Finora
il dolore era stato dentro di lei.
Ora era lei dentro al dolore.
Titolo:
Rosemary's Baby
Autore:
Ira Levin
Editore:
Sur – BigSur
Numero
di pagine: 253
Prezzo:
€ 16,50
Sinossi:
Guy
e Rosemary Woodhouse sono una giovane coppia di sposi. Lui è un
attore, in attesa della sua grande occasione; lei sogna una normalità
borghese fatta di sicurezza economica, una bella casa, tanti figli.
Dopo lunghe ricerche hanno trovato un appartamento nel Bramford - uno
storico palazzo nel cuore di Manhattan, circondato da un alone di
prestigio sociale ma anche da sinistre leggende - e di lì a poco la
loro vita sembra arrivare a una svolta: Guy ottiene una parte in
un'importante commedia e Rosemary resta finalmente incinta del primo
figlio. Ma non tutto è destinato ad andare per il verso giusto. La
gravidanza di Rosemary viene turbata da premonizioni e incubi
notturni, da inspiegabili dolori addominali e strani incontri, e
soprattutto dall'invadenza di due vicini, troppo premurosi per non
risultare sospetti... Pubblicato per la prima volta nel 1967 e
portato sul grande schermo da Roman Polanski, con Mia Farrow nel
ruolo della protagonista, "Rosemary's Baby" è una delle
grandi storie di mistero della nostra epoca, ma anche una
godibilissima commedia che, dopo aver fatto entrare il Male nelle
nostre case, ci aiuta a esorcizzarlo con la grazia di un semplice
sorriso.
La recensione
Un
appartamento nel Bramford. Un sogno che si realizza. E, tra le pagine
e nei pensieri, un incubo che comincia. Quel palazzo gotico al centro
di Manhattan – una struttura antica e imponente, che resiste come
può agli urti della mondanità – è confort e status symbol. Perfetto per una famiglia che si spera, un giorno, contenta e popolosa. Guy e Rosemary Woodhouse prendono in affitto un appartamento liberatosi
all'ultimo momento. Lo svecchiano con un'abbondante mano di pittura e
un arredamento alla moda. Ritinteggiano, lucidano, spazzano e,
stanchi e orgogliosi, si accomodano al centro del loro nido. Lui
è un attore che campa di sporadici spot pubblicitari, pièce di
scarso successo, televisione. Lei, di dieci anni più giovane,
interpreta la sposina che non pensa a nulla se non
alla pulizia, ai pranzi e alle cene, alla cura degli arredi. Sembra
una storia d'amore. Il ciclo salta, la pancia cresce; si farnetica di
nomi e si fanno telefonate ai parenti lontani. Ma ci sono segnali che
mettono in allerta.
Un amico fa un inquietante catalogo dei delitti e dei misfatti commessi tra quelle mura; una ragazza si suicida lanciandosi dal settimo piano; le feste private dei dirimpettai, con suoni stridenti e candele nere, tolgono il sonno e la lucidità. Rosemary's Baby è la storia di una gestazione e di una madre sempre sul chi va là. Una ragazza di provincia dalla fede vacillante che segue con curiosità l'accoglienza del papa a New York e, sommersa d'un tratto di attenzioni, comincia a guardare con sospetto quei vicini che hanno stranamente preso a cuore il suo destino. I coniugi Castevet, anziani e altolocati, coccolano Rosemary con tisane asprigne e la ammantano di misteriosi amuleti, mettono una buona parola con il ginecologo che segue i rampolli delle élite. Solleticano la vanità dell'insicuro Guy, che inizia a farsi valere ai casting. La gente muore però. Rivali, malparlieri e cattivi confidenti si svegliano ciechi o piombano in un coma irreversibile. All'improvvisa fortuna dei Woodhouse rispondono in rima baciata le disdette altrui. L'insonne e sovreccitata Rosemary ha strane voglie – carne appena scottata, sanguinante –, qualche dolore intercostale, tanti sospetti. Il neonato cresce. Insieme a lui, l'angoscia e un connaturato senso di protezione. Difenderlo a ogni costo: e da chi? Scappare: e dove, se realtà e immaginazione si confondono, tutti sono potenziali complici e il bambino scalcia per venire subito al mondo?
Leggevo la ristampa di Danse Macabre, densa e rigorosa enciclopedia dell'orrore firmata da Stephen King e mi ha colto il desiderio di recuperare in quattro e quattr'otto il capolavoro del dimenticato Ira Levin, sentendolo elogiare. La voglia c'era da un po'. Quella, e la sensazione di sperperare tempo prezioso con una vicenda famosissima. Quali retroscena aveva da svelarmi? Perché rispolverare un romanzo con cinquant'anni di ritardo, con il ricordo della fedele trasposizione di Roman Polanski e quello fresco ma ingannevole della dimenticabile miniserie con una Rosemary olivastra all'ombra della Torre Eiffel? Su carta, Rosemary's Baby non invecchia. Teso, teatrale, sarcastico, è un evergreen che mezzo secolo dopo rinnova l'inquietudine. Anche se il bambino del mistero, nel mentre, ha avuto tutto il tempo per farsi uomo. Anche se alcune sequenze – una fragile Mia Farrow che entra in scena con il coltello in pugno, la minacciosa orgia della notte del concepimento –, si sono sedimentate nei ricordi e non vogliono lasciarci leggere in pace. In poco più di duecento pagine, nove mesi di ansie e un futuro di incertezze – c'è anche un seguito, Son of Rosemary, purtroppo o per fortuna mai tradotto. E, fino all'ultima, domande di cui già conosci la risposta. Satanismo o depressione pre-parto? Superstizione o isteria? Ira Levin, e capiamo facilmente l'adorazione nutrita da King, mette però tutto in forse: essenziale, secco, sibillino. Sottovalutato maestro della suspance. Sapevo cosa sarebbe stato della protagonista, narratrice inaffidabile e incubatrice dell'incubo supremo. Sapevo quale componente, tra il thriller psicologico e l'horror mefistofelico, avrebbe avuto la meglio. Eppure ci si avvicina a passi lenti, con il cuore in gola, per scoprire il sesso e l'indole del neonato che si muove nell'angolo della camera da letto. In una culla d'onice, sotto un velo nero. Quando il calendario dell'Avvento ha ormai esaurito le sue pagine.
Un amico fa un inquietante catalogo dei delitti e dei misfatti commessi tra quelle mura; una ragazza si suicida lanciandosi dal settimo piano; le feste private dei dirimpettai, con suoni stridenti e candele nere, tolgono il sonno e la lucidità. Rosemary's Baby è la storia di una gestazione e di una madre sempre sul chi va là. Una ragazza di provincia dalla fede vacillante che segue con curiosità l'accoglienza del papa a New York e, sommersa d'un tratto di attenzioni, comincia a guardare con sospetto quei vicini che hanno stranamente preso a cuore il suo destino. I coniugi Castevet, anziani e altolocati, coccolano Rosemary con tisane asprigne e la ammantano di misteriosi amuleti, mettono una buona parola con il ginecologo che segue i rampolli delle élite. Solleticano la vanità dell'insicuro Guy, che inizia a farsi valere ai casting. La gente muore però. Rivali, malparlieri e cattivi confidenti si svegliano ciechi o piombano in un coma irreversibile. All'improvvisa fortuna dei Woodhouse rispondono in rima baciata le disdette altrui. L'insonne e sovreccitata Rosemary ha strane voglie – carne appena scottata, sanguinante –, qualche dolore intercostale, tanti sospetti. Il neonato cresce. Insieme a lui, l'angoscia e un connaturato senso di protezione. Difenderlo a ogni costo: e da chi? Scappare: e dove, se realtà e immaginazione si confondono, tutti sono potenziali complici e il bambino scalcia per venire subito al mondo?
Leggevo la ristampa di Danse Macabre, densa e rigorosa enciclopedia dell'orrore firmata da Stephen King e mi ha colto il desiderio di recuperare in quattro e quattr'otto il capolavoro del dimenticato Ira Levin, sentendolo elogiare. La voglia c'era da un po'. Quella, e la sensazione di sperperare tempo prezioso con una vicenda famosissima. Quali retroscena aveva da svelarmi? Perché rispolverare un romanzo con cinquant'anni di ritardo, con il ricordo della fedele trasposizione di Roman Polanski e quello fresco ma ingannevole della dimenticabile miniserie con una Rosemary olivastra all'ombra della Torre Eiffel? Su carta, Rosemary's Baby non invecchia. Teso, teatrale, sarcastico, è un evergreen che mezzo secolo dopo rinnova l'inquietudine. Anche se il bambino del mistero, nel mentre, ha avuto tutto il tempo per farsi uomo. Anche se alcune sequenze – una fragile Mia Farrow che entra in scena con il coltello in pugno, la minacciosa orgia della notte del concepimento –, si sono sedimentate nei ricordi e non vogliono lasciarci leggere in pace. In poco più di duecento pagine, nove mesi di ansie e un futuro di incertezze – c'è anche un seguito, Son of Rosemary, purtroppo o per fortuna mai tradotto. E, fino all'ultima, domande di cui già conosci la risposta. Satanismo o depressione pre-parto? Superstizione o isteria? Ira Levin, e capiamo facilmente l'adorazione nutrita da King, mette però tutto in forse: essenziale, secco, sibillino. Sottovalutato maestro della suspance. Sapevo cosa sarebbe stato della protagonista, narratrice inaffidabile e incubatrice dell'incubo supremo. Sapevo quale componente, tra il thriller psicologico e l'horror mefistofelico, avrebbe avuto la meglio. Eppure ci si avvicina a passi lenti, con il cuore in gola, per scoprire il sesso e l'indole del neonato che si muove nell'angolo della camera da letto. In una culla d'onice, sotto un velo nero. Quando il calendario dell'Avvento ha ormai esaurito le sue pagine.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Krzysztof
Komeda - Lullaby
Uno dei miei classici del corazon! Adesso ti tocca La Fabbrica delle Mogli/La Donna Perfetta!
RispondiEliminaAcquisto doveroso. E poi è Beat (adoro). :)
EliminaQuanto lo voglio *_*
RispondiEliminaE fai bene! :-P
EliminaLo voglio leggere anche io!!!!!!!
RispondiEliminaEffettivamente, una lettrice onnivora come te non può non leggerlo. ;)
EliminaHo visto il libro ma non mi ha entusiasmata per nulla.
RispondiEliminaSe trovo il libro lo prendo e vedo se è meglio del film.
Cosa ovvia, come sempre.
Il film l'ho visto anni e anni fa, ma pare sia fedelissimo. Scriverò, comunque, anche di quello.
EliminaTi consiglio di recuperare tutto quello che puoi, di Ira Levin: come hai giustamente sottolineato è un autore dimenticato, ma ogni cosa che ho letto uscita dalla sua mente mi è piaciuta. La donna perfetta/La fabbrica delle mogli e I ragazzi venuti dal Brasile si dovrebbero trovare bene, e se ci riesci recupera anche Questo giorno perfetto.
RispondiEliminaLo farò senz'altro.
EliminaLa Sur si è anche data alle ristampe. ;)
Sono un po' una fifona, purtroppo. È il motivo per cui ho letto un solo libro di King in vita mia. Film e telefilm li posso guardare senza troppi problemi, ma incubi o angosce messi su carta mi raggiungono molto più a fondo. È un genere che non potrei proprio leggere prima di dormire, ecco.
RispondiEliminaCerto che questa storia ha un suo fascino e m'ispira nonostante i miei timori. Se lo trovassi all'usato, potrei pensare di provarci.
Io, data la brevità e i dubbi iniziali, l'ho letto in ebook. Ma, da oggi, è stalking su Libraccio.
EliminaIn quanto ai contenuti: considera che è del '67, quindi tra le altre cose è anche molto, molto discreto. Nessuno spargimento di sangue, zero eccessi. Ma è una suggestione che parte da lontano. :)
Il film è un capolavoro del genere.
RispondiEliminaIl libro, mai letto.
Ora però mi hai fatto venire voglia.
Moz-
Il film mi tocca rivederlo - l'ho visto da piccolissimo, particolarmente e curiosamente affascinato da storie di satanassi & co. Ti ringrazio. ;)
EliminaNel mia lista di romanzi e case infestate c'è anche questo titolo ^^ Sappi, non ho mai visto la trasposizione cinematografica, ma diciamo che questo genere al limite tra psicologico e horror ultimamente mi prende moltissimo! Vedrò di recuperarlo, al più presto.
RispondiEliminaAh, be', se non hai visto Polanski c'è tutto da guadagnare. ;)
EliminaDa cinefilo, conoscevo solo il film e non il libro.
RispondiEliminaSono 'gnurant, lo so. :D
E a un cinefilo, allora, dico che l'autore è lo stesso della Donna perfetta, con Nicole Kidman prima del botox; a sua volta remake di La fabbrica delle mogli.
EliminaAh, anche di Sliver con Sharon Stone, ma sono errori di percorso. ;)
mi piacerebbe moltissimo leggere questo libro, che mi parrebbe decisamente un'ottima idea per i regali natalizi!
RispondiEliminaEssì. Sempre di bambinelli si parla. ;)
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