venerdì 14 novembre 2025

Il buio in salotto: Interview with the Vampire | Monster: Ed Gein | Il mostro

Misteriosamente passata in sordina in Italia – arriverà su Netflix a dicembre –, è già arrivata alla terza stagione in patria. Perché la serie TV tratta dai romanzi di Anne Rice sta facendo così fatica a trovare il suo pubblico? Perché io stesso ho recuperato le prime due stagioni dopo anni di rimandi, per poi rimanere abbagliato da una trasposizione che – nell'anno dei fasti di I peccatori – brilla per eleganza di scrittura, efferatezza e sensualità? La storia, già raccontata in un film con Tom Cruise e Brad Pitt, cambia forma e dinamiche, ma mantiene immutati il gusto scenografico e le elucubrazioni. Jacob Anderson e Sam Reid – che nulla, notorietà a parte, hanno da invidiare al duo originale – ripropongono l'eterno conflitto tra creatore e creatura, all'interno di una relazione tossica minata dall'arrivo di Claudia: figlioccia adolescente avida di libertà. Nella seconda stagione, ci si sposta a Parigi e, in fuga dalla solitudine, ci si unisce a una congrega. Tra canti, balli e mattanze, lo spettacolo si fa più spettacolare ancora e, mentre subentra il nuovo amore per Assad Zaman – più anziano, più saggio, più costante di Lestat –, si gettano le basi per uno degli episodi più belli dell'anno. La memoria di un immortale è sempre infallibile? Si può vivere onestamente, nonostante il troppo sangue versato? Da questo trio, in una serie opulenta e imprevedibile come un ballo in maschera, chi non si lascerebbe azzannare? (8)

Dopo le stagioni dedicate a Jeffrey Dahmer e ai fratelli Menendez, la serie di Ryan Murphy abbandona l'asciuttezza del dramma processuale per sposare i toni dell'horror. Benché molto patinata, potrebbe mettere alla prova con scene gore e voyeurismo: niente, tra nefandezze e feticismi, ci è risparmiato. L'obiettivo, ambiziosissimo, è non tanto realizzare il biopic di Ed Gein, ma raccontare un'epoca; un Paese. Non sempre all'altezza, gli episodi mettono troppa carne al fuoco e peccano di una direzione incerta. In disordine, si parte dal mondo interiore di Gein (gli abusi materni, il trauma della Shoa, la disforia di genere) per poi fare tappa a Hollywood (Psycho, Non aprite quella porta, Il silenzio degli innocenti sono alcuni dei film ispirati al suo modus operandi) e negli uffici dell'FBI (Gein, infatti, avrà un ruolo chiave nella cattura di Ted Bundy). Ne emerge un ritratto non sempre accurato, ma multiforme e personale, che trova una sua identità nel corso degli ultimi episodi: quelli meno sanguinosi e più lirici, dove un Charlie Hunnam da Emmy conferma un'intensità perfino superiore alla sua avvenenza e l'irriconoscibile Vicky Krieps ruba a molti la scena nelle vesti di una sadica nazista. Quando abbiamo fatto di un serial killer un'icona pop? Quando abbiamo trasformato un uomo schizofrenico in un mostro? (7)

Alle porte di Firenze, ha ucciso otto coppie nell'arco di diciassette anni. L'incubo di una generazione di innamorati — già al centro di una miniserie Sky con Ennio Fantastichini e di innumerevoli podcast — torna in una produzione attesissima, con la firma di uno dei registi più internazionali del nostro cinema: Stefano Sollima. Lontano dallo sperimentalismo a cui ci ha abituato, sceglie una maggiore asciuttezza — in cui, però, si fatica a scorgere la sua impronta — e un taglio inedito ma discutibile. Più che di una serie sul Mostro, si tratta di un prequel sul delitto di Barbara Lonci e Antonio Lo Bianco: a collegarli alle altre morti, l'utilizzo della stessa pistola. Frammentario e confuso, Sollima si muove tra gli anni Sessanta e gli Ottanta, la Sardegna rurale e una Firenze assediata, col risultato che le indagini facciano semplicemente da contorno alle vicende della famiglia Mele: un marito pavido, una donna sottoposta a violenze esasperanti, le frequentazioni ambigue coi fratelli Vinci. Pacciani e i famigerati compagni di merenda faranno capolino nella seconda stagione? In questa storia di misoginia e repressione sessuale, per ora, non c'è spazio per gli eventi più noti né per un cast di nomi altisonanti: a spiccare, nell'anonimato imperato, è il solo Valentino Mannias, sinuoso e spietato come un lupo. (5,5)

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