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Non so chi sei ma io sono qui,
Becky Albertalli. Mondadori, € 17, pp. 248|
Avere
sedici anni e portarsi un segreto dentro. Conviverci serenamente
grazie all'aiuto di uno sconosciuto che sta passando gli stessi
drammi. Simon e Blu, coetanei, frequentano la stessa scuola ma non si
conoscono di persona. Protetti da nickname che disseminano comunque
piccoli indizi sulla loro identità, sono i protagonisti di una fitta
corrispondenza via e-mail. Si dicono quello che non hanno mai
confessato ad anima viva. Non si imbarazzano parlando del sesso e di
loro. Che sono buoni amici virtuali, o forse qualcosa di più. Che
stanno venendo a patti, pian piano, con la loro sessualità. Simon e
Blu, amanti delle persone gentili e delle frasi grammaticalmente
corrette, si piacciono. Come dirselo, con il timore che un incontro
faccia a faccia possa rovinare
la magia? Come informare parenti e compagni che, se Blu dicesse di
sì, Simon – che nel curriculum sfoggia un paio di ex ragazze, due
sorelle, tre amici per la pelle, una coppia di genitori inopportuni
ma permessivi – avrebbe all'improvviso un fidanzato?
Mi
pare fosse un pensiero sulla solitudine. Ed è strano, perché io non
mi considero affatto una persona solitaria. Ma c'era qualcosa di
familiare nel modo in cui Blu descriveva quella sensazione. Era come
se avesse preso le idee dalla mia testa. Parlava di come sia
possibile memorizzare i gesti di qualcuno senza arrivare mai a
conoscerne i pensieri. Di come le persone siano simili a case con
enormi stanze e minuscole finestre.
Di
Non so chi sei ma io sono qui mi
sono accorto con un anno di ritardo. Per le medie altissime; il film
in uscita il prossimo marzo, con Nick Robinson e la Katherine Langford
di Tredici; il fatto
che, con un tema delicato e giovani in cerca di sé, potesse essere
uno di quei young adult spigliati e profondi, nello stile di Rainbow
Rowell e John Green. Becky Albertalli, e con lei no, non è scattata
la scintilla, si limita ad aprire una breve parentesi nella vita di
Simon Spier; a lasciarci sbirciare. Parte senza preamboli, in medias
res, con un bullo che viene a sapere dell'esistenza di Blu e, pur di
conquistare le attenzioni della bella della scuola, ricatta il
protagonista. Simon deve mettere una buona parola affinché la sua
amica Abby accetti la corte di Martin, o il suo segreto sarà sbandierato in un post sul blog della scuola. I pezzi vanno
facilmente al loro posto, ma al lettore sembra di essere arrivato
tardi.
Parli
nello stesso modo in cui scrivi.
Manca
l'antefatto. Manca, purtroppo, l'assistere alla nascita della
complicità tra Simon e Blu, galeotto un social network. Per la prima
metà di Non so chi sei ma io sono qui
ho avuto la sensazione che i personaggi parlottassero di cose da cui
ero tagliato fuori. Una generazione post Tumblr, con cani che portano
il nome di Justin Bieber e una buffa fissa per gli Oreo, dal
linguaggio in codice che non mi interessava poi tanto decifrare. I toni sono
sopra le righe e del senso dell'umorismo dell'autrice, già non
troppo brillante di per sé, qualcosa dev'essersi perso in corso di
traduzione (abbondano i dialoghi, non a caso cinematografici, e
scarseggiano le descrizioni, in una storia che all'improvviso inizia e
altrettanto all'improvviso finisce). Gli ambienti, tra musical e
giornate a tema, sono quelli colorati e accoglienti di un episodio
senza infamia e senza lode di Faking It.
Non mancano comprimari dimenticabili (un'unica minestra di compagni e
pararenti) e sfottò omofobi francamente sorpassati, su cui qui e lì
ho soprassediato per la grande carineria di qualche scambio onesto
e veritierio, in cui Non so chi sei ma io sono qui
diventava il romanzo
che avrei voluto fosse.
Ti
capita mai di sentirti intrappolato dentro di te?
Una
commedia degli equivoci a tinte gialle in cui la solidarietà dà il coraggio per
presentarsi al mondo. Sulla superficialità di alcuni rapporti, che
vanno avanti per monotonia, e sulla profondità di altri, intensi,
costruttivi, che un bel giorno, nell'età della ragione, prendi e ti
costruisci da te.
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: Kodaline – Same Love (Macklemore & Ryan
Lewis)
Forse è una di quelle storie il cui potenziale verrà maggiormente tirato fuori in un film :) visto che è in uscita, attenderò questo perché l'atmosfera sembra gradevole ma totalmente trascurabile come lettura.
RispondiEliminaHo dato uno sguardo alla scheda su Imdb e dei personaggi non ne manca nessuno. Lo guarderò senza grandi attese, nonostante Nick Robinson sia uno di quei giovani attori su cui scommetterei a occhi chiusi. Se non si percepisce su carta, l'affinità telematica tra Simon e Blu, ci riuscirà il cinema? Vediamo, si può fare solo meglio. :)
EliminaLa versione cinematografica di questo romanzo adolescenziale... pardon, young adult, sono già pronto ad adorarla.
RispondiEliminaPeccato che con il libro non sia scattata la scintilla, speriamo che la pellicola sia meglio. ;)
Mi lascio il beneficio del dubbio un altro po', anche se un Noi siamo tutto l'ho trovato debole su carta, debole in sala. :)
RispondiEliminaSembra quasi una fortuna che stavolta tu abbia recensito un libro che io ho già letto, ogni volta le tue recensioni mi fanno tornare a casa carica di libri. Sappilo :P
RispondiEliminaA me era piaciuto tantissimo, anche se mi ero sentita un po' fuori fase, forse perché Simon è fuori dalla mia ottica, forse perché i suoi problemi adolescenziali non mi hanno mai sfiorata. Decisamente perché alle volte si fa troppe paturnie (┛◉Д◉)┛彡┻━┻
Ad ogni modo, non l'ho considerato un capolavoro, quanto qualcosa di originale e molto carino.
Certo, potevano soffermarsi un altro po' sull'omofobia, sull'insegnate che non tollera che ciò succeda ai suoi studenti (si, ok, ma come?), però ci sta.
Ah, meno male. La whishlist tira un sospiro di sollievo, la sento sin da qui! A me non è dispiaciuto, tutto sommato, ma sul tema ho letto molto di meglio, da "Dante e Aristotele" a "L'arte di essere normale". Qui tutto troppo semplice, tutto troppo sopra le righe.
EliminaPer dire: in una scuola alla Faking It, in cui organizzano quella strana trovata del Gender Bender, chi etichetterebbe Simon con tanta ignoranza e volgarità? Ci sono i bulli, c'è l'intolleranza, ma da una parte la Albertalli la fa troppo facile, dall'altra calca un po' la mano. Boh.
Quando lo vedevo in lingua pensavo"sarà la solita americanata senza infamia e senza lode" e, a quanto pare, non mi sbagliavo. Ormai ho fiuto.
RispondiEliminaHai fiuto, sì. Come ho scritto, anch'io l'ho ignorato per un po, ma le bellissime parole di altri blogger mi hanno attirato. Non che loro abbiano torto, eh, ma - per dirla alla Simona Ventura a X Factor - la Albertalli non mi è arrivata, se non negli ultimi capitoli, dove la tenerezza ha la meglio.
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