Quanto
ci eri mancata, carissima Midge? Rieccoti qui, sempre in tiro e
reduce dall'ennesimo trionfo annunciato, con un ritorno all'ovile
finito sulla fiducia nel meglio della scorsa annata. L'ebrea della
New York bene con all'improvviso un matrimonio in forse aveva
scoperto un antidoto imbattibile alla crisi esistenziale post
separazione: la stand up comedy. Di giorno commessa nel reparto
profumi di un grande magazzino, di notte intrattenitrice nelle
peggiori bettole, indossava il suo costume da supereroina – collana
di perle, un abito da cocktail – e a raffica parlava e sparlava dei
retroscena dell'Upper East Side. Nella seconda stagione qualcosa si
muove. Si muove lei, fulmine abbagliante fra Parigi (lì la mamma
insoddisfatta), la collina (lì i due mesi di villeggiatura estiva),
cinque minuti di notorietà in tivù (lì la consacrazione dopo un
tour scomodo e provante). E il cabaret, piuttosto, che fine ha fatto? Relegato
in un angolo, se ne sente la mancanza nelle prime cinque puntate. La
serie infatti ingrana in ritardo, ma cos'altro potremmo
rimproverarle? Spazio alla relazione idilliaca fra i genitori
(quella, sì, ci interessa senz'altro un po' meno), al nuovo flirt per
Zachary Levy (gli si preferisce tuttavia la dolce persistenza di
Joel, o perfino il carisma del pittore Rufus Sewell impegnato in un
ruolo secondario) e a una professione che tempra le resistenze di
Mrs. Maisel. La rivelazione sulla sua doppia vita saggia la
solidità dei rapporti familiari, semina gelosie e dissapori, la
mette davanti all'impossibilità di stare dietro a tutto. Nonostante
gli spostamenti in automobile, le questioni di cuore e la spiccata
dimensione corale facciano sentire fino a metà la mancanza del vero
show, la serie dei coniugi Palladino si difende alla grande con la
solita grande scrittura e con una Brosnahan di cui confermare il
carisma. Che dialoghi, che colori, che verve. E quanto
piacciono i riferimenti a The Twilight Zone nei
salotti, il gossip su quei Kennedy dai pantaloni di seta, i primi
processori a cui insegnare le canzoni per bambini nei Laboratori
Bell? Carissima Midge, in questo piccolo mondo maschilista che
censura il brio e considera i segreti dell'intimità tabù pruriginosi, mi ripeto, quanto ci eri mancata? (7,5)
Li
ho conosciuti per la prima volta da bambino, con il film con Jim
Carrey: da me amatissimo ai tempi, scopro che era stato stroncato
dagli appassionati della saga letteraria. Li ho incontrati
nuovamente, poi, tre anni fa: facce diverse e un diverso formato, ma
gli stessi lutti consequenziali; le stesse disavventure architettate
da un tutore machiavellico e vanaglorioso. Qualcosa, spiace, non
funzionava bene e non ha funzionato poi. Una struttura ripetitiva per
forza di cose, un andirivieni frustrante e una fedeltà esagerata
verso l'universo del suo brillante creatore. Tredici romanzi, tre
stagioni pienissime: il troppo stroppia, soprattutto proposto in
binge watching. Dopo la stanchezza subentrata nella stagione
intermedia – ancora più corposa, ancora più schematica della
precedente –, posso dirmi felicissimo di non aver gettato la
spugna. Il meglio, infatti, doveva ancora venire: riservato a
sorpresa per un gran finale che scioglie tutti i nodi, svela alleanze
e parentele, mostra il meglio di scenografi e sceneggiatori. Una
montagna innevata, un sottomarino, un albergo che ospita una
convention super segreta, un'isola non così deserta su cui
ricominciare daccapo: ambienti circoscritti, il che significa meno
meno spostamenti e soprattutto meno puntate. Ce ne vogliono appena
sette, più asciutte e leggere del solito, per dire addio con un po'
di commozione ai Baudelaire e a un Neil Patrick Harris immalinconito. Assieme a loro, i cambi d'abito e le bizze della
meravigliosa Lucy Punch, l'egocentrismo dell'amata-odiata Carmelita e
tante novità: compagnie che si smantellano; fratelli, sorelle,
trigemini e latitanti pronti a darsi appuntamento nei fasti della
sesta puntata; la tenerezza della piccola Sunny, che si barcamena con
allegria contagiosa fra l'alta cucina e i funghi tossici. Lemony
Snicket aveva un piano preciso e carte vincenti, questa volta, per
avere la meglio sul pericolo irritazione facile. Si intensificano i
flashback, fino a toccare la generazione precedente, così come gli
inseguimenti alle zuccheriere del mistero foriere di scismi e
discordie. Non ho tenuto conto dei colpi di scena impossibili, che a sorpresa non guastano. In una
chiusa intelligente e metacinematografica, che dice e non dice,
accenna, inventa e lascia l'ultima parola alla freschezza del futuro.
In un prodotto mai visto, contemporaneamente pieno di pro e di
contro, che nel suo piccolo – con il senno di poi l'ardire del
tutto appare infatti frainteso, sottovalutato perfino dal sottoscritto –
unisce Burton e Anderson, l'umorismo beffardo alle fiabe per
famiglie, per costruire un fortino di lenzuola che rattrista abbandonare. (7)
Ciao Mik! per quanto riguarda il primo non lo conosco ma non penso sia il mio genere, sfortunati eventi invece mi ha fatto compagnia in questi tre anni e mi è piaciuto molto. credo proprio che mi dedicherò alla lettura dei romanzi ora.:)
RispondiEliminaCurioso anch'io per la serie letteraria, anche se non ho più l'età. Ma ehi, chi l'ha detto? :)
EliminaCiao :) Mrs Maisel prima o poi la devo iniziare, ASOUE invece l'ho conclusa anche io e mi è piaciuta molto. Neil Patrick Harris perfetto per il ruolo e ovviamente adesso mi toccherà recuperare i libri!
RispondiEliminaCiao Gaia! Vai di Mrs. Maisel, allora. ;)
EliminaLo sai, io Lemony Snicket e compagnia li ho adorati fin dalla prima puntata, complice la lettura dei libri in tempi non sospetti.
RispondiEliminaAnzi, lodi ai realizzatori della serie per averli vivacizzati e aver alleggerito il finale, mal sopportato su carta.
Mancheranno davvero tutti i personaggi!
Da profano, ti dico la mia: avrei preferito un romanzo condensato in ogni episodio, senza spezzarli in due.
EliminaSai quanto filava più liscia, la visione? :)
Quanto mi manca già Midge! Una ventata di freschezza e di scrittura altissima che dura sempre troppo poco, anche se il cabaret si mette da parte e la vita privata prende il sopravvento. Io comunque adoro il padre, adoro Lenny Bruce ;)
RispondiEliminaGli sfortunati eventi vista la noia della prima stagione pensavo di recuperarli tutti su carta prima o poi, facciamo il più prima possibile!
Temo che la noia, purtroppo, potresti riscontrarla anche nei romanzi, data la struttura particolare.
EliminaLa Bolla, poi, dice che la serie è meglio. Prova! :)
No, dico che la serie è fatta benissimo ma come qualità si equivalgono. Sono due prodotti simili ma in qualche modo fortunatamente diversi. E' solo l'ultimo libro che è di una pesantezza inaudita rispetto all'ultimo episodio!
EliminaLa prima conto di recuperarla prossimamente, con la seconda devo mettermi in pari e decidermi a finirla :)
RispondiEliminaConoscendoti, apprezzerai entrambe!
EliminaCiao, Mr Ink!! Sai che anche io volevo iniziare a seguire Una serie di sfortunati eventi. Per lo stesso motivo che tu citi qui sopra. Data la tua valutazione ci penserò ☺☺
RispondiEliminaÈ davvero uno dei miei film preferiti ☺☺
Se non conosci i romanzi e, come me, sei ferma al film, ne vedrai comunque delle belle in questo universo ampliato e tutto da scoprire!
EliminaCiaoooo il primo telefilm lo voglio assolutamente vedere mentre per quanto riguarda Una serie di sfortunati eventi non riesco proprio a digerirlo sono ancora ferma al 3° episodio della prima serie :-O
RispondiEliminaCapisco che possa non piacere, sì. Il difetto di essere troppo fedele ai romanzi di partenza.
EliminaLa fantastica signora Maisel ci era mancata parecchio. Per altro qui, se possibile, in forma ancora più smagliante che durante la prima stagione.
RispondiEliminaLa mancanza del cabaret (da non fan del cabaret quale sono), almeno nella prima parte invece personalmente non l'ho sentita. :)
Sulla serie di sfortunati eventi mi fido della tua parola, ma la lascio lì dove sta comunque. Dopo la prima soporifera stagione, se la seconda è ancora peggio, davvero non posso riuscire ad arrivare (vivo e/o sveglio) alla terza. XD