martedì 30 giugno 2020

Recensione: L'animale morente, di Philip Roth

 | L’animale morente, di Philip Roth. Einaudi, € 10, pp. 113 |

Se fosse stato pubblicato oggi, avrebbe suscitato più di qualche polemica. È infatti il racconto della relazione sessuale tra un professore sessantaduenne e un’universitaria di ventiquattro anni, sua allieva. Il cinico protagonista, per di più, non è nuovo ad avventure di queste ed è solito vantarsene con un collega. Quanto sfrutta la sua posizione accademica per circuire le amanti? Come giudicheremmo la sua concezione del corteggiamento – un dispendioso convenevole che punta dritto alla camera da letto –, se non squallida e maschilista? Nato nel 1930, David Kepesh  è figlio dei suoi tempi. Ha vissuto il primo matrimonio alla stregua di una fase di passaggio inevitabile. Ha tagliato i ponti con l’unico figlio, che a tratti giudica e a tratti invidia i suoi modi da viveur. Ha abbracciato la rivoluzione sessuale negli anni Sessanta: ne ha colto i frutti e ne ha goduto fino all’alba del nuovo millennio. Monologo-confessione rivolto a un interlocutore indefinito, a metà tra colto divertissement e autobiografia fittizia, L’animale morente è il terzo Philip Roth che leggo: il più celebrato del trio, ma quello che meno ho preferito. Affezionato al ricordo dei suoi eroi freschi e tormentati, sempre alle prese con i dogmi e il senso di colpa della loro educazione, ho fatto una certa fatica – per colpa della distanza anagrafica e, soprattutto, delle digressioni di troppo – a simpatizzare con questo personaggio dagli echi dannunziani e con le innumerevoli parentesi che apre.

La corruzione non è il sesso: è il resto. Il sesso non è semplice frizione e divertimento superficiale. Il sesso è anche la vendetta sulla morte. Non dimenticartela, la morte. Sì, anche il sesso ha un potere limitato. So benissimo quanto è limitato. Ma dimmi, quale potere è più grande?
Magistrale pur nella ripetitività, il romanzo finisce però per ammaliare tutte le volte in cui entra in scena Consuela Castillo: originaria di una ricca famiglia cubana, giunonica ma sinuosa, arrendevole ma volitiva, la studentessa zelante ha capelli lucenti e camicette peccaminose. Malato di desiderio, David è eccezionalmente colto in contropiede: lo impensieriscono la gelosia, l’ossessione e la brama di possesso finora inedite; lo infastidiscono i cenni ai fidanzati precedenti, al punto che eccellere nell’arte amatoria diventa una questione di vita o di morte. Nonostante conoscessi in anticipo gli esiti drammatici della loro frequentazione – dodici anni fa ho visto il film tratto dal romanzo, Lezioni d’amore, con una Penelope Cruz forse al suo meglio –, la lettura mi ha riservato le emozioni più forti nel momento dei loro incontri. Spregiudicati, perversi, struggenti, fanno della contemplazione della bellezza femminile un’opera d’arte. E il corpo statuario di Consuela, cristallizzato nel fulgore degli anni verdi, diventa poesia e monumento: Roth versifica la carne tremula di lei, allora, ed erige monumenti straordinari ricalcando la forma dei suoi seni pesanti.

Cosa crede, la gente, che basta innamorarsi per sentirsi completi? La platonica unione delle anime? Io la penso diversamente. Io credo che tu sia completo prima di cominciare. È l’amore che ti spezza. Tu sei intero e poi ti apri in due. Quella ragazza era un corpo estraneo introdotto nella tua interezza. E per un anno e mezzo tu hai lottato per incorporarlo. Ma non sarai mai intero finché non l’avrai espulso.
Al pari delle muse di Modigliani, anche Consuela punta all’eternità. Quanti anni ha oggi? È viva? Il tempo è stato clemente con le sue ambizioni e con la sua avvenenza? In queste pagine – in definitiva, una conturbante danza dei sette veli – avrà vent’anni per sempre. E cosa ne sarà stato di David, ancora: è riuscito a fermare il decadimento fisico e morale grazie alla ricerca del piacere? 
Ricordo che poco prima che la mia nonna paterna morisse, la colse un’energia impensata: si sollevò dalla sedia senza il deambulatore e, lei che era sempre tenuta a stecchetto dai medici, andò a rubare per capriccio un dolcetto dal pensile della cucina. Mio padre parlò di quello slancio vitale con amarezza. In dialetto lo definì: una miglioria della morte; nonna mancò il giorno dopo. L’animale morente  è la cronaca di un impeto simile, di un ultimo “friccico”. Il ritratto di una donna indimenticabile e di un uomo terrorizzato dall’oblio, sulle debolezze della carne e su quelle, ben peggiori, del cuore.
Il mio voto: ★★★½
Il mio consiglio musicale: Mia Martini – Minuetto

14 commenti:

  1. Io di roth sono attualmente ferma a quota 1 libro,ma mi sono prefissa di,leggere altro. Non so, a sensazione (in base alla tua recensione)magari non opterei per questo, anche perché comunque la scelta è vasta :-D

    Anche al mio paese si usa questa espressione, miglioria della morte :-/

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    1. Come ho già intuito, Angela, siamo conterranei!

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  2. Quanto mi manca un nuovo romanzo di Roth. Uno dei miei scrittori preferiti. Credo che di questi tempi lui e i suoi libri subirebbero parecchie critiche.

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    1. Si è salvato dal trionfo del politically correct.

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  3. Ho letto due libri di Roth (Nemesi e Il complotto contro l'America). È un autore di cui desidero leggere altri libri, ma credo che questo sarà tra gli ultimi :)

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    1. Mi ispira Il complotto, e la serie HBO ancora di più!

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  4. Questo l'ho letto e ho anche visto il film. Piaciuti entrambi!

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    1. Ciao Lory! Devo rivedere il film, ma ne ho un bel ricordo. :)

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  5. Io amo Roth, ma questo romanzo non l'ho ancora letto purtroppo ☺️☺️☺️

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    1. Piano piano, uno all'anno, cercherò di leggerli tutti!

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  6. Un Roth che mi manca, in tutti i sensi. Questo non l'ho mai incontrato (lo confondevo, anzi, con Il Professore di Desiderio), ma spero di tornare a leggerlo molto, molto presto.

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    1. Vero, anche quello lo stesso tema, così come La macchia umana.

      Da questo hanno tratto il film Elegy, che è piuttosto riuscito.

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  7. Un 62enne con una 24enne...
    Mi sembra che in questo periodo Briatore stia facendo di meglio. :)

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