Ho
letto per la prima volta un romanzo di Paola Barbato, sceneggiatrice
d'eccellenza dell'intramontabile Dylan Dog, giusto la scorsa
estate. Erano giunti infine i tempi dei bilanci, e ritrovando Non ti faccio niente nel meglio della
passata annata (limitante l'etichetta di thriller al cospetto di
quello stile materno e ricercato, di un'emozionante avventura a
cavallo fra le generazioni) mi ero detto che sarebbe stato l'inizio,
quello, di una lunga conoscenza. Benché tornata in libreria con il
capitolo introduttivo di una nuova trilogia di successo, dalla mia ho
ingranato la retromarcia e rispolverato il controverso esordio,
galeotta la ristampa in edizione tascabile.
Bilico arriva sugli scaffali nel
2006. In anticipo rispetto a personaggi femminili volitivi,
distaccati, sdegnosi, che vincono con un clamoroso colpo di stato la
guerra dei sessi; prima che il best-seller di Gillian Flynn facesse
carta straccia della struttura compassata del giallo tradizionale. I
membri delle forze dell'ordine non saranno allora senza macchia. I criminali
non avranno metodo, colpiranno alla cieca. I colpi di scena, non riservati a una chiusa a effetto. La giustizia che non vince mai.
Protagonista all'avanguardia, Giuditta Licari: anatomopatologa
e psichiatra, quarant'anni portati a fatica, detentrice dello
strano fascino esercitato dalle donne di potere – né belle né
brutta, infatti, viene idealizzata in nome di una reverenza che
spaventa l'altro sesso. Sgradevole, distaccata, e forse proprio per
quello irresistibile, fa un lavoro da uomini, e dagli uomini è
guardata a occhi bassi. Come fa a ostentare una calma perfetta
davanti allo scempio di scene del crimine che richiedono guanti in
lattice, cuori saldi e uno sguardo clinico? Perché è sfida aperta
fra lei e il serial-killer che la stampa ha chiamato il Seviziatore –
omicida disordinato ma implacabile, che sembra mietere vittime senza
un disegno preciso e accanto ai cadaveri lascia un trailer, un
piccolo indizio del male che farà?
Giuditta
sa cose che nemmeno immaginavo... mi ha insegnato che dalla morte si
può imparare a vivere... sì, ecco, che dalla morte si può imparare
a vivere.
Personaggio
amorale e borderline di quelli che piacciono a me, a tratti perfino
più pericolosa dell'assassino da braccare, la Licari non prova
niente, se non il brivido della caccia; a smuoverne l'animo
imperturbabile è la curiosità antropologica dell'osservare,
dell'indagare. Single, vergine, è la regina di chat erotiche in cui
veste un'identità fittizia nonché una mezza habitué dei locali fetish. In
ufficio assoggetta l'infatuato Miglio, dolcissimo sottoposto dal
pollice verde, alimentando una frustrante e continua tensione
sessuale. Flirta con il dirimpettaio sedicenne, soprannominato Tadzio
in onore dell'efebo del capolavoro di Visconti, e
all'occorrenza copre i misfatti di Alessandro, ex (fidanzato, agente
di polizia) dalla spiccata vena pazza. Ma Giuditta non si dà, non si
affeziona a nessuno, non si rivela. In intimità com'è con la morte,
con i segreti. Queste pagine sono il suo esatto riflesso: eccessive,
divertenti, politicamente scorrette. Scritte da un'autrice che, pur di
seguirne le mosse e gli sbalzi d'umore, rischia di calcare spesso e
volentieri la mano. Esagerando con lo splatter, i vizi del privato,
il nero a profusione. Questa volta, gli equilibri non sono dei più
perfetti: errori imputabili alla gioventù. Questa volta, il sangue a
fiumi, i travasi di bile e le sfumature labili fra buoni e cattivi
vorrebbero purtroppo graffiare più della scrittura: così bella, in
realtà, da non avere bisogno dei trucchi gore di Sergio Stivaletti.
Paola Barbato gioca sporco e, cosa strana, gioca a carte scoperte.
In
fondo la morte è un grande mito. Prenderla, darla, che differenza
fa?
Da
metà in poi sceglie di svelare l'identità del Seviziatore, ed ecco
allora giustificati i toni grotteschi, l'ironia tragica, le stranezze
– all'autrice fanno un baffo, infatti, le regole del quieto
scrivere, e il fastidio, l'antipatia, non risparmiano né la
protagonista né i comprimari.
Il twist al centro, all'inizio chiave di lettura utile a comprenderne le pessime intenzioni, è però un'arma a doppio taglio: se da una parte scagiona il romanzo da qualche esagerazione di troppo, dall'altra fa in modo che la lettura si trascini più o meno prevedibilmente verso un epilogo di inaudita e pregevole cattiveria.
Cronache di un thriller pionieristico che non ha morale, che non le manda a dire, e in bilico fra il sì e il no si lascia leggere.
Il twist al centro, all'inizio chiave di lettura utile a comprenderne le pessime intenzioni, è però un'arma a doppio taglio: se da una parte scagiona il romanzo da qualche esagerazione di troppo, dall'altra fa in modo che la lettura si trascini più o meno prevedibilmente verso un epilogo di inaudita e pregevole cattiveria.
Cronache di un thriller pionieristico che non ha morale, che non le manda a dire, e in bilico fra il sì e il no si lascia leggere.
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: The Cure – From the Edge of the Deep Green
Sea
Mi tentava l' ultimo uscito. Ciao da Lea
RispondiEliminaP.s. questo non penso faccia per me
Quello sembra a livello di Non ti faccio niente, decisamente. Questo è un nì. Un esordio con i suoi perdonabili difetti, che comunque ha bei guizzi.
EliminaSono in Bilico tra il leggerlo e il non leggerlo...
RispondiEliminaNaaah, mi sa di thriller non troppo imperdibile, credo che me lo perderò.
La protagonista stronza, però, è pane per i nostri denti.
EliminaL'autrice mi incuriosisce (seguo sia lei che il marito su FB e adoro entrambi) ma non ho mai letto un suo libro. Inizierei però da "Non ti faccio niente", questo mi convince poco!
RispondiEliminaL'altro lo amerai!
EliminaVorrei tanto leggere qualcosa di suo... ma penso proprio non inizierò da questo dopo aver letto la tua recensione :P
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