La
paura è una pagina bianca, è una quarta di copertina che sei
costretto a chiudere, è una storia che termina senza un finale. La
vita non ha un finale. Le storie, ne hanno bisogno. La vita,
semplicemente, spesso senza preavviso, finisce.
Titolo:
La puntualità del destino
Autore:
Patrick Fogli
Editore:
Piemme “Linea Rossa”
Numero
di pagine: 360
Prezzo:
€ 17,50
Data
di pubblicazione:
Sinossi:
Alessia ha quattordici anni da un mese. Una ragazzina come tante, che
va a scuola e gioca a pallavolo. Dopo una pizza con le compagne di
squadra ha appuntamento con sua madre per tornare a casa. Ma all'ora
stabilita di lei non c'è traccia. Sparita nel nulla. Poco dopo
Alessia è un nome su un foglio nelle mani dei carabinieri, un volto
sorridente che i giornali e le televisioni esibiscono come un trofeo.
Diritto di cronaca, lo chiamano. E il circo mediatico che si scatena
si fa più grottesco a mano a mano che i giorni passano. Claudio
Zanetti, un giovane immigrato di seconda generazione, sembrerebbe
essere l'ultima persona ad aver visto la ragazzina. Mentre la gente
del paese annusa già la tragedia ed è certa di aver trovato il suo
colpevole, c'è qualcuno che ha più fretta di ritrovare Alessia, e
trovarla viva. Gabriele Riccardi una volta era un poliziotto. Ora,
dopo anni in fuga da se stesso, ha capito che non smetti mai di
essere quello che sei, e se hai sempre rifiutato una giustizia fatta
di compromessi, non puoi accettarne una vittima dei pregiudizi. Ora
che è necessario abbandonare la superficie per scavare a fondo, tra
segreti, menzogne e ricatti ignobili, è a lui che tocca. Prima che
il tempo emetta la sua sentenza.
La recensione
Una
cittadina di provincia. Un bosco sparuto di anime e case, il cui nome
ha sempre vissuto in un rassicurante e quieto anonimato. Una notte
invernale, il freddo pungente e la terra che trema. La furia del
terremoto esplosa nel cuore della notte. Gente con lo sguardo rivolto
verso l'alto, in attesa che la luna sprofondi nelle ombre del fiume o
che le loro case tutte uguali crollino l'una sull'altra come le
tessere del domino. Sguardi persi contro gli scherzi di Madre Natura,
ma incuranti di quello che accade sotto i loro occhi assonnati.
Incuranti di lei, la piccola Alessia, che il giorno successivo sarà
un volto angelico sui giornali. Un
viso in bianco e nero alla TV e sulla scatola del latte. Dispersa.
Rubata. Una vittima della notte, della crudeltà di un aguzzino senza
identità, della puntualità del destino. Ha quattordici anni, una
famiglia apparentemente solida a sostenerla, un profilo su Facebook e
curve più morbide di quelle che la sua età consentirebbe, modellate
dalla divisa della squadra di pallavolo e da ore di attività fisica
che hanno affinato la sua figura. Un paio di occhi oscuri l'hanno
intercettata per le vie del centro o alle feste di paese. Una mente
malata ha sognato di toccarla, di farla sua. Sparisce così,
silenziosamente e senza lasciare traccia. Lascia una madre incapace
di provare più emozioni, un padre che teme e spera di sapere cosa le
sia accaduto, un presunto colpevole vittima della reticenza e del
razzismo, una migliore amica tormentata dal rimorso di non averle mai
detto addio, uno sbirro che ha chiuso in un cassetto pistole e
distintivo, ma che tende a una giustizia assoluta, reale. La
puntualità del destino ha una
trama che abbiamo già l'impressione di conoscere. Colpi di scena che
riteniamo ormai annunciati, personaggi con cui abbiamo già avuto a
che fare. Pensate alle serie televisive The Killing o
Dov'è mia figlia?.
Ai
misteri, alle rivelazioni, ai segreti, alle lacrime che,
realisticamente, sgorgano dagli occhi di attori che interpretano
magistralmente genitori affranti e poliziotti segnati
dall'ossessione.
Lacrime
che abbiamo visto spesso, più copiose e sincere, segnare il viso
delle vittime delle telecamere e dei mass media, di coloro che in
corpo portano i danni collaterali di una bomba atomica nata nella
tragedia. Uno studio televisivo, il calore del pubblico, la
telecamera che ingrassa di almeno cinque chili; trucco, messa in
piega, completi cuciti su misura, discorsi letti nel pianto, appelli
speranzosi da chi di speranza non ne conserva più.
Dolori
atroci e dilanianti che imbrattano i cuori e, infine, la carta.
Materiale per scoop, interviste, sceneggiature e romanzi. La
puntualità del destino avrebbe potuto essere questo. Non un
romanzo, ma un parassita che si nutre del tragico successo della
cronaca nera. Un avvoltoio che, librandosi sopra un cadavere piccolo
e inerme, affonda il becco aguzzo nel marcio e nel mistero perpetuo
che aleggia ancora, dopo anni e numerose indagini, intorno agli
omicidi delle giovani Sarah Scazzi e Yara Gambirasio. Il libro si
pone con rabbia, imprudenza, impeto e passionalità. Disordinato,
secco, disorientante, ma, paradossalmente e inaspettatamente, lieve e
poetico. Dotato di una sensibilità che ti urla in faccia con forza e
di un lirismo che dà all'attualità e alla violenza la raffinatezza
di un aforisma, il primo lavoro che leggo dell'ormai affermato
Patrick Fogli priva il lettore di un piacevole approccio e dà
significati inconsueti al giallo e alle sue tante declinazioni. Narrato in prima persona da Gabriele Riccardi, un ex poliziotto il
cui passato è un enigma svelato in Lentamente prima di morire,
l'ultimo romanzo dell'autore bolognese è come una strada dissestata
di cui non conosciamo l'ingresso più agevole. Un sentiero, immerso
nel bianco della neve, per il quale ci avventuriamo, nonostante i
divieti che lo impediscano, tra gli scivoloni e gli stridii di un
paio di pneumatici non adatti. Non abbiamo istruzioni o parole
chiave. E' racchiuso su sé stesso, quasi impenetrabile. Ci ho messo
giorni e interi capitoli per entrarci e, ora che l'ho finito, per me
è difficile uscirne fuori e portar via con me le sensazioni,
positive e non, che mi ha regalato. In principio era impenetrabile,
adesso è inespugnabile.
Ci
sono stati momenti in cui l'ho trovato pedante, antipatico. Molte
pagine si alternano senza lasciarci capire fino alla fine il punto di
vista di quale dei tanti personaggi che lo popolano stiamo leggendo,
brusche e lapidarie. Il tono del narratore si eleva troppo
artificioso e meccanico: tante frasi dai significati profondi e
sfuggenti suonano poco convincenti, infatti, pronunciate dalle labbra
di un protagonista il cui passato lascia un dubbio fastidioso per
tutta la lettura e le cui azioni, spesso giuste ma al contempo
raggelanti, non si adattano apparentemente alle parole di un poeta
della strada e a un cantore della cronaca. L'andamento, inoltre, non
è quello richiesto dai canoni del thriller. E' lento, monocorde,
pieno di pause e di virtuali silenzi. Intrigante unicamente per gli
estimatori di quei film fatti più di parole che di azione, più di
vuoti che di immagini. Quelli che non fanno faville al box office, ma
che conquistano il podio agli elitari festival di Cannes e Venezia.
Non i “film per tutti” alla Spielberg, ma quelli introversi e
ripiegati su loro stessi di Giordana, Amelio e Garrone. Su momenti di
eccessiva monotonia, è prevalsa, infine, una passionalità virulenta
e commovente che non può lasciare indifferenti. A nascere non è la
ritrovata simpatia verso i personaggi o la piacevolezza di uno stile
che impara a diventare più fluido, ma un'amarezza che ci fa guardare con
insofferenza e rabbia a storie che, purtroppo, rivivono anche nella
realtà e a personaggi che, anziché viverle, subiscono passivamente
le loro stesse vicende. Ha creato in me il timore, e non la
curiosità, di giungere all'epilogo che eppure ho atteso per giorni,
unicA via d'uscita per liberarmi da quest'irrespirabile nube di fumo.
Scritto da Dio, in una prosa impeccabile e ispirata, è un romanzo il
cui ricordo sarà legato sempre a Pietro e Irene Scaroni, i genitori
di Alessia. Pagine di diario improvvisate rendono lacerante il loro
bisogno di verità, mostrano le crepe in una vita apparentemente
perfetta, descrivono il processo di distruzione di una coppia che ha
perso il loro collante, e il suo successivo consolidarsi. La loro
bambina è ovunque. Seduta al tavolo con loro mentre mangiano in
silenzio, stesa in mezzo ai loro corpi in un letto in cui non osano
più scambiarsi tenerezze.
La
puntualità del destino è un
sofisticato dramma, lucido e dominato, ma allo stesso tempo irruente
ed emozionante. Lontano dal ritmo serrato di un poliziesco, ha la
forma e il suono che avrebbe un'indagine raccontata dalla Rattaro di
Un uso qualunque di te o dall'acclamata Margaret Mazzantini e riproposta sul grande schermo dal
regista della Ragazza sul
lago. E' il classico
libro di cui è difficile parlare, lungo e pieno nonostante le sole
360 pagine che lo compongono. L'ho letto in un paio di giorni, ma ho
avuto la sensazione di trascinarmelo appresso per mesi. L'ho
criticato, amato, odiato. E adesso sono qui a consigliarvelo.
Se
cercate una via di evasione, però, La puntualità del
destino potrebbe spezzarvi le
ali.
La
vita è sottile. Basta una domanda sbagliata, la frase sbagliata, un
gesto frainteso che non potrai spiegare mai. Basta sentirsi al sicuro
o avere troppa paura. Dare per scontato e abbassare la guardia.
Credere che una cazzata non sia importante. La vita è bastarda.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Singhiozzo - Negramaro
Wow! Definirei la tua recensione INTENSA! Mi ha davvero coinvolta e a questo punto credo proprio che non mi resti che segnarmi questo libro, che mi sembra di aver capito valga la pena leggere :)
RispondiEliminaTi ringrazio, Lorenza! E' il genere di libro che si lascia amare ed odiare insieme. Fa commuovere, sperare, arrabbiare. Ma di certo non può lasciare indifferenti:)
EliminaL'ho appena finito e condivido pienamente le sue considerazioni.
RispondiEliminain particolare, ciò che mi ha appassionato di più è stata la coinvolgente lentezza che caratterizza tutto il romanzo. e la capacità, a differenza dei primi lavori, di emozionare il lettore giocando su sentimenti comuni a tutti noi.
consigliatissimo