Alcune
bellezze sono così sfacciate da mettere nei guai. Succede a Jen, che arriva a bordo di un elicottero privato nella villa dell'amante. Una casa da rivista nel bel mezzo
del deserto di Mad Max. Il sesso, le feste, i viscidi soci di
lui. Che la guardano ballare con la bava alla bocca, la desiderano,
la hanno con la forza. Prima stuprata, poi messa a tacere con le
cattive, Jen muore e resuscita in un letterale bagno di sangue. La
sua sola colpa: essere troppo bella. Il suo solo scopo, se in
un rape and revenge di quelli classici ma rigorosissimi, vendicarsi
in maniera memorabile. Nero,
esilarante, femminista, Revenge di
originale non avrebbe nemmeno il titolo. Cosa me l'ha resto però un
potenziale cult all'interno di un sottogenere che di
spregevoli violenze sessuali e torture esemplari ne ha proposte e
riproposte in abbondanza? Lo stile
inappuntabile di chi sa unire Lolita
a Rambo, un'estetica assurdamente alla moda a una
violenza ributtante. Il corpo a corpo a nudo, come in La
promessa dell'assassino, e trip
allucinogeni che amplificano i cinque sensi ma spengono il dolore. Il
mancato physique du role di due dei tre aguzzini, quasi buffi, e
quello invece da capogiro di una Matilda Lutz che ci mette l'anima e
soprattutto il corpo. Non violentate Jennifer,
recitava il titolo del capostipite di film come questo. Non ci
provate neanche lontanamente con l'attrice di origini italiane, già
vista con occhi innamorati in L'estate addosso
e Rings, che qui
impressiona ancheggiando perfino uno spettatore poco ormonale come me
e lascia che tutti i nodi vengano al pettine, armata di fucile e tanga. Se in un film che ha la marcia
in più del cinema francese, se diretta da una regista donna, se in
un'opera prima di quelle autoironiche e spregiudicate, Matilda passa
da succinta icona sexy ad amazzone, da oggetto sessuale a
corpo contundente. Mostrando che per alcuni fondoschiena, per qualche
amore sbagliato, è necessario avere il porto d'armi. (7,5)
Mamma
e figlio, una villa sulla scogliera troppo grande per due, un vuoto.
Si sente forte la mancanza dell'uomo di casa, se il bambino piange e
fa i capricci. Si sente forte la mancanza di un compagno, se si è
ancora giovani per essere vedove e il crepuscolo, il vicinato,
pietrificano per lo spavento. Quando cala il buio, dall'acqua
emergono figure spettrali. Il male gocciola sul bagnasciuga e,
immobile, spia dalle finestre. Cosa vuole la notte da quei
protagonisti fragilissimi, già perseguitati dalla morte e dagli
spettri della perdita? Horror psicologico che con molta probabilità e altrettanto disappunto qui non
vedrà mai la luce, The Crescent è un esordio precoce,
impressionante, nel segno delle tragedie familiari e dei simboli
sfuggenti di quel Babadook che miete già proseliti. La
prima parte ha la lentezza e l'intensità di un dramma a due. Mamma e
figlio, bravissimi, dividono la scena fra momenti di sconforto e
altri di tenerezza. Ti ci affezioni piano. Speri che lui si comporti
da ometto e che lei riesca a trovare nella pittura, nell'amore per il
piccolo, una via di fuga dalla depressione. La suggestione, le
stranezze, salgono insieme all'alta marea, ma l'esordio del canadese
Seth A. Smith affascinava già prima che i misteri della costa
venissero a galla. Per la bellezza dei moti ondosi che, in sequenze
quasi liriche, si confondono con i grumi di colore delle opere d'arte
della protagonista. Per l'umanità di naufraghi del dolore che per
tutto il tempo vorrebbero soltanto aggrapparsi: alla vita che resta,
tra loro. Spaventa la mutamorfosi del sinistro dirimpettaio, che
nasconde sotto la pelle la corazza di un paguro in cerca di casa. Si intuisce il
colpo di scena finale, arrivati al giro di boa, ma il difetto è un
altro: quei finali, al plurale, sì, che appaiono di troppo. Puntini
sulle “i” per dare confini precisi a un incubo lynchiano; a un delirio subacqueo che un senso, una chiave di
lettura, li troverebbe lo stesso. Alla deriva in un film, in un oceano –
emblema ora di vita, ora di morte –, che strappa e risarcisce.
(7,5)
La
solita magione fatiscente nell'Irlanda del primo Novecento. Due
gemelli – lui morboso e agorafobico, lei desiderosa di scappare con
un giovane soldato ferito – che hanno chiuso fuori il mondo. A
mezzanotte, la loro casa ospita i fantasmi. I due, chiusi in camera
da letto, ne evitano il contatto: pur sapendo che è cosa impossibile
eludere le loro attese; cambiarne i piani. Il regista Brian
O'Malley, presente in sala, ha citato The
Others, Giro di vite e Miriam si sveglia a mezzanotte
fra le proprie ispirazioni. Ha parlato di un'educazione come artista,
che si palesa a colpo d'occhio nelle atmosfere fiabesche e in
un'insolita cura formale – nota a margine, ha scelto come set
cinematografico una casa dalla fama losca che, nell'anno delle
riprese, avrebbe compiuto fatidicamente 666 anni. Avrei anche
perdonato la scarsa originalità, un colpo di scena male assestato,
ma The Lodgers non ci prova nemmeno. Nessuna attesa, nessuna
suspance, nessun brivido. Che senso hanno i fantasmi senza questioni
irrisolte, se di un solito horror si tratta? Accanto alla bravura dei
protagonisti, quei Charlotte Vega e Bill Milner che a onor del vero
hanno volti inquietanti il giusto, in The Lodgers purtroppo si
stentano a trovare altri pro. Affascinante nelle atmosfere ma
sonnolento – chiedetelo a mio fratello, che non ha resistito a
occhi aperti allo spettacolo delle ventidue –, questa solita ghost
story ha spauracchi che
paura non fanno e uno sviluppo non prevenuto. Stanco, non ho neanche
avuto voglia di pungolare Diego per irritarlo a dovere. The Lodgers si meritava il suo sonno, sì, e i
sottotitoli su Cineblog01. Non una sala per sé, né di certo un festival. (4,5)
Il
solito manipolo di sopravvissuti, tra le nebbie e le campagne di un
paese che resiste a un'inspiegata apocalisse. Spostarsi qui e lì, ma
purtroppo a passo di gallina, in cerca di qualche supersiste con cui
relazionarsi e di non morti ora da raggirare, ora da uccidere con
qualsiasi arma a disposizione. Ero curioso di conoscere gli zombie
secondo Robin Aubert, pare assai bene accolto allo scorso Toronto Film
Festival. Di scoprire un cinema franco-canadese che non viveva
soltanto del genio di Xavier Dolan, ma anche di registi poco
conosciuti alle prese con una storia troppo risaputa. Les affamés (disponibile anche su Netflix, con il titolo I famelici) non mi è piaciuto, e non ne faccio misteri. L'ho trovato
irritante, pretenzioso, e a fine visione non ho fatto compagnia a
quegli spettatori che hanno abbozzato un mezzo applauso. Visivamente
suggestivo (i misteriosi totem eretti nella brughiera, l'inquietante
fissità di mostri immobili come le gemelline di Kubrick, un gore
presente nelle giuste dosi), è un horror scarno, secco, ma vuoto più
che esile. Si va lenti, molto, pur essendo per tutto il tempo in
pericolo mortale. Si vagabonda senza speranze come nella Strada di
Cormac McCarthy, ma senza mai prendere a cuore i protagonisti –
volti e vicende anonime, che il pomeriggio stesso avevo già
scordato. In un genere a digiuno di novità, con gli zombie che da
otto anni a questa parte si sono fatti anche a puntate, Les
affamés sceglie le peggiori
borie da film da festival per distinguersi. Come se tutta questa
noia, nell'horror, fosse poi l'ingrediente che mancava. (5,5)
Matilda la si vede sempre e comunque. E' riuscita persino a rendere quasi bello L'estate addosso e quasi decente The Ring 3... :) Revenge poi, nonostante titolo e genere, sembra avere una marcia in più rispetto a lavori simili. Prossimamente scoprirò se sarà solo merito della protagonista o no.
RispondiEliminaThe Crescent pure come genere di storia non sembra niente di nuovo, però il tuo voto è molto incoraggiante. ;)
The Lodgers già dal trailer mi ha fatto venire una gran voglia di risparmiarmelo, e a quanto pare non ho fatto troppo male.
Les affames mi attira solo per la sua franco-canadesità, ma è probabile che passi anche questo...
Revenge, nonostante sia già visto, grazie alla bella regia e a una protagonista più bella ancora, aiuta a vedere la Lutz in fondo al tunnel, parlando dell'abusatissimo genere.
EliminaThe Crescent è lento, lentissimo, ma spaventoso ed emozionante. Basti vedere il trailer, strano forte. Confido nei sottotitoli, prima o poi.
Gli altri, saltali pure.
A sorpresa, i film che volevo vedere sono quelli che hai bocciato, quelli che non pensavo di poter apprezzare, quelli che ora ho scritto in agenda. Mi fido dei tuoi voti, anche se su Revenge continuo ad avere dubbi, magari troverà posto solo come visione estiva leggerissima.
RispondiEliminaThe Lodgers è davvero un buco nell'acqua, mentre Les Affamés pare comunque apprezzatissimo altrove. Noiosetto, ma dura poco: prova.
EliminaBe', Revenge, scollacciato e leggero com'è, è una perfetta visione estiva. Meno The Crescent: gelido, ma ti piacerebbe.
segno Revenge che mi sembra forte, The Crescent e pure L'estate addosso, snobbato proprio per il mio pregiudizio su Muccino
RispondiEliminasalto senza paura The Lodgers, preferisco riguardare quel cult di The Others :)
di solito il genere apocalisse|zombie non mi dispiace, ma se mi dici lentezza, mmh... già mal tollero quella in cui è piombata The Walking Dead
Sarò uno dei pochi italiani, probabilmente, a trovare Muccino un ottimo mestierante. Sempre molto furbetto, antipatico, però L'estate addosso a sorpresa mi era piaciuto: teen movie fresco fresco, con belle facce e una nota di malinconia finale che non guasta.
EliminaThe Other stupendo, da vedere e rivedere. Ho letto bene - a proposito di fantasmi, a proposito di registi spagnoli - di un certo Marrowbone. Se lo vedi prima tu, sui soliti siti, fammi sapere!
mi segno revenge e the crescent. da come hai descritto revenge mi ricorda Bitch Slap – Le superdotate magari meno assurdo (?) però mi aveva fatto ridere. gli altri due li salto senza problemi!
RispondiEliminaAh, però senz'altro meno assurdo, sì!
EliminaA sorpresa, Revenge mi +è piaciuto un botto! E non gli avrei dato manco mezzo euro...
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