lunedì 17 agosto 2015

Recensione a basso costo [libro e film]: Come Dio comanda, di Niccolò Ammaniti

Io e te siamo attaccati a un filo. E tutti lo vogliono spezzare. Ma nessuno ci riuscirà. Io sarò sempre con te e tu sarai sempre con me. E io aiuterò te e tu aiuterai me. Con il cervelletto che ti ritrovi non capisci che non bisogna mai mostrare la gola? Pensa alle tartarughe, alle loro corazze. Pensa che devi essere così forte che nessuno ti può fare male.

Titolo: Come Dio comanda
Autore: Niccolò Ammaniti
Editore: Piccola Biblioteca Oscar Mondadori
Numero di pagine: 478
Prezzo: € 10,00
Sinossi: Premio Strega 2007. Rino e Cristiano Zena sono padre e figlio. Rino ha trentasei anni ma ne dimostra cinquanta, è ostinato, violento e xenofobo, ma adora suo figlio. Cristiano ha tredici anni, è timido, alto e sottile, e sa che quel padre ubriacone e "buono a nulla" è la sola persona su cui può contare. Vivono in una periferia del nord-est, tra desolazione e centri commerciali. Soli contro il mondo, hanno per amici due tipi strani, Quattro Formaggi e Danilo. È con questi che Rino organizza la rapina che dovrà riscattare le loro vite. La notte del colpo, però, si scatena un furioso temporale, e una ragazzina bionda apparsa dalle tenebre e dal fango fa deviare i destini di tutti.

                          La recensione
La neve che si farà fango sotto la suola delle scarpe, chilometri e chilometri di strade deserte e, in lontananza, oltre il cancello di una fabbrica chiusa per la notte, un cane che non smette un po' di abbaiare. Presto sarà giorno e forse, domani, che poi è già oggi, niente scuola, se il gelo dura. Ma Cristiano si alza dal letto e, mettendo in pratica l'ultima lezione di suo padre, taglia per la statale vuota – col pigiama a scacchi ormai fradicio – e spara. Bang: onomatopea di una detonazione secca nel cuore del buio. Il proiettile fa centro e il cane smette di uggiolare, attaccato alla sua catena: padre e figlio si sono esercitati a far fuoco alle lattine di birra, qualche tempo prima, ma la mano non trema e, anche con un bersaglio vivente, il colpo di Cristiano è perfetto. Ha avuto un grande maestro. Insegnamenti paterni e eredità familiari. Ci si applica con solerzia, in casa Zena e dintorni, al culto della violenza. Così, tra rabbia e stupore, ha inizio Come Dio comanda: storia di affetto simbiotico e prevaricazione, su uomini senza donne e rari momenti che ti segnano, nonché secondo romanzo di Ammaniti che leggo – dopo Io e te, racconto di cento pagine scarse che aveva lasciato, a sorpresa, più strascichi emotivi del previsto -; si vocifera, inoltre, sia uno dei migliori della sua carriera di autore amato e a volte incompreso, puntualmente corteggiato da chi fa il cinema coraggioso. Acquistato una vita fa a metà prezzo, quando i giorni precedenti al Ferragosto hanno portato il cattivo tempo e la gente qualunque si crucciava per la minaccia atmosferica incombente e i picnic nei prati in pericolo mortale (avete visto, poi, quanto brillava alto il sole, il quindici?), mi sono seduto al coperto – con un orizzonte di nubi temporalesche e catasfrofi dalla mia parte – e ho iniziato il romanzo che, sulla copertina originale, aveva cieli a lutto, fulmini e saette. La mia edizione, l'ennesima ristampa, era di un angoscioso giallo evidenziatore e aveva denti digrignati, gente con la rabbia, inquietanti disegni tribali. Tutto comunque a tema; soprattutto i tuoni grevi che, ora lontano, ora vicino, facevano da accompagnamento musicale live. E la pioggia non è voluta cadere, per me che sono amico stretto dell'inverno, ma illusioni di acquazzoni furibondi e falsi allarmi sono risultati abbastanza. Nella bella stagione, mi sono trovato una brutta parentesi – o forse quella perfetta? - per dedicarmi a una lettura forte e crudele che ha richiesto la presenza di un cielo che spirasse contro e l'aiuto di litri di sangue freddo. 
E io, a dirla tutta, lo sapevo sotto sotto che questo Ammaniti – scoperto una volta e mai approfondito, conosciuto più come sceneggiatore che per altro – fosse nelle mie corde scordate, coi suoi suoni stridenti, lo stile scarno, le immagini forti; inutile spiegarsi, però, i misteriosi perché dei miei continui rimandi. Questione di momenti propizi e provvidenza divina. Una periferia desolante spazzata dalla burrasca, il pensiero di un tesoro in un Bancomat al di là dell'arcobaleno, Cappuccetto Rosso in Vespa che s'incamminano nel folto del bosco, notte di balordi – e lupi famelici. Quando Noè costruisce la sua arca, durante il Diluvio Universale, lasciando fuori cinque disgraziati: un padre naziskin e quel figlio verso cui nutre tutto l'amore del mondo; lo scemo del villaggio, che tiene su il presepe anche ad agosto e ha il nome del gusto di pizza che più preferisce; un divorziato che, con il colpo del secolo nella tempesta del secolo, spera di riconquistare la fiducia della sua famiglia; un assistente sociale traditore, beccato a letto – dalla folgore – con la moglie del migliore amico. L'acqua cheta roderà i ponti e ognuno di loro, dopo un crimine che li renderà protagonisti di una storia crudele, dovrà fare i conti con il proprio passato; quanto costa caro il perdono? E la felicità, che appare impossibile? Nel trasformarsi in film – frutto dell'ennesima collaborazione tra Ammaniti e Salvatores, coppia collaudata quasi quanto quella dei coniugi felici Castellitto e Mazzantini -, Come Dio comanda perde parte della sua folgorante dimensione corale – tra tagli, ellissi e personaggi, come quel Danilo la cui vita è una strada senza uscita, che mancano proprio – ma finisce per essere uno dei più originali e interessanti esempi di cinema italiano degli ultimi anni. 
Le pagine più surreali e oscure, infatti, coi dialoghi esigui, il buio impenetrabile e innocue canzoni d'amore che diventano un viscido leitmotiv, grazie a una fotografia pesta e a un ottimo montaggio sonoro, vanno a costruire una parte centrale dettagliata e calzante, saltata direttamente fuori dai passaggi più crudi del romanzo per azzannarti al collo. Mostrando un Salvatores mai uguale a sé stesso, a proprio agio coi toni horror così come con i tentativi primigeni di cinecomic all'italiana, e direttore di un cast tra cui figurano un paio di grandi nomi del nostro sottovalutato cinema. Ridimensionare la portata del racconto, rinunciare a qualche comprimario per questione di spazio, non appare una scelta poi troppo imprudente, se hai a disposizione due che – per selezione naturale – sono destinati a essere sempre protagonisti. Filippo Timi, massiccio e con la voce altisonante, capace di percosse e tenerezza, ha un personaggio tutto contraddizioni – e forti emozioni - che sembra scritto pensando a Taxi Driver. Elio Germano, con il ruolo di Quattro Formaggi, dinoccolato e imprevedibile clochard che gli permette di essere più sopra le righe del normale, esagera con tic e balbuzie con la tipica naturalezza di cui ormai lo sappiamo capace. Con loro, un Fabio De Luigi dal ruolo fortemente ridimensionato – e forse per fortuna, perché il comico nostrano e il drammatico non sembrano in particolare intimità – e l'esordiente Alvaro Caleca, bambino che sa reggere, spesso tutto solo, la scena. Una storia di figli di un Dio minore – abbandonati, diseredati, miserabili – diventa, per esigenze di copione, un caso di cronaca nera e un'agrodolce vicenda domestica, in cui manca qualcosa – soprattutto qualcuno – ma non un lato tecnico all'avanguardia e interpretazioni credibili; non lo spirito indocile del fulmine. Ammaniti alla sceneggiatura, per forze di cose, rinuncia al dono dell'onniscienza: come il Padre eterno o gli angeli custodi, lui sa. Ti ha creato. Ti sta fisso alle costole. Sfiora le sue creature – anche quelle di passaggio, semplici comparse nel mucchio – e ne fa una scansione del profondo. Così, in cinquecento pagine pulp e scattanti, di quelle che se fossi in pubblico avresti bisogno di tornare a casa - sennò mi metto a piangere, dici; sennò vomito -, pioggia d'antico testamento, piaghe bibliche, tunnel senza luce e pozzi senza fondo. Mentre nel mondo, contorta foresta di simboli, ci si interroga sul senso di Dio – è Lui che ci ordina di tentare ancora, di essere migliori, di tornare a respire, di smettere di farlo? – e ci si prepara a cuore aperto agli squilli di tromba conclusivi, per essere giudicati innocenti o colpevoli un'ultima volta. 
Pronti alla giustizia cieca dei giudizi universali. 
Come Dio comanda, terroso noir sullo sfondo delle industrie pesanti del nord est, col cuore caldo e le mani fredde, con una mole che pesa e una scrittura che si beve, è l'esperienza più intensa e difficile di quest'estate. Potente, tanto da meritarsi un bolletino meteo avverso tutto per sé. 
Il mio voto: ★★★★½    Il film: 7+
Il mio consiglio musicale: R.E.M - Losing My Religion

21 commenti:

  1. Ammaniti è uno dei miei scrittori italiani preferiti, credo di aver regalato "Fango" un po' a chiunque, all'epoca. Come Dio Comanda credo sia uno dei suoi lavori migliori, assieme a Ti prendo e ti porto via. E anche le trasposizioni cinematografiche che hanno tratto dai suoi lavori, generalmente non deludono.
    A breve dovrebbe uscire il suo ultimo romanzo, e ovviamente non vedo l'ora.

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    1. Sì, "Anna". Mi sembra molto simile a "Io non ho paura", almeno dalla sinossi.
      In questo mese vedrò di leggere quest'ultimo - anche se ricordo benissimo il film, visto al cinema con la classe delle elementari, pensa un po' - e "Ti prendo e ti porto via", prestito di un'amica di qui. :)

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  2. Stessa cosa è successa a me, grossomodo. Ma buttati, quando ti capita tra le mani. Almeno i suoi romanzi seri - quelli che virano al surreale li lascio un po' lì, come jolly - spero di recuperarli tutti in tempi brevi. Quando vado in fissa, è così. ;)

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  3. De Luigi in effetti come attore drammatico non si può vedere.
    A dirla tutta, Mai dire gol a parte, nemmeno come comico ormai si può vedere. :)

    Il film mi era piaciuto parecchio. Quasi da farmi venire voglia di recuperare il romanzo, però non abbastanza...

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    1. So che in Happy Family, sempre diretto da Salvatores, non è malvagio.
      Prima o poi, verificherò di persona ;)

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  4. Letto anni fa.Ricordo una storia piena di dolore,con immagini violente e personaggi inquietanti.Io amo Ammaniti,"Io e te" è il meno bello a mio parere,"Ti prendo e ti porto via"il più struggente."Che la festa cominci"una visione folle,alla Yurassik Park.
    Il film non l'ho visto ma credo che non reggerei la violenza delle immagini.
    Ultima cosa:sto leggendo"Io non sarò come voi"di Paolo Cammilli che ricorda molto Ammaniti di "Ti prendo e...",conosci questo autore?

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    1. Lo conosco per Maledetta Primavera, Solsido, che comunque non ho letto, essendo al solito restio verso le uscite della Newton - a volte a giusta ragione, altre a torto. Metto in lista, e soprattutto non vedo l'ora di recuperare Ti prendo e ti porto via. Sul film, se ti capita, va' tranquilla: è per tutti, meno sboccato e meno cruento del romanzo originale, ma non meno forte emotivamente parlando.

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    2. Maledetta primavera non l'ho letto,questo ancora non so definirlo,ha un inizio fulminante,poi torna indietro di dieci anni e comincia il racconto.Spero di recuperare il film anche se mi sembra che manchino parti importanti

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    3. Bene, mi segno questo Cammilli.
      Ci aggiorniamo.

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  5. Recupera Ti Prendo e Ti Porta Via e Io Non Ho Paura che meritano enormemente e che personalmente trovo migliori del bello ma un po' asettico Come Dio Comanda.

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    1. Rimedierò assolutamente, Pirkaf.
      Come dicevo, il secondo è già qui in casa - a trattenermi sono giusto i ricordi ancora forti del film, che so essere molto molto rispettoso - ma mi ispira un mondo Ti prendo e ti porto via. Un colpo di telefono dell'amica che deve passarmelo, e mi fiondo a prenderlo.

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  6. Io ho trovato Io e te in inglese,e mi è piaciuto. Come Dio comanda ricordo che volevo vedere il film, ma l'avevo perso. Mi sa che devo leggere il libro. Magari in inglese! :)

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    1. Ma come, la narrativa italiana in inglese non si può sentì :-D

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  7. Non leggo niente di Ammanniti dai tempi della scuola, quando il professore di italiano ci fece leggere Io non ho paura - di cui conservo un bel ricordo - e be', devo assolutamente rimediare!

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    1. Ah, che prof avanti coi tempi.
      I miei Verga e Madame Bovary! :P

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  8. Cosa aspetto a scoprire Ammaniti? Mah... a volte sono proprio scema a impuntarmi con titoli nuovi e poco promettenti u.u
    Adesso sono alle prese con il caro vecchio Follett, almeno con lui non si sbaglia ^^

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    1. Ecco, io Follett non l'ho mai conosciuto, vedi?
      Di Ammaniti sto leggendo Ti prendo e ti porto via, adesso, e mi piace ancora di più. ;)

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  9. Ho letto Come Dio Comanda l'anno scorso ad agosto... e anche a me piacque moltissimo... le cose che più ho apprezzato sono state il suo stile e come riusciva a scavarti dentro con i suoi personaggi... perché per quanto ci sia una marea di violenza in quel libro non si può non sentire anche tutto l'amore che lega il padre e il figlio... e niente mi è piaciuto moltissimo e condivido la valutazione che hai dato del libro e del film... anche la canzone ci sta proprio tutta...
    è vero: ci si interroga su Dio... anche se forse per me più che le domande che hai scritto tu, una nel libro risaltava più di tutte: perché permette la violenza?

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    1. Grazie per il tuo commento, Arianna.
      A proposito dell'ultima domanda, quanto è bello il discorso commemorativo del papà affranto al funerale della figlia?

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    2. Proprio quello a cui mi riferivo ^_^
      mi è piaciuto un sacco come Ammaniti ha usato la figura di Dio nel libro... come Quattro Formaggi che lascia la sua decisione nelle mani della sorte... oppure l'assistente sociale che fa il voto a Dio per il suo piccolo miracolo... oppure Rino che sa che lui e il figlio rimarranno sempre legati perché sono soli e quindi Dio non può dividerli perché non hanno nessun altro... (non so quanto tutto questo possa essere considerato spoiler in caso elimino il commento senza problemi)
      ma alla fine io tutto questo l'ho interpretato come non tanto Dio permette tutto ciò... ma l'uomo lo permette, lo compie... e alla fine si nasconde dietro "questo Dio"....

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    3. Concordo perfettamente con te. :)

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