spade di birra, feste magistrali, irripetibili prime
volte, ossessioni al gusto di zucchero e veleno, amicizie che sono
fughe che non fai mai da solo. In un Minivan di seconda mano - verso
l'infinito e oltre – il nostro Quentin, 212 birre, qualche tampax,
una barretta ipercalorica mezza mangiata, migliaia di chilometri da
percorrere in un giorno, passeggeri che danno, ogni tanto, il cambio
e che indossano le toghe del diploma e la loro sola mascolinità. I
migliori amici di Quentin, Radar e Ben, sono nudi come vermi sotto
una divisa nera che svolazza tutta quanta. Meravigliosi, esilaranti,
indimenticabili: eccezionali. Radar che, afroamericano, indossa per
caso una maglietta dai contenuti altamente razzisti e ha la più
grande collezione di Babbi Natale di colore. Ben che non fa molto, a
parte farti scoppiare a ridere una pagina sì e l'altra pure,
riempire bottiglie e bottiglie di pipì e lamentarsi perché deve fare
altra pipì. Scanzonato, toccante, pieno di vita dalla pianta dei
piedi alla cima dei capelli, divertente fino alla commozione, il
romanzo è tanto tanto simile a Cercando Alaska.
E siccome quello l'ho amato tanto tanto, amo tanto tanto anche
questo. Non fa una piega. Sta bene con qualsiasi canzone e ha
un'inconfondibile voce maschile. E fa bene sentirsi dire da papà,
sul balcone, «Non
ti ho mai visto così contento per qualcosa»,
o una cosa simile. Ero contento, in piena sessione estiva, per la
splendida compagnia, le battute fulminanti e gli aforismi da
appuntare, le memorie di un ultimo giorno di scuola che ho rivissuto
come fosse stato il mio. Un anno fa, quando ascoltavo It's
Time e Le pareti,
convinto che il tutto e il niente mi avrebbero cambiato l'universo.
E' molto me. Ma, Città di carta, vedi, io voglio essere più te. Mi accucciolo sopra i ringraziamenti
finali. E' un mero effetto acustico, lo so anch'io. Con l'aorta
preoccupantemente vicina all'orecchio, l'orecchio preoccupantemente
vicino al collo schiacciato, ho messo per un attimo quell'orecchio
lì - preoccupato - sulla copertina del romanzo. E avrei giurato che il
libro stesse palpitando.
Il
mio voto: ★★★★★
Il
mio consiglio musicale: Imagine Dragons – It's Time
Ho letto Colpa delle Stelle qualche tempo fa e non ho reagito come il 99,9999% della popolazione.. Non mi ha strappato neanche una lacrima.. Forse sono senza cuore io.. Ho in libreria (da tempo immemore ormai) Cercando Alaska e, non appena questa sfibrante sessione estiva sarà finita, mi dedicherò completamente a quel Green..
RispondiEliminaAnche a me Colpa delle stelle non ha detto granchè. Devo rileggerlo e vedere se qualcosa è cambiato, forse.
EliminaBellissima recensione per un libro che ho amato davvero tanto.. Green è riuscito a farmi tornare adolescente in quel viaggio on the road.. strepitoso!
RispondiEliminaLo adoro :3
EliminaNon ho mai letto nulla di questo autore, mi sa che devo rimediare :)
RispondiEliminaSottoscrivo ;)
EliminaCredo sia il mio preferito tra tutti i libri di John Green! Per me ha un sapore speciale, perché l'ho letto in gran parte di notte, su un traghetto che dagli Stati Uniti mi stava portando in Canada... un ricordo bellissimo per un libro davvero stupendo! :)
RispondiEliminaDev'essere stata una splendida esperienza, allora, Ale :)
EliminaUn bellissimo libro da viaggio, questo.
Stati Uniti, Canada, traghetto e John Green *___________* Il paradiso!
EliminaIo me ne vergogno, non sai nemmeno quanto, di non aver ancora mai letto un libro di Green ò.ò Cioè, lo ha letto mia sorella, che non legge Mai e non io ò.ò devo rimediare assolutamente!
RispondiEliminaQuesto in particolare mi ispira da morire *Q*
Rimedia. Ti perdono, dai! Sto cercando di proporlo anche a mio fratello.
EliminaAnche lui non è un lettore, ma so che gli piacerebbe. Molto vero. :)
Devo assolutamente leggere qualcosa di suo!!
RispondiEliminaCerto!
EliminaColpa delle stelle a me è piaciuto davvero tanto, ma Cercando Alaska è stato il primo libro di Green che abbia mai letto, quindi tendo sempre a preferire lui. Ieri sono entrata in libreria e c'erano tutte queste nuove edizioni in bella vista, ma purtroppo ero a corto di soldi. Devo rimediare qualcosa ed andare a prendere Città di carta, più che altro vorrei prenderli tutti :)
RispondiEliminaA me adesso manca solo Teorema Catherine. Dopo che faccio?!
EliminaColpa delle stelle, senza dubbio, è un ottimo young adult, ma un po' ruffiano. Non a caso Green, adesso, viene associato a quello. E' il meno indie, il più commerciale... quello che vuoi. Devo rifarci pace.
Colpa delle stelle è diventato un libro commerciale da quando è uscito il film e ora che sta per uscire anche il film di Città di carta accadrà la stessa cosa. Vedrai...
EliminaBella recensione!^^ Devo assolutamente prendere sia Città di Carta di Teorema Catherine! >-< Ho letto Colpa delle Stelle e Cercando Alaska e ormai sono innamorata completamente di John Green!*-* Città di Carta è quello che mi ispira di più e me lo ero trovato anche davanti agli occhi in libreria, purtroppo però avevo già preso troppi libri! >-<
RispondiEliminaDai, al prossimo giro!
Elimina:-D
Che gran recensione per un grande libro. "Città di carta" è un libro che meraviglioso, che ti resta dentro. A me "The Fault in our Stars" era piaciuto davvero tanto: ho trovato un John Green diverso da quello di Città di carta, ma non mi ha per niente deluso.
RispondiEliminaSpero entro agosto di recuperare assolutamente Looking for Alaska e, perché no, Teorema Cathrine: entrambi mi ispirano tantissimo *-*
Looking for Alaska è bellissimo. Molto simile a questo, ma non troppo.
EliminaGrazie per essere passato!
:)
Me lo dicono tutti che Looking for Alaska è bellissimo. Devo rimediare! :)
EliminaCome sempre recensione stupenda :) Il libro l'ho appena ordinato e non vedo l'ora che mi arrivi, sono sicura lo adorerò anch'io *__*
RispondiEliminaColpa delle stelle a me invece era piaciuto ma se questo è così bello lo terrò in considerazione ^^ Non capita sempre di trovare un libro che ti fa tornare a casa per farsi leggere :P
RispondiEliminaBe', a me sì. Dev'essere proprio bruttissimo!
Elimina:P
OMG ke recensione. Mi inchino. Al momento non ho letto niente di Green anche se giorni fà ho comprato Colpa delle stelle. Devo recuperare e megari fare un mutuo per sfoltire la mia wish. Cmq non so xkè ma Teorema Catherine e Will ti presento Will sono gli unici di Green che non mi attirano, però su tuo consiglio potrei cambiare idea, già lo sai. Buon studio e grazie per le risate, i tuoi racconti di vita sono sempre uno spasso.
RispondiEliminaDi Will ti presento Will trovi la recensione sul blog. Letto due estati fa e piaciuto molto: divertentissimo e con un tema spinoso, ma trattato con tutta la normalità di questo mondo. Grazie a te!
Eliminaok, corro a leggere la recensione...chissà magari ci faccio un pensierino.
EliminaDai, che a breve esce anche la ristampa: si risparmia di poco, ma è già qualcosina :)
EliminaA me è successo al contrario! Prima ho letto questo e, nonostante abbia trovato fin da subito il modo di scrivere e di porsi di Green davvero brillante, la storia non mi ha entusiasmato al 100% più che altro per via del finale che ho trovato troppo scialbo! Invece TFIOS mi ha sorpreso, emozionato e spaccato in due il cuoricino U_U so già che al cinema mi verrà un colpo D:
RispondiEliminaA me piace questo Green qui. Quello, come dicevo, lo trovo troppo banale. O meglio, Green banale non è mai, ma TFIOS è il libro scritto a tavolino, per piacere. E, purtroppo, gli articoli che annunciano il nuovo Twilight e lo definiscono libro per ragazzine lo dimostrano. Mi piaceva il Green timido, nascosto, che conoscevamo in pochi eletti!
EliminaMa comesi fa a paragonare Colpa delle stelle a Twilight? Sono due storie completamente diverse. Comunque tutti i libri di John Greem sono destinati a un pubblico giovane e per lo più femminile.
EliminaNon sono minimamente d'accordo. Green è un autore, un uomo, che sempre - solo Colpa delle stelle è l'eccezione - ha adottato punti di vista maschili. Anche in Città di carta, se tu l'hai letto, a narrare è Quentin. Adolescente. Maschio. Da cosa diresti che è indirizzato a un pubblico di ragazze, scusa?
EliminaA me questo libro ha fatto francamente cagare! Tutto questo rumore per Green è incomprensibile. Storia mediocre, stile mediocre e risvolti mediocri. Poi capirai, basta che in America diventa un fenomeno culto, che noi da brave pecorelle dobbiamo diventare fan boys adoranti.
RispondiEliminaCome ti pare. Io lo conosco dall'esordio e, per usare i tuoi termini forbiti, nonostante il libro non mi abbia fatto cagare per nulla, concordo sulla questione "pecore". Se non fosse per il successo legato al film, in Italia ce lo saremmo filato poco. E non avremmo avuto queste ristampe. Sarebbe finito tra le bancarelle: Cercando Alaska l'ho trovato lì. Pagato due euro. Questo otto, ma su Libraccio.
EliminaColpa delle stelle è stato il primo libro di Green che ho letto e ho pianto come una fontana.
RispondiEliminaNella settimana succesiva alla conclusione della straziante lettura ho comprato Cercando Alaska. Ho letto le prime 184 pagine poi mi sono dovuta fermare per cause di forza maggiore (non so se il mio cuore avrebbe retto acora). In questa settimana ho recuperato le vecchie edizione di Città di carta e Teorema Catherine. E ora mi sta passando quel blocco da lettrice che mi ha attanagliato nell'ultimo mese, mi chiedo con quale iniziare per riabituare il mio cuore :/
Ciao Reika! Be', Cercando Alaska - che per me è splendido - è molto, molto malinconico. Anche se non a livello di Colpa delle stelle, triste. Con Città di carta - nonostante sia molto riflessivo, a tratti - vai sul sicuro: è divertentissimo. Teorema Catherine, quello verso cui nutro meno aspettative in assoluto, mi pare molto soft. Ti invidio le vecchie edizioni, sai?
EliminaIo non sono affatto una ragazza che interrompe la lettura di un libro facilmente si contano davvero sulle dita di una mano i libri che non riesoc a portare a termine. Cercando Alaska ho intenzione di rincominciarlo e terminarlo perchè la storia era ed è tutt'ora bellissima. Per Teorema Catherine invece io nutro molte aspettative, soprattutto perchè sono una appasionata di matematica e teoremi ( A settembre farò la pazzia di iscrivermi all'Università) e penso di trovarlo divertente, inoltre ho letto parecchie recensioni positive. Sono orgogliosa delle mie vecchie edizioni, si trovano tutt'ora in commercio ma ho dovuto ordinarle da Ibs, avevo Cercando Alaska nella vecchia edizione e sono davvero pignola quindi le volevo tutte uguali ;)
EliminaPost Scrittum: Adoro il tuo Blog, è grazie a te che ho scoperto tanti di quelli che io considero "pezzi della mia anima a cui ho dato un nome"
Ma grazie mille, davvero! Io sono estremamente masochista e non ho mai difficoltà a portare a termine i libri tristi, solo quelli brutti, ma ti comprendo. Bisogna partire già predisposti mentalmente. Per la Mazzantini, ho aspettato due anni, pensa. Ah, allora Teorema Catherine farà sicuramente per te. Io ci capisco poco, be', faccio lettere, altra pazzia, però sono sicuro di appassionarmici. Sarà il mio prossimo acquisto! Io ho tutte edizioni diverse di Green :D
EliminaIo dopo aver letto Splendore, ho passato una settimana fissando la mia libreria con un misto di vuoto e dolore bloccato in gola. Dovevo ancora assimilare tutto il dolore che mi ero causata leggendolo, lettura bellissima comunque. Poi ho letto la tua recensione e non so ho provato la sensazione di non essere da sola a soffrire, non saprei. Anche io di solito porto a termine tutti i libri che inizio amenochè non siano davvero così orrendi da famri venire la pelle d'oca.
EliminaIo ho avuto la (s)fortuna di leggerlo a qualche mese di distanza dall'altro, Venuto al mondo, che pure fu un bruttissimo colpo. Però è il libro più bello letto quest'anno!
EliminaIeri mi trovavo in libreria e l'angolino per sedersi e leggere comodamente era finalmente vuoto. Acchiappo due libri da leggiucchiare: uno perché lo volevo io e l'altro perché lo stavi adorando tu :)
RispondiEliminaInsomma alla fine quello che volevo io mi convince e lo compro pure, mentre Città di carta lo leggo per una trentina di pagine, per capire se era odioso come Teorema Catherine. Ecco, no, per niente. Potrei leggerlo, magari non amarlo quanto te ma neanche odiarlo quanto l'altro.
Poi a volte penso che mi basta la tua recensione, che anche se non leggo quel libro sei riuscito a trasmettermi le emozioni giuste. E penso che devo commentare di meno i tuoi post, che ogni volta ci esce sempre la sviolinata :P
Soniaaaaaa... :D
EliminaLa frase che hai messo all'inizio della recensione, quando leggevo il libro, mi aveva colpito tantissimo, la trovo bellissima e anche molto vera. Il libro è stato una piccola perla. Non so se mi sia piaciuto più questo o Cercando Alaska. Spero che scriva al più presto qualcos'altro, sullo stile di questi^^
RispondiEliminaSpero anch'io! :)
EliminaE sono anche curiosa per il film di cercando Alaska. Sarò molto esigente, non devono rovinarmelo.
EliminaIo ho conosciuto John Green con Colpa delle stelle e l'ho amato e odiato, epr la storia che racconta, perchè va a scavare in quell'angolino di cuore che molti di noi chiudono bene a chiave e nasconde ricordi dolorosi! cercando alska riposa in libreria sconsigliato da alcuni e urlato a gran voce da altri. il mio giudizio è ancora sospeso. ti farò sapere!
RispondiEliminaSe non avessi cominciato Cercando Alaska in questi giorni, John Green sarebbe rimasto sicuramente nella mia "lista nera" avendo letto solo Colpa delle Stelle.
RispondiEliminaCittà di Carta sarà sicuramente il mio prossimo acquisto! :D
sono letteralmente euforica per aver trovato finalmente qualcuno che condivide la mia opinione sui romanzi di green. l'esperienza Green per me è cominciata con tfios, e mentre il mondo intero si commuoveva e versava lacrimoni, io rimanevo delusa da quello che ritengo semplicemente un romanzo strappalacrime molto ben scritto. ma si sa i suoi libri libri sono un po come una droga, ne vuoi altri e altri ancora. finito cercando alaska avevo completamente cambiato idea sull'autore. un romanzo splendido una storia commovente, ironica, divertente e seria al punto giusto. un mix assolutamente perfetto, pura magia firmata Green. poi è arrivato alla mia porta 'città di carta'. devo dire che è diventato subito uno dei miei libri preferiti, come dici tu divertente fino alla commozione! uno di quei libri che ti fa restare mezze ore con lo sguardo fisso nel vuoto a pensare e riflettere quante cose i due protagonisti mi abbiano fatto capire di me stessa.
RispondiEliminaA me questo libro è piaciuto devo ammetterlo ma non so voi appena finivo un capitolo e mettevo giù il libro avevo quella strana sensazione di felicità-tristezza che non so spiegarmi tutt'ora. Nonostante questo vorrei fare due tre domande per cercare di mettermi in chiaro le idee su questo libro.
RispondiElimina1. Con città di carta cosa si intende di preciso?
2. Margo inizialmente afferma di voler scappare dalle città-persone di carta ma alla fine del libro si scopre che è scappata proprio in una città definita di carta e si definisce anche lei così. non capisco il nesso
Fa schifo
RispondiEliminaCome il tuo commento.
EliminaTi chiedo scusa se ti sembrerà esagerato ma la tua recensione mi ha fatto venire i brividi, perché nella tua recensione di 'Città di carta' (che oggi proverò a scrivere anche io) tu hai detto tutto quello che avrei potuto dire, ma meglio. Hai dato giustizia ad ogni riga del romanzo è poiché l'ho amato davvero tanto, io sono qui ora felice perché ho letto questo libro e anche perché ho letto questa recensione.
RispondiEliminaGrazie per come scrivi.
Ma grazie a te, Maria Cristina.
EliminaMi migliori la giornata!
in ritardo, ma con il mio commento ci arrivo anche io.
RispondiEliminapremessa, ho scoperto JG per caso, perché mi aveva attratto il suo Will, ti presento Will visto in biblioteca. sbam ho amato i Will, ho amato tiny e ho amato JG. Poi è arrivato Colpa delle stelle, che non ho letto, non faceva x me, troppo clamore, troppa fama, troppe lacrime a destra e a manca. volevo un JG solo per me, da gustare ed amare come era stato con i Will.
Poi è arrivata Alaska, adocchiata in biblioteca anche lei ed è stato ancora amore, impetuoso, viscerale, senza freni. e poi è sopraggiunta la paura di restare delusa e mi son fermata li. guardo il Teorema Catherine (che mio nipote esalta) e guardo Città di carta. che faccio leggo?
bhe direi che mi hai dato il colpo di grazia.
DEVO LEGGERLO.
a presto (torno al lavoro altrimenti mi licenziano :D)
Chicca
Grazie, Chicca. E corri, corri, che il capo adesso non guarda. :)
EliminaCiao a tutti! io non ho letto il libro ma ho visto il film e si mi è piaciuto ma forse mi aspettavo di più, di certo il libro questo "di più" me lo avrebbe dato! comunque volevo sapere se qualcuno mi può scrivere la frase che dice Q su ciò che devi fare nella vita, nella scena in cui lui arriva al ballo dai suoi amici e poi si incontrano per salutarsi e si scambiano i babbi natale di colore.
RispondiEliminaQualcuno mi può aiutare! Mi piaceva da morire quewlla frase ma non la trovo da nessuna parte, diceva qualcosa del tipo bisogna fare questo e quello l'importante è accorgersi!!!
Grazie
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaE' una recensione riguardande il film, non il libro. E' scritto nelle premesse dell'articolo. Vai al post di ieri e vedrai che anch'io ho trovato il film "nulla di che".
EliminaOk, scusa, hai ragione e mi dispiace, la prossima volta farò più attenzione. Posterò il link inerente al libro:
EliminaEcco perché il libro è sopravvalutato:
https://librilettura.wordpress.com/2015/09/08/libro-citta-di-carta-ecco-perche-e-sopravvalutato/
Io ho letto "Colpa delle Stelle", "Cercando Alaska", "Teorema Catherine" (che non mi ha detto molto) e sto leggendo "Città di Carta". Devo dire che John Green è molto bravo e riesce a capire noi adolescenti. Devo fare una recensione di "Città di Carta" per la scuola e devo dire che parlerò benissimo di questo libro.
RispondiElimina