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Tu l'hai detto, di Connie Palmen. Iperborea, € 17, pp. 291 |
Che
fossero sin dall'inizio infelici e male assortiti. Che fossero
entrambi in cerca di fama letteraria, e per questo eternamente in
competizione. Che amarono, forse, fino a morirne o impazzire. Lei
fragilissima lepre, lui despota dalla furbizia di volpe. Lo dici tu.
Che conosci della Plath giusto il nome e le modalità di un suicidio
ormai famigerato. Che essendoci in ballo crisi di nervi e tradimenti
coniugali, a scatola chiusa, dai all'uomo la colpa esclusiva del
triste sfacelo. Cosa ne penserebbero loro, se potessero contraddirti
dal profondo della tomba? Come rigetterebbe le accuse il marito
fedifrago, per anni messo a tacere da una schiera di estimatori con i
paraocchi in nome del culto postumo dell'autrice della Campana di
vetro? Dev'essere nato così Tu l'hai detto:
un'apologia fittizia dal punto di vista inedito dell'istigatore; una
raccolta a tappeto di falsità e menzogne, e la loro matematica
ritrattazione. L'occasione, a vent'anni dalla morte, per lasciarlo
finalmente dire proprio a Ted Hughes.
Per
la maggior parte delle persone esistiamo solo in un libro, la mia
sposa e io. Negli ultimi trentacinque anni ho dovuto assistere con
impotente ribrezzo a come le nostre vite reali sono state sommerse da
un’onda fangosa di racconti apocrifi, false testimonianze,
pettegolezzi, invenzioni, leggende; a come le nostre reali, complesse
personalità sono state sostituite da stereotipi, ridotte a immagini
banali tagliate su misura per un pubblico di lettori affamati di
sensazionalismo. E così lei era la fragile santa e io il brutale
traditore. Ho taciuto. Fino ad ora.
A
lui, che in fondo credeva negli astri e nell'occultismo, l'incontro
con Sylvia – loquace americana con le cicatrici dell'elettroshock e
quelle di un precedente suicidio non andato a buon fine – era parso
subito una disastrosa collisione astrale. L'intensità
dell'attrazione, tuttavia, lo aveva spinto a ignorare i segnali
celesti. Lei gli morde una guancia nel suo vestito da sera, lui la
sposa in gran segreto. Da lì i viaggi fra i luoghi di Cime
tempestose e gli Stati Uniti in
fermento, con Ted pronto a privarla delle sovrastrutture, a
educarla, a liberarla. La scrittrice in caduta libera che si sognava
Virginia Woolf aveva paura in verità della bomba atomica,
dell'appendicite, della fama. Affetta da insicurezza cronica, non si
perdonava l'assenza del padre e provava frustrazione all'idea dei
bestseller o dei figli. Sylvia e Ted, segretamente in lotta per la
prima pagina, avrebbero voluto vivere di parole e fantasia. Non
tagliati per affrontare il contingente, erano troppo simili, e per
questo si respingevano: la pienezza dell'essere, infatti, pare essere
negli opposti. Lei troverà la pace infilando la testa nel forno a
gas: i bambini che inconsapevoli dormono al piano di sopra, le carte
di una separazione consensuale appena firmate. Per il consorte,
invece, avrà inizio un supplizio infinito per scagionarsi dal senso
di colpa; dalle voci di femministe che lo volevano a tutti i costi un
mostro. Farsi giustizia a parole non significa però perdonarsi.
Ammantato dallo stesso fatalismo di una tragedia greca, con i reali
attanti trasformati grazie a una prosa straordinaria in personaggi di
interessante levatura drammaturgica, il romanzo dell'olandese Connie
Palmen è un lungo flusso di coscienza in cui tutti appaiono comparse
passeggere nella corrente: l'amante di Ted, detta Lilith alla stregua
di un demone sanguinario, che sette anni dopo imiterà la Plath nella
morte; figli, il secondo dei quali erediterà, stando alla nota
biografica in appendice, la stessa indole autodistruttiva della
madre; perfino Sylvia, messa in ombra da un narratore che – sarà per vendetta? - non rifrange la luce della personalità di lei.
Chi
vuole creare deve morire decine di volte nella vita. Deve separarsi,
svincolarsi dai suoi cari, da terra, paese, famiglia, amici e
soprattutto dalle idee nelle quali è barricato. Non esiste rinascita
senza prima la morte. La letteratura ama la distruzione quale
condizione per rendere possibile una nuova vita.
Glamour
e cronachistico, Tu l'hai detto fa
pesare a lungo andare i rari dialoghi e le dense elencazioni di
eventi: scartafacci, viaggi, coincidenze magiche e fatali, e un
protagonista che a volte minimizza i colpi di testa e mostra una
Plath tutt'altro che amabile – e se ne apprezza vivamente il
coraggio, lontano dalla stucchevolezza dell'elogio funebre, ma la
donna suscita nel lettore incomprensioni e antipatie frequenti.
C'è sempre bisogno di un colpevole. Serve a semplificare le difficoltà insite in ogni matrimonio. Un capro espiatorio a cui attribuire gli sgarbi, e la presa diretta sulla manopola del gas. Impeccabile esercizio di stile, meticolosissimo nel suo lavoro di ricostruzione metaletteraria, il romanzo Iperborea mi ha lasciato affascinato ma distante. Sette anni insieme che non conoscono poesia, strano ma vero; una relazione di amore-odio che non poteva essere ridotta ai minimi termini. Si ricostruiscono infatti tante cose, con il senno di poi. Mai, purtroppo, i lieto fine.
C'è sempre bisogno di un colpevole. Serve a semplificare le difficoltà insite in ogni matrimonio. Un capro espiatorio a cui attribuire gli sgarbi, e la presa diretta sulla manopola del gas. Impeccabile esercizio di stile, meticolosissimo nel suo lavoro di ricostruzione metaletteraria, il romanzo Iperborea mi ha lasciato affascinato ma distante. Sette anni insieme che non conoscono poesia, strano ma vero; una relazione di amore-odio che non poteva essere ridotta ai minimi termini. Si ricostruiscono infatti tante cose, con il senno di poi. Mai, purtroppo, i lieto fine.
Il
mio voto: ★★★½
Il
mio consiglio musicale: Karliene (Kate Bush) – Wuthering Heights
Ho divorato la prima metà delle pagine, poi si è fatto troppo cupo per poter tenere quel ritmo, quindi lo sto centellinando mio malgrado. Della Plath non sapevo nemmeno fosse sposata, mi sono ripromessa di andare a sbirciare Wikipedia dopo aver terminato la lettura per non esserne troppo influenzata.
RispondiEliminaIo qualcosa sapevo, complice un film di qualche anno fa con la Paltrow e Craig. Nel mio caso il problema non è stata tanto la cupezza, quanto la monotonia!
EliminaPare un boy meets girl molto particolare, ma anche molto scuro.
RispondiEliminaForse non proprio la lettura ideale sotto l'ombrellone. :)
Confermo, anche se l'estate è il periodo perfetto per romanzi più impegnativi, stranamente.
EliminaPesante ma non troppo, se le pagine son poche e lo stile bellissimo vola. 🙂
RispondiEliminaStavolta passo, non fa proprio per me ;)
RispondiEliminaStefi
Alla prossima recensione. 😉
EliminaNon credo che faccia per me: i flussi di coscienza li reggo pochissimo, e il mio rapporto con gli autori nordici e molto controverso :(
RispondiEliminaNonostante la provenienza, la Palmen però di nordico ha poco. Saranno le ambientazioni urbane, i personaggi Anglo-Americani... I tratti però sì, sono quelli di un flusso di coscienza che può stancare.
EliminaTu che dopo tanti anni conosci i miei gusti, me lo consigli? Sul web ne ho lette di cotte e di crude, non so più cosa pensare!
RispondiEliminaNon saprei, Sara. È fin troppo cronachistico, fin troppo serioso...
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