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L'animale femmina, di Emanuela Canepa. Einaudi, € 17,50, pp.
260 |
L'animale
femmina si chiama Rosita. Minuta e poco appariscente, ha imparato
subito a mimetizzarsi. Il parlare controllato per paura che le vocali
troppo aperte o troppo chiuse del dialetto casertano rivelassero al
nord, dove in fretta si è adattata, le origini che
ripudia a testa bassa. La propensione all'anonimato, nutrita
cancellandosi via dalle labbra accenti sbagliati e rossetto. Senza un
filo di trucco, così, la ventiseienne sfugge all'incalzare dei predatori e agli spari
dei bracconieri. Studentessa di Medicina fuori sede e fuori corso,
Rosita – cassiera con uno stipendio da fame che non le assicura
neppure il poco d'indipendenza economica che cercherebbe – si
ritrova con un debito verso il padrone di casa e,
testimone di uno scippo ai danni di una domestica straniera come
tante se ne vedono, con un portafoglio per le mani. Esporsi
suonando al campanello di una sconosciuta, in nome della tacita
solidarietà tra disgraziati, è l'isolato gesto di gentilezza che la
porterà nella tana di Ludovico Lepore: lo sfarzo impersonale delle
case ricche ma senz'anima, l'odore di pipa che riaccende in lei il
ricordo di un padre conosciuto a malapena, il busto in soggiorno di
Madame du Barry – da prostituta ad amante del re di
Francia – a ispirare nell'anziano interlocutore il racconto di una
memorabile scalata al potere. Rosita ha piccole ambizioni di
autonomia e Lepore, avvocato ultrasettantenne specializzato in
diritto di famiglia, è il solo che possa aiutarla: anche se la sua
proposta di lavoro suonerà indecente con il senno di poi; un patto col diavolo. L'esordiente Emanuela Canepa,
vincitrice all'unanimità del premio Calvino, sembra raccontare
all'inizio la favola amara di una donna in carriera. Come Anne
Hathaway nella commedia già cult, la protagonista
deve fronteggiare un datore di lavoro che la sottovaluta per la sola
colpa di appartenere al genere femminile e una guida sul campo,
l'inarrivabile Renata, che la illumina con una punta di compiacimento
sugli incartamenti in archivio e la mìse da sfoggiare. Dove vuole
andare mai, altrimenti: troppo trascurata, troppo
magra, troppo bambina? Lepore le chiede di acquisire abilità con la
moka, perché i meriti di una donna si giudicano dai
caffè che serve, e di incarnare il luogo comune della segretaria
media: la divisa d'ordinanza comprende perciò gonna al ginocchio
e camicia dai colori neutri, tacchi alti e occhiali non graduati per vezzo, un make up leggerissimo.
Sa perché non sono ancora in pensione?
Perché mi diverto moltissimo. Le femmine sono animali
interessanti.
Da
dietro la sua scrivania, l'avvocato guarda
le cose succedere come un demiurgo pettegolo e manipolatore, a cui
unire, però, lo sguardo curioso dell'antropologo. Si gode la
soddisfazione di mettere in imbarazzo il prossimo dall'alto del suo
pregiudizio. Si fa beffa del dolore delle sue clienti, spesso
facoltose ereditiere abbandonate a loro stesse, e chiede alla
sottoposta attenti resoconti: tutte uguali, tutte illuse, le donne
per Lepore sono incapaci di dichiarare resa e di considerare il
matrimonio quel che è, un progetto di disfacimento a lungo
termine. Scandalizza la protagonista, violando il segreto
professionale e non astenendosi mai da giudizi soggettivi, eppure non
cerca il sesso con avances altrettanto fuori luogo, ma l'obbedienza
di una seguace. Rosita, impercettibilmente, cambia nel corso di
quest'apprendistato. Sfaccettata, mutevole, con abbastanza tempo
libero per tornare sui libri senza più il pensiero del lunario da
sbarcare e una passata di rossetto scarlatto, è un'altra persona. Si
deve forse vergognare di trovarsi bellissima allo specchio? Degli
amanti anaffettivi che d'un tratto si fermano a dormire, del corriere
che si prodiga in mille gentilezze, di una nuova consapevolezza di sé che
francamente fa comodo? La madre da cui è scappata alla prima
occasione buona per paura di diventarne l'ombra – un automa bigotto
che lava e stira e, alla cornetta, spera di vederla tornare all'ovile
con la coda tra le gambe – avrebbe da ridire. Le ha spiegato a
dodici anni che il sesso non va fatto per piacere, che la femminilità
va mortificata, quando invece sono un'arma a doppio taglio: le
migliori forme di attacco e difesa. Lepore, si rende piano conto, ha
ragione da vendere e torto marcio. Ma quanto liberi si può essere,
alla fine, se in un harem di eterne debitrici: la parola resilienza
pronunciata alla stregua di un'imprecazione e le mani che prudono, causa dermatite nervosa, come quelle di Lady Macbeth? Quanto costa
vedere padroneggiare un tiranno, e dovergli anche dire grazie?
Il
momento in cui cominci a capire chi sei è lo stesso in cui diventa
superfluo spiegarlo a chiunque.
Vicenda
essenziale ma tenuta in piedi con estrema grazia, L'animale
femmina seduce con la morbidezza
dei suoi movimenti e si legge con la frenesia del thriller. Da un lato
c'è una farfalla che, dalla sua teca di vetro, scruta di sottecchi
le mosse affaticate di quel vecchio – spregevole ma straordinario,
nonostante l'età avanzata e il maschilismo velenoso: pensate allo stilista dell'ultimo Day Lewis e dategli il volto del nostro Roberto Herlitzka – e si
domanda chi tenga il coltello dalla parte del manico, chi abbia più
bisogno di chi. Dall'altra, in capitoli che virano al color seppia
degli anni Cinquanta, ci sono due adolescenti diversi
ma inseparabili che non sanno ancora che la loro lunga amicizia è
stata in realtà tutta un lungo corteggiamento: un efebo acquistato
in gita a Volterra darà il via a una spietata sfida per dichiararsi,
per aversi, che farà prima di un grande amore, poi di una strana
vendetta, il bastone della loro vecchiaia.
Gli uomini serbano inutile
rancore e le donne fanno, in un romanzo giocato sul filo sottile
dell'ambiguità. Fermo a un torto che non sa perdonare, a una sciocca
scusa, l'animale maschio ha bisogno infatti di una spinta per andare oltre.
La femmina, complice ed esca insieme, per tutto il tempo è stata invece al
sicuro dalle zanne del falso dominatore. Troppo impegnato
a mordersi la coda per sapere che l'altra, incolume, della gabbia
dorata era la serratura e la chiave
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Mina – Anche un uomo
lo sto leggendo, perché la Canepa è una cara amica, conosciuta proprio attraverso il blog. Adesso la informo della tua rece.
RispondiEliminaFacebook mi aveva detto già della vostra conoscenza, sai?
EliminaComunque l'ho sentita anch'io nei giorni scorsi: carinissima. :)
Non sembra niente male, lo metto in WL mentre aspetto l'edizione economica :)
RispondiEliminaChe poi chiamale economiche, quelle Einaudi: abbassano il prezzo di tre, quattro euro scarsi. Sigh, sigh.
EliminaMi hai incuriosita. Lo metto anch'io in WL!
RispondiEliminaEsordio intenso. Da segnare e segnalare, decisamente. :)
EliminaMi sembra perfetto per farlo diventare un film.
RispondiEliminaQualcuno ci starà già pensando, vero?
Io mi sa che attendo la versione cinematografica, se mai ci sarà...
Lo spero per l'autrice!
EliminaIo mezzo casting lo avrei proposto, eh...