lunedì 23 novembre 2020

Il cinema al tempo del Covid-19: La vita davanti a sé, Rebecca, Le Streghe, On the Rocks, Palm Springs, His House

Può un classico della narrativa francese essere riadattato oggi, in chiave italiana? In trasferta da Parigi a Bari, La vita davanti a sé cambia sfondo. Ambientato al tempo dell'immigrazione, in una città accogliente e multietnica, sposta il focus dalle avventure di Momò per concentrarsi sull'amicizia con Madame Rosà. I riflettori sono puntati su di lei, ex prostituta sopravvissuta ad Auschwitz, che regala un grande ritorno a Sophia Loren: leggendaria, l'attrice ottantaseienne si fa dirigere dal figlio Edoardo Ponti e punta agli Oscar. Il film, mediocre, è indegno di lei. Vittima di una scrittura ingenua e semplicistica, si accontenta di riassumere superficialmente la trama, garantendo rare scene toccanti. Datatissimo, nonostante la sceneggiatura rimodernata, lo si immaginava melenso e strappalacrime: purtroppo resta tutto abbozzato, commozione compresa. Attorniata da musulmani, ebrei e mamme transessuali, la Loren incarna un personaggio che condensa i suoi ruoli migliori. Sanguigna ma accogliente, severa ma tenera, ha braccia conserte che talora sono capaci anche di accoglienza. Simbolo di un'italianità a tutto tondo, attira gli sguardi e distrae dal resto. Emozionata ed emozionante, suggestiona con la sua sola presenza. Unica punta di diamante, da un lato nobilita l'esistenza artistica del figlio mestierante e dall'altro finisce per oscurarla del tutto. Nota a margine: sospetto e temo che Laura Pausini guadagnerà una nomination per il brano Io sì. (5)

Fiaba nera su una novella Jane Eyre, raggiunse il successo con il classico di Hitchcock. Considerata intoccabile, la Du Maurier è stata in realtà al centro di innumerevoli adattamenti: ricordo quello del 2008, con una superba Melato. Quest'anno, guardato con sospetto, ne è arrivato anche un altro. Serviva? Se considerato un remake, Rebecca non può rivaleggiare con l'originale. All'occhio del lettore, però, apparirà una trasposizione decorosissima con gli stessi pregi e difetti di un gotico che invecchia con classe. Come accade nel romanzo, a una buona prima parte ne segue un'altra assai meno intrigante, fino a un epilogo privo della giusta dose di ambiguità. Filologicamente attento, il film segue alla lettera una vicenda senza più segreti e, per timore reverenziale, non tenta di rimodernarla: aggiunge lievi sfumature horror – vedasi gli episodi onirici o la sequenza del ballo in maschera –, ma si concentra meno sulle ossessioni della protagonista. Se il casting di Hammer, bellissimo nei suoi completi eleganti, appare una scelta sbagliata, è testa a testa tra le ottime primedonne: sfumate negli stati d'animo e aderenti ai personaggi, James e Scott-Thomas sono perfette nel ruolo dell'ingenua sposina e della sulfurea governante. Piuttosto ben diretto e recitato, Rebecca scorre piacevolmente ma non ha niente di nuovo da suggerire. Come la protagonista, cade vittima dei paragoni con un primo film – e una prima moglie – ineguagliabile. (6,5)

Il classico dell'infanzia scritto da Roald Dahl viene riproposto nella versione di Zemeckis a trent'anni di distanza dal film di Roeg. Essendo una storia grottesca, nerissima e con tanto di finale aperto, si temeva una riscrittura all'insegna del politicamente corretto. Per fortuna sono stato smentito. Trasformato in topo, il protagonista cerca il supporto della sempre dolcissima Octavia Spencer per sconfiggere Anne Hathaway: sopra le righe, con un pesante accento straniero e un sorriso tutto zanne, la premio Oscar si diverte e ci diverte, ma è lontana dall'iconicità della Houston. Poco disneyano, Le Streghe si sposta nell'Alabama degli anni Sessanta ed è attentissimo al contesto storico-sociale. Nonostante la scelta di un protagonista afroamericano, negli Stati Uniti avranno storto il naso: l'albergo in cui il film è ambientato, infatti, pullula di camerieri e facchini di colore, com'era norma in quegli anni d'intolleranza. Altro motivo di controversie? La mostruosa trasformazione delle antagoniste, con artigli per mani, sarebbe offensiva per i disabili. Quanto inutile rumore per un film, in realtà, sorprendentemente affine allo spirito dissacrante del romanzo. Benché appaia luccicante e costoso, più attraente per grandi e piccini, il film conserva un cuore giocoso, oscuro e repellente. E ha l'audacia nel seguire battuta per battuta un romanzo figlio del suo tempo, in cui i bambini puzzavano di cacca di cane e, talora, potevano fare una fine bruttissima. (7)

Coprodotto da A24 e Apple, destinato soltanto allo streaming in un'annata malaugurata, l'ultimo film di Sofia Coppola – regista mai particolarmente apprezzata – sorprende pur nella sua assenza di sorprese. Ambientato in una New York tipicamente alleniana, racconta la vicenda di una scrittrice in crisi che per indagare sull'operato del marito chiede consiglio al peggiore degli infedeli: suo padre. Un playboy attempato e un po' misogino, che conosce a menadito i segreti delle relazioni extraconiugali. Tra inseguimenti, viaggi in Messico, vernissage e confronti generazionali, On the rocks è una deliziosa commedia indipendente confezionata come se fosse un bijou. A far faville con una sceneggiatura altrimenti senza infamia e senza lode sono loro, i protagonisti: una splendida Rashida Jones e l'attore feticcio Bill Murray, esemplare nel tratteggiare un bambinone popolarissimo ma fondamentalmente solo. Bravi e affiatati, giocano alle spie e vengono a patti con le loro questioni irrisolte in un faccia a faccia per nulla pretenzioso, che emoziona con ingredienti essenziali. La regista, all'apparenza alle prese con un film minore, è nello sguardo malinconico, nella sensibilità, nei dettagli. Fa la differenza – una differenza sostanziale, eppure impercettibile –, come una lacrima sfuggita a tradimento per ricadere in un bicchiere di Martini. Sul fondo zuccherino, così, lascia l'impressione di un'irresistibile amarezza. (7)

Invitati supponenti, pessima musica, vestiti pacchiani, famiglie perbeniste: cosa c'è di peggio di un matrimonio sullo sfondo delle Montagne rocciose? Riviverlo in loop. Intrappolato nel meccanismo reso celebre da una commedia degli anni Ottanta, Andy Samberg è costretto a rivivere da un un numero imprecisato di giorni lo stesso evento. Il suo frustrante e misterioso limbo – vivificato da sesso occasionale con i presenti, bagordi, scontri e suicidi strampalati – può diventare una specie di paradiso, però, accanto alla persona giusta. Vittima della stessa sorta è l'adorabile Cristin Milioti: una Bojack al femminile, che a sorpresa è la degna controparte del protagonista. Sexy in maniera non convenzionale, impertinenti e allergici alle relazioni solide, i due nascondono segreti, mancanze e fragilità dietro una patina superficiale. Chi erano prima di finire lì? Qual è il rimedio alla solitudine, in un microcosmo cristallizzato? Uno spunto narrativo da poco riproposto in Auguri per la tua morte riesce comunque a stupire grazie a ritmi super, trovate esilaranti e impensati sprazzi fantascientifici. Perseguitati da un J.K. Simmons armato fino ai denti, Andy e Cristin si sarebbero forse innamorati senza avere a disposizione tutto il tempo del mondo? Rinfrescante e romantico, Palm Springs non è il solito film sui multiversi. Il Sundance, dove è stato applaudito in anteprima, aveva ragione. Ho visto per credere. (7+)

Considerato un genere di serie B, l'horror racconta l'attualità attraverso filtri e metafore cariche di impegno. È il caso di His House, apparso su Netflix sotto Halloween, che oltre a qualche sobbalzo in poltrona regala altro, di più: una riflessione sull'immigrazione, che in una chiusa ad alto tasso emotivo mi ha ridotto in lacrime. Quanto sono pesanti i bagagli di un rifugiato? Scampati a una violenta guerra tra tribù, i protagonisti sudanesi hanno raggiunto l'Inghilterra in uno di quei disperati viaggi per mare che affollano i notiziari. Chiamati ad amalgamarsi al resto della comunità, a comportarsi amichevolmente imparando la lingua inglese, si trovano a vivere in una casa troppo grande per due. Ogni dettaglio rinfaccia loro il destino della figlioletta, morta tra le onde. E in quelle stanze squallide e vuote, piano piano, prendono piede i fantasmi. Sbucano dai buchi nei muri, si nascondono oltre la carta da parati sbrindellata e conducono i protagonisti in incubi a occhi aperti dove i defunti si sollevano dal mare come un'orda di zombie. Mentre il marito tenta di abituarsi allo stile di vita occidentale, la moglie oppone resistenza. E parla di stregonerie africane e rituali, di un possibile rimpatrio. Siamo brave persone, ripetono spesso. Questa è casa nostra. Ma chi hanno lasciato indietro? Chi hanno usurpato? I sensi di colpa dei sopravvissuti infestano lo straordinario esordio di Remi Weeks: un mix di cronaca nera e mitologie lontane, con le regole spietate di Parasite, i labirinti claustrofobici di Vivarium e la commozione assicurata di The Haunting of Bly Manor. Teso e intenso, dolorosissimo nel colpo di scena finale, sembra una ghost story scritta da Ken Loach. Dove si conclude il viaggio della speranza? Dopo tutto l'orrore che hanno visto, gli immigrati possono forse temere i demoni? (8)

20 commenti:

  1. Tra festival e halloween sono rimasta molto indietro con le visioni "normali", ma His House non me lo sono perso: bellissimo e molto triste, un horror con un animo enorme, uno dei più particolari visti quest'anno.

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    1. Mamma mia. Mi ha fatto il cuore a brandelli.
      Lo farei vedere a tutti, soprattutto ai salviniani.

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    2. Non verrebbe apprezzato, ma anzi tacciato di buonismo :)

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    3. Hai ragione pure tu.
      Allora chiudiamoli in casa con i fantasmi, se lo meritano!

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  2. Il primo potrei pure evitare, gli altri invece decisamente no ;)

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  3. Concordo su "His house", bello e commovente, con un colpo di scena geniale.
    "Rebecca", nonostante il regista sia fuori come un balcone, me ne hanno parlato con toni ben più sprezzanti dei tuoi - guarda il suo "Kill list".

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    1. Vedrò Kill List, grazie!
      Non credo di aver mai visto niente di suo finora. Qui è fin troppo nei binari purtroppo, troppa paura di sbagliare...

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  4. His House e Palm Springs mi attirano moltissimo, mentre La vita davanti a sé... prima mi intrigava, poi ho letto recensioni solo negative :(

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    1. Te li consiglio entrambi, amerai. L'altro evitabile, Loren a parte!

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  5. I primi due continuano alternativamente ad ispirare e respingere, con i tempi stretti e di meglio da vedere, lascio a Sofia il beneficio del dubbio per gli Oscar, a Rebecca momenti migliori.

    Fortuna però che il romanticismo estivo fuori stagione e la dolcezza della Coppola tirano su il morale: entrambi freschi e genuini come ce n'è bisogno!

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    1. Per quanto brava, Donna Sophia non lo merita.
      Come dicevo, mi stupirebbe meno la nomination della Pausini: la canzone è scritta da Dianne Warren, l'ultima volta nominata per il brano scritto a Lady Gaga...

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  6. E' strano il fatto che a me, "coppoliano" di ferro da sempre, "On the rocks" mi ha molto deluso (l'ho trovato banalissimo e scontato) mentre invece è piaciuto praticamente a tutti... sono invece d'accordo sugli altri giudizi: "Le streghe" e "Palm Springs" meritano la visione, su "Rebecca" sono un po' più freddo di te, ma se facciamo finta di non conoscere il grande Hitch tutto sommato è un film godibile. "La vita davanti a sè" invece appena mediocre. Condivido.

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    1. A me, forse, On the rocks è piaciuto proprio perché ho poca familiarità con il cinema della Coppola. Essenzialmente, mi piace soltanto Lost in translation. Questo l'ho trovato leggero leggero, semplice, senza pretese. Ci si aspetta di più, ma a me solitamente emoziona di meno. :)

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  7. Da me ne ho parlato del film della Loren e più o meno sono concorde con quello che hai scritto. Troppo parlare di Oscar. Sembra una cosa già organizzata.

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  8. Di questi ho visto solo Palm Springs e His House e concordo alla grande su entrambi. Addirittura Palm Springs mi ha colpito molto di più di quanto mi aspettassi, considerando che la commedia romantica non è proprio il mio genere. His House, invece, l'ho trovato davvero toccante, ma anche molto ben fatto.

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  9. Palm Springs a parte, a questo giro non siamo granché d'accordo. Stai cercando di prendere il posto lasciato vacante da Ford, ormai assente dalla blogosfera da troppo tempo? :)

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