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Confidenza, di Domenico Starnone. Einaudi, € 17,50, pp. 141
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Sebbene
sia un autore di per sé affermatissimo, qui ammetto e qui nego la
mia superficialità. A farmi interessare negli anni ai romanzi di
Domenico Starnone, infatti, sono state le voce di corridoio che
vedevano proprio in lui – esimio professore napoletano – il
professionista di spicco nascosto dietro il personaggio fittizio di
Elena Ferrante. Per quando la questione Ferrante non mi abbia mai
incuriosito – per me è bravissima, per me è donna: la leggo
perciò senza farmi domande di sorta –, lo stesso non posso dire
delle analogie con Starnone. C’erano davvero delle similitudini
nella loro scrittura, nelle loro storie? Potevo forse star fermo
senza scoprire se ci fosse del vero, rischiando così di perdermi un
autore chiaramente bravissimo? Desideroso di mettermi in pari, per
comodità ho iniziato dall’ultimo romanzo arrivato in libreria.
Dalla sua aveva una copertina essenziale ma bellissima, poche pagine,
moltissimi commenti a favore. E la Ferrante, se proprio dovevo
procedere con il mio ficcanasare, l’avevo letta giusto qualche
romanzo prima. Confidenza non è stata la scelta giusta: si è
rivelata una storia in cui non sono mai entrato; una di quelle
letture che, sarò franco anche a costo di apparire ingenuo, non ho
ben capito. Cosa dire di un romanzo senza grandi difetti, che però
lascerà in me piccoli ricordi di reciproca incomprensione?
Non
è la pedagogia dell’affetto che ci migliora, ma la pedagogia dello
spavento.
Suddiviso
in tre racconti di lunghezza disuguale, segue in realtà un singolo
filo rosso: un triangolo sentimentale lungo cinquant’anni,
osservato da tre punti di vista speculari ma nient’affatto
conciliabili. Il primo appartiene a un insegnante statale,
protagonista colto e di bell’aspetto, che in un esame di coscienza
racconta del suo lavoro al liceo classico; della pubblicazione di un
saggio che attirò l’interesse delle librerie indipendenti e dei
pedagogisti; del suo amore prima per Teresa, poi per Nadia. Agli
antipodi, le due donne sono l’una il rovescio dell’altra. Teresa,
ex alunna con una futura carriera negli Stati Uniti, è più giovane
di dieci anni ma a ben vedere è più saggia di lui: la loro
relazione è stata tanto litigiosa quanto viscerale, ed è finita
all’indomani della confidenza del titolo. Nadia, presto diventata
sua fedele consorte, è una collega di matematica che diversamente
dall’altra si lascia condurre e traviare: si fa leccare la mano al
primo appuntamento, mette al mondo tre figli, rinuncia al dottorato a
Napoli per la famiglia. Traditore, il protagonista non vuole essere
tradito. Predatore, non vuole diventare preda. Maschio piacente,
solido e consapevole, è abbastanza abile da darsi alla politica e da
sapersi dividere tra le due donne: l’indimenticata ex è sempre al
centro dei suoi pensieri turbolenti e, a distanza di sicurezza, si
punzecchiano in uno scambio epistolare. L’oceano che li divide è
abbastanza grande? Si amano, o forse s’odiano?
-
Ora sai di me ciò che non ha mai saputo nessuno.
-
Non possiamo lasciarci più, siamo davvero l’uno nelle mani
dell’altra.
Pochi
giorni dopo, senza litigare, anzi con un fomulario cortese che non
avevamo mai usato tra noi, ci dicemmo che la nostra relazione era
ormai esaurita e di comune accordo di lasciammo.
Ombra
avvolgente e inquietante insieme, Teresa lo invoglia a non
trasgredire, a coltivare virtù a confine con la santità: lo educa a
furia di minacce inespresse. Messa alle strette, spiffererebbe il
segreto che si sono scambiati da innamorati? Il secondo punto di
vista, invece, è di Emma: primogenita del protagonista, è una
figlia adorante cresciuta nel mito irraggiungibile del genitore. In
occasione di un’onorificenza destinata all’insegnante e saggista
ormai in pensione, la giovane donna cerca ospiti d’eccezione. Nel
terzo e ultimo racconto, chi si offrirà mai di onorarlo con una
visita a sorpresa? Confidenza somiglia a un dongiovanni
cinico, piacione, un po’ troppo autocompiaciuto. Ti mette una mano
sulla spalla con nonchalance, ti sussurra sconcezze all’orecchio.
Scritto benissimo e con un irresistibile cinismo tra le righe –
ora capisco, sì, le analogie con la Ferrante: stesso lessico
ricercato, stesso ambiente culturale, stessi narratori antipatici –,
purtroppo non sfoggia una simile brillantezza anche nella struttura.
Sbilanciato e frammentario, il romanzo segue uno schema narrativo che
dedica cento pagine al punto di vista principale; le poche restanti,
dunque non abbastanza, agli altri due. E davanti a una morale di
fondo che francamente sfugge tutt’ora, questa vicenda di fedeltà e
infedeltà, fiducia e sfiducia, ragione e sentimento mi ha lasciato
piuttosto freddo – sensazione d’incompiutezza che spesso
accompagna la lettura di alcuni racconti brevi. Non era, immagino, il
modo giusto per entrare in confidenza. Ci entreremo mai?
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: Mannarino – Statte zitta
Come sai, mi incuriosisce davvero molto questo autore. Ms per il momento ho deciso di dedicarmi ad altre letture :)
RispondiEliminaMeglio iniziare da Lacci, mi dicono. :)
EliminaSe dovessi approcciarmi a starnone credo opterei per Lacci, sarà che me l hanno consigliato in diversi...
RispondiEliminaNel mio piccolo, confermo!
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