lunedì 31 luglio 2017

Recensione: Esche vive, di Fabio Genovesi

| Esche vive, Fabio Genovesi. Mondadori, € 11, 388 |


Se c'è una cosa che so, è che odio l'estate dal profondo del cuore. Bella per chi ha le ferie pagate e la fuga pianificata nel dettaglio. Bella per chi cambia aria, cambia facce, e non ha il mare a dieci minuti a piedi da casa – che sfizio c'è? Finisce la sessione e mi guardo attorno, smarrito. Perché senza la mia routine, senza una spinta, non so che farmene di questi pomeriggi di afa, ventilatore e siti streaming non agibili. Dal mio cattivo umore cerco di tenervi lontano, e spero di riuscire nell'impresa; di dissimulare bene. Oggi, abbiate pazienza, lasciatemi lamentare un po' in questo piccolo cappello introduttivo. Per dire che sarò nervoso, sarò irritabile, ma con Fabio Genovesi tutto passa. L'ho scoperto il mese di agosto dello scorso anno, con un altro malumore che mandava le onde a riva. Ho recuperato in quattro e quattr'otto il suo romanzo precedente e l'ho tenuto in libreria nei secoli fedeli. L'idea che fosse lì, a portata di mano, mi rassicurava.

O forse è solo che ognuno nel mondo si sente così speciale e unico e incomprensibile, ma invece alla fine siamo tutti uguali e passiamo gli stessi casini e abbiamo bisogno delle stesse cose.

Ho rispolverato Esche vive in una giornata storta. E leggevo su Anobii che manca di stile, che è chiassoso e volgare, ma oh, io ho riso forte dalla prima all'ultima pagina – come capita con quei romanzi energici, leggeri ma non troppo, di cui gli autori italiani conoscono i trucchi meglio di altri. Fabio Genovesi mi vede sempre al mio peggio, è destino – ebbene sì, c'è l'equivalente maschile del ciclo, dei capelli crespi e degli occhi struccati, del non ti azzardare a parlare o ti mando dritto dritto a quel paese. In quattrocento pagine, quest'uomo mi rassetta la testa. Al solito, la sua è una commedia corale. Al solito, si intrecciano le voci e le generazioni, e i toni virano dal pulp più sfrontato alla delicatezza del coming of age. Siamo in un paesello della Toscana. Bello, uno dice, ma invece l'estate fa schifo anche lì. Muglione è tutto acquitrini fetidi e andate senza ritorni. Si campa di pesca e ciclismo.

Perché il vuoto vero non è il niente, ma il niente dove invece dovrebbe esserci qualcosa.

La vita di Fiorenzo, diciannove anni e un nome scemo, ruota attorno all'una e all'altra attività: sfrattato dalla sua stanza, dorme nel retro di un negozio di pesca; il padre, appesa la bicicletta al chiodo, si è improvvisato talent scout. Nella Regione che non esiste ha raccattato il piccolo Mirko (la stoffa dei campioni nel sangue) e l'ha portato via con sé: lo sommerge di speranze, attenzioni, pressioni, e il bambino – venerato dagli adulti, scansato dai coetanei – va malissimo a scuola e non ha anima viva a cui confessare che il ciclismo, forse, manco gli piace. Fiorenzo lo considera un ladro di padri, un usurpatore, e lo vessa con barbaro impegno: se non fosse che ha una mano sola, se non fosse che è il cantante solista di una rock band che non decolla, gliene diremmo di cotte e di crude (che non può fare il bullo con l'ultimo arrivato in città, ad esempio). Sarebbe come sparare sulla croce rossa però. Chi se la passa peggio tra il Campioncino e quell'adolescente orfano, monco, frustrato a morte? Forse Tiziana, terzo elemento da mettere in conto: brillante trentenne tornata dall'estero con la coda tra le gambe, a Muglione sperava di mettere su un Infogiovani e invece si è dovuta accontentare di una bisca di vecchi sospettosi. Attratta inspiegabilmente dall'impresentabile Fiorenzo e intenerita dal vulnerabile Mirko, che pende dalle labbra di quest'ultimo e, timoroso, lo chiama “Signore”.

Qua non c'è niente da pescare, Fiorenzo, e non c'è niente da sperare. Hai diciott'anni, quando lo vuoi capire?

Ci si prende, ci si lascia. Si scappa e si resta. I letti traballano, le amicizie si formano, vuoi o non vuoi. Perdere è un'arte da perfezionare col tempo. E la solitudine di questi ragazzi di provincia, spartita in tre, è un peso che non scoraggia più. La vita è un fiume o una pozzanghera? Scorre come in Eraclito, o va a impantanarsi nell'acqua sporca? Fabio Genovesi, malinconico e poetico a modo suo, descrive con falsa spensieratezza la calma stagnante di alcune realtà. Un limo indefinito in cui nessuno abbocca e nessuno osa spingersi al largo. In certi giorni, preso all'amo, può qualcosa soltanto un romanzo dei suoi. Dimentico che non ho le branchie, e associo l'abboccare alla mia salvezza.
Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Thegiornalisti – Tra la strada e le stelle

16 commenti:

  1. Ieri ho comprato Chi manda le onde e sicuramente verrà al mare con me! Poi probabilmente recupererò anche questo!

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  2. Che bello iniziare la settimana con questa tua recensione! Ho terminato da poco Versilia Rock City: tienilo da parte per l'estate prossima! ;-)
    Lea

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    1. Ti ringrazio, Lea!
      Eh, considera che a breve esce anche il nuovo... Ne avrò per un bel po'. ;)

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  3. Il Campioncino mi è rimasto nel cuore (un po' come il piccolo Zot di Chi manda le onde), ma anche tutte le paranoie di Fiorenzo e il senso di sconforto di Tiziana di fronte all'infrangersi di tutte le sue buone intenzioni.
    Adoro il modo di scrivere di Genovesi, inizi e non riesci più a staccarti.
    Ora recupero Versilia Rock e aspetto con ansia l'uscita di "Il mare dove non si tocca" :)

    (A me il mare piace da matti e invidio un po' chi ci vive così attaccato)

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    1. E io ti seguirò a ruota!

      (Ma sì, a me il mare piace molto, meno i parcheggi manco a pagarli, i turisti, non avere altre mete...)

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  4. Premettendo che ho stilato una TBR estiva che spero di rispettare, dovrei leggere Genovesi al più presto, magari proprio prima dell'uscita del nuovo romanzo, chissà! Le tue parola mi hanno ispirata :)

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  5. Ciao! Eh ma lo leggerò il mese di agosto!!! La tua recensione mi conforta, nonostante il tuo malumore, la tua versione maschile di "lasciami stare che ho il ciclo". Di Genovesi ho letto solo la piccola meraviglia con la pulmina a troneggiare in copertina. Piano piano arrivo.

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    1. Agosto è già qui, Baba!
      Ti ringrazio, e non preoccuparti per il malumore: a breve riprenderò a studiare, e avrò altro di cui lagnarmi. :-P

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  6. Il tuo odio per l'estate è molto simile al mio, ma da un po' a questa parte non posso permettermelo perché poi cosa tramando a Cloe??? L'odio per la stagione del mare, delle vacanze da scuola, della spensieratezza??? no, non si può più. ma sono sicura che verrà anche il suo momento per l'odio verso sto periodo, non vedo l'ora :P
    guarda se mi dicevi che esche vive ti era piaciuto, però non quanto chi manda le onde io ti mandavo dritto a quel paese invece sei stato bravo e hai reso merito a sto romanzo, e mi hai pure fatto venire voglia di rileggerlo... o mi butto su Versilia rock city, che già ho? cloe mi ha distratta e mi sono dimenticata cos'altro volevo aggiungere, cavolo, ma a piacere tuo metti un bel Bravo! Bravissimo! Poesia di recensione ^_^

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    1. Ohhh, quando non mi dici Sce' mi metti in imbarazzo!

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  7. Non ho mai letto niente di questo autore ma,a questo punto,devo rimediare.
    La recensione è fantastica ma già mi sono intristita nonostante tu dica che hai riso tanto.
    Sarà che l'estate è la stagione delle attese disattese,dei sogni infranti,della spensieratezza ostentata ma non autentica,ma leggere che un ragazzo odia l'estate mi fa dispiacere.
    Perché anche mio figlio non la sopporta e il mare ce l'ha davanti,deve solo attraversare la strada.
    Ma quelle comitive festanti,quella goliardia rumorosa non gli appartiene come non appartengono anche al piccolo.
    E mi chiedo,ho sbagliato io?
    O è semplicemente che voi non fingete,siete voi stessi e ve ne fregate se non vi allineate al comune senso del divertimento?
    Scusa il fuori tema

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    1. Ti ringrazio, Solsido, ma non intristirti per me!
      Giuro, è periodo. Anch'io, come tuo figlio, non riesco a far mia quell'allegria forzata. Che si festeggia? Che c'è da sparare fuochi su fuochi? Anch'io ho il mare ho a un passo, e mi piace pure. Però, dopo un po', diventa quasi un dovere: vacci, ché hai affittato l'ombrellone. Insomma, un'altra voce da spuntare sulla lista delle cose da fare. Fossero questi i problemi, ma...
      Io e tuo figlio andremmo d'accordissimo.

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  8. Inizio di post parecchio estivo e solare!
    E pure il libro promette di non essere da meno... :)

    Io con l'estate ho un rapporto conflittuale. Per certi versi l'adoro, per altri mi mette tristezza.
    Diciamo che d'inverno mi piace pensare all'estate e poi, quando arriva, mi piace di meno.

    Il romanzo mi pare interessante, però forse è meglio recuperarlo nell'autunno/inverno, che se no adesso mi tira troppo giù...

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    1. Diciamo che, fino all'anno prossimo, l'estate per me sarà quella linea sottile tra una sessione e l'altra. Me la godo poco, ho l'ansia per quello che dovrò fare, vorrei partire ma andò vado? Meno male che ho i libri. Meno male che mi date corda voi, nonostante il caldo.
      Genovesi leggilo, ti piacerebbe molto.

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