lunedì 2 novembre 2015

Recensione: La nostra ultima canzone, di S.K. Falls

Io volevo diventare amica del dolore. Volevo ballarci guancia a guancia, usare la sua mano come cuscino mentre dormivo. Rifiutavo di averne paura.

Titolo: La nostra ultima canzone
Autrice: S.K. Falls
Editore: Piemme Freeway
Numero di pagine: 346
Prezzo: € 17,50
Sinossi: Il più grande desiderio di Saylor è ammalarsi, solo così, pensa, chi le è accanto la noterà e le vorrà bene. Ha la Sindrome di Munchhausen, infatti, e ogni scusa è buona per entrare in contatto con germi e malattie. Così, quando il suo psichiatra le consiglia di andare a fare volontariato per i gruppi di auto-aiuto, accetta con grande entusiasmo: per ammalarsi non c'è niente di meglio che passare del tempo in ospedale. Lì Saylor conosce un gruppo di ragazzi, malati terminali, e inizia a frequentarli Tutto si basa su un equivoco, loro pensano che anche Saylor sia molto malata, ma lei non ha alcuna intenzione di fargli cambiare idea, perché per la prima volta si sente a suo agio con dei ragazzi della sua età. Tra di loro c'è Drew, un ragazzo bellissimo, un musicista, di cui a poco a poco Saylor si innamora. A separarli c'è quella tremenda bugia, Saylor non ha davvero la sclerosi multipla, ma a unirli c'è una forza potentissima, che li spinge a credere di conoscersi da sempre.
                                           La recensione
Saylor ha sette anni quando ingoia il primo ago. Una scena cruda, forte, per dare avvio a un romanzo che la copertina italiana – non che quella originale sia meglio – vorrebbe farci credere stucchevole. Due ragazzi che si baciano, in una storia d'amore all'apparenza come mille altre, quando invece l'indagine dei mali – fisici e mentali – e un'affiatata compagnia di comprimari a un baratro, ma stranamente contenti, rendono La nostra ultima canzone il romanzo che forse non ti aspetti: interessante per temi mai esplorati, coinvolgente nella resa, che è modesta ma piace. E della scrittura, lineare, nella media, ma senza peli sulla lingua, apprezzi le piccole punte di coraggio e l'immensa schiettezza con cui andare al cuore del problema. Perché la storia di Saylor, dei suoi nuovi amici morenti e del suo primo e ultimo amore, sa raccontare i temi spinosi e le bugie spregevoli con semplicità; con una specie di leggerezza che rende la lettura agevole e accattivante. Una lettura che, pur coi suoi limiti, ti lascia insomma qualcosa di buono. Sono positivamente sorpreso e potrei dire che, sotto sotto, avessi intuito che il romanzo di S.K. Falls potesse piacermi; ma il potenziale, dietro un'aria comune, in realtà non lo avevo scorto. Il desiderio di leggerlo è partito come un capriccio che la gentile Lucia dell'ufficio stampa ha voluto darmi per buono: attirato perché certi temi – se trattati al meglio – sono gli unici a scalfirmi. Nel risvolto di copertina – e, al contrario dell'immagine in primo piano, i risvolti sono particolarissimi, con un effetto strappato ai bordi – leggevo una storia triste: la Falls – dietro le abbreviazioni, origini indiane che regala, in parte, alla sua complicata protagonista – si sarebbe rivelata delicata o diretta, ironica o elegiaca? Soprattutto, in un mare di libri, in cui gli adolescenti vengono descritti alle prese con gli struggenti dolori della loro età, avrebbe cantato, a modo suo, un ritornello diverso o il classico tormentone che va per la maggiore? Per fortuna, c'è quella narratrice che spiazza e, con l'egoismo e una siringa sempre in tasca, fa la differenza, facendosi odiare e volere bene. Saylor ha qualcosa che non va. Lo rivela un incipt shock – e l'incipit, in un romanzo, fa tutto – in cui ci racconda i suoi primi tentativi di farsi male. Gli aghi per lacerare, i lassativi per procurarsi i crampi alla pancia, il desiderio malato di essere sempre a letto, in preda a febbri alte, per attirare le attenzioni di due genitori distanti. 
Avete presente quando avete l'influenza e, per un weekend, ritornate bambini? I piumoni caldi tirati su, fino al collo, con tanti cuscini sotto la testa e la televisione che manda un film rilassante; le mamme che ti portano il brodo e i padri che, tornati dall'ufficio, ti rimboccano le coperte, anche se hai vent'anni e sei grande, ormai? Una famiglia che, nel momento del bisogno, vedendoti debole, si fa in quattro per te. Saylor ha la Sindrome di Muchausen e il suo sogno è vivere per sempre così: nel nido di una mamma chioccia, in preda a una febbre che – come scriveva qualcuno – rende tutto più bello. Ma quelli che sembravano semplici capricci, con l'età, degenerano. La sua migliore amica è una puntura, con la quale si inietta saliva sottopelle, procurandosi ascessi; il suo compagno fedele è uno psicologo che non giudica; il suo amante segreto, invece, il farmacista di turno. Finché, un giorno, stare a contatto con le forme più spietate della malattia non diventa il suo compito per casa: lei spera di abbattere ulteriormente le sue difese immunitarie, i medici di sensibilizzarla. In ospedale, conosce un gruppo di giovani malati terminali, che vanno dai diciotto ai venticinque anni, a metà tra Braccialetti Rossi e Noi siamo infinito: geniali e amichevoli; così tanto da crederle a occhi chiusi quando, per un malinteso mai smentito, Saylor dice di avere la sclerosi multipla. 
C'è Zee, che lotta contro un cancro al seno che ha presto messo radici altrove; Pierce, omosessuale sieropositivo; Jack, che combatte – in tribunale – per il suo diritto a una morte dolce; Drew, che ha braccia forti per compensare a gambe fragili. Il suo male si chiama atassia: si trascina dietro con un bastone, ascolta tanta buona musica, ha finalmente conquistato la propria indipendenza. Presto lo abbandoneranno anche la voce, con cui intona belle canzoni di amore e perdita, e tutto il resto. Inevitabilmente, anche Saylor. Come reagirà alla bugia di lei? Come sarà, quel gigante buono, piegato su una sedia a rotelle? Allora speri che lei possa guarirlo e basta, ma non è possibile; e allora speri che lei si ammali sul serio per non doverlo deludere. Non si meriterebbe neanche di sopravvivere a tutti: di difficile comprensione, scostante, tanto ingrata da giocare con il fuoco. In mezzo a comprimari a cui ci si affeziona e che pianificano di morire soli come cani, nascondendosi, la storia della diciottenne Saylor, ragazza interrotta, darà il via a una relazione amorosa toccante e a un percorso di crescita che emoziona. I suoi tentativi, prima di farsi accettare, poi di farsi perdonare, compaiono in lungo elenco di nodi da sciogliere e scuse da chiedere: una lista di ultime volte un po' diversa, per non lasciare – come in caso di fine prossima, d'altronde – niente in bilico. Il new adult di S.K. Falls è tra quelli che, se letti nel momento giusto o in quello sbagliato, ti sanno trovare scosso e pensieroso; come un brano malinconico che hai già sentito ma che, se fuori piove e nessuno ti vede, ti commuove. Sui misteri del cuore – perché innamorarsi, se si hanno i giorni contati –, su quelli della psiche – perché desiderare un malanno, se Dio o chi per Lui ci ha fatto la grazia di una esistenza duratura. Sull'inconciliabilità tra un dolore fisico che si sopporta, e a volte si ricerca, e un dolore emotivo che, al contrario, dilania ma fa crescere. L'amore è strano, è strana la vita. Siamo strani noi, assieme ai nostri sentimenti involontari. La nostra ultima canzone, dunque, si rivela un libro da consigliare quando ci si rende conto – insieme alla protagonista – che si è qualcuno di speciale, e che il romanzo è di conseguenza qualcosa di speciale, anche senza i segni distintivi della ballata triste. 
Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Tom Odell – Heal

16 commenti:

  1. Questa recensione, soprattutto da parte tua, è una piacevole sorpresa ;)

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    1. Piacevole sorpresa anche il romanzo, in effetti. :)
      Peccato per la veste grafica...

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  2. Dalla copertina, dalla trama, dalla collana in cui è stato inserito... non so bene per quale motivo, ma ero arrivata alla conclusione che fosse una storia molto più banale.
    La trama non mi aveva convinta, la tua recensione si! :)

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    1. Grazie, Sara! In realtà a me la Freeway raramente dispiace, ma ultimamente con le copertine non va tanto d'accordo, eh? :-)

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  3. Un'opinione inaspettata...anch'io immaginavo una storia molto diversa, sicuramente meno intensa. Prendo nota :)

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    1. L'ho scelto per prendere fiato un po', ma si è inaspettatamente rivelato valido, sebbene non ami il genere. Per una volta un new adult - con il sesso ma non la volgarità; con tematiche scomode - che non ho faticato a comprendere. :)

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  4. Parere che, sinceramente, non mi aspettavo.
    Il libro appartiene a un genere che purtroppo non riesco ad apprezzare, però dal modo in cui nei hai parlato, mi sembra sia diverso dai soliti. Potrei dargli una possibilità ;)
    Un saluto :)

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    1. Sinceramente, non me l'aspettavo nemmeno io. Se ti capita sotto mano, secondo me potrebbe piacerti. ;)

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  5. Mamma mia che storia..
    Essendo una mamma evito accuratamente tutti i libri che parlano di ragazzi malati.
    Ho già dato con"La custode di mia sorella" che mi ha fatto attorcigliare sufficientemente,e non mi è neanche piaciuto
    Una curiosità:visto che oggi ne parlano tutti,tu hai mai letto Pasolini?
    Ai miei tempi ho letto "Ragazzi di vita" perché era un autore da conoscere,ora non mi pare che rientri fra gli autori di riferimento.
    Tu cosa ne dici?

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    1. Ciao Solsido! In realtà, lo conosco più come regista - ho visto Medea, Salò, Il Vangelo secondo Matteo e qualcos'altro - che come autore. Ho in piano un esame in cui sono in programma molti testi dei suoi, Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea, quindi approfondirò presto la mia conoscenza. Anche per i lungometraggi, effettivamente, avrei avuto bisogno di una guida, talvolta; di una qualche parafrasi. Approcciarmi da solo a personalità simili m'intimorisce tanto.

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  6. caspita...
    fortino come libro...
    però mi ispira un sacco!

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    1. Sì, ma il fatto che sia pensato per gli adolescenti è un bene.
      I temi forti vengono addolciti ma, fortunatamente, mai troppo.

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  7. Cavolo ma sai che non ero nemmeno a conoscenza dell'esistenza di questo romanzo fino a poco fa? Ho visto la copertina in giro soltanto negli ultimi giorni, per il resto non ne sapevo niente, non avevo letto la trama... lo ignoravo troppo... e di sicuro non fosse stato per questa recensione davvero bella lo avrei snobbato o.ò (quella copertina non si può vedere) ma ora sono più che convinta di volerlo leggere *-*
    Grazie per i buoni consigli che dai sempre :D

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    1. Sono contento, Denise. Quest'anno ho letto pochissimo del genere, e forse è stato meglio così per le sorti di La nostra ultima canzone. Mi dovevo disintossicare dai tanti romanzi fotocopia: questo, forse perché non leggevo new adult da tantissimo o forse perché sotto c'è qualcosa di buono davvero, è meno fotocopia di altri, senz'altro. :)

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  8. Urca, per me è stata una delle letture peggiori mai fatte! E pensare che con queste tematiche ci vado a braccetto, boh!

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    1. Avevo letto che non ti stava piacendo...
      Anche a me questi temi attirano, ma ricordo ad esempio che a te era piaciuto Il mio cuore e altri buchi neri, mentre io - a fine lettura - subito lo avevo dato in scambio. Semplicemente, vogliamo che certe cose siano trattate diversamente. :)

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