mercoledì 23 maggio 2018

Recensione: L'animale femmina, di Emanuela Canepa

| L'animale femmina, di Emanuela Canepa. Einaudi, € 17,50, pp. 260 |

L'animale femmina si chiama Rosita. Minuta e poco appariscente, ha imparato subito a mimetizzarsi. Il parlare controllato per paura che le vocali troppo aperte o troppo chiuse del dialetto casertano rivelassero al nord, dove in fretta si è adattata, le origini che ripudia a testa bassa. La propensione all'anonimato, nutrita cancellandosi via dalle labbra accenti sbagliati e rossetto. Senza un filo di trucco, così, la ventiseienne sfugge all'incalzare dei predatori e agli spari dei bracconieri. Studentessa di Medicina fuori sede e fuori corso, Rosita – cassiera con uno stipendio da fame che non le assicura neppure il poco d'indipendenza economica che cercherebbe – si ritrova con un debito verso il padrone di casa e, testimone di uno scippo ai danni di una domestica straniera come tante se ne vedono, con un portafoglio per le mani. Esporsi suonando al campanello di una sconosciuta, in nome della tacita solidarietà tra disgraziati, è l'isolato gesto di gentilezza che la porterà nella tana di Ludovico Lepore: lo sfarzo impersonale delle case ricche ma senz'anima, l'odore di pipa che riaccende in lei il ricordo di un padre conosciuto a malapena, il busto in soggiorno di Madame du Barry – da prostituta ad amante del re di Francia – a ispirare nell'anziano interlocutore il racconto di una memorabile scalata al potere. Rosita ha piccole ambizioni di autonomia e Lepore, avvocato ultrasettantenne specializzato in diritto di famiglia, è il solo che possa aiutarla: anche se la sua proposta di lavoro suonerà indecente con il senno di poi; un patto col diavolo. L'esordiente Emanuela Canepa, vincitrice all'unanimità del premio Calvino, sembra raccontare all'inizio la favola amara di una donna in carriera. Come Anne Hathaway nella commedia già cult, la protagonista deve fronteggiare un datore di lavoro che la sottovaluta per la sola colpa di appartenere al genere femminile e una guida sul campo, l'inarrivabile Renata, che la illumina con una punta di compiacimento sugli incartamenti in archivio e la mìse da sfoggiare. Dove vuole andare mai, altrimenti: troppo trascurata, troppo magra, troppo bambina? Lepore le chiede di acquisire abilità con la moka, perché i meriti di una donna si giudicano dai caffè che serve, e di incarnare il luogo comune della segretaria media: la divisa d'ordinanza comprende perciò gonna al ginocchio e camicia dai colori neutri, tacchi alti e occhiali non graduati per vezzo, un make up leggerissimo.

Sa perché non sono ancora in pensione? Perché mi diverto moltissimo. Le femmine sono animali interessanti.

Da dietro la sua scrivania, l'avvocato guarda le cose succedere come un demiurgo pettegolo e manipolatore, a cui unire, però, lo sguardo curioso dell'antropologo. Si gode la soddisfazione di mettere in imbarazzo il prossimo dall'alto del suo pregiudizio. Si fa beffa del dolore delle sue clienti, spesso facoltose ereditiere abbandonate a loro stesse, e chiede alla sottoposta attenti resoconti: tutte uguali, tutte illuse, le donne per Lepore sono incapaci di dichiarare resa e di considerare il matrimonio quel che è, un progetto di disfacimento a lungo termine. Scandalizza la protagonista, violando il segreto professionale e non astenendosi mai da giudizi soggettivi, eppure non cerca il sesso con avances altrettanto fuori luogo, ma l'obbedienza di una seguace. Rosita, impercettibilmente, cambia nel corso di quest'apprendistato. Sfaccettata, mutevole, con abbastanza tempo libero per tornare sui libri senza più il pensiero del lunario da sbarcare e una passata di rossetto scarlatto, è un'altra persona. Si deve forse vergognare di trovarsi bellissima allo specchio? Degli amanti anaffettivi che d'un tratto si fermano a dormire, del corriere che si prodiga in mille gentilezze, di una nuova consapevolezza di sé che francamente fa comodo? La madre da cui è scappata alla prima occasione buona per paura di diventarne l'ombra – un automa bigotto che lava e stira e, alla cornetta, spera di vederla tornare all'ovile con la coda tra le gambe – avrebbe da ridire. Le ha spiegato a dodici anni che il sesso non va fatto per piacere, che la femminilità va mortificata, quando invece sono un'arma a doppio taglio: le migliori forme di attacco e difesa. Lepore, si rende piano conto, ha ragione da vendere e torto marcio. Ma quanto liberi si può essere, alla fine, se in un harem di eterne debitrici: la parola resilienza pronunciata alla stregua di un'imprecazione e le mani che prudono, causa dermatite nervosa, come quelle di Lady Macbeth? Quanto costa vedere padroneggiare un tiranno, e dovergli anche dire grazie?

Il momento in cui cominci a capire chi sei è lo stesso in cui diventa superfluo spiegarlo a chiunque.

Vicenda essenziale ma tenuta in piedi con estrema grazia, L'animale femmina seduce con la morbidezza dei suoi movimenti e si legge con la frenesia del thriller. Da un lato c'è una farfalla che, dalla sua teca di vetro, scruta di sottecchi le mosse affaticate di quel vecchio – spregevole ma straordinario, nonostante l'età avanzata e il maschilismo velenoso: pensate allo stilista dell'ultimo Day Lewis e dategli il volto del nostro Roberto Herlitzka – e si domanda chi tenga il coltello dalla parte del manico, chi abbia più bisogno di chi. Dall'altra, in capitoli che virano al color seppia degli anni Cinquanta, ci sono due adolescenti diversi ma inseparabili che non sanno ancora che la loro lunga amicizia è stata in realtà tutta un lungo corteggiamento: un efebo acquistato in gita a Volterra darà il via a una spietata sfida per dichiararsi, per aversi, che farà prima di un grande amore, poi di una strana vendetta, il bastone della loro vecchiaia. 
Gli uomini serbano inutile rancore e le donne fanno, in un romanzo giocato sul filo sottile dell'ambiguità. Fermo a un torto che non sa perdonare, a una sciocca scusa, l'animale maschio ha bisogno infatti di una spinta per andare oltre. La femmina, complice ed esca insieme, per tutto il tempo è stata invece al sicuro dalle zanne del falso dominatore. Troppo impegnato a mordersi la coda per sapere che l'altra, incolume, della gabbia dorata era la serratura e la chiave
Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Mina – Anche un uomo

8 commenti:

  1. lo sto leggendo, perché la Canepa è una cara amica, conosciuta proprio attraverso il blog. Adesso la informo della tua rece.

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    1. Facebook mi aveva detto già della vostra conoscenza, sai?
      Comunque l'ho sentita anch'io nei giorni scorsi: carinissima. :)

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  2. Non sembra niente male, lo metto in WL mentre aspetto l'edizione economica :)

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    1. Che poi chiamale economiche, quelle Einaudi: abbassano il prezzo di tre, quattro euro scarsi. Sigh, sigh.

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  3. Mi hai incuriosita. Lo metto anch'io in WL!

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    1. Esordio intenso. Da segnare e segnalare, decisamente. :)

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  4. Mi sembra perfetto per farlo diventare un film.
    Qualcuno ci starà già pensando, vero?
    Io mi sa che attendo la versione cinematografica, se mai ci sarà...

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    1. Lo spero per l'autrice!
      Io mezzo casting lo avrei proposto, eh...

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