giovedì 1 aprile 2021

Recensione: Ballo di famiglia, di David Leavitt

 
| Ballo di famiglia, di David Leavitt. Sem, € 17, pp. 230 |

I racconti non mi piacciono. Iniziava così, il mese scorso, il post dedicato a una lettura insoddisfacente. Una raccolta con il demerito di aver riacceso gli antichi dissapori tra me e le storie brevi: troppo slegate – scrivevo allora –, troppo indolori per lasciarsi amare. La scoperta folgorante di David Leavitt, all'improvviso, mi costringe a contraddirmi. Considerato un maestro della narrativa americana, l'autore – classe 1961 – incanta con la ristampa di Ballo di famiglia, tornato di recente in libreria con l'illuminante traduzione di Fabio Cremonesi. Il volume comprende dieci racconti, vari per punti di vista e lunghezza, ma accomunati da tematiche che spaziano dalla malattia all'abbandono, dalle relazioni alla sessualità. Leggerissimi, delicati, emozionanti, catturano a regola d'arte quelle famiglie infelici a modo loro – il patriarcato, infatti, è già in crisi – a cui tanto sono affezionato.

Non fidarti mai della pulizia. Tutte le cose brutte – le cose davvero brutte – succedono nelle case pulite, dove tutto è ordinato e tutti si dicono buongiorno e nient'altro.

I Campbell ospitano il fidanzato del primogenito: benché progressisti, si scoprono a disagio all'idea di condividere lo stesso tetto. La signora Harrington, neodivorziata con tre figli a carico, si proietta al giorno in cui comincerà la chemioterapia. I Dempson, freschi di separazione, passano due settimane nel cottage di sempre tra riti, tradizioni e illusioni di riconciliazione. Una donna, reduce da un incidente stradale che ha ridotto il marito a un vegetale, si scopre fuori posto per via dell'incomunicabilità crescente: la figlia in piena pubertà, il figlio nerd e la madre, ossessionata dai primi cordless, le appaiono alieni. Danny, piccolo ma già inquieto, viene affidato alle cure degli zii: dal padre omosessuale e dalla mamma depressa ha ereditato un'irreversibile inadeguatezza. Suzanne, con la scusa del diploma del figlio, organizza una festa: la presenza di una pecora nera creerà scompiglio. Stanca di mostrarsi coraggiosa, una donna in fin di vita chiede il sostegno della prole. Tre sorelle, mai state unite, si riuniscono per un funerale. Celia, migliore amica di una coppia gay, riflette sul suo destino di eterna non protagonista mentre fa da custode agli equilibri malsicuri dei due. Tra sogno e realtà, infine, un uomo passeggia sul Golden Gate e ripensa a chi non c'è più.

E se il destino delle madri era non aspettarsi niente in cambio, il destino dei figli era non dare niente in cambio?

Perfettamente distinguibili ma legati dalla coerenza di un unico fil rouge, i racconti ci invitano a sbirciare dal buco della serratura le esistenze sonnacchiose della media-borghesia californiana. Il livello è altissimo. Con una scrittura superba, semplice all'apparenza ma in realtà frutto di aggiustamenti certosini, Leavitt presta ascolto alle donne in lacrime, agli uomini assenti e agli adolescenti ribelli, studiando il perbenismo imperante sotto il vetrino del telescopio. Apparentemente sembra andare tutto a gonfie vele. Si tratta sempre di storie senza accadimenti eclatanti, giocate sul divario generazionale e su piccole rivalità quotidiane; i protagonisti non fanno baldoria e raramente alzano la voce. Sfoggiano sorrisi tirati, invece, e talora usano l'arma a doppio taglio dell'ironia. Animati da un astio sottile, si camuffano dietro la cortina della buona educazione. E nascondono la sporcizia sotto il tappeto per quieto vivere, benché abbiano una colf profumatamente pagata. Correvano gli anni Ottanta. L'autore, esordiente, aveva ventitré anni. Premonitore in maniera sconcertante, più contemporaneo di Sally Rooney, Ballo di famiglia è ambientato ieri ma parla dell'oggi in maniera sorprendente e, attraverso i suoi raffinati non detti, lascia trapelare il disagio. È un party in piscina da affrontare con i superalcolici alla mano e la lingua tra i denti: di quelli che ispirano una vaga tristezza e infondono claustrofobia in quei balli a centro pista che sembrano un intrico mostruoso di braccia e gambe da cui vorresti fuggire. I racconti non mi piacciono? Non era ancora stato invitato a questa bellissima rimpatriata. 

Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: The Platters - Smoke Gets In Your Eyes 

12 commenti:

  1. Ciao Ink, è da tanto che non leggo una raccolta di racconti, preferisco i romanzi, infatti non conosco il libro che hai recensito ma sembra una lettura interessante :-)

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    1. Per (ri)avvicinarti al genere, te lo consiglio a cuore aperto. Davvero un piccolo cult!

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  2. I racconti mi sono sempre piaciuti. Anche se brevi sono un micro universo all'interno del quale, in una manciata di pagine, lo scrittore deve far ricorso al suo talento per creare personaggi e situazioni che coinvolgano il lettore. Non conosco David Leavitt, grazie a te la mia lista di libri da leggere si allunga sempre più e io sono felice di scoprire nuovi autori e nuovi romanzi :)

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    1. Grazie mille, Aquila! Insieme a quelli di Paolo Cognetti, al momento i racconti di David Leavitt sono stati i miei preferiti. Li amerai!

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  3. Sai che stavo per comprare Daddy, l'altra sera? Poi qualcosa mi ha fermato.
    Come te, non ho una grande passione per i racconti, però la tua recensione sul libro di Levitt mi intriga, lo aggiungo alla mia wish list.

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    1. Daddy assolutamente no, risparmiatelo! Questo un evergreen :)

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  4. Anche io ho un rapporto di amore-odio nei confronti dei racconti.
    Con questa raccolta però sembra si possa ballare al ritmo giusto. Forse...

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    1. Ha quasi quarant'anni, ma è ancora una hit! ��

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  5. ti capisco sui racconti, quando mi accosto a una raccolta ho sempre il timore che mi lasci insoddisfatta, sospesa...
    È bello che questo autore ti abbia sorpreso positivamente!

    Auguri di buona Pasqua :)

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    1. Buongiorno, Angela, e buone feste fatte! Ti consiglio Leavitt, una scoperta splendida :)

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  6. Poco a poco mi sono convertita anch'io ai racconti, e visto che la letteratura americana resta quella a cui torno più volentieri non resta che provare anche questo.
    Grazie al libro di Cognetti su New York mi sono segnata un paio di nomi di altri autori di racconti, non vedo l'ora di scoprirli tutti!

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