È il 1994. Carlo e Diana d'Inghilterra annunciano alla stampa il loro chiacchierato divorzio. L'Italia è incantata e indignata dalle ragazze ammiccanti di Non è la Rai. Le prodezze di Roberto Baggio ai mondiali fanno ululare i tifosi di gioia. In quello stesso anno nasco anch'io. L'esordiente Paulina Spiechowicz – in libreria dal 24 gennaio, nella collana italiana Greenwich Extra – va indietro nel tempo, all'estate di trent'anni fa. I suoi protagonisti, come lei alla loro età, non si sentono né abbastanza polacchi né abbastanza italiani. Tornati a Roma da Varsavia, compongono una famiglia in prova assieme alla madre: un'ereditiera fragile e incostante, ai ferri corti con un ex marito educato secondo una rigida educazione sovietica.
Avrebbe vagato alla ricerca di origini impossibili da trovare. La perdita, ecco le sue nuove radici.
Kamil, quasi diciotto anni, vuole essere disperatamente accettato dal branco: si esprime in romanesco, in segno di appartenenza forzata. Beatrice, sedicenne, fa invece i conti con una femminilità esplosa all'improvviso, legge Sylvia Plath, confonde il piacere con il dolore: a differenza del fratello maggiore, prova profonda nostalgia per la lingua paterna. Tra loro c'è Nico: acerrimo rivale dell'uno, amante segreto dell'altra, è appena uscito da Rebibbia per buona condotta e cerca la redenzione tra gli scaffali di una libreria, sperando che l'accesso alla cultura lo nobiliti agli occhi di Beatrice. Sensuali, selvaggi e incapaci di stare al mondo, i personaggi popolano una Ostia da Far West, fatta di rave trasgressivi e fantomatici dischi volanti. Il mare all'orizzonte non lenirà il senso di claustrofobia. In questa storia di estasi e colpa, in questo intrecciarsi di solitudini senza posa, incombe per tutto il tempo la nuvola nera di un brutto presentimento.
Quando vedo una famiglia felice mi prende una fitta allo stomaco, so già che mentono.
Con una lingua ritmica ed energica, Paulina Spiechowicz rispolvera un immaginario di citazioni pop e fabbricati industriali, in cui il vuoto generazionale somiglia a quello dei romanzi giovanili di Valentina D'Urbano, Silvia Avallone, Mattia Insolia. Qualche dinamica appare talora troppo frettolosa. Qui e lì vengono aperte parentesi su personaggi secondari (l'amica Ludovica, l'ex Tiziano, il pigmalione Pawel), a ben vedere, lasciate irrisolte. I fratelli "cannibali" Kamil e Beatrice vivono a velocità raddoppiata l'ultima estate della loro innocenza. Dove li porterà l'arrivo di settembre, mese di cambiamenti e rivoluzioni personali? L'autrice, classe 1983, si adegua al loro passo nervoso e firma un romanzo disperatissimo a proposito di due anfibi senza identità, senza casa, senza speranza, che domandano forse soltanto un po' d'amore. Al pari loro, Mentre tutto brucia è nostalgico, vitale, precipitoso. Brucia, sì, e in fretta: a volte in un'unica fiammata. Il luccichio violento del fuoco, però, si farà notare.
Il mio consiglio musicale: Afterhours - Non è per sempre
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