domenica 30 settembre 2012

Recensione: Il canto delle parole perdute, di Andrés Pascual

Non l'esplosione, non gli incendi, non il silenzio, la polvere, i vermi, il fetore. Il peggio sono le parole perdute, il vuoto che rimane e la ricerca che inizia.

Titolo: Il canto delle parole perdute
Autore: Andrés Pascual
Editore: Corbaccio
Numero di pagine: 391
Prezzo: € 16,40
Data di pubblicazione: 20 Settembre 2012
Sinossi: Nagasaki, agosto 1945. Kazuo, un ragazzo occidentale adottato da una famiglia giapponese, e Junko, figlia di una maestra di ikebana, si sono ripromessi di incontrarsi su una collina per suggellare il loro amore adolescente con un haiku. Pochi minuti prima dell'appuntamento, la bomba atomica trasforma la città intera nell'inferno. Tokyo, febbraio 2011. Emilian Zäch, architetto svizzero in crisi, funzionario delle Nazioni Unite e sostenitore dell'energia nucleare, conosce una gallerista di arte giapponese ossessionata dall'idea di rintracciare il primo amore della nonna. Due storie parallele, destinate a incrociarsi in un finale che sorprende. Un libro sulla forza dell'amore capace di superare ogni cosa. Una storia di speranza e determinazione, di abbandono e di coraggio, un romanzo sull'importanza di non dimenticare le tragedie del passato per affrontare le sfide del presente e scrivere il nostro futuro.
                                                         La recensione 
L'avevano chiamato Kazuo, uomo di pace, perciò non doveva aver paura di affrontare il peggio delle guerre, imbracciando come unica arma il cuore impavido di un samurai innamorato”. Se è vero che ci sono libri che hanno il potere di colpire al primo sguardo, Il canto delle parole perdute possiede un po' di questa magia ormai dimenticata. Colpisce le orecchie, lo sguardo, il cuore. Ha un titolo soave ed evocativo, una trama romantica come poche e una copertina che, nella sua semplicità, lascia che gli occhi e la fantasia spazino al di là dei limiti della carta. Basta poco, un battito di ciglia, per godere della frescura degli alberi, del calore del sole filtrato dal tessuto rosso dell'ombrello e della bellezza di uno sguardo che si nasconde alla vista, ma che ci invita a seguire una sentiero di sassi che confluisce in strade sconosciute. La piccola geisha in copertina prende vita. I lembi della sua veste cremisi sono scompigliati dal vento e il rosso sgargiante di un chimono proibito diventano un fiore tra i fiori, fuoco nell'inverno, sangue e coraggio nel fumo della fine. Si muove leggera come un angelo dagli occhi a mandorla, malinconica come una principessa delle leggende che vuole essere salvata. Dietro di lei, il suo samurai. Un uomo di pace in tempo di guerra. Un piccolo grande eroe che, con i suoi capelli biondi e gli occhi azzurri da occidentale, la segue come un'ombra. 
Un'ombra che cerca le sue mani nei decenni e nel fuoco, fra i morti, le sofferenze e gli anni che, spietati, fuggono via, lasciandoli soli e lontani. La loro, è la storia di un bacio interrotto. L'avventura - dal sapore epico, misterioso e sognante – di un amore adolescenziale lungo sessantacinque anni e di due spiriti affini che non si arrendono agli ostacoli della guerra e della tristezza. Kazuo e Junko conferiscono alla loro odissea la dolcezza e l'emozionante onestà dei loro tredici anni; teneri come quei bambini che abbiamo visto scambiarsi carezze su una panchina del parco, tenaci come due foglioline aggrappate all'albero della vita. 
Fruscianti, a un passo dal cadere. Ma vicine. Si scambiano poesie così, per gioco. E si scoprono innamorati alla vigilia della caduta della bomba atomica su Nagasaki. Mezzo secolo dopo, narrata parallelamente, la storia di Mei ed Emilian. Lui, apparentemente uscito da un commedia di Cameron Crowe, convive con una disastrosa vita sentimentale e con un sogno che gli ha voltato bruscamente le spalle. Parla dei vantaggi dell'energia nucleare; lei, invece, conserva nella sua famiglia il germe dannoso della decisione di un manipolo di uomini di guerra e delle conseguenze mortali che ne seguirono. Hanno tratti diversi, culture diverse, provengono da mondi diversi, ma - mossi come pedine, dalla Svizzera al paese del Sol Levante, dal passato al presente – aiuteranno il destino a chiudere un cerchio lasciato incompleto un paio di vite fa. Tutte le contraddizioni che caratterizzano la più affascinante delle terre confluiscono all'interno del romanzo di Andrés Pascul, l'Arthur Golden spagnolo che, ormai al suo terzo romanzo, fa finalmente conoscenza dei lettori italiani, evocando magistralmente, con nostalgia e profondità storica, un Giappone che credevamo di aver lasciato per sempre sigillato tra le pagine di Memorie di una geisha. Inscenato sullo sfondo di un'altra cruenta guerra, Il canto delle parole perdute è una contraddizione in una terra di contraddizioni. 
I grattacieli e i templi, il sakè e la musica suonata notte e giorno, le leggende e la tecnologia, la pacatezza orientale e la trascinante passionalità spagnola gerano, infatti, meravigliosi contasti che, nell'antitesi, confluiscono in una conflagrazione che ha la potenza di una bomba e i colori vitali di un fuoco d'artificio.
Se nato dal pugno di un autore nipponico, il romanzo avrebbe assunto un tono algido e distaccato che, a lungo andare, avrebbe eretto una barriera tra lettore e narratore. Il loro autocontrollo e la loro dignità avrebbero potuto rendere il romanzo più dominato e sintetico, una perla elogiata dalla critica, ma avrebbero impedito il totale trasporto emotivo che il calore e le ricche metafore di Pascual hanno invece permesso. La narrazione non è esente da difetti e da momenti di lieve lentezza, ma alla fine ti artiglia lo stomaco e il cervello, facendoti sentire il cuore più pieno e i pensieri più ingombranti.La spaventosa verosimiglianza di alcuni momenti ci dà l'impressione di leggere, con radiazioni che dilagano come virus e pile di cadaveri da dare al fuoco, la Zombie dei Cranberries cantata tra i ciliegi in fiore. In altri, invece, si ha la sensazione  di leggere una spy story in cui due detective per caso, armati dell'infallibilità dei ricordi e del lasciapassare del cuore, corrono disperatamente per restituire un messaggio insanguinato che il vento aveva soffiato in opposte direzioni. E' un'avventura che ha il fervore di un thriller e il pathos di un amore immortale. Un libro che va affrontato di pancia, ma che non mancherà, con un monito importante, di far risuonare echi impossibili da ignorare. Personaggi che ti restano dentro, uno stile poetico e curato, una storia da amare. 
Fa sentire colpevoli per aver etichettato per troppo tempo un evento tanto immane come un ennesimo capitolo nei libri di storia. Fa venire voglia di migliorarsi. Di visitare quell'angolo di paradiso che è il simbolo della tenacia e della forza che tutti noi dovremmo avere. Un viaggio imperdibile ed indimenticabile che, su uno sfondo atipico, ha la potenza e le lacrime del Cacciatore di aquiloni, il movimentato romanticismo di The Millionaire e un sentiero che, lastricato di flashback e tragedie, rimanda allo splendore di Titanic.
Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Forbidden Colours – Ryuichi Sakamoto (Chiara Ranieri)


6 commenti:

  1. Bene, bene, bene... in wishlist!
    Grazie per la segnalazione! :D

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  2. bellissima recensione, come al solito poetica e capse di evocare immagini. amo il giappone, la cultura , le usanze, i colori e i paesaggi a volte contraddittori, e sono molto curiosa di leggere questo libro e vedere se sarà capace di trascinarmi laggiù come già una volta ha fatto memorie di una gheisha!!! subito in WL

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  3. che magnifica recensione, di sicuro lo inserirò nella mia wishlist

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  4. Ero indecisa se leggere o meno questo libro.. Non sono ancora completamente convinta ma potrei leggerlo.. La tua recensione mi è piaciuta! E anche le immagini che hai scelto! :D

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  5. Lo sto leggendo è bellissimo.

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