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La fine dei vandalismi, Tom Drury. NN Editore, € 19, pp. 392 |
Ci
sono quei romanzi che dicono tutto pur parlando di niente. Storie
di campagna, dimesse e quotidiane, che emozionano a modo loro con
quel misto irrinunciabile di dettagli minuziosi, calma apparente e
verità. Le regole di buon vicinato, le novità grandi e piccole che
fanno mormorare i compaesani, il dondolo in veranda e gli annunci
affissi ai pali della luce: la provincia americana, quella vecchia e polverosa, si faceva poesia nei romanzi del compianto Kent Haruf.
Sulla scia del ricordo dell'autore americano, la stessa NN che l'ha
riscoperto traduce per la prima volta Tom Drury: un'altra trilogia
scritta negli anni '90, e in parte dimenticata; simili atmosfere
confortanti e sonnacchiose; stessa struttura corale, con protagonisti
e comparse fugaci che si incrociano lungo la strada principale. Siamo
a Grouse County. Sullo sfondo: le quattro stagioni, le elezioni
cittadine per il nuovo sceriffo, il divieto di caccia e atti di
vandalismo di cui festeggiare finalmente la conclusione. Lì non si
sa che colore abbia il mare, si abbandonano gli studi dopo il liceo,
i negozi aprono e chiudono come cambia il vento. Alcuni vociferano
che Sally Field, ai tempi sulla cresta dell'onda, voglia ambientarci
un film.
«Lo
amo tantissimo».
«Forse
non è amore»
disse Louise. «Magari
è soltanto una tristezza a cui hai fatto l'abitudine».
Mentre
si aspetta invano l'arrivo della troupe cinematografica, un'eccezione
alla noia, Louise e Dan – lei fotografa, lui agente di Polizia, lei
sonnambula, lui insonne – si avvicinano abbastanza da convolare a
nozze. Hanno quell'età in cui i figli sembrano un miracolo e, alle
spalle, relazioni belle che tramontate. L'ex marito della donna,
Tiny, disoccupato, è un ladruncolo che spesso si improvvisa
criminale da poco: in cerca di se stesso, si allontana da una moglie
felice altrove e dalla mancanza generale di prospettive. Dove si
dirige? Tutt'intorno, le comparse di esistenze come le nostre: a
volte importantissime, altre del tutto ininfluenti. Una numerosa
carrellata di comprimari – li trovati elencati in conclusione, come
fossero i figuranti nei titoli di coda di un film d'autore – a cui
provi a star dietro, prima che intervenga una ragionevole
svogliatezza. Le mille facce che popolano La fine dei vandalismi,
cronaca senza sobbalzi ma non senza emozioni, suscitano a malincuore
indifferenza dopo la prima parte. Perché introdurre l'ennesimo nome
che non pesa, ci si domanda? Perché non assecondare la tentazione di
saltare qualche pagina, al giro di boa, sapendo che in fondo non
cambierà nulla?
«Louise?»
«Sì. Cosa c'è?»
«Non
dimenticarti delle cose belle.»
Tra
le pagine del primo Tom Drury – placido, sobrio, a voce bassa; ma
la sua scoperta tardiva non meraviglia, al contrario di quella di
Haruf – non succede niente, no. Non hai il desiderio di sfogliarlo
e risfogliarlo, di sapere come andrà a finire. Raccontando la vita
in presa diretta, rinuncerà a chiuse nette, tra drammi di genitori
e figli, nascite e dipartite. Lo apri, tuttavia, con uno strano senso
di serenità addosso. Sai che i protagonisti, a lungo andare gente di
famiglia, staranno sempre lì e aspetteranno te. Un burattino
discreto, anche se poco poco insofferente, che gli darà il potere di
esistere e di emozionare. Ci sono
quei romanzi che dicono tanto, se non tutto, e quel niente non sempre
sanno farlo brillare. Storie troppo dimesse e troppo
quotidiane, con troppe minuzie, troppa calma, troppa verità al fuoco.
Quelle che non saperesti se consigliare o meno, ma a cui ti affezioni
anche se non vuoi. Anche se, lì per lì, non te ne accorgi neppure.
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: The Beatles – The Long and Winding Road
Condivido pienamente ogni parola. A novembre dovrebbe uscire il seguito e credo proprio che lo leggerò, giusto per smentire o confermare la prima impressione. Incrocio le dita.
RispondiEliminaGrazie, Cecilia! Ricordo bene le tue impressioni.
EliminaProbabilmente lo leggerò anch'io, queste atmosfere mi mettono sempre e comunque il cuore in pace, ma confidiamo in qualche inutile sottotrama in meno e in sentimenti più grandi. Di sonnacchiosa, al solito, c'è già la provincia americana.
Oh, non è che con queste "storie di campagna, dimesse e quotidiane" mi stai diventando troppo fordiano?
EliminaIl fatto che ti sei affezionato, ma non ti ha entusiasmato del tutto, mi fa capire che forse no, non ancora. ;)
Ahahahah, no, c'è ancora speranza...
EliminaHo appena pubblicato un nuovo post sul mio blog riguardo i Liebster Award e ho deciso di nominarti!
RispondiEliminaQuesto è il link al post: http://rosalbasnature.blogspot.it/2017/09/liebster-award_16.html
Grazie, Rosalba!
RispondiEliminaMi sa che lo leggo! Cioè, sono atmosfere che mi affascinano, capire il perché è difficile. Io di certo non lo so.
RispondiEliminaLea
Affascinano anche me, e il perché sfugge sempre, però qui e lì che noia... Spiace ammetterlo.
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