Dopo
averlo incluso nella lista dei migliori film dell'anno e averne
tratto ispirazione per un post, sembrerebbe superfluo scriverne
ulteriormente. L'ho detto e lo ribadisco: Soul è stato il
regalo più bello che il 2020 potesse farci per chiederci scusa.
Poetico, profondo e maturo, è l'esperimento più felice di casa
Pixar. Se perfino Inside Out e Coco mi avevano lasciato
a guance asciutte, il miracolo è avvenuto grazie alle disavventure
ultramondane di Joe: pianista jazz, muore all'alba dell'occasione
della vita. Intrappolato nell'Antemondo, s'improvvisa mentore per una
piccola anima che non ha nessuna fretta di venire al mondo. Perché
nascere, gli domanda? Perché quell'attaccamento insensato a
un'esistenza spesso e volentieri ingiusta? Che senso ha vivere, se
destinati comunque a morire? Storia di due anime in cerca della
famosa scintilla, Soul si muove fra paffute bolle di luce,
contabili maniaci del controllo, silhouette alla Picasso. Ingegnoso
dal punto di vista visivo, riserva altrettante meraviglie nel
dipingere il mondo dei viventi: questa New York a cartoni, brulicante
e caotica, è infatti di una bellezza alleniana. Prima o poi
torneremo a chiacchierare con i barbieri, a danzare tra le foglie e i
condotti di ventilazione, a mangiare pizza e lecca-lecca: anche se
mai come oggi somigliamo a quelle anime smarrite, ridotte a gusci
spaventosi per via dell'ossessione per talento e per la felicità. Mi sono
sentito simile ai mostri di Soul tantissime volte; mi ci sento
anche adesso. Cosa racconteremo ai bambini che si apprestano a
nascere? Quale mondo troveranno? Quale futuro? Il film
esistenzialista di Pete Docter, col suo contagioso senso di
meraviglia e un protagonista vittima di una frustrazione tutta
contemporanea, ci fa da bussola e promemoria. Vi rimetterà al mondo.
(8)
Nella
Chicago degli Venti, una sala d'incisione diventa un microcosmo di
tensioni scandagliato come nella migliore tradizione teatrale.
Durante una lunga seduta di registrazione, si suonerà il blues. E si
farà spazio a conflitti religiosi, razziali, generazionali. Agli
antipodi ci sono loro, che hanno un modo diverso di vivere la musica
e il rapporto coi produttori: la cantante sulla bocca di tutti e un
anonimo trombettista, che aspira però alla fama. Come suoneranno
Black Bottom, il pezzo più famoso del repertorio: seguendo i
desideri di Ma, la cui parola è legge, oppure le intuizioni di un
giovane di talento? Rigoroso, intenso, importante, il film rinuncia
alla dimensione corale di Fences – dramma familiare scritto
dallo stesso drammaturgo – per concentrarsi sui poli della contesa.
Da un lato abbiamo Viola Davis – qui meno protagonista del
previsto, gigioneggia senza mai strafare –, nel ruolo di una diva
dispotica e con manie di grandezza: volgare e rissosa, con il trucco
sbavato e il volto madido, è una leonessa sul palcoscenico ma nella
vita reale è una donna di colore a cui non portano il dovuto
rispetto. Dall'altro, invece, c'è Chadwick Boseman: scomparso
all'indomani delle riprese, spicca per la scarpe gialle nuove di
zecca e per il desiderio di primeggiare. Destinato a commuovere in
due monologhi strazianti, è il portavoce di una rabbia giovane che
l'attore ha reso eccezionalmente grazie alle sue ultime energie:
orgoglioso e disperato, si ostina a prendere a spallate le porte
chiuse a chiave. Per lui non esistono divieti. Ma se la porta si
affacciasse su un muro di mattoni? I bianchi, dice la protagonista
con aria di superiorità, non capiscono il blues. Probabilmente non
capiremo fino in fondo neanche il messaggio di questo film,
connaturato nella cultura “black”, ma ciò non ci impedirà di
applaudirlo. (7+)
In
una cittadina di bifolchi, il ballo di un'adolescente omosessuale è
messo in pericolo dalle decisioni del consiglio di classe: non potrà
ballare con la propria fidanzata. Per contrastare l'episodio di
omofobia, è in arrivo una squadra di allegre fate madrine
direttamente da New York: tre star di Broadway non più sulla cresta
dell'onda si prendono a cuore le sorti della protagonista al suon di
balli, canzoni e armonia. Ispirato a una storia realmente accaduta ma
già messo in musica sui palcoscenici, The Prom appartiene a
un genere che è il mio guilty pleasure sin dai tempi di Glee:
il musical. È proprio Ryan Murphy, il creatore della serie per
teenager, a dirigere il film Netflix. Porta con sé anche qui il
solito armamentario: nomi altisonanti, un gusto kitsch, qualche
aspettativa inevitabilmente delusa. Smaccatamente lieto, il film è
una festa dai colori sfavillanti e dal cuore delicato per celebrare
l'amore e la tolleranza. A onor del vero, nonostante i numeri
musicali siano innumerevoli, soltanto pochi risultano davvero
memorabili e la stella più splendente del nutrito cast è quella di
una Streep ancora una volta in odore di Golden Globe: primadonna
vanitosa e narcisista, che non ha mai elaborato la rottura con il
marito presentatore televisivo, regala un'entrata di scena trionfale,
qualche battuta caustica e inattesi momenti di struggimento davanti
al Matrimonio del mio migliore amico. Insieme a lei Corden,
attore gay ai ferri corti coi genitori, e una Kidman dall'amaro
destino di ballerina di fila. Molto colpevoli, ma altrettanto
piacevoli, queste due ore scorrono all'insegna dei buoni sentimenti e
ci insegnano l'orgoglio di stare a centro pista. A dicembre, e a
Broadway, eravamo tutti più buoni. (6,5)
Lei
è Rose. Selvaggia come da titolo. Reduce da un anno di carcere per
stupefacenti, madre e figlia borderline, si muove nel grigiore dei
sobborghi scozzesi ma punta a Nashville con la fantasia. Si può
vivere il sogno americano anche lì, in una plumbea Glasgow dov’è
illecito nutrire ambizioni di gloria? Quest’anno protagonista
dell’ultimo capolavoro di Charlie Kaufman, la poliedrica Jessie
Buckley si nasconde sotto la frangia spettinata e negli stivali da
rodeo in una commedia musicale assai ben accolta in patria. E
nasconde una voce meravigliosa, che garantisce alla colonna sonora
alcuni pezzi country-folk che in questi giorni non faccio altro che
ascoltare e riascoltare. A tratti esilarante, a tratti struggente, la
cantante di provincia si sente perennemente inadeguata. Sotto la
superficie sbarazzina, cova un’insoddisfazione frustrante. Vive un
rapporto conflittuale con la madre – la sempre preziosa Julie
Walters –, illude i figli bisognosi con promesse non mantenute,
delude la generosissima mecenate. Le cose andrebbero diversamente in
Texas, dove tutti nutrono le sue stesse ambizioni? È meglio essere
un pesce fuor d’acqua, o un pesce piccolo nell’oceano degli Stati
Uniti? In cerca di una propria voce, Rose confida nella maturità;
nell’addomesticamento. Perché sono possibili le vie di mezzo, e
dove c’è talento può esserci anche equilibrio: essere
responsabili no, non significa rinunciare. Storia ordinaria per
svelarci un talento straordinario, Wild
Rose è un feel-good movie
perfetto per le domeniche di pioggia. Una favola moderna – con tre
semplici accordi e, nel mezzo, tanta verità –, dove il sentiero di
mattoni gialli conduce a casa anziché a Oz. (7)
Sembrano tutti molto belli, in particolare Soul e Ma Rainey's Black Bottom mi attirano particolarmente. Che peccati non poterli vedere al cinema :(
RispondiEliminaDavvero, soprattutto Soul. Che tempi tristi...
EliminaCredo che eviterò gli ultimi due, anzi l'ultimo è passato su Sky e l'ho scartato, mentre i primi due assolutamente da vedere ;)
RispondiEliminaWild Rose te lo consiglio in realtà, il talento della Buckley è da non sottovalutare!
EliminaSe Wild Rose me l'hai venduto qualche tempo fa e me ne sono innamorata anch'io (incredibilmente bella Jessie qui, che ormai mi ritrovo ovunque, è perfino in Fargo), Prom continua a rimanere nel limbo.
RispondiEliminaSembra avere tutte le carte per farsi odiare da me. Lo vedrò solo se osano nominare un'altra volta la Streep. Ma agli Oscar, i Golden Globe con doppia categoria di riempitivi non valgono ;)
Ah, allora sei salva, con buona pace di Meryl! Avrà vittoria facile, immagino, soltanto ai Golden Globe (soprattutto perché Promising Young Woman è stato inserito tra i dramas).
EliminaThe Prom e Ma Rainey sono lì che mi aspettano, chissà quando li recupererò. Soul mi ha folgorata ma già sai!
RispondiEliminaThe Prom non è granché, anzi, ma assicura una boccata d'aria tra un film pesante e l'altro!
EliminaLa Pixar mi aveva fregato con Inside Out, non con Soul. Mi ha detto poco o niente, purtroppo.
RispondiEliminaSplendido invece, e pure sorprendente, Ma Rainey.
The Prom a tratti abbastanza divertente, a tratti, molti tratti, abbastanza ridicolo. :)
Nel complesso troppo musical per i miei gusti. Avrei tolto la metà delle canzoni, anche perché a livello musicale sono parecchio scarse.
Da Wild Rose mi aspettavo di più. E' anche caruccio, ma l'ho già dimenticato mentre scorrevano i titoli di coda.
Pensavo che avresti proprio odiato The Prom, e invece...
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