sabato 24 novembre 2018

Recensione: Ora che il tempo non vola più, di Lorenzo Arrais

| Ora che il tempo non vola più, di Lorenzo Arrais. Bookabook, € 11, pp. 124 |

Quando mi sono avvicinato per la prima volta al catalogo Bookabook, l'editore milanese che per i prossimi ottantotto giorni darà alla mia storia dal destino ancora in forse una bella vetrina online (a proposito: tutti i romanzi sono a metà prezzo fino a domani), mi è venuto naturale avvicinarmi a un autore della mia età: tanta, infatti, la scelta; troppi i generi. Nel palmo della mia mano, allora, ecco la sola bussola della solidarietà anagrafica. Ho letto l'esordio di Lorenzo Arrais, classe 1994, nel dubbio impellente; a scatola chiusa. Un volume sottile ed elegante, poche pagine e, in parte come nel caso del mio Malanotte, una narrazione epistolare: sempre lettere aperte, ma non a una catastrofe bensì a Mandorla. La ragazza – non di pura finzione, ho immaginato – colpevole di avere donato al narratore i migliori sorrisi e di averli richiesti poi indietro con interessi da usuraio. 
Non importa chi. Non importa quando. Non importa perché. Conta soltanto il come. Lui e lei, studenti di Medicina passati in un lampo dai ripassi insieme alla convivenza da innamorati, si sono lasciati. L'uno porta un nome puntato, l'altra quello di un seme. Sono gli anni dell'università, delle ultime ribellioni, dei primi sogni spariti con il sopraggiungere dell'alba. Forse c'entra un tradimento commesso da una giovane caustica e irrequieta, forse è colpa di un eterno romantico più bravo in teoria che in pratica. Dettagli inesistenti perché, in fondo, ininfluenti.

Da quando sei volata via il mio tempo non vola più, non riesco più a sentire il tic-tac dell'orologio, quel rumore che odiavi così tanto e che il destino beffardo ha voluto zittire nello stesso istante in cui i tuoi passi hanno smesso di fare eco dentro casa, ma non dentro di me.

Ci si preferisce concentrare sulla sofferenza del dopo, sui postumi di una sbornia d'amore. Brutto andare in giro senza meta, di notte; peggio ancora stare a casa in solitudine aspettando che qualcuno ci raggiunga nel letto dalla porta del bagno semiaperta. Si ripensa al primo incontro, si tenta di ricordare l'ultimo bacio. Soprattutto, si scrive – su un muro con il pennarello nero, sulle superfici umide con il polpastrello dell'indice, sull'agenda Moleskine che spunta puntualmente dal camice stirato di fretta. Quello che non saranno più, le parole che avrebbero voluto ma alla fine non si son detti, i segreti per imparare a farne a meno, il pensiero di temprare la volontà smettendo di fumare, le bugie rivolte a una lontananza da ingannare con messaggi mai inoltrati. Fragile, empatico e naturalmente inadeguato davanti alla felicità, L. non butta gli oggetti rotti, piange con Bambi alla tivù, aiuta sconosciuti con le buste pesanti della spesa. Pensa al futuro, suo chiodo fisso, a costo di non godersi il presente. Dice di sognarsi scrittore per vivere per sempre e specialmente per parlare con lei, Mandorla: che l'ha sbriciolato come fosse un croissant e ormai vive in lui, di parole e basta. E non si perdona, no, nell'incapacità di nutrire rancore verso di lei – che forse dalla sua torre d'avorio non soffre né lo pensa, almeno non quanto lui.

Ogni mattina ci promettevamo che la volta dopo saremmo rimasti a letto, al caldo del nostro piumone a fare l'amore tutto il giorno. Adesso invece mi basterebbe che tu tornassi a prepararmi la colazione, ché ho finito anche la marmellata. Torna e usa la marmellata che vuoi, anche quella di agrumi, non mi importa. Però torna.

Riflessivo e romantico, con un linguaggio un po' social che fa pensare a Chiara Gamberale, Arrais propone uno struggimento per voce sola che non si fa mai dialogo eppure riesce magicamente a interloquire con i lettori. Perfino con il sottoscritto, che di rado si lascia intrattenere da questi flussi di coscienza; che da bravo razionale pretende il più delle volte una vicenda che abbia inizio, svolgimento, fine. Facilitano la lettura i capitoli agili, passi da leggere a voce alta per meglio farli propri, una schiettezza che anche in mancanza della nota biografica mi avrebbe fatto riconoscere Lorenzo come figlio della mia stessa generazione. Ora che il tempo non vola più ha due protagonisti appena: i nomi fittizi, un background semisconosciuto, un prosieguo sentimentale incerto. Non è un romanzo epistolare, non è una storia d'amore: non in senso stretto almeno. Ma resterà forse la lettura più giusta nell'attesa che il tempo di noi, eterni romantici, riprenda a scorrere. Rendendo finalmente l'innamorarsi legale, in questa eterna ora solare.
Il mio voto: ★★★
Il mio consiglio musicale: Thegiornalisti – Senza

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