
Il
2025 è appena iniziato, eppure sembrerebbe di aver già trovato la
serie più rappresentativa di quest'anno, e di tanti anni a questa parte. Specchio nero dei tempi che
corrono, M è il figlio del secolo, ma, soprattutto, il padre
di una mostruosa progenie ancora tra noi. Ispirandosi a Scurati, Joe
Wright mette in scena la banalità del male, e le sue origini, come
avrebbe fatto Shakespeare. Accuratissima ma mai didascalica, la serie
Sky lascia sedere in cattedra Mussolini in persona. Seduttivo e
ributtante, carismatico e insicuro, il Duce di un incredibile
Marinelli appare tutto e il contrario di tutto. A metà tra un
personaggio slapstick e il sanguinario Macbeth, ci guida fino al
delitto Matteotti, in una Roma fuligginosa come Birmingham: con lui
Russo, sorprendente partner in crime, e Chichiarelli, fiammeggiante
femme fatale. Se il cast è di soli fuoriclasse, la regia è
arte futurista. Wright coreografa i voltafaccia, la violenza
delle camicie nere, gli assalti come se fossero parte di un musical.
La Storia non è la solita storia. M osa con l'ironia della
tragicommedia per mostrare l'avanzata di un tiranno con poche idee e
molti consiglieri, abilissimo nel tradire tutti — soprattutto sé
stesso — quando il vento soffiava contrario. Perseguitato dai
presagi e dal senso di colpa, Mussolini si svela nel pubblico e nel
privato. E muove un atto d'accusa che nauseerà lo spettatore.
L'indignazione non va a lui, ma a noi stessi, inebetiti davanti al
suo predominio; complici. Il male peggiore è di chi lo compie o di
chi, con le opere e le omissioni, lo nutre? (9)

Certi
amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Succede
proprio così, come nella canzone di Antonello Venditti, anche ad Ana
e Oscar. Si conoscono alla vigilia di Capodanno del 2015, appena
trentenni, e si inseguono per dieci anni. Lei intraprendente
ristoratrice, lui medico nevrotico, non si ameranno con fedeltà per
tutto il tempo. A volte in coppia, altre separatamente, animano con
l'assoluta imprevedibilità dei loro sentimenti la serie del premiato
Rodrigo Sarogoyen. Presentata in anteprima al Festival Venezia e
imperdibile per tutti gli appassionati del cinema di Linklater e
Kechiche, resterà tra le più struggenti dell'anno. Se la struttura
narrativa ricorda l'iconico One
Day,
il resto sembra frutto di una magica improvvisazione. Gli attori
rivelzione Iria del Rio e Francesco Carril, intimi e intensissimi,
sono al centro di dialoghi lunghi interi piani sequenza e di scene di
sesso così dettagliate da sembrare reali. Nel passaggio dai trenta
ai quarant'anni, cambieranno lavoro, partner, città; vivranno lutti,
nascite, perfino la pandemia; guadagneranno un fascino inaspettato,
mentre i capelli si tingono inevitabilmente di grigio. Torneranno
insieme, stavolta per sempre, in vista del faccia a faccia
finale? Sicuramente,
al termine di questo splendido tranche de vie che un po' appartiene
anche a noi, non si scorderanno mai.
(8)

Una
documentarista rischia di perdere sia famiglia che reputazione quando
un’ombra dal passato minaccia di rendere un suo segreto di dominio
pubblico. A sbugiardarla è un romanzo autopubblicato, in cui si
racconta la passione di un’estate lontana finita poi in tragedia.
Ci si può fidare, però, di un narratore bugiardo? E di una donna
spinta al limite? La regia di Alfonso Cuaròn, la fotografia di Emmanuel Lubezki, il cast all
stars
capitanato da Cate Blanchett. Possibile che, dopo l’anteprima al
Festival di Venezia, si sia parlato tanto poco di Disclaimer?
Scarsamente pubblicizzata, è un thriller sull’illusorietà delle
relazioni e sul potere della scrittura, a tratti erotico e a tratti
agghiacciante; una storia di vendette, servite rigorosamente fredde,
dove il vedovo Kevin Kline è talmente magnetico da giganteggiare sul
resto del pur sempre ottimo cast. Tratto dal romanzo di Renée
Knight, bestseller da supermercato coinvolgente ma dozzinale nello
stile, l’adattamento Apple trova l’autorialità che mancava alla
controparte letteraria. Peccato che la patina eccessiva della
confezione, la ridondanza delle voci off e l’esagerato manierismo
della regia rendano il tutto troppo lezioso, anche a discapito
dell'efficace colpo di scena in agguato. Questo asserragliamento da
Oscar avrebbe meritato comunque maggiore attenzione. (7)
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