sabato 26 dicembre 2015

Recensione: Mare al mattino, di Margaret Mazzantini

"La storia è un millepiedi e ogni piede tira da una parte diversa, e in mezzo c'è il nostro corpo."

Titolo: Mare al mattino
Autrice: Margaret Mazzantini
Editore: Mondadori – Einaudi
Numero di pagine: 127
Prezzo: € 12,00
Sinossi: "Pensava soltanto a quello. Riportare la sua vita a quel punto. Nel punto dove si era interrotta. Si trattava di unire due lembi di terra, due lembi di tempo. In mezzo c'era il mare. Si metteva i fichi aperti sugli occhi per ricordarsi quel sapore di dolce e di grumi. Vedeva rosso attraverso quei semi. Cercava il cuore del suo mondo lasciato". Farid e Jamila fuggono da una guerra che corre più veloce di loro. Angelina insegna a Vito che ogni patria può essere terra di tempesta, lei che è stata araba fino a undici anni. Sono due figli, due madri, due mondi. A guardarlo dalla riva, il mare che li divide è un tappeto volante, oppure una lastra di cristallo che si richiude sopra le cose. Ma sulla terra resta l'impronta di ogni passaggio, partenza o ritorno che la scrittura, come argilla fresca, conserva e restituisce. Un romanzo di promesse e di abbandoni, forte e luminoso come una favola.
                                         La recensione
Farid vive nel deserto e non ha mai visto il mare. Ne ha sentito parlare, però, come fosse l'invenzione di una favola della buonanotte. L'ha immaginato con i suoi pochi strumenti – le dune come onde, gli insetti sotto la sabbia come pesci sul fondale. L'ha visto in televisione, nelle telenovelas egiziane che vanno per la maggiore – il padre, Omar, aggiusta antenne e regala a donne stanche attimi di evasione, il sogno dell'occidente. Un conflitto immotivato – uno di quelli senza nome, che rendono i ricchi ricchissimi e i poveri, per quanto possibile, più poveri ancora – porterà il bambino e sua madre, Jamila, a sfidare la sorte, le onde, per un futuro senza spari nel cielo. Accalcati tra cento, mille disperati, su uno scafo pericolante. 
Sarà abbastanza vicina l'Italia, si domanda Farid con un amuleto portafortuna al collo, mentre la mamma lo stringe fortissimo e, sulle labbra secche, immagina di sentire il gusto della prima Coca Cola? Angelina, invece, nel deserto ci ha vissuto, ma è tornata indietro a undici anni. I genitori facevano candele profumate e della sua infanzia ricorda l'abbandono dell'amico Alì, che non temeva le api, e l'addio alla bella Tripoli. Il suo mal d'Africa, per la vendetta del rais contro lo spietato colonialismo italiano. Il posto al sole che Mussolini aveva promesso ai suoi nonni e a cui successivamente, con Gheddafi, avevano dovuto rinunciare. Adesso, però, è mamma: caucasica, profuga in Sicilia benché italianissima, ha cresciuto un figlio – Vito, da poco maggiorenne – che, in regalo, di punto in bianco, le chiede un viaggio. Per vedere dove tutto è iniziato oppure finito. Due mamme, due figli, due viaggi – ma inversi. Una sola guerra che cambia appellativi, ma non faccia, e che ci vede o ci ha visto con il mal di mare, la terra strappata da sotto i piedi, i pensieri gravosi. Margaret Mazzantini, dopo il capolavoro Venuto al mondo, struggente e indelebile, firma un romanzo breve, di storie di clandestinità che si incrociano e migranti in balìa delle forze del destino. 
Vicende indigeste, di bruciante attualità, scritte con lo stile scabroso che so e amo e, in contrappunto, un tema che io – ignorante, se si parla di storia contemporanea – non conoscevo nel dettaglio. L'autrice mi illumina – ci spiega, infatti, gli strascichi profondi del colonialismo fascista, il dramma di generazioni nuove e vecchie in marcia: alcuni africani sognano l'Italia, ho capito, e alcune generazioni d'italiani la Libia – ma, nel farlo, spegne qualcosa, come d'abitudine. In questo periodo di festa, le luci del presepe, ora al buio, e le speranze. Vito nota che la madre non fa più il bagno a largo; si bagna appena, con il costume intero della piscina, e sguscia fuori. Non mangia il pesce delle spiagge dove affondano i barconi di fortuna. Ma Margaret Mazzantini, induscussa signora del dolore e cronista di pagine di storia che ci piace cestinare, può intristirci a piacimento. Stentate a immaginarlo, scommetto, il peso di un volume così piccino. Un romanzo breve in cui latitano i dialoghi e i sollievi, senza fronzoli e frontiere, sulle cose che restituisce il Mediterraneo all'alba. I messaggi in bottiglia, gli scampoli di stoffa, un talismano contro gli spiriti cattivi. Il cadavere di un Pinocchio di schegge, rovesciato sulla pancia, dopo che la balena l'ha sputato sul bagnasciuga. Il corpo di Aylan, già simbolo, che mette in ginocchio il mondo. E rare volte, nell'ultima pagina, magari, una mezza buona notizia. 
Il mio voto: ★★★½
Il mio consiglio musicale:  Luigi Tenco - Ciao amore, ciao

8 commenti:

  1. MI sembra un libro davvero interessante. Non leggo spesso di argomenti di attualità, ma in questo caso credo che me lo procurerò presto. Non ho mai letto niente di questa autrice.

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    1. La Mazzantini è senz'altro degna di nota, anche se, Francesco, ti consiglierei di partire da altro.

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    2. Hai allora qualche suggerimento?

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    3. Anche se è lungo, ti direi di partire da Venuto al mondo. Il suo stile deve piacere - e scoprirai se ti piace, immagino, durante la lettura - ma la storia è di quelle struggenti e universali. Tra le più memorabili che ho letto.

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  2. io la Mazzantini non l'amo particolarmente.
    la premiata ditta con il maritino mi tedia alquanto

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    1. A me, invece, piacciono parecchio entrambi. Insieme e separatamente. Lei scrive storie tristi, di donne sterili e coppie scoppiate, ma immagino la loro come una bella famigliona felice, chissà perchè. E beati loro! ;)

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  3. Io lei la adoro, ma in questa storia non sono riuscita ad apprezzare il suo stile, sembrava quasi scritto da un'altra persona...

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    1. Io, invece, ho trovato lo stile e i temi. Ma meglio, ogni tanto, variare un po'. ;)

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