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fiore frutto foglia fango, di Sara Baume. NN Editore, € 18, pp.
236 |
Nella
casa in cui vivo in questo momento, una taverna a mezz'ora di autobus
dall'università, ho un cane. Stava lì, già parte dell'arredo, come la panca di legno davanti al
tavolo della cucina, l'armadio a quattro ante in camera da letto, le
mattonelle a fiori della doccia. Un dato di fatto, un elemento
imprescindibile del mobilio. Non ho allergie, gli animali mi fanno più simpatia delle persone e Angel, una bastardina con il
pelo dorato e il guinzaglio rosso, si gode dal primo giorno di
convivenza i suoi dodici anni – non pochi, dunque – nella quieta
indifferenza della sua cesta, fin troppo spaziosa per lei che è
quattr'ossa. Che cane strano: un cane-gatto, dico io. Dorme,
soprattutto con il cattivo tempo che strema i metereopatici, si
lustra il pelo e raramente si fa sentire dal vicinato abbaiando. La
mattina presto pretende solo che le si apra la porta. Ci avverte in tempo il
picchiettare delle sue unghie sul pavimento. Flemmatica,
forse, perché lo scorso novembre ha rischiato di non farcela:
l'hanno salvata dal Tanax il miracolo del cortisone e la dialisi del tempo.
Angel è un cane introverso, diffidente, femmina. A passeggio mi
scordo quasi di averla accanto a me, perché non tira né si stanca;
quando sono solo in casa non disturba né mi viene a cercare. Non
pensavo, ma le volte in cui abbandona la sua postazione in
cucina e si assenta il silenzio di quel cane non mio sa farsi
sentire davvero. E allora ne sento la mancanza, sì, come se avessero portato
via la panca e il divano, il guardaroba e il box doccia. Ho avuto un
cane dieci anni fa. Ora ho un gatto e un altro po'. E' per questo che da
gennaio mi porto appresso un rotolo di sacchetti igienici nella tasca
del giubbotto, conosco il dosaggio dei suoi medicinali e ho occhi
inevitabilmente lucidi davanti a romanzi che somigliano
all'esordio di Sara Baume. La storia d'amicizia tra un tenero sociopatico e Unocchio, il cane orbo per metà salvato dall'abbattimento.
Dov'eri
l'inverno scorso? Trovo difficile immaginare un tempo da noi vissuto
in parallelo, ma separati. Adesso sei come un arto supplementare. Ora
sei la mia gamba che non zoppica, e io sono l'occhio che hai perso.
Ray,
cinquantasei anni, vive da solo nella casa salmone del padre – il
pallore delle lampadine a basso consumo, una parrucchieria al piano
terra, una città di scogliere a picco fuori – da quando il
genitore è venuto a mancare. Il protagonista non ha mai fatto domande
sull'assenza della madre, evita i coetanei sin dagli anni della
scuola e, terrorizzato all'idea di sperimentare la cattiveria del
prossimo, trascorre le giornate leggendo in una casa di cianfrusaglie
e provviste. In primavera passano a trovarlo soltanto le rondini.
Ray, all'improvviso, ha un problema di topi in soffitta e si accorge
di aver bisogno di un piccolo cacciatore. Al canile gli danno il randagio che nessuno vuole: violento, violato, “libero come una scoreggia”.
Unocchio ha paura di dormire da solo e di notte Ray sogna di vedere
l'Irlanda attraverso il suo sguardo. Da lì in avanti risulterà
naturale ascoltarsi, ingozzarsi, abituarsi al fumo passivo: soli, ma
insieme. Anche nella fuga da un morso dato al bambino sbagliato,
lontano l'uno dal sospetto altrui e l'altro dalla minaccia del
collare a strozzo.
Tu
non mi appartieni, Unocchio. Tu non mi appartieni e ho sbagliato a
trattarti come se fossi mio. Tu appartieni alle colline ingannatrici,
ai campi e ai fossi irrefrenabili, alle buche della foresta, alla
linea dell'orizzonte, ai tassi. Le stagioni non mi appartengono, il
mare non mi appartiene, il cielo non mi appartiene. E' mia soltanto
la casa di mio padre, e anche se cambiassi tornerei a essere quello
di prima.
Una
copertina verde smeraldo, il titolo alla Sergio Endrigo,
l'affaccendarsi delle quattro stagioni. Le gioie e i dolori della
vita spiegati a un cane dagli occhi tristi, che sa già come va il
mondo eppure non possiede che la conoscenza di centocinquanta parole
appena. Inclinata la testa da un lato, così, Unocchio ascolta i
segreti terribili e la grazia di Sarah Baume. I dialoghi rari, tanto
assordanti da guadagnarsi le lettere maiuscole, e le descrizioni di
chi sa identificare piante e uccelli – troppo particolareggiate se,
dopo Mio assoluto amore, ci si trova davanti l'ennesimo
romanzo scritto con un erbario sulla scrivania. Da
che era in boccio, fiore
frutto foglia fango si
rafforza e prende forma; infine si secca, e secca.
I problemi sono sorti coi primi freddi e le giornate che andavano accorciandosi. Con un vagare apparentemente senza meta, senza senso, in cui si entra in contatto con una natura onnipresente ma mai con altra anima viva. Abbondano allora flora e fauna, i soliloqui esistenzialisti, i dettagli che più affaticano, e si perde di vista il muretto di casa, la commovente bellezza delle pagini iniziali.
I problemi sono sorti coi primi freddi e le giornate che andavano accorciandosi. Con un vagare apparentemente senza meta, senza senso, in cui si entra in contatto con una natura onnipresente ma mai con altra anima viva. Abbondano allora flora e fauna, i soliloqui esistenzialisti, i dettagli che più affaticano, e si perde di vista il muretto di casa, la commovente bellezza delle pagini iniziali.
Ci
sono storie in ogni cosa, mi disse una volta una vecchia vicina,
guarda caso, che mi insegnò a cucire. Accadde quand'ero
piccolissimo, troppo per capire che quasi tutte le cose non
significano esattamente ciò che sembrano, che il significato è una
cosa volubile. Per via di quello che aveva detto lei, con un coltello
da cucina seghettato tagliai la cucitura sulla schiena del mio
orsacchiotto preferito, Mr Buddy. Cercavo storie, parole maestose che
rotolassero fuori e si disponessero lungo linee orizzontali come
quelle nei miei libri di storia.
L'elemento on the road viaggia attravero campi inesplorati. Le
provviste della strana coppia scarseggiano. Il loro inquieto girare e
rigirare in tondo mette angoscia. La musicalità della scrittura, da
cristallina, va pian piano incupendosi. E la favola di un'amicizia
elettiva diventa altro, in un cambio di rotta che sconquassa il
cuore: il dramma amaro e disperato per cui, probabilmente, non eri
pronto.
Ci sono infatti momenti giusti per accogliere un cane nella
trascuratezza delle tue stanze e prendertene cura. Ci sono momenti
sbagliati per leggere un apologo nerissimo che di un cane ti parla,
adesso che un cane ce l'hai, lasciando tuttavia inappagato il desiderio di una
storia che concili e guarisca dalla malinconia.
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: Imagine Dragons – Next To Me
La chiusa è bellissima, la cover tenera, ma non è il libro che fa per me.
RispondiEliminaBuon inizio settimana!
Stai già leggendo Giordano???? Io non vedo l'ora.
Lea
Ciao, Lea. Sì, Giordano arrivato in anteprima autografato, e sapessi come ne vado fiero, anche se gli altri mi erano piaciuti sì e no.
EliminaTi aggiorno!
Me ne tengo lontana, che la tristezza animale proprio mi è insopportabile. E tu mi confermi che, con quel finale, non è libro per me. Pat-pat alla piccola Angel.
RispondiEliminaLa tristezza, purtroppo o per fortuna, non è quella animale. Unocchio, libero come il vento, se la passa benone. Ray, invece, che eppure si chiama "raggio di sole", rattrista tanto. Troppo?
EliminaChe dire, la tua recensione è meravigliosa ma ho paura che il romanzo mi metta troppa tristezza. Quando ci sono di mezzo gli animali, di qualunque tipo essi siano, il mio cuore si scioglie troppo, soprattutto se ha un finale del tipo di cui parli. Per il momento passo.
RispondiEliminaCiao, Anna! Come dicevo a Teresa sopra, ad andarci di mezzo non sono gli amici a quattro zampe per una volta. Il lieto fine manca, ma al padrone.
EliminaHo saltato qua e là, per non sapere troppo, che titolo, copertina, editore, fan già gola. Anch'io però temo sempre il coinvolgimento del mondo animale, riuscirò a resistere?
RispondiEliminaDopo Io e Marley, Hachiko e compagnia bella, anch'io evito film e romanzi sul tema. Un po' di furberia, troppe lacrime. La Baume, molto poetica, non è un'autrice del filone. Anche se, a volte, i drammi di Ray sono veramente pesanti, poveretto. Unocchio, invece, è la parte lieta, la parte leggera, di una storia cupa.
EliminaIo e i cani proprio non ci pigliamo.
RispondiEliminaQuindi con questo libro farò proprio come faccio quando ne vedo uno per strada: giro al largo. :)
Sara Bau(me) disapprova!
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