In
uno chalet una famiglia cerca pace. Lui è un professore, frustrato
per i tentativi di cimentarsi con la scrittura. Lei, fresca di
un'appassionata intervista, è un'autrice internazionale. E poi c'è
il loro bambino, cieco dopo un incidente. Il marito muore. La moglie
è la principale indiziata. Il figlio, l'unico testimone. Vincitore
della Palma d'Oro e destinato a farsi strada fino agli Oscar, il film
di Justine Triet è un'analisi del caos di una coppia contemporanea,
in cui i ruoli di genere si sono invertiti e l'uomo, vittimista, si
lecca le ferite all'ombra di una donna castrante nella sua
intraprendenza. La tedesca Sandra Huller si difende ora in inglese,
ora in francese, e regala la performance dell'anno in un thriller
giudiziario in cui si parla di letteratura, sessualità, relazioni
tossiche. La visione in lingua originale è imprescindibile: i
passaggi da una lingua all'altra pongono la protagonista in una
posizione scomodissima e rendono la verità ancora più
sdrucciolevole, poiché indefinibile a parole. Mentre quel figlio
dagli occhi vitrei non si perde un solo dettaglio, ossessionato
perfino dalle rivelazioni più morbose, il processo a Sandra incalza.
Qualsiasi sarà l'esito, non ci saranno né vincitori né vinti. È
la caduta di un corpo di ottanta chili, che sul tavolo autoptico
semina indizi contraddittori. È la caduta di due dei, che lasciano
l'Olimpo vuoto e un figlio privato delle sua innocenza. Sono stato
quel figlio anch'io. Sono passati otto anni dalla fine della mia
famiglia. E, instancabile, cerco ancora un senso, un alibi, una
prova, per raccontarmi la fine dell'amore da cui sono nato. (9)
Lui
è un professore burbero e inflessibile. Lei è una cuoca in lutto
per il figlio morto in Vietnam. L'altro è uno studente brillante ma
poco zelante, a cui la madre fresca di divorzio preferisce il nuovo
compagno. Loro, destinati a farsi compagnia in un college del Vermont
svuotatosi per le festività, sono i protagonisti di una commedia
fuori dal tempo, al di sopra del tempo, che si muove con la grazia e
la gentilezza dei grandi classici del genere. Da insegnante di
adolescenti della stessa età del protagonista, da spatriato con una
famiglia lontana e sparsa, non ho potuto che accogliere con
riconoscenza e riconoscimento l'ultimo film di Alexander Payne, qui
ispiratissimo e pronto a sorprenderci anche ai prossimi Oscar. Dopo i
fasti di Nebraska, questa volta non confeziona soltanto un
semplice romanzo di formazione dall'impeccabile estetica anni
Settanta, ma un antidoto contro la solitudine in cui un Paul Giamatti
dalle imprecazioni indimenticabili dà all'esordiente Dominic Sessa
lezioni di galanteria e ribellione; con loro una Da'Vine Joy Randolph
in modalità Octavia Spencer. Di buoni sentimenti ma mai buonista,
The Holdovers ci ricorda la differenza preziosa tra cultura e
pedanteria, tra nozionismo ed educazione e, soprattutto, la natura
crudele del Natale: una festa che taglia fuori i solitari e gli
ammalati di malinconia. Come me. Come loro. (8)
C'è
del genio nel fare uscire sotto Natale un film in cui sono presenti:
fluidi corporei, masturbazione, necrofilia, nudismo, omicidi plurimi.
Tutto in famiglia. Ma c'è poco altro di geniale nel ritorno di
Emerald Fennell: un thriller lontano dall'incendiario mix di generi
che fu invece il Premio Oscar Promising Young Woman, in cui
tutto scorre in maniera prevedibile e altamente instagrammabile. Ma,
cosa in fondo apprezzabile, sfrenatissima. La regista inglese,
promettente come la protagonista eponima del suo esordio, ha carta
bianca e un'asticella sempre più alta. Se il suo gusto stilistico è
già ineccepibile, se l'umorismo è di quelli neri e british
notoriamente collaudati, ci si aspettava molto di più da una
sceneggiatura che saccheggia un po' le macchinazioni di Il talento
di Mr. Ripley e un po' la satira contro i bianchi privilegiati di
The White Lotus. Le scene piccanti sono già cult, compreso
quel finale a passo di danza sulle note di un tormentone pop in cui
il magnetico Barry Keoghan può finalmente scatenarsi e gettare la
maschera. Chi è realmente? Un ragno o una falena? Attratto dal
luccichio del bellissimo Jacob Elordi, il cui sudore qui luccica e
ammicca più del sole vivo, brucerà. E, nel suo volo convulso, farà
fuoco e fiamme in un film appetitoso ma senz'altro meno incendiario
delle attese. (7)
Era
nata una stella, in un musical di qualche anno fa. Non quella di Lady
Gaga, ma di Bradley Cooper: un attore versatile e, soprattutto, un
regista con una visione già autoriale. Cito non a caso Scorsese,
Eastwood, Spielberg: insomma, i migliori esponenti del cinema
classico hollwoodiano. Ancora una volta c'entra la musica, ancora una
volta c'entra un'icona: Leonard Bernstein, il primo grande direttore
d'orchestra americano, raccontato nel pubblico (poco) e nel privato
(troppo) attraverso la forma consolidata dei biopic assai cari
all'Academy. Cooper mette sudore, sangue e naso prostetico in
un'interpretazione fortemente mimetica, ben attenta agli sbalzi
d'umore e ai manierismi. Ma sono la grazia e la semplicità di Carey
Mulligan a rubate le nostre lacrime, regalando cuore a un film che ne
sarebbe altrimenti sprovvisto. Colpa di una scrittura frammentaria,
fatta di episodi giustapposti. Colpa di una componente musicale che,
strano ma vero, latita. Tutti sono in stato di grazia, tutto è
all'apice dell'eleganza, ma la visione non coinvolge mai fino in
fondo, se non non nelle poche scene in cui il trito chiacchiericcio
cessa e la musica, troppo sacrificata, prende il sopravvento per
esplodere lungo le navate delle chiese; nelle coreografie iniziali in
cui i protagonisti, ancora innamorati e inconsapevoli, si mescolano
ai danzatori. In questo Maestro, per il resto, purtroppo, non
c'è l'estate a cantare. (5)
The Holdovers mi ha catturato il cuore, cosa che Saltburn non è riuscito a fare. Però è stata una visione divertente!
RispondiEliminaDivertentissima. Ma ci si aspettava meno prevedibilità, ahinoi!
EliminaFinalmente qualcuno che la pensa come me su Maestro!
RispondiEliminaE mi dispiace, perché le aspettative erano altissime dato il materiale di partenza e la bellezza del trailer...
EliminaSaltburn cocente delusione... ma una delusione bellissima da vedere, se non altro. Holdovers spero di riuscire a vederlo al più resto, anche perché Payne ha fatto uno dei miei film della vita.
RispondiEliminaRivelaci quale!
EliminaSe è Sideways, purtroppo non l'ho visto ma recupero.
Proprio quello! Ne vale assolutamente la pena, è il film che non ti aspetti ma ti cattura, qualunque sia il tuo gusto cinematografico - l'ho proposto praticamente a chiunque e ognuno ha apprezzato. Una vera magia.
EliminaVedrò a giorni allora, c'è sempre bisogno della magia che descrivi, grazie! A me di lui era piaciuto tanto, tantissimo, Nebraska. Ma io ho un debole per i vecchini.
EliminaAnatomia di una caduta: prolisso, verboso, poi certo i film pagano anche il momento in cui li vedi, anche semplicemente un surplus lavorativo può interferire. Non mi ha folgorato nonostante mi piacciano i film con dialoghi serrati e Oppenheimer ne è una prova, per me in alto in classifica tra le mie visioni dello scorso anno. La protagonista oltretutto la trovo respingente, sono gusti. L'ho trovato un film che vuole a tutti i costi essere perfetto e persino la recitazione del bambino l'ho trovata un po' forzata. Magari un giorno lo rivalutero', al momento ho trovato migliori le recensioni e i commenti del film in questione. Al solito nei tuoi scritti c'è il tuo cuore e questo è ciò che rende belli i tuoi racconti al di là di tutto.
RispondiEliminaThe holdovers, visto a Torino. La coda più lunga che ho visto per entrare, sala strapiena. Ho provato un enorme senso di comunità, a un certo punto durante la visione ero nelle prime file, mi sono voltata indietro, un colpo d'occhio. Visi in alto, sguardi persi, una sensazione stupenda.
Non so se tutte quelle persone erano lì per Payne o per Giamatti, o per tutti e due, ma ho percepito tutta la potenza del cinema, la stima e l'affetto per personaggi che hai voglia di incontrare di nuovo.
(Ho visto da poco Babylon e un personaggio nel finale faceva la stessa cosa, si guardava intorno in una sala piena di gente....commozione pura).
The holdovers non è un capolavoro, non racconta qualcosa di originale, anzi, dentro a questo film ne ritroviamo altri, ma i personaggi che si incrociano regalano qualcosa di sé arricchendosi a loro volta. Ho riso e mi sono commossa, il giovane attore stupendo.
Gli altri due non li ho visti.
Oggi pomeriggio ho visto 'Povere Creature!' Con Lanthimos non ho invece un fil rouge e non mi sono ricreduta.
Ciao Lory, ti ringrazio!
EliminaBellissima la sensazione che descrivi per The Holdovers, ricordo bene quella scena di Babylon.
Visto Lanthimos anch'io. Il mio preferito resta La Favorita, più sobrio e classico, benché nerissimo, ma apprezzo sempre la sua visione: originalissima, nel bene e nel male. La Stone splendida, spericolata.
La Favorita è anche il mio favorito 😁
EliminaLa Stone è bellissima e bravissima, Ruffalo è stata una sorpresa, grottesco e coraggioso....ne riparliamo quando scriverai il post.
Un abbraccio!
Tutti film a loro modo interessanti e a loro modo riusciti.
RispondiEliminaTranne Maestro, che però non mi è dispiaciuto del tutto, almeno nella prima parte in bianco e nero ricca di fascino. Nella seconda invece si trasforma in un polpettone a colori strappalacrime, che però non strappa troppe lacrime.
Il mio preferito tra questi probabilmente direi che è quella roba malata di Saltburn :)
Siamo decisamente in linea su questi film da Oscar, a parte The Holdovers che ho patito nella sua lunghezza, nel lungo strascico delle vacanze, che mi ha fatto uscire dalla magia senza tempo che era riuscito a creare. Conservo le cene, le feste, i ricatti, però. E Giamatti, che spero non batta Cillian, ma è davvero bravo.
RispondiEliminaFelice di non essere sola nel tepido consenso di Maestro, a Venezia sembrava lanciato a vincere chissà quante statuette ma in questa stagione dei premi tutto si è rivalutato, per fortuna. E purtroppo per Carey, che non sbaglia un colpo, anche quando è il resto sbagliato.
Mi dispiace che The Holdovers non ti abbia sorpreso. Per me, considerando le recenti vittorie di Coda e Green Book, potrebbe anche sorprendere. Oppenheimer non mi è piaciuto, quindi forza Paul!
EliminaSaltburn vedrò presto, e su Maestro non posso che condividere, anche se io sono stato più buono di te nel valutarlo.
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