sabato 24 ottobre 2020

Piccoli brividi Netflix: The Haunting of Bly Manor | Qualcuno deve morire

Un detto dice che si è soliti tornare lì dove si è stati bene. All'indomani dei fasti di The Haunting of Hill House – senza rivali, la serie più bella della sua annata –, come rinunciare a un nuovo invito nella casa degli orrori di Mike Flanagan? L'autore e regista americano cambia domicilio e, nella migliore tradizione delle serie antologiche, cambia radicalmente scenario. Le sue presenze inquietanti e romantiche, infatti, si trasferiscono nella campagna inglese degli anni Ottanta: a Bly Manor. Mentre la prima stagione si proponeva di adattare in chiave contemporanea il gotico di Shirley Jackson, la seconda si cimenta col classico dei classici – Giro di vite di Henry James –, in questi giorni al cinema con l'ennesimo mediocre remake. L'originalità, insomma, non abita qui. E a sorpresa la serie è più fedele del previsto al modello di partenza: abbiamo una giovane istitutrice, due bambini pestiferi, il fantasma di una vecchia storia d'amore che si tinge di mistero. Se come me conoscete la storia originale, non regalerà sorprese di sorta scoprire il perché delle stranezze del piccolo Miles. Flanagan, per fortuna, ci distrae dalla prevedibilità ampliando il cast dei comprimari. Popolosa, corale e profondamente umana, la serie racconta le esistenze e i dolori di tutti gli abitanti della magione: dalla domestica al cuoco, dall'autista alla sfortunata insegnante precedente. Nonostante la capienza, Bly Manor potrà contenere tutti i loro tormenti? Ci provano nove lunghi episodi, così, che vorrebbero essere molto più che una canonica storia di fenomeni paranormali. Ma la serie finisce per perdersi in sottotrame superflue, in monologhi artificiosi e ridondanti, in una scrittura stanca e frammentaria non supportata dalla regia televisiva: Flanagan dirige soltanto il pilot, e si vede. La suspance è mal gestita. Le ombre, discrete e marginali, non fanno mai paura. Recitato con troppa enfasi – brave la scream queen Victoria Pedretti e l'invecchiata Carla Gugino, pessimo il tenebroso Oliver Jackson-Cohen –, questo puzzle dispersivo trova una bella chiosa, però, negli episodi otto e nove. Tra il fascinoso bianco e nero dell'episodio in flashback e un epilogo dolcissimo, che lascia letteralmente commossi, The Haunting of Bly Manor piace più parlando dell'umano che del soprannaturale. Ma a proposito di sentimenti sospesi, elaborazioni, attese infinite e leggi cosmiche, vi saprà dire meglio e di più lo splendido A Ghost Story: il resto è dèjà vu. (6)

Dal cast radunato ordinatamente sul poster, sembrerebbe un giallo all'inglese nello stile del recente Cena con delitto. Invece è spagnolo e, a dispetto del titolo, non muore nessuno fino al terzo e ultimo episodio. Né mystery a orologeria né spudorata soap opera, Qualcuno deve morire gioca a carte scoperte gli incastri e le combinazioni di quelle piccole saghe familiari fatte di segreti, tradimenti e sensi di colpa, sullo sfondo della Spagna degli anni cinquanta e della sanguinosa ma scenografica caccia al piccione. La trama è presto detta: come in Teorema di Pierpaolo Pasolini, una famiglia integerrima viene messa in crisi dall'arrivo di un ospite perturbante. Bello, ambiguo e chiacchierato, il ballerino messicano è un caro amico del primogenito. Il giovane protagonista si invaghisce di lui, e lo stesso succede alla madre e alla promessa sposa. Ma il ballerino chi ama davvero? Cosa cerca per il proprio futuro? Un poligono sentimentale alla Xavier Dolan è nobilitato dalle scenografie elegantissime e dal particolare contesto storico: il regime di Francisco Franco. Prevedibile ma dal forte impatto emotivo, la serie tocca le corde giuste quando mostra la spada di Damocle che pende sul collo del capofamiglia, direttore di uno spaventoso manicomio: deve rinchiudere lì il figlio amatissimo, bollato come invertito dal pettegolezzo generale? Con grande discrezione, Qualcuno deve morire non miete vittime inutili – se non nell'epilogo, il vero tasto dolente: brutale, gratuito, frettoloso – ma mostra un'attenzione emozionante verso la sorte di comunisti e omosessuali in pieno regime fascista. L'inossidabile Carmen Maura, qui particolarmente spregevole, è la matriarca; Ester Exposito, già vista in Elite, è l'antipatica fidanzata a un bivio; mente lo sconosciuto Alejandro Speitzer, protagonista di un monologo dolorosissimo, sorprende con la performance più sfumata. Più adatta a un film che a una miniserie, la storia si rivela essere – purtroppo o per fortuna – più sobria del previsto, ma per tre ore intrattiene con un crescendo piuttosto coinvolgente. Dopo averlo conosciuto qui, sono curioso di scoprire la penna di Manolo Caro – anche regista dell'ennesimo remake estero di Perfetti sconosciuti – in La casa de las flores: l'intrattenimento trash di cui non sapevo di avere il bisogno. (6,5)

8 commenti:

  1. Molto d'accordo su "Bly Manor", tanto spiegato ma alla fine dopo il pantano degli episodi centrali, alla fine mi ha preso abbastanza, anche se lap rima stagione era due spanne sopra. Ero curioso di vedere "Qualcuno deve morire" grazie per la spintarella ;-) Cheers

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    1. Qualcuno deve morire, visto mentre facevo il cambio invernale, è una piacevole compagnia. Anche se avrei spinto di più il pedale. ;)

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  2. Pur essendo inferiore a Hill House, Bly Manor mi ha conquistato totalmente perché riesce nell'intento di coinvolgere totalmente nella visione e di trasmettere l'importanza di alcune persone e alcuni momenti da incastonare nella propria mente, per non farsi trascinare da altrettante persone e altrettanti momenti che, invece, possono portarti alla perdita totale di tutto (i volti, la memoria, ecc...). Una storia dell'orrore che punta ad emozionare piuttosto che a spaventare. Fatta pace con questo assunto di fondo, secondo me, Bly Manor riesce a trascinarti totalmente. Oltre ai bellissimi episodi da te citati, io sono rimasta colpita anche dal quinto, incentrato sulla governante Hannah e perfettamente in grado di trasmettere questo confondersi nella nostra mente di luoghi, persone, momenti, parole, ecc...

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    1. Il quinto mi avrebbe impressionato molto, se non mi fosse sembrato la copia carbone del sesto della sottovalutatissima prima stagione di Castle Rock. Insomma, nessuna sorpresa, neanche nei momenti migliori: peccato.

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  3. Cosa???
    Ma Bly Manor è uno splendore. Per me ancora meglio della già notevole Hill House. La scarsa presenza di Mike Flanagan, dopo l'orrendo Doctor Sleep, non mi è sembrata una cosa troppo negativa, ahahah
    Ti si è ghiacciato il cuore, o cosa? :)

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    1. Che piaccia o meno, di certo Doctor Sleep non aveva questo orrenda luce rosa confetta e il direttore della fotografia del Segreto. L'ho trovata davvero mediocre, lacrime a parte: quelle sono scese, davanti a un finale bello perché facilone...

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  4. Come sai Bly Manor ha deluso pure me, finale a parte, qualche spavento nel mezzo, l'ho trovato troppo sfilacciato nelle tante storie da raccontare e senza un peso omogeneo. Per Oliver fortuna che c'erano i sottotitoli, c'ha creduto troppo nel suo accento da diventare incomprensibile.

    Someone has to die mi aveva ingannato dal poster, ma letto che era spagnolo e visto il cast con gli idoli Netflix ho preferito dare precedenza ad altro. Di questi tempi fioccano titoli mooolto più interessanti e io mi sono presa indietro.

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    1. Vero, c'è di meglio, però tre puntate volano per fortuna. Non mi è dispiaciuto. :)

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