sabato 2 giugno 2018

Mr. Ciak: Dogman | Loro 2

Il cane – uno di quelli minacciosi, con la testa grossa così: un pitbull – mostra i denti e ti ringhia contro. Potrebbe staccarti un braccio con un morso, se ti avvicinassi quel tanto che basta. Ma Marcello, che ai cani sussurra, lo rabbonisce con un biscotto e un nomignolo. Proprietario di un modesto negozio di animali in un quartiere malfamato, tutto slot machine e Compro Oro che fanno gola ai malintenzionati, si occupa di toelettatura, dog sitting e saltuariamente di concorsi di bellezza. Single, padre di una bambina che ama con la stessa dedizione che dedica ai clienti a quattro zampe, l'uomo ha modi carezzevoli e due occhi malinconici. Simone – uno di quei tipi nerboruti e rissosi, con la testa grossa così: un ex pugile – sferra pugni a destra e a manca e tiene quell'anonima città di mare in ostaggio del proprio terrore. Marcello però disinnesca anche mine vaganti, e quel bruto che teme segretamente il giudizio di mammà sa tenerselo buono con la cocaina finissima che, senza dare mai nell'occhio, contrabbanda. L'ultimo Garrone, accolto trionfalmente a Cannes, sembra John Steinbeck in una periferia da selvaggio West – sbuffi di polvere, risse dal nulla, vendette trasversali. Quella non è la Olbia dei notiziari, nonostante le somigli, ma una provincia favolistica in cui si parla un po' romano, un po' napoletano, un po' calabrese, e i confini – dello stato d'abbandono, della morale – sono flebili. Un Fonte da Palmarès, buono indistintamente con cuccioli e belve, fa il criminale per cortesia, il palo alle rapine per integrarsi – e per integrare nel vicinato, soprattutto, quel Pesce qui irriconoscibile e mal tollerato. Commette atti impuri mosso da un candore commovente (pensate: si intrufolerà in un appartamento svaligiato per rianimare un cagnetto messo a tacere nel cassetto del congelatore) e davanti alle prepotenze, allo storto, reagisce con un sorriso diplomatico e stupido. Perché è uno scricciolo, brutto come la fame, e gli tocca mimetizzarsi per non perire. Tutto, scongiura, ma basta gli acquazzoni notte e giorno. Tutto ma, per favore, lasciategli stare la figlia, con la quale cerca online paesi esotici che non visiteranno. Tutto, labbri spaccati, sgarbi e umiliazioni da collezionare, ma non il disonore che a un certo punto lo renderà persona non grata in un buco di mondo in cui tutti conosco di tutti vita, morte, miracoli e peccati. Storia di cure affettuose e violenza barbara, con il pericolo pulp intelligentemente raggirato ma risvolti finali affatto impensati, Dogman è fotografia pesta, gocce sull'acciottolato e spari a bruciapelo, noir che si affranca grazie al cuore grande del cinema d'autore. Nessun piano imperscrutabile, nessuna ricca refurtiva, nessun narcotrafficante internazionale. Atmosfere a parte, non è Gomorra. Poiché su scala ridotta, non è il crime estraneo da te. Sembra vicino, sembra normale, ma così non è. C'è voluta la verità di Wikipedia per realizzare che al delitto del Canaro – non ne ribadisco le modalità, per chi come me non conoscesse il caso che fu l'incubo mediatico degli anni '80 – ci si ispira soltanto a grani linee. Garrone cambia i nomi, i punti di vista, il finale, non rinunciando né alla limpidezza di uno sguardo compartecipe né ai suoi cari espedienti da fiaba nera. E emoziona, intenerisce, spossa, con una vicenda a briglia sciolta legata all'orgoglio di un omino con un soprannome da anti-eroe da fumetto. Senti di averla fatta tua, a tratti, ma sbagli. Non la addomestichi e non la perdoni. Complice quale sei, ti salvi soltanto se corri più forte, lontano, del cane che abbaia e che morde. (8)

Li avevamo lasciati in sospeso, con loro finalmente a un passo da Lui. Avevano reclutato abbastanza ragazze discinte, fatto abbastanza rumore, e la visione conturbante di quelle feste in piscina alla Martin Scorsese aveva attirato quel settantenne di botox non così menefreghista, non così leggero. Paolo Sorrentino, da bravo anfitrione, ha rinnovato il suo invito giusto in tempo per i Nastri d'argento e un nuovo governo che già fa discutere. Ci si sposta nel privè, dopo i bagordi: la musica martellante si placa e possiamo godere dei dialoghi recitati ad arte, delle riflessioni che partono da chi meno ti aspetteresti e della schiettezza che, un capitolo fa, si intuiva a intermittenza. Il Berlusconi di Servillo sembra il Riccardo III usurpato. Il protagonista sopra le righe di un romanzo picaresco, ancora, in cui il lieto fine, l'ascesa, sono ostacolati da mille perigli. Ci si distrare con il sonno del guerriero, le saune e le fiction Mediaset con la soubrette del momento per improbabile protagonista, le feste con sole ospiti del gentil sesso. Per dimenticare i sei ministri che gli remano contro; la moglie decisa a chiedere il divorzo all'indomani dell'ennesima intercettazione; il terremoto che fa tremare l'Aquila e gli elettori. In apertura si mette alla prova consultando le Pagine bianche e pianifica uno scherzo telefonico stupendo: si improvvisa per l'ultima volta venditore di sogni e immobili. Alla fine si confronta aspramente con la Lario, e una strepitosa Ricci rende agguerrito il testa a tesa. A metà, invece, una lunga festa per fugare il rischio della solitudine. Forse galantuomo, forse impotente, il politico si accontenta di vivere di bellezza riflessa e ricordi: si dà alle lusinghe, invita le ragazze a sederglisi sulle ginocchia come farebbe Babbo Natale, non le sfiora nemmeno con un dito. Sembra rendersi conto di quanto appaia paradossale e triste il tutto, del puzzo di nonno, soltanto Stella: ventenne seduta in un angolo che da grande, no, non vuole fare la escort. Lunga serie di colloqui serrati, inframezzati da stornelli napoletani e odalische vogliose, il dittico di Sorrentino è ritratto apolitico (diretto e interpretato con la maestria che si addice a un premio Oscar) di un uomo ora odiato, ora amato, che non vorrebbe soltanto la botte piena e la moglie ubriaca, bensì l'impossibile: fama e benevolenza. Da lì il dilemma del re, anzi, del Cavaliere: tanto temuto, tanto criticato. Nessuno vuole brindare alla sua salute, infatti; dargli la soddisfazione di mostrare gioia davanti al suo ultimo giocattolo. Eppure un tempo vendeva speranze. E qualcuno ci ha creduto. Qualcuno si è innamorato. Ora ha perso il tocco da affabulatore, il potere persuasivo? Berlusconi si mette alla prova. Si rende patetico. Un Piccolo principe all'inseguimento della sua rosa, che ha paura di morire vecchio e solo. Manca oggettivamente il disegno unitario, lo sguardo d'insieme, e non soltanto per l'affatto funzionale divisione in due parti. Per quanto altalentante, per quanto squilibrato, il film convince quando Sorrentino smette di fare Sorrentino, di inseguire i vizi dei lussuriosi Smutniak e Scamarcio in carrellate psichedeliche, e si concentra sul dramma profondo di una crisi coniugale che, in faccia all'avvocato, rifiuta di firmare la consensuale: quella tra l'Italia e l'ex premier che credeva nel fumo negli occhi, quella tra Veronica e Silvio. Finalmente, insomma, loro due. (7,5)

12 commenti:

  1. Questa volta il compito di esaltare il cinema italiano non tocca a me, anche perché questi film ancora devo vederli, ma a te. Che sia un passaggio di consegne? ;)

    Spero di condividere il tuo apprezzamento anche se, per quanto mi riguarda, Sorrentino parte in pole position davanti a Garrone.

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    1. Eh, ma questa volta il "pregiudizio" sull'uno e sull'altro, vedrai, lascia il tempo che trova. Parlano i film. ;)

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  2. Voglio vederle entrambi! Ho letto che in tanti hanno preferito la seconda parte di Loro. Vedremo ;-)

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  3. Dogman è ancora difficile scuoterlo di dosso, una favola nera da un finale amarissimo. Garrone torna in sé, Marcello porta tutto sulle sue spalle, come da locandina.

    Sorrentino sì, dovrebbe fare meno il Sorrentino perché non potendo spaziare più di tanto e regalando millemila videoclip sexy, mi ha annoiato. Peccato perché di scene, di dialoghi soprattutto, e di riflessioni potenti, ce ne sono. Ma a conti fatti, cede il passo rispetto a Youth, rispetto alla Grande Bellezza.

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    1. Nel mio caso, il mese che purtroppo è passato tra la prima e la seconda parte di Sorrentino ha giovato: mi ha aiutato a vederlo, e forse ad apprezzarlo, con più distacco e meno noia. :)

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  4. Devo ancora vederli, ma il tuo parere mi incuriosisce molto.
    Spero di non rimanere deluso.

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    1. Garrone soprattutto farà breccia a scatola chiusa in casa Ford. ;)

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  5. Garrone l'ho adorato, soprattutto ho adorato Marcello, così solo, così patetico, così tristemente umano.

    Loro 2 meglio del primo capitolo, con scene davvero epiche come quella della telefonata. Opera imperfetta, squallida ed esagerata, in qualche modo affascinante, dovrei comunque rivedere tutto ancora una volta per capire se il dittico mi sia piaciuto o meno!

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    1. Marcello non si scorda, davvero.

      E neanche i guizzi, i capricci e l'aria fritta di Sorrentino, a cui ho voluto bene nonostante gli oggettivi difetti (della scrittura, qui e lì, e del minutaggio).

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  6. Non credo vedrò Loro, ma Dogman devo assolutamente. Mi hanno colpito l'attacco mediatico e le parole positive dei critici. Deve essere un gran filmone.

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