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Dark Hall, di Lois Duncan. Mondadori, € 17, pp. 204 |
Si
erge come un castello centenario alla fine del sentiero alberato. Per
un gioco prospettico sembra ingrandirsi man mano che la macchina si
avvicini. Sembra prepararsi a divorarla. I portoni istoriati come
fauci. La consapevolezza che ci sia qualcosa di storto a
Blackwood, esclusiva scuola femminile ai confini dello stato di New
York, colpisce Kit – sedici anni, una madre pronta a scaricarla lì
per un secondo viaggio di nozze in Europa – con la forza di un
infausto presagio. Saranno le giornate corte, lo scudo degli alberi tutt'intorno, il rigore del corpo docenti a suggerirle
forse un aggettivo: malvagio. Siamo in un teen horror su un
gruppo di adolescenti e una magione in cui certe notti si
fanno labili i confini fra il nostro mondo e l'aldilà. La direttrice
dello stabile, l'altera Madame Duret, ha un vago accento francese e
l'aria di chi cova tra sé e sé qualcosa di sinistro. Il dormitorio
si affaccia su un dedalo lungo e buio per corridoio, le chiavi
possono chiudere le camere da letto dall'esterno ma non dall'interno:
impossibile, pertanto, dormire sonni tranquilli. Sappiamo insomma che
la protagonista – privata della possibilità di tornare a casa
prima della vacanze di Natale, senza cellulare, senza internet e
senza una migliore amica – non si sbaglia. Qualcosa di strano
serpeggia fra le pagine di una compianta pioniera del genere e i
cunicoli di un istituto che no, non è la versione vintage di
Hogwarts. Nel personale di servizio sembra resistere soltanto una
ragazza poco più grande di Kit, addetta alle cucine, che a volte ha
il pericoloso vizio di parlare troppo: come spiegare il fuggifuggi dei domestici? I cancelli puntuti separano le
studentesse dal resto del paese: protezione o isolamento? Ci sono,
soprattutto, tre professori per sole quattro allieve: tanto spietata,
ci si domanda, la selezione? Fatta eccezione per Ruth, bruttina con
un fiuto eccezionale per le scienze, in classe le altre ragazze non
brillano di certo. Madame Duret è stata attratta da qualcos'altro:
abilità in erba, soprannaturali, che Kit e le comprimarie devono
ancora mettere a fuoco. Le stesse che, amaramente, potrebbero
rappresentare la loro distruzione.
C'è
qualcosa di strano a Blackwood, qualcosa di sinistro. Lo percepiamo
tutte, ma è impossibile da descrivere a parole. Succedono delle
cose.
Gli
ambienti sono circoscritti, i personaggi elencabili sulle dita delle
mani, il fascino è quello sempiterno di atmosfere gotiche che da
queste parti fan sempre breccia. L'orrore è nello sfacelo del
passato tenutario, chiacchierato misantropo braccato dalla tragedia?
La morte, con tanto di falce e cappuccio come nella splendida
copertina illustrata, è un'inquietante coinquilina da temere?
L'autrice, Lois Duncan, è la stessa dello slasher cult So cosa
hai fatto. Ma dimenticate spargimenti di emoglobina o coltellate
a destra e a manca. Dark Hall, pubblicato negli anni Settanta
e tradotto per la prima volta in Italia in
occasione della trasposizione cinematografica
tiepidamente accolta, vive – e muore – proprio delle sue
ambientazioni. Nessuna vittima, nessuna goccia di sangue versato,
tantissime stranezze. Tra incubi, inappetenza e gelori ad agosto, le
allieve si scopriranno infatti improvvisamente portate per la musica,
la poesia, il disegno e la matematica. Le giovani menti, ricettive
agli stimoli e al male, sono delle spugne. Quali sono gli effetti di
una cattiva educazione che vorrebbe cambiarci nel profondo, non di
certo migliorarci? Kit così si fa coraggio. Ricerca la propria
indipendenza, il diritto di avere voce in capitolo, in un
piano di studio personalizzato nel dettaglio. Magari, una via
d'uscita dal peggio in agguato. Quarant'anni dopo, a sorpresa,
l'atipica ghost story della Duncan – l'originalità dello spunto di
base, infatti, si rivelerà in tutto il suo potenziale a un passo
dalla conclusione – si difende piuttosto bene. Evitando le furberie
di una storia d'amore proibita (Kit fantastica proprio sul figlio della
direttrice, prodigio del conservatorio). Creando una suspance che
terrà senz'altro sull'attenti lettori più giovani e suggestionabili
di me (spiace a tal proposito per la piega finale, frettolosa e non
all'altezza). Proponendo una prosa godibile e immediata, che non
dissimula tuttavia il vecchio amore per le descrizioni
particolareggiate e gli spauracchi di classe. Dove il mistero è di
casa, ma non la memorabilità.
Per un pomeriggio estivo da consacrare ai piccoli brividi.
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: Paramore – Decode
Sembra decisamente la versione vintage teen horror di Harry Potter.
RispondiEliminaAttendo con curiosità di vedere il film, poi eventualmente mi recupero anche il romanzo. Gli ingredienti perché mi possano piacere entrambi ci sono.
Tra l'altro non sapevo che sia questo sia So cosa hai fatto fossero originari degli anni '70. Quest'autrice, che non conoscevo, potrebbe diventare la mia nuova idola. Peccato sia morta. :(
Comunque per te sarà una lettura da un pomeriggio. Io con un libro da 200 pp. ci potrei mettere un mesetto. :)
Ma no, è a prova di giovanissimo, o di sfaccendato. 😂
EliminaLa trama a me piace, devo googlare e saperne di più.
RispondiEliminaLascia il tempo che trova, ma ha belle idee.
EliminaTrama intrigante. Nell'indecisione segno
RispondiEliminaStefi
Svolgimento non da meno, peccato per le poche pagine.
EliminaMi intriga moltissimo. Lea
RispondiEliminaOh, pensavo lo avreste snobbato. Sono contento 😁
EliminaE' già sul comodino. ;-)
EliminaDicci poi. 😉
EliminaPasso, non fa per me! Un bacio.
RispondiEliminaPenso anche io. Baci a te.
Eliminasembra caruccio lo lascio in wl tanto si legge in fretta!
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