Misteriosamente
passata in sordina in Italia – arriverà su Netflix a dicembre –, è già arrivata alla terza stagione in patria. Perché la serie TV
tratta dai romanzi di Anne Rice sta facendo così fatica a trovare il suo
pubblico? Perché io stesso ho recuperato le prime due stagioni dopo
anni di rimandi, per poi rimanere abbagliato da una trasposizione che
– nell'anno dei fasti di I peccatori – brilla per
eleganza di scrittura, efferatezza e sensualità? La storia, già
raccontata in un film con Tom Cruise e Brad Pitt, cambia forma e
dinamiche, ma mantiene immutati il gusto scenografico e le
elucubrazioni. Jacob Anderson e Sam Reid – che nulla,
notorietà a parte, hanno da invidiare al duo originale –
ripropongono l'eterno conflitto tra creatore e creatura, all'interno
di una relazione tossica minata dall'arrivo di Claudia: figlioccia
adolescente avida di libertà. Nella seconda stagione, ci si sposta a
Parigi e, in fuga dalla solitudine, ci si unisce a una congrega. Tra
canti, balli e mattanze, lo spettacolo si fa più
spettacolare ancora e, mentre subentra il nuovo amore per Assad Zaman –
più anziano, più saggio, più costante di Lestat –, si gettano le
basi per uno degli episodi più belli dell'anno. La memoria
di un immortale è sempre infallibile? Si può vivere onestamente,
nonostante il troppo sangue versato? Da questo trio, in una serie opulenta e
imprevedibile come un ballo in maschera, chi non si lascerebbe
azzannare? (8)
venerdì 14 novembre 2025
Il buio in salotto: Interview with the Vampire | Monster: Ed Gein | Il mostro
Dopo
le stagioni dedicate a Jeffrey Dahmer e ai fratelli Menendez, la
serie di Ryan Murphy abbandona l'asciuttezza del dramma
processuale per sposare i toni dell'horror. Benché molto patinata,
potrebbe mettere alla prova con scene gore e voyeurismo: niente, tra nefandezze e feticismi, ci è risparmiato. L'obiettivo,
ambiziosissimo, è non tanto realizzare il biopic di Ed Gein, ma
raccontare un'epoca; un Paese. Non sempre all'altezza, gli episodi
mettono troppa carne al fuoco e peccano di una direzione incerta. In
disordine, si parte dal mondo interiore di Gein (gli abusi materni,
il trauma della Shoa, la disforia di genere) per poi fare
tappa a Hollywood (Psycho, Non aprite quella porta, Il
silenzio degli innocenti sono alcuni dei film ispirati al suo modus operandi) e
negli uffici dell'FBI (Gein, infatti, avrà un ruolo chiave nella
cattura di Ted Bundy). Ne emerge un ritratto non sempre accurato, ma multiforme e personale, che trova una sua identità nel
corso degli ultimi episodi: quelli meno sanguinosi e più lirici,
dove un Charlie Hunnam da Emmy conferma un'intensità perfino
superiore alla sua avvenenza e l'irriconoscibile Vicky Krieps ruba a molti la
scena nelle vesti di una sadica nazista. Quando abbiamo fatto di un
serial killer un'icona pop? Quando abbiamo trasformato un uomo
schizofrenico in un mostro? (7)
Alle
porte di Firenze, ha ucciso otto coppie nell'arco di diciassette
anni. L'incubo di una generazione di innamorati — già al centro di
una miniserie Sky con Ennio Fantastichini e di innumerevoli podcast —
torna in una produzione attesissima, con la firma di uno dei registi
più internazionali del nostro cinema: Stefano Sollima. Lontano dallo
sperimentalismo a cui ci ha abituato, sceglie una maggiore
asciuttezza — in cui, però, si fatica a scorgere la sua impronta —
e un taglio inedito ma discutibile. Più che di una serie sul
Mostro, si tratta di un prequel sul delitto di Barbara Lonci e
Antonio Lo Bianco: a collegarli alle altre morti, l'utilizzo della
stessa pistola. Frammentario e confuso, Sollima si muove tra gli anni Sessanta
e gli Ottanta, la Sardegna rurale e una Firenze assediata, col risultato che le indagini facciano semplicemente da
contorno alle vicende della famiglia Mele: un marito pavido, una
donna sottoposta a violenze esasperanti, le frequentazioni ambigue
coi fratelli Vinci. Pacciani e i famigerati compagni di merenda faranno capolino nella seconda stagione? In questa storia di
misoginia e repressione sessuale, per ora, non c'è spazio per gli
eventi più noti né per un cast di nomi altisonanti: a spiccare, nell'anonimato imperato, è
il solo Valentino Mannias, sinuoso e spietato come un lupo. (5,5)
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