|
Canta, spirito, canta, di Jesmyn Ward. NN Editore, € 18, pp.
270 |
Bentornati,
se siete di ritorno nell'affascinante Bois Sauvage. Benvenuti, se
invece è la prima volta. Sembrano accoglierci queste precise
parole – formule di saluto, sintomo di accoglienza sincera –
all'inizio del secondo romanzo della bravissima Jesmyn Ward.
L'autrice afroamericana, che la scorsa estate mi aveva strappato il
cuore dal petto con Salvare le ossa, ci porta per mano nei
luoghi del nostro colpo di fulmine. Gli stessi che, nelle ultime
pagine del capitolo precedente, erano stati spazzati via dalla forza distruttrice di Katrina: un uragano con un
programmatico nome di donna. Questa volta, salutati Esch e i suoi
fratelli, conosciamo i membri della famiglia Stone. Possibile non
rimpiange i personaggi al centro della passata vicenda? Per quanto ne
abbia sentito la mancanza, preferendo in definitiva l'altro romanzo a
questo, è stato impossibile non affezionarsi anche alla voce di
Jojo: tredici anni, le gambe chilometriche e le ginocchia grassocce,
divide la casa con i nonni paterni e accudisce la piccola Kayla, che
del fratello maggiore ha fatto il suo universo. Giù alle prese con
gli sconvolgimenti della pubertà, nel giorno del suo compleanno fa i
conti con due drammi: suo padre, Michael, sta per essere scarcerato;
i primi spiriti errabondi stanno cercando nel frattempo di attirare la sua
attenzione. Di razza meticcia, con nascenti doti da medium ereditate
dal ramo materno, il protagonista parla con i morti e gli animali e,
nel tempo libero, pende dalle labbra di nonno Pop, tanto accorto nel
prendersi cura della moglie malata quanto disordinato qualora ci sia una da raccontare una storia dall'inizio alla fine.
Un
uomo ha dentro delle cose che lo muovono. Come le correnti d'acqua.
Cosa che non puoi farci niente. Più passano gli anni, più mi rendo
conto che è così. Quello che ha dentro Stag è come acqua, così
nera e profonda che non riesci a vedere la fine.
Com'è
stata la sua reclusione a Parchman, campo di lavoro in cui fu
rinchiuso per colpa dello strapotere dei bianchi? Qual è la verità su
Richie, prigioniero della stessa età di Jojo, che piange
incessantemente la sua giovinezza interrotta e, sotto forma di
apparizione, tormenta il nipote per sbrogliare un'ultima questione
irrisolta? Questa è la storia di un'iniziazione triviale e poetica.
Ma è, soprattutto, la storia di un lungo viaggio in macchina.
Direzione: il famigerato penitenziario. Si va a recuperare
Michael. Guida Leonie, la mamma tossicodipendente del protagonista, e
dietro siedono Jojo e Kayla. Più che stretti, i due sono
avvinghiati. La donna li guarda con un misto di fastidio e invidia,
sentendosi inadeguata: il primogenito vorrebbe rubarle il posto,
essere un genitore migliore di lei.
A punti di vista alterni, così, si danno il cambio mamma e figlio: il primo, di una tenerezza disarmante, con sin troppo da fronteggiare; l'altra, facilmente influenzabile, che preferisce il fidanzato alla prole e inconsciamente ha fatto propri i poteri di una famiglia di donne magiche. Trasporta cristalli di meth in un vano dell'automobile, non bada al vomito della figlia in preda all'influenza, eppure quando è fatta vede il fratello – Given, ammazzato in un presunto incidente di caccia – e distingue le piante medicamentose da quelle letali. La mela è caduta lontana dall'albero? Jesmyn Ward smuove mari e monti, apre in due la terra con la violenza dei sismi, e fa rotolare il frutto della discordia alla portata dei suoi personaggi. Irresponsabili e disperati, recuperano un nuovo passeggero e puntano a casa: si scontreranno con il braccio violento della legge – struggente il rapporto simbiotico fra Jojo e Kayla nella scena del posto di blocco – e matureranno riflessioni sulle loro origini rinnegate, nonché sui segreti taciuti a fin di bene – lo scioccante destino di Richie sembra proprio sbucato dalle migliori pagine di Uomini e topi.
A punti di vista alterni, così, si danno il cambio mamma e figlio: il primo, di una tenerezza disarmante, con sin troppo da fronteggiare; l'altra, facilmente influenzabile, che preferisce il fidanzato alla prole e inconsciamente ha fatto propri i poteri di una famiglia di donne magiche. Trasporta cristalli di meth in un vano dell'automobile, non bada al vomito della figlia in preda all'influenza, eppure quando è fatta vede il fratello – Given, ammazzato in un presunto incidente di caccia – e distingue le piante medicamentose da quelle letali. La mela è caduta lontana dall'albero? Jesmyn Ward smuove mari e monti, apre in due la terra con la violenza dei sismi, e fa rotolare il frutto della discordia alla portata dei suoi personaggi. Irresponsabili e disperati, recuperano un nuovo passeggero e puntano a casa: si scontreranno con il braccio violento della legge – struggente il rapporto simbiotico fra Jojo e Kayla nella scena del posto di blocco – e matureranno riflessioni sulle loro origini rinnegate, nonché sui segreti taciuti a fin di bene – lo scioccante destino di Richie sembra proprio sbucato dalle migliori pagine di Uomini e topi.
Diceva
che c'è uno spirito in tutte le cose. Negli alberi, nella luna, nel
sole, negli animali. Diceva che il più importante è il sole, Aba,
come lo chiamava lui. Ma per avere un equilibrio ci vuole tutto lo
spirito che c'è in ogni cosa. Solo così le piante crescono, gli
animali nascono e ingrassano per darci nutrimento. Ecco come me lo
spiegava: se c'è troppo sole e niente pioggia, le piante seccano. Se
c'è troppa pioggia, marciscono. Lo spirito deve trovarsi in
equilibrio. Il corpo, mi diceva, è uguale.
Il
tragitto è un po' un calvario, un po' un incanto. Scabroso,
essenziale, pieno zeppo di magia, Canta, spirito, canta è
l'avventura di un gruppo di sconosciuti con in comune il medesimo DNA
e una sorprendente propensione allo straordinario. Le generazioni
passate hanno subito deportazioni e schiavitù, l'onta dei crimini
d'odio: l'odore di un bambino sarà abbastanza dolce da cancellare il
puzzo di sangue? Sorretto dall'andamento classico e delicato del realismo
magico, bello ma meno perturbante del precedete, il
viaggio tocca facilmente il cuore parlando di bambini cresciuti in
fretta, sorelline bisognose, razzismo e altre ingiustizie. Lo spunto
abusato della trasferta on the road e
l'impressione che ci fosse troppa carne al fuoco, tuttavia, mi hanno
fatto trovare leggere stonature in questo intenso coro gospel. La
litania funebre di Jesmyn Ward, stavolta, è un'armonia piena ma
imperfetta. Una canzone già sentita, ma ugualmente capace di
toccare le corde giuste. Il nostro spirito le risponderà in un
doloroso controcanto.
Il
mio voto: ★★★½
Il
mio consiglio musicale: Alice Merton – No Roots
Sarà mio, anch'io fui rapita dal primo libro, mi emozionò molto!
RispondiEliminaDi una bellezza insuperabile, almeno per me. :)
EliminaAvevo sentito dire che questo romanzo fosse ancor più bello del precedente, ma a quanto pare i gusti sono gusti e ognuno deve farsi un opinione soggettiva per giudicare :) Saga questa che mi incuriosiscfe davvrero molto :)
RispondiEliminaLa serie si riconferma bellissima, però sì, i gusti son gusti. Ne leggo bene dappertutto, ma a me sin dall'inizio è piaciuto meno del precedente. Troppo furbetto.
EliminaSicuramente l'impatto emotivo del primo libro della serie è stato travolgente. Ancora ricordo alcuni passaggi e i personaggi sono difficili da dimenticare. Anche il secondo capitolo della saga mi è piaciuto anche perchè affronta tematiche su cui fermarsi un momento a riflettere. Nel complesso lettura coinvolgente.Aspetto con ansia il terzo capitolo della saga :)
RispondiEliminaLo aspetto anch'io, sperando però si concentri attorno a temi più circoscritti per risultare meno pasticciato. Ho avuto questa impressione, chissà. :)
EliminaDevo assolutamente recuperare i libri di questa autrice *-*
RispondiEliminaLa amerai.
Eliminali ho segnati entrambi mi ispirano a ogni parere di più!
RispondiElimina